40. Le conseguenze del compiere il mio dovere senza impegno
Nel 2019 io e sorella Anita siamo state incaricate del lavoro di progettazione artistica nella chiesa. All’inizio in quel dovere c’erano molti principi che non afferravo, così Anita condivideva pazientemente con me e si occupava da sola della maggior parte del lavoro. In seguito ho saputo che aveva svolto quel dovere per due anni e che aveva una certa esperienza, e in ogni cosa, dalla risoluzione dei problemi nelle riunioni al riepilogo del lavoro, il suo pensiero era più completo del mio. Quando fratelli e sorelle sollevavano delle domande, aveva sempre buone soluzioni. Rispetto a lei ero decisamente molto indietro. Mi chiedevo: “Quante sofferenze dovrò attraversare e che prezzo dovrò pagare per essere come Anita? Visto che lei ha più esperienza e si fa carico di un fardello maggiore, lascerò che sia lei a svolgere una parte più consistente del lavoro”.
Prima di fare il riepilogo di ogni lavoro, Anita mi chiedeva di fare una riflessione preparatoria su come condividere in modo da risolvere i problemi, e io pensavo: “È un grosso impegno. Oltre a fare un riepilogo dei problemi riscontrati nel nostro dovere, devo trovare le parole di Dio e i principi adatti a essere condivisi per trovare una soluzione. Non ho una grande esperienza, soprattutto per quanto riguarda gli aspetti professionali. Per fornire una soluzione dovrei darmi molto da fare a reperire tutte le informazioni e ricercare una condivisione sulle cose che non comprendo: ci vorrebbe molto tempo e impegno. Dato che Anita se ne intende, può occuparsi lei dei riepiloghi. Meglio che lo faccia lei”. E così ci ho messo una pietra sopra. Durante il riepilogo, quando Anita mi chiedeva cosa ne pensassi, rispondevo: “Non me ne intendo, è meglio che al riepilogo ci pensi tu”. A volte, quando si pianificava la direzione da prendere nello studio, mi chiedeva se volessi partecipare dandole consigli e aiutandola a evitare potenziali problemi. Mi dicevo: “È sempre stata Anita la responsabile dei nostri studi. Per partecipare dovrei rifletterci e studiare cose su cui non ho una conoscenza molto approfondita. È troppo faticoso! Meglio che me ne tenga fuori”. Così respingevo la sua proposta.
Tempo dopo abbiamo studiato una nuova tecnica di disegno che ci ha dato un sacco di difficoltà e problemi, ma Anita li ha discussi e risolti insieme a noi. Non conoscendo bene quella tecnica, non mi si chiarivano le idee neanche se mi facevo spiegare le cose due volte, e ho pensato: “Com’è faticoso acquisire nuove competenze in questo campo. Questa volta non credo che mi lascerò coinvolgere. E comunque c’è Anita, può aiutarci lei a imparare”, e ho smesso di dedicarmi allo studio con attenzione. Capitava che non proferissi parola tutto il tempo o mi mettessi a lavorare ad altre cose. Quando Anita mi chiedeva i miei pensieri e idee, rispondevo sempre in tono noncurante che non ne avevo. Il fardello che portavo nel mio dovere è diventato sempre più scarso e quando seguivo il lavoro non mi accorgevo più dei problemi. In quel periodo avvertivo quotidianamente un vuoto nel cuore e sono diventata sempre più negativa. Sentivo di avere una scarsa levatura e di non essere all’altezza del dovere.
Un giorno, dopo aver discusso del lavoro con me, Anita ha detto: “Sebbene tu svolga questo dovere da un po’, dici sempre di essere inesperta o che non capisci. In realtà non vuoi assumerti alcun fardello né impegnarti. Se a me vengono delle buone idee è perché prego spesso, mi affido a Dio e ricerco i principi per capire le cose. Soprattutto quando ci sono questioni professionali che non comprendiamo dobbiamo prendere l’iniziativa di studiarle, altrimenti come potremmo fare bene il nostro dovere?” Poi ha aggiunto che quando incontrava delle difficoltà si affidava a Dio e cercava delle soluzioni. Tuttavia in quel periodo non avevo ancora la minima comprensione del mio problema. Anzi, mi pareva che fosse Anita a non capire le mie difficoltà, per cui non ho accettato i suoi consigli e non ho riflettuto su me stessa.
Poco tempo dopo, Anita ha ricevuto un altro incarico. Quando se n’è andata sono diventata molto triste, perché di fronte a così tanto lavoro non sapevo da dove cominciare. Ho pensato: “Se mi occupo di questo lavoro, come mai non sono ancora capace di farlo?” È stato lì che mi sono ricordata di quello che mi aveva detto Anita. Era proprio vero che non mi ero assunta alcun fardello nel mio dovere? Ho pregato Dio per chiederGli di guidarmi a riflettere e conoscere me stessa. Ho letto questo passo della parola di Dio: “Il più delle volte, non siete capaci di rispondere in merito a questioni di lavoro. Alcuni di voi sono coinvolti nel lavoro, ma non avete mai chiesto come stia procedendo, né lo avete mai considerato con attenzione. Data la vostra levatura e conoscenza, dovreste almeno sapere qualcosa, perché tutti voi avete partecipato a questo lavoro. Allora perché la maggior parte di voi non dice niente? È possibile che davvero non sappiate cosa dire, che non sappiate se le cose vadano bene o meno. Possono esserci due ragioni per questo: una è che siete totalmente indifferenti, non vi siete mai preoccupati di certe cose, e le avete sempre trattate solamente come un compito da portare a termine; l’altra è che siete irresponsabili e non disposti a preoccuparvi di tali questioni. Se davvero ti importassero e tu fossi veramente dedito, avresti un’opinione e un’idea in merito a ogni cosa. Non avere opinioni né idee spesso deriva dall’essere indifferenti e apatici, e dal non assumersi alcuna responsabilità. Non sei sollecito nei confronti del dovere che assolvi, non ti assumi alcuna responsabilità, non sei disposto a pagare alcun prezzo o a lasciarti coinvolgere. Non ti applichi affatto, né sei disposto a investire maggiore energia; ti accontenti di essere un subalterno, il che non è diverso da come un non credente lavora per il proprio capo. Questo tipo di adempimento di un dovere non è gradito a Dio e non Lo soddisfa. Non ottiene la Sua approvazione” (La Parola, Vol. 3: I discorsi di Cristo degli ultimi giorni, “Solo una persona sincera può vivere una vera sembianza umana”). La parola di Dio rivelava il mio stato in modo preciso. Lavorando in coppia con Anita e parlando del lavoro con lei, non avevo mai avuto opinioni o idee mie. Avevo sempre creduto che fosse perché ero inesperta in quel campo o nel lavoro. Solo dopo aver letto la parola di Dio ho capito che era per colpa della mia negligenza e irresponsabilità. Se ripenso al tempo trascorso lavorando con Anita, ogni volta che avevo un problema professionale non me ne ero mai preoccupata. Usavo la mia scarsa esperienza nel dovere e la mia poca comprensione dei principi come pretesti per sottrarmi al problema e aggirarlo. Quando si parlava di lavoro, mi limitavo ad ascoltare, senza mai rifletterci con attenzione. Spesso avevo detto in presenza di Anita che non capivo, che non ero capace e che lei aveva più esperienza nel lavoro, ma non erano che scuse. Il mio vero obiettivo era ottenere la sua solidarietà e comprensione per fare sì che lei lavorasse più di me e io potessi continuare a godere del tempo libero. Ero così subdola e falsa! Poiché ero incaricata di svolgere quel dovere da più di un anno e avevo delle competenze professionali, se fossi stata responsabile e avessi studiato diligentemente avrei avuto delle opinioni mie nel discutere del lavoro. Forse avrei anche potuto occuparmi io del lavoro quando Anita era stata trasferita. Non avevo fatto altro che essere irresponsabile nel mio dovere, come chi lavora solo per la paga, tirando avanti, vivendo alla giornata, mettendoci il minimo dell’impegno e della preoccupazione. Non mi ero mai curata di come fare le cose a dovere, impegnarmi al meglio e adempiere alle mie responsabilità. Mi ero limitata a cavarmela nel mio dovere, pensando solo a come evitare la sofferenza carnale. Non avevo avuto la minima considerazione della volontà di Dio. Come potevo affermare di avere posto per Lui nel mio cuore? Come poteva non detestarmi per il mio atteggiamento verso il mio dovere?
Poi ho letto un altro passo della parola di Dio: “Il Signore Gesù una volta disse: ‘Perché a chiunque ha, sarà dato e sarà nell’abbondanza; ma a chiunque non ha, sarà tolto anche quello che ha’ (Matteo 13:12). Qual è il significato di queste parole? Significano che, se nemmeno svolgi il tuo dovere o il tuo lavoro oppure non ti ci dedichi anima e corpo, Dio ti toglierà ciò che un tempo ti apparteneva. Cosa significa ‘togliere’? Come fa sentire le persone? Può darsi che tu non riesca a ottenere quello che la tua levatura e i tuoi talenti avrebbero potuto permetterti, non provi nulla al riguardo, e sei proprio come un non credente. Ecco cosa significa che Dio ti toglie ogni cosa. Se nel tuo dovere sei negligente, non paghi un prezzo e non sei sincero, Dio ti toglierà ciò che una volta ti apparteneva, Si riprenderà il tuo diritto di compiere il tuo dovere e non te lo concederà. Poiché Dio ti ha conferito talenti e levatura, ma tu non hai svolto adeguatamente il tuo dovere, non ti sei speso per Dio né hai pagato un prezzo, e non ci hai messo il cuore, Dio non solo non ti benedirà, ma ti toglierà anche quello che possedevi una volta. Dio conferisce doni alle persone, assegnando loro capacità particolari, nonché intelligenza e saggezza. Come vanno sfruttati questi doni? Devi dedicare al tuo dovere le tue capacità particolari, i tuoi doni, la tua intelligenza e saggezza. Devi usare il cuore e applicare al tuo dovere tutto ciò che sai, tutto ciò che capisci e tutto ciò che sai realizzare. In tal modo, sarai benedetto. Cosa significa essere benedetti da Dio? Cosa provano le persone al riguardo? Che sono state illuminate e guidate da Dio, e che hanno un percorso nell’adempimento del loro dovere. Ad altre persone potrà sembrare che la tua levatura e le cose che hai imparato non ti consentano di portare a termine le cose; però, se Dio opera e ti illumina, non solo sarai in grado di capire e di fare tali cose, ma anche di farle bene. Alla fine, arriverai persino a stupirti di te stesso: ‘Non ero così abile, ma ora ci sono molte più cose dentro di me, e tutte positive. Non ho mai studiato quelle cose, ma ora, di colpo, le capisco tutte. Come ho fatto a diventare all’improvviso così intelligente? Come mai ora ci sono tante cose che so fare?’ Non riuscirai a spiegartelo. Questa è l’illuminazione e la benedizione di Dio, il modo in cui Dio benedice le persone. Se non è questo ciò che provi quando svolgi il tuo dovere o il tuo lavoro, allora non sei stato benedetto da Dio” (La Parola, Vol. 3: I discorsi di Cristo degli ultimi giorni, “Solo una persona sincera può vivere una vera sembianza umana”). Dopo avere meditato sulla parola di Dio, ho capito che Egli benedice le persone oneste e chi si spende sinceramente per Lui. Più una persona è solerte e cerca di migliorare nel proprio dovere, più lo Spirito Santo la illumina, e più risultati questa persona produce nel suo dovere. Se invece fa il suo dovere con l’inganno, senza impegnarsi e pagare un prezzo, non progredisce mai, non riceve alcun beneficio dal proprio dovere e può arrivare a perdere ciò che avrebbe potuto ottenere. In quel momento mi sono ricordata l’esperienza che mi aveva raccontato Anita. La verità era che all’inizio c’erano molti aspetti del lavoro che non capiva, ma aveva spesso confidato le sue difficoltà a Dio pregando, ricercando e meditando profondamente, condividendole e riepilogandole insieme agli altri, e inconsapevolmente era stata illuminata dallo Spirito Santo riuscendo sempre a farsi venire in mente nuove idee. Aveva fatto sempre più progressi diventando sempre più efficiente nel suo dovere. Io, invece, avevo cercato di mantenere lo status quo, non sforzandomi di progredire, pensando a godermi il tempo libero senza mai voler soffrire né pagare un prezzo. Di conseguenza, non avevo mai raggiunto il mio potenziale. Proprio come dicono le parole di Dio: “A chiunque non ha, sarà tolto anche quello che ha” (Matteo 13:12). Dio detestava l’atteggiamento negligente e irresponsabile che avevo avuto nei confronti del mio dovere. Mi sono resa conto che, se non mi fossi pentita, Dio mi avrebbe certamente ripudiata e alla fine avrei perso del tutto la possibilità di compiere il mio dovere. Questo pensiero mi ha spaventata, così ho subito pregato Dio per pentirmi e cercare la Sua guida nella ricerca di una via di pratica.
In seguito, ho letto questo passo della parola di Dio: “In che modo dovresti intendere i doveri? Come qualcosa che il Creatore, Dio, incarica di fare; è così che nascono i doveri delle persone. L’incarico che Dio ti affida è il tuo dovere, ed è perfettamente naturale e giustificato che tu compia il tuo dovere come Dio esige. Se ti è chiaro che questo dovere è un incarico da parte di Dio, che si tratta del Suo amore e della Sua benedizione che discendono su di te, allora sarai in grado di accettare il tuo dovere con un cuore che ama Dio, sarai in grado di avere a cuore la Sua volontà mentre esegui il tuo dovere, e saprai superare ogni difficoltà per soddisfarLo. Coloro che si spendono veramente per Dio non potrebbero mai rifiutare il Suo incarico; non potrebbero mai rifiutare alcun dovere. Qualunque sia il dovere che Dio ti affida, indipendentemente dalle difficoltà che comporta, non dovresti rifiutarlo, ma accettarlo. Questo è il cammino di pratica, ossia praticare la verità e offrire tutta la tua devozione in tutte le cose al fine di soddisfare Dio. Qual è il fulcro della questione? È nelle parole ‘in tutte le cose’. ‘Tutte le cose’ non significa necessariamente le cose che ti piacciono o che sei bravo a fare, e tanto meno le cose che ti sono familiari. A volte ci saranno cose in cui non sei bravo, cose che dovrai imparare, cose difficili, o cose per cui dovrai soffrire. Tuttavia, indipendentemente da cosa si tratti, se ti è stato affidato da Dio, devi accettarlo da parte Sua e, una volta accettatolo, devi adempiere bene al tuo dovere, offrendogli tutta la tua devozione e soddisfacendo la volontà di Dio. Questo è il cammino di pratica” (La Parola, Vol. 3: I discorsi di Cristo degli ultimi giorni, “Parte terza”). Dopo avere riflettuto su queste parole di Dio mi sono sentita profondamente ispirata. Un dovere è un incarico ricevuto da Dio, e non importa se siamo bravi a svolgerlo o meno, né che esso sia semplice o complesso: proviene da Dio, quindi dobbiamo essere responsabili e il più leali possibile. Solo facendo del nostro meglio e adempiendo alle nostre responsabilità possiamo ricevere la guida di Dio. Ho ripensato a tutte le volte che avevo giurato a Dio che avrei svolto con lealtà i miei doveri per ripagare il Suo amore. E invece, ora che il dovere era un po’ più complicato e impegnativo e dovevo soffrire e pagare un prezzo, mi limitavo a cavarmela alla meglio e cercavo di evitarlo. Quando me ne sono resa conto mi sono sentita in debito con Dio e indegna di godere del Suo amore. Non potevo continuare così. Dovevo praticare secondo la parola di Dio, trattare i miei doveri con sincerità e adempiere alle mie responsabilità per evitare un giorno di avere rimpianti.
Così, da quel momento, ho preso l’iniziativa e iniziato ad approfondire e a familiarizzare con il lavoro che una volta non mi era familiare e, quando mi imbattevo in problemi complessi, non cercavo più di evitarli, prendendo invece l’iniziativa di discuterne e risolverli insieme a fratelli e sorelle e, se non capivo, chiedendo loro di insegnarmi. A poco a poco ho cominciato a padroneggiare i dettagli e ho acquisito le capacità di fornire soluzioni adatte quando gli altri si imbattevano nelle difficoltà. Quando tiravo le somme del lavoro svolto, sulle prime non avevo idee ed ero ancora tentata di sottrarmi, ma poi mi ricordavo di quanto avevo letto nella parola di Dio e abbandonavo consapevolmente la carne, concentrandomi sui problemi presenti nel nostro dovere e impegnandomi a cercare i principi e reperire informazioni. Dopo aver praticato così per un po’, ho percepito chiaramente la guida di Dio. Senza nemmeno accorgermene, ho cominciato a capire molte cose che prima non capivo o mi confondevano, e ogni volta che riassumevamo il lavoro ottenevamo dei risultati. I fratelli e le sorelle praticavano quanto contenuto nel riepilogo e anche loro facevano progressi.
Pensavo che il mio atteggiamento verso il mio dovere fosse un po’ cambiato, ma quando mi sono imbattuta di nuovo nella stessa situazione sono ricaduta nelle vecchie abitudini.
Nel settembre del 2021, per esigenze di lavoro, ho cominciato a collaborare con sorella Rosa all’irrigazione dei neofiti. Pensavo che quel dovere non avrebbe comportato problemi tecnici e sarebbe stato meno impegnativo, ma in realtà, quando ho cominciato, ho scoperto che non era facile irrigare i neofiti a dovere. Non solo dovevo parlare in una lingua straniera, ma dovevo anche condividere la verità per eliminare rapidamente le loro nozioni e la loro confusione. Ho visto che Rosa era molto capace in tutti gli aspetti del lavoro. Sapeva trovare rapidamente le verità pertinenti per risolvere i problemi dei neofiti, mentre io mi rendevo conto di essere proprio incapace. Non ero in grado di tenere condivisioni chiare né di risolvere i loro problemi. Per raggiungere il livello di Rosa avrei dovuto studiare e approfondire per molto tempo e pagare un prezzo significativo. Mi sono detta: “Che importa? Adesso lavoro con Rosa, non ho motivo di preoccuparmi”. Dopo avere formulato quel pensiero non mi sono più data da fare per dotarmi delle verità sull’irrigazione e dopo le riunioni non mi impegnavo a chiedere ai neofiti che problemi e difficoltà avessero. Un giorno ho riflettuto sul fatto che svolgevo quel dovere già da due mesi eppure non ero ancora capace irrigare da sola un neofita. Adducevo sempre il pretesto di non capire, ma la verità era che non mi sforzavo di pagare un prezzo. Non ho potuto fare a meno di domandarmi: “Perché appena mi imbatto in un dovere in cui non sono brava adduco il pretesto della ‘mancanza di comprensione’ e dell ‘incapacità’ per fare il minimo sindacale e non pagare un prezzo?” Ho confidato a Dio il mio stato e la mia confusione e ho pregato.
Un giorno, durante i devozionali, ho letto la parola di Dio: “Quando compiono un dovere, le persone scelgono sempre quello che comporti un lavoro leggero, che non le stancherà, che non implicherà sfidare gli elementi all’aperto. Questo si chiama scegliere gli incarichi facili ed evitare quelli difficili, ed è una manifestazione di brama per le comodità materiali. E cos’altro? (Lamentarsi di continuo quando il loro dovere è un po’ impegnativo, un po’ faticoso, quando comporta pagare un prezzo.) (Preoccuparsi per il cibo e i vestiti, e per le debolezze della carne.) Queste sono tutte manifestazioni di brama per le comodità materiali. Quando una persona di questo tipo vede che un compito è troppo faticoso o rischioso, lo scarica su qualcun altro; dal canto suo, si limita a svolgere il lavoro piacevole e si giustifica per non poter eseguire l’altro, dicendo di possedere scarsa levatura e di non avere le capacità necessarie, che è troppo per lei, mentre in realtà la ragione è che brama le comodità materiali. […] Capita inoltre che le persone si lamentino di continuo mentre compiono il loro dovere, che non vogliano minimamente impegnarsi, e che, non appena hanno un po’ di tempo libero, si riposino, chiacchierino e si concedano piaceri e svaghi. E quando il lavoro riprende, rompendo il ritmo e la routine della loro vita, ne sono infelici e scontente. Brontolano e si lamentano, e diventano negligenti e superficiali nel compiere il loro dovere. Questo è bramare le comodità materiali, vero? […] Le persone che bramano le comodità materiali sono adatte a compiere un dovere? Se menzionate l’adempimento del dovere, e parlate di pagare un prezzo e di sopportare le difficoltà, loro non faranno che scuotere la testa: troveranno infiniti problemi, saranno piene di lamentele e negative su tutto. Queste persone sono inutili, non hanno i requisiti per compiere il loro dovere e dovrebbero essere scacciate” (La Parola, Vol. 5: Responsabilità di leader e lavoratori, “Responsabilità di leader e lavoratori (2)”). “Alcuni falsi leader posseggono un po’ di levatura, ma non svolgono lavoro concreto e bramano le comodità materiali. Le persone che bramano le comodità materiali non sono molto diverse dai maiali. I maiali passano le loro giornate a dormire e a mangiare. Non fanno nulla. Tuttavia, dopo un anno di duro lavoro perché siano ben nutriti, quando l’intera famiglia ne mangia la carne alla fine dell’anno, si può dire che siano stati utili. Se un falso leader viene mantenuto come un maiale, a mangiare e bere gratuitamente tre volte al giorno, a crescere grasso e forte, ma non svolge alcun lavoro concreto ed è un inconcludente, mantenerlo non è stato forse inutile? È servito a qualcosa? Costui può fungere solo da complemento all’opera di Dio e dovrebbe essere scacciato. È veramente meglio tenere un maiale che un falso leader. I falsi leader possono avere il titolo di ‘leader’, possono rivestire questo ruolo, e mangiare bene tre volte al giorno e godere di molte grazie da parte di Dio, e alla fine dell’anno sono ingrassati: ma come è andato il lavoro? Guarda tutto quello che hai realizzato nel tuo lavoro quest’anno: hai visto dei risultati in qualche ambito lavorativo quest’anno? Che lavoro concreto hai svolto? La casa di Dio non chiede che tu svolga ogni lavoro alla perfezione, ma devi compiere bene i lavori-chiave: l’evangelizzazione, ad esempio, o la produzione video, il lavoro di redazione testi, e così via. Tutti questi compiti devono essere produttivi. In circostanze normali, un effetto, un risultato, è visibile dopo tre o cinque mesi; se non si manifesta alcun risultato dopo un anno, allora questo è un grave problema. Alla fine dell’anno, guarda quale lavoro nell’ambito delle tue responsabilità ha avuto più successo, in quale hai pagato il prezzo più alto e hai sofferto di più. Guarda i tuoi risultati: nel tuo cuore dovresti capire se, dopo aver goduto per un anno della grazia di Dio, tu abbia ottenuto un qualche risultato di valore. Cosa hai fatto per tutto questo tempo, mentre mangiavi il cibo della casa di Dio e godevi della grazia di Dio? Hai realizzato qualcosa? Se non hai realizzato nulla, allora sei un approfittatore, un vero e proprio falso leader” (La Parola, Vol. 5: Responsabilità di leader e lavoratori, “Responsabilità di leader e lavoratori (4)”). Mentre meditavo su queste parole di Dio, è stato come se mi trafiggessero il cuore. Solo allora ho capito che mi ero sempre tirata indietro di fronte alle difficoltà nel mio dovere e che avevo usato la “mancanza di comprensione” e “l’incapacità” come scuse perché ero troppo pigra e bramavo troppo le comodità carnali. In passato, quando ero incaricata di svolgere i doveri insieme a Anita, mi ero sempre scelta compiti semplici e agevoli lasciando a lei tutte le cose che non ero brava a fare o che richiedevano un’attenta riflessione. Anche adesso, quando irrigavo i neofiti con Rosa, ero ancora restia a preoccuparmi o pagare un prezzo. Ho riflettuto sul mio comportamento, e ho capito che la causa principale era che ero controllata da filosofie sataniche. Cose come “Ognuno per sé e che gli altri si arrangino”, “Cogliere il piacere dell’attimo, perché la vita è breve” e “Tratta te stesso finché sei vivo” si erano profondamente radicate nel mio cuore. Avevo sempre pensato che si dovesse vivere per sé stessi, e che vivere a dovere significasse non soffrire e godere di agi carnali. Quando ero giunta nella chiesa per compiere il mio dovere, ero ancora di quest’idea. Nel trovarmi di fronte a doveri in cui non ero brava e a difficoltà che mi imponevano di pagare un prezzo, mi ritiravo come una tartaruga che si rifugia nel guscio mettendo al primo posto gli agi carnali. I maiali non hanno pensieri e non fanno nulla. Sono capaci solo di mangiare, bere e dormire. Io non ero diversa, interessata com’ero solo alla mia comodità. Conducevo una vita così volgare! Ho pensato che, in passato nel ruolo di supervisore e adesso che ero responsabile dell’irrigazione, Dio mi aveva donato molta grazia, mentre io non mi ero impegnata a fare progressi e non avevo avuto a cuore le mie responsabilità e i miei doveri. Ero stata un’irresponsabile nei confronti del lavoro della chiesa e della vita di fratelli e sorelle. Non avevo un barlume di coscienza! Non volendo soffrire né pagare un prezzo, avevo usato pretesti come la “mancanza di comprensione” o “l’incapacità” per suscitare compassione e per far credere agli altri di essere capace di ammettere i miei difetti, perché mi ritenessero ragionevole e sincera. La verità è che avevo usato quelle parole per coprire la mia pigrizia e irresponsabilità. Ero stata terribilmente subdola e falsa e avevo ingannato tutti i miei fratelli e sorelle! Eppure, sebbene per un po’ fossi riuscita a ingannare loro, Dio vede tutto ed è giusto. Dato che avevo cercato di ingannare e tradire Dio, come poteva non detestarmi? Ecco perché in quel periodo non avevo mai visto la guida di Dio nel mio dovere. Il mio continuo essere perplessa e la mancanza di progressi evidenti erano segnali di pericolo!
Ho letto la parola di Dio: “Dopo aver accettato l’incarico assegnatogli da Dio, Noè si mise ad attuare e a realizzare la costruzione dell’arca di cui gli aveva parlato Dio come se fosse la cosa più importante della sua vita, senza mai pensare a ritardarla. Trascorsero i giorni, poi gli anni, giorno dopo giorno, anno dopo anno. Dio non incalzò mai Noè, ma in tutto questo tempo Noè perseverò in questo compito importante assegnatogli da Dio. Ogni parola e ogni frase pronunciate da Dio erano scolpite nel cuore di Noè come parole incise su una tavoletta di pietra. Incurante dei mutamenti del mondo esterno, del ridicolo da parte di coloro che lo circondavano, delle sofferenze implicate e delle difficoltà incontrate, Noè perseverò continuamente in ciò che Dio gli aveva affidato, senza mai disperare né pensare di rinunciare. Le parole di Dio erano scolpite nel suo cuore ed erano diventate la sua realtà quotidiana. Noè preparò ciascuno dei materiali necessari per la costruzione dell’arca, e la forma e le caratteristiche dell’arca indicate da Dio a poco a poco emersero con ogni colpo preciso di martello e scalpello da parte di Noè. Malgrado vento e pioggia e nonostante l’irrisione e le calunnie della gente, la vita di Noè procedette in questo modo, anno dopo anno. Dio in segreto osservava ogni azione di Noè, senza mai rivolgergli la parola, e il Suo cuore era toccato da Noè. Questi però non lo sapeva e non lo percepiva; dal principio alla fine, si limitò a costruire l’arca e a radunare ogni genere di creatura vivente, con un’incrollabile fedeltà alle parole di Dio. Nel cuore di Noè non vi erano istruzioni più elevate da seguire e attuare: le parole di Dio costituivano l’orientamento e lo scopo di tutta la sua vita. E così, qualunque cosa Dio gli avesse detto, chiesto od ordinato di fare, Noè la accettò completamente, la mandò a memoria e la prese come sua missione di vita. Non soltanto non la dimenticò, non soltanto se la impresse nella mente, ma la trasformò anche nella realtà della sua vita, dedicando la propria vita ad accettare ed seguire l’incarico da parte di Dio. E in questo modo, asse dopo asse, l’arca fu costruita. Ogni azione di Noè, ogni suo giorno furono dedicati alle parole e ai comandamenti di Dio. Forse non pareva che Noè stesse realizzando un’impresa assai rilevante ma, agli occhi di Dio, tutto ciò che Noè faceva, perfino ogni sua operazione per realizzare qualcosa, ogni lavoro eseguito dalle sue mani, erano tutti preziosi, meritevoli di ricordo e degni di emulazione da parte di questa umanità. Noè si attenne a ciò che Dio gli aveva affidato. Aveva una fede incrollabile nel fatto che ogni parola pronunciata da Dio fosse la verità; non aveva il minimo dubbio al riguardo. E, di conseguenza, l’arca fu portata a termine e poté accogliere ogni genere di creatura vivente” (La Parola, Vol. 4: Smascherare gli anticristi, “Secondo excursus – Come Noè e Abramo ascoltarono le parole di Dio e Gli obbedirono (Parte prima)”). Mentre riflettevo sulle parole di Dio ho provato una grande commozione. Noè era obbediente e sollecito verso Dio. Quando Dio gli disse di costruire l’arca, Noè prese a cuore il Suo incarico e obbedì alle Sue richieste. All’inizio non sapeva come costruire l’arca, e la difficoltà era davvero troppo grande. In ogni fase, Noè dovette soffrire e pagare un prezzo, ma rimase fedele all’incarico di Dio. Per portarlo a termine era disposto a soffrire, pagò il prezzo e costruì l’arca chiodo dopo chiodo. Continuò per 120 anni e infine portò a termine l’incarico di Dio. Nonostante le grandi sofferenze patite per costruire l’arca, senza godere di comodità carnali, portò a termine l’incarico di Dio, Lo soddisfò e si guadagnò la Sua approvazione. Rispetto all’atteggiamento di Noè verso l’incarico che aveva ricevuto da Dio, ho visto che ero assolutamente priva di umanità. Compiendo il mio dovere, non ero stata leale. Ero stata pigra e subdola, avevo bramato solo le comodità carnali e non ero stata minimamente disposta a soffrire. Vivevo una vita davvero spregevole! Se avessi continuato così e non fossi cambiata, alla fine avrei perso il mio dovere e l’avrei rimpianto per il resto della mia vita.
Nei giorni seguenti ho organizzato adeguatamente il mio tempo perseverando ogni giorno nel munirmi delle verità riguardanti l’irrigazione dei neofiti. Un giorno, durante una riunione, fratelli e sorelle hanno sollevato un problema riguardante il lavoro di irrigazione, e quando ho sentito una cosa che non capivo avrei preferito farmi da parte. Ho pensato di lasciare che la sviscerassero tra loro. Ma questa volta, all’improvviso, mi sono resa conto che era un tentativo di svicolare e sottrarmi alle mie responsabilità. Ho pensato all’atteggiamento serio e responsabile che Noè aveva avuto nei confronti del suo incarico e ho subito corretto il mio stato sbagliato. Ho ascoltato attentamente le loro condivisioni sulla verità per risolvere il problema. Durante il riepilogo finale ho esposto i miei consigli e, con mia sorpresa, li hanno giudicati utili. Irrigando i neofiti insieme a Rosa, prendevo l’iniziativa di praticare nel risolvere le difficoltà concrete dei neofiti e, se insorgevano problemi che non riuscivo a risolvere, le chiedevo subito aiuto. Dopo un po’ ero in grado di irrigare i neofiti anche da sola. Anche se ho ancora molte lacune e difetti, sento che sto crescendo e guadagnando e mi sento più a mio agio. La comprensione e i benefici che sono riuscita a ricevere sono in tutto e per tutto l’effetto dell’opera di Dio. Sia lodato Dio!