69. Perché non voglio farmi carico di un fardello?
Nell’ottobre del 2021 praticavo come supervisore della produzione video. Collaboravo con fratello Leo e sorella Claire. Entrambi svolgevano quel dovere da più tempo di me e, avendo molta più esperienza, prendevano l’iniziativa nel seguire e gestire gran parte del lavoro. Avevo appena iniziato a praticare e c’erano molti aspetti del lavoro che non capivo, quindi, naturalmente, ho assunto solo un ruolo minore. Ritenevo che fosse sufficiente non ci fossero problemi nel mio lavoro e che a risolvere il resto potessero intervenire gli altri. In questo modo, potevo preoccuparmi meno ed evitare le responsabilità. Man mano, mi sono fatta carico di un fardello sempre minore e alla fine non capivo molto e partecipavo pochissimo al lavoro degli altri due collaboratori. Ogni volta che discutevamo di lavoro, non esprimevo opinioni, e nel tempo libero mi rilassavo e guardavo video laici. Mi sembrava andasse bene compiere il mio dovere così.
Un giorno, verso mezzogiorno, una leader è venuta d’un tratto da me e mi ha detto che Leo e Claire sarebbero stati trasferiti a compiere il loro dovere altrove e che io avrei dovuto assumermi maggiori responsabilità, impegnarmi di più e gestire la produzione video. Il cambiamento improvviso mi ha momentaneamente sconvolta. Svolgevo quel dovere da poco tempo e c’era così tanto lavoro da seguire: non era una pressione eccessiva? Il lavoro di cui erano responsabili loro due era piuttosto complicato e richiedeva un’attenzione costante. Avrei dovuto cercare materiali per guidare chi aveva scarse abilità. Leo e Claire erano piuttosto abili e di solito si davano molto da fare. Avendo appena iniziato, di certo io avrei dovuto dedicarci ancora più tempo. Avrei mai avuto di nuovo del tempo per staccare e riposare? Se non fossi riuscita ad assumermi la responsabilità e avessi ritardato il lavoro, non avrei commesso una trasgressione? Mi sembrava meglio che la leader cercasse qualcuno di più adatto a quella responsabilità. Vedendo che non dicevo nulla, la leader mi ha chiesto a cosa stessi pensando. Provavo molta resistenza e non volevo dire nulla. Finito di discutere del lavoro, me ne sono andata. Quando pensavo a tutti i problemi e alle difficoltà che avrei dovuto affrontare da sola, mi sentivo soffocare dalla pressione e mi sembrava che i giorni a venire sarebbero stati insopportabili. Comunque la guardassi, non mi sentivo all’altezza di quel lavoro. Poi, la leader mi ha inviato un messaggio in cui mi chiedeva del mio stato, e ho risposto rapidamente: “Non me la sento di farmi carico di questo lavoro. Perché non cerchi qualcuno di più adatto?” Allora, lei mi ha chiesto: “Su quali basi ti giudichi inadatta?” Non sapevo davvero cosa rispondere alla domanda. Non avevo ancora provato e non sapevo se ero all’altezza del compito. Ma pensare alla pressione del lavoro e alla fatica fisica che avrebbe comportato mi aveva spinta a rifiutare. Non mi stavo forse sottraendo alle responsabilità e rifiutando il mio dovere? Poi ho pensato che tutte le cose che affrontavo ogni giorno erano permesse da Dio e che dovevo sottomettermi. Così, ho pregato Dio: “Dio, i miei due collaboratori saranno trasferiti e dovrò gestire tutto il lavoro da sola. Provo resistenza e non voglio sottomettermi. So che questo tipo di stato non è corretto, ma non capisco la Tua volontà. Ti prego, illuminami e guidami affinché possa conoscermi e sottomettermi”.
Più tardi, una sorella mi ha inviato un passo della parola di Dio pertinente al mio stato. Dio dice: “Quali sono le manifestazioni di una persona onesta? Innanzitutto, non avere dubbi sulle parole di Dio. Questa è una delle manifestazioni di una persona onesta. A parte questo, la manifestazione più importante è la ricerca e pratica della verità in tutte le questioni: ciò è fondamentale. Tu affermi di essere onesto, ma releghi sempre le parole di Dio in un angolo della mente e fai quello che vuoi. Questa è forse la manifestazione di una persona onesta? Dici: ‘Anche se la mia levatura è scarsa, possiedo un cuore onesto’. Eppure, quando un dovere spetta a te, hai paura di soffrire e di assumerti la responsabilità in caso tu non lo svolga bene, così accampi delle scuse per eludere il tuo dovere o suggerisci che lo compia qualcun altro. Questa è la manifestazione di una persona onesta? Chiaramente no. Come deve comportarsi, allora, una persona onesta? Deve sottomettersi alle disposizioni di Dio, essere devota al dovere che è tenuta a svolgere e sforzarsi di soddisfare la volontà di Dio. Questo si manifesta in diversi modi: uno di questi è accettare il tuo dovere con cuore sincero, senza considerare i tuoi interessi carnali, senza avere esitazioni o tramare per il tuo tornaconto. Queste sono manifestazioni di onestà. Un altro è mettere tutto il tuo cuore e le tue forze nel buon adempimento del tuo dovere, facendo le cose in modo corretto e mettendo il cuore e l’amore nel tuo dovere al fine di soddisfare Dio. Queste sono le manifestazioni che una persona onesta dovrebbe avere nel compiere il proprio dovere. Se non metti in pratica ciò che sai e capisci e se ti impegni solo al 50 o al 60 percento, allora non ci stai mettendo tutto il cuore e le forze: sei subdolo e stai battendo la fiacca. Le persone che compiono il loro dovere in questo modo sono forse sincere? Assolutamente no. Dio non ha bisogno di queste persone subdole e ingannevoli; devono essere scacciate. Dio impiega solo persone sincere per l’adempimento dei doveri. Anche i servitori devoti devono essere sinceri. Tutti coloro che sono perennemente negligenti, superficiali e scaltri, e che cercano sempre un modo per battere la fiacca, sono tutti ingannevoli e sono dei demoni. Nessuno di loro crede veramente in Dio e devono essere tutti scacciati. Alcuni pensano: ‘Essere una persona sincera significa soltanto dire la verità e non dire bugie. È facile essere una persona sincera, davvero’. Cosa ne pensi di questa convinzione? Essere una persona sincera è solo questo e nient’altro? Assolutamente no. Devi rivelare il tuo cuore e donarlo a Dio; è questo l’atteggiamento che dovrebbe avere una persona sincera. Ecco perché un cuore sincero è così prezioso. Questo cosa implica? Che un cuore sincero può controllare il tuo comportamento e cambiare il tuo stato. Può portarti a compiere le scelte giuste, a sottometterti a Dio e a ottenere la Sua approvazione. Un cuore simile è davvero prezioso. Se hai un cuore sincero come questo, allora quello è lo stato in cui dovresti vivere, il modo in cui dovresti comportarti e come dovresti dare te stesso” (La Parola, Vol. 3: I discorsi di Cristo degli ultimi giorni, “Parte terza”). La parola di Dio mi ha fatta vergognare. Di fronte al loro dovere, le persone sincere non si preoccupano del rischio che può comportare l’adempimento del loro dovere, e tanto meno si sottraggono a esso o lo rifiutano perché hanno paura di soffrire. Al contrario, per prima cosa lo accettano e danno il massimo. Solo questo è un atteggiamento sincero. Poi ho pensato al mio atteggiamento nei confronti del dovere. Appena saputo del trasferimento dei miei due collaboratori, ho temuto che il mio carico di lavoro aumentasse, le preoccupazioni si moltiplicassero e la pressione su di me crescesse. Se il lavoro non fosse stato svolto bene, avrei dovuto assumermene io la responsabilità, e così ho cercato di sottrarmi alle mie responsabilità con la scusa delle mie scarse competenze. Ero davvero ingannevole e priva di coscienza. Ho considerato che in preghiera mi fregiavo sempre di farmi carico dei fardelli di Dio ma, quando si trattava di farlo davvero, assecondavo invece la mia carne, non mettevo in pratica alcuna verità e usavo solo parole vuote per ingannare Dio. Se prendevo in seria considerazione la volontà di Dio, e sapevo di non essere all’altezza del lavoro e non riuscivo a trovare nessun altro di adatto, allora avrei dovuto intensificare l’affinamento delle mie capacità e collaborare con gli altri per evitare che la produzione video venisse compromessa. Questo è ciò che dovrebbe fare una persona dotata di coscienza e umanità. Se alla fine non fossi stata davvero all’altezza del compito e mi avessero trasferita o rimossa, mi sarei semplicemente sottomessa alle disposizioni di Dio. Solo questo è un modo di praticare ragionevole. Questo pensiero mi ha leggermente tranquillizzata.
In seguito ho letto un passo della parola di Dio che mi ha fatto capire l’atteggiamento che avevo avuto nei confronti del mio dovere. Dio dice: “Tutte le persone che non perseguono la verità svolgono il proprio dovere con un atteggiamento di scarsa responsabilità. ‘Se qualcuno conduce, io seguo; ovunque conduca, io vado. Farò qualunque cosa mi faccia fare. Quanto al farmi carico di responsabilità e preoccupazioni, all’impiegare più sforzo nel fare qualcosa, o al fare qualcosa con tutto il mio cuore e la mia forza, non ne ho intenzione’. Queste persone non vogliono pagare il prezzo. Vogliono solo compiere uno sforzo, senza assumersi delle responsabilità. Non è questo l’atteggiamento con cui si svolge davvero un dovere. Bisogna imparare a mettere il cuore nell’adempimento del proprio dovere, e chi ha una coscienza è in grado di riuscirci. Non mettere mai il cuore nell’adempimento del proprio dovere significa non avere una coscienza, e le persone senza coscienza non possono acquisire la verità. Perché dico che non possono acquisire la verità? Non sanno come pregare Dio e cercare l’illuminazione dello Spirito Santo, come mostrare considerazione per la volontà di Dio, come mettere il cuore nel riflettere sulle parole di Dio, né sanno come cercare la verità, come cercare di capire le richieste di Dio e la Sua volontà. Ciò significa non saper cercare la verità. Vi capita di sperimentare stati in cui, qualunque cosa accada o qualunque tipo di dovere svolgiate, siete capaci di acquietarvi spesso davanti a Dio e di mettere il cuore nel riflettere sulle Sue parole, nel cercare la verità e nel pensare a come dovete svolgere quel dovere in accordo con la volontà di Dio e a quali verità dovreste possedere per svolgere quel dovere in modo soddisfacente? Vi capita molte volte di cercare la verità in questo modo? (No.) Mettere il cuore nel proprio dovere ed essere in grado di assumersi delle responsabilità vi richiede sofferenze e il pagamento di un prezzo; non basta semplicemente parlare di queste cose. Se non si mette il cuore nel proprio dovere, volendo invece sempre lavorare, allora il proprio dovere non sarà certamente ben eseguito. Si agirà semplicemente in maniera meccanica e sbrigativa e nulla più, e non si avrà modo di sapere se il proprio dovere sia stato svolto bene o no. Se ci metti il cuore, giungerai gradualmente alla comprensione della verità; se non lo fai, allora ciò non accadrà. Quando metti il cuore nel compimento del tuo dovere e nel perseguimento della verità, arriverai gradualmente a comprendere la volontà di Dio, a scoprire la tua corruzione e le tue mancanze, e a padroneggiare tutti i tuoi vari stati. Quando il tuo unico obiettivo è compiere uno sforzo e non metti il cuore nel riflettere su te stesso, sarai incapace di scoprire i veri stati nel tuo cuore e le innumerevoli reazioni e le rivelazioni di corruzione che manifesti in ambienti diversi. Se non sai quali saranno le conseguenze quando i problemi rimangono irrisolti, allora sei in un grosso guaio. Ecco perché non è un bene credere in Dio in maniera confusa. Devi vivere davanti a Dio in ogni momento, in ogni luogo; qualunque cosa ti accada, devi sempre cercare la verità, e mentre lo fai devi anche riflettere su te stesso e conoscere i problemi legati al tuo stato, cercando immediatamente la verità per risolverli. Soltanto così puoi svolgere bene il tuo dovere ed evitare di ritardare il lavoro. Non solo sarai in grado di svolgere bene il tuo dovere ma, cosa più importante, avrai anche accesso alla vita e saprai eliminare la tua indole corrotta. Soltanto così puoi accedere alla verità realtà. Se ciò su cui spesso rifletti nel tuo cuore non è una questione correlata al tuo dovere o una questione che ha a che fare con la verità, ma piuttosto sei invischiato in cose esteriori, con il pensiero concentrato sugli affari della carne, sarai in grado di comprendere la verità? Sarai in grado di svolgere bene il tuo dovere e di vivere davanti a Dio? Certamente no. Una persona così non può essere salvata” (La Parola, Vol. 3: I discorsi di Cristo degli ultimi giorni, “Solo una persona sincera può vivere una vera sembianza umana”). Dio stava davvero ritraendo me nel Suo smascherare questo tipo di atteggiamento. Quando ho iniziato a svolgere quel dovere, non mi sono assunta alcuna responsabilità. Ho visto che i miei collaboratori avevano più esperienza di me, così mi sono semplicemente tenuta nell’ombra, convinta che fosse sufficiente essere in grado di garantire che nel mio lavoro non emergessero problemi. Così facendo, sarei sembrata rispettabile e non avrei dovuto affaticarmi, quindi mi sono concentrata sul mio lavoro e non mi sono mai preoccupata del lavoro di cui erano responsabili i miei collaboratori, né ho preso sul serio i problemi o le difficoltà che emergevano in esso. Quando la leader mi ha chiesto il perché dell’inefficacia del lavoro del gruppo, non sapevo cosa rispondere. I non credenti trattano il loro lavoro con lo stesso tipo di atteggiamento. In che modo stavo considerando la volontà di Dio nel mio dovere? Quando emergevano problemi nel lavoro, non ricercavo la verità, non riepilogavo le deviazioni e non pensavo a come aumentare la produttività. Pensavo sempre di potermi rilassare un po’, fintanto che se ne occupavano i miei collaboratori. Ogni volta che avevo tempo, assecondavo la mia carne o guardavo video profani. Sono diventata via via sempre più dissoluta e distante da Dio. Ho visto che non ero scrupolosa nel mio dovere. Lo trattavo come un lavoro. Come potevo compierlo bene in quel modo? A quel punto, ho finalmente capito che Dio aveva predisposto il trasferimento dei collaboratori a cui mi appoggiavo per darmi la possibilità di praticare, di imparare a interessarmi, di assumermi attivamente le mie responsabilità, di affidarmi a Dio nelle difficoltà e di ricercare le verità principi. Cosa ancora più importante, ciò mi ha permesso di riconoscere che il mio atteggiamento indolente e irresponsabile nei confronti del mio dovere disgustava Dio. Le pressioni del lavoro mi avrebbero ora costretta a essere più scrupolosa nel mio dovere e a adoperarmi per compiere adeguatamente il mio dovere. Una volta comprese le intenzioni di Dio, ero disposta a sottomettermi a quelle circostanze. Nei giorni successivi mi sono consapevolmente impegnata di più nel mio lavoro. Quando rilevavo dei problemi nella produzione video, ne prendevo nota e cercavo di risolverli. Ho stabilito un piano di studio e mi sono impegnata a farmi carico del lavoro il prima possibile. Una volta corretto il mio stato, avevo più tempo per il mio lavoro e trascorrevo le mie giornate in modo più sereno.
In seguito, mi è stata assegnata un’altra collaboratrice. All’inizio, ho continuato a concentrarmi sull’essere più responsabile; ma dopo un po’ ho notato che lei era piuttosto abile e aveva più competenze professionali di me, così le ho demandato alcuni compiti e poi non mi sono più impegnata personalmente. A volte, per difendere la mia reputazione, partecipavo alle discussioni ma non davo suggerimenti, pensando: “Visto che tu sai gestire le cose, non c’è bisogno che mi preoccupi, posso rilassarmi un po’”. La leader mi ha richiamata a interessarmi maggiormente al lavoro, e per qualche giorno dopo il suo richiamo l’ho fatto, ma ben presto sono tornata alle mie vecchie abitudini. A volte i fratelli e le sorelle ci inviavano messaggi su questioni spinose emerse nel lavoro che dovevano essere affrontate subito, ma, non appena vedevo che si trattava di un lavoro di cui si occupava principalmente la sorella, non volevo interessarmene. Segnavo deliberatamente il messaggio come non letto e fingevo di non averlo visto, pensando che in seguito se ne sarebbe occupata lei. Sentivo che era da irresponsabili, ma, poiché il lavoro procedeva normalmente, non ci davo troppo peso. Qualche mese dopo, siamo diventate responsabili di aspetti diversi della produzione video. Questa volta non avevo aiutanti e sapevo che sicuramente avrei dovuto affrontare molti problemi e difficoltà. Ma poi, pensando alla mia mancanza di responsabilità nel dovere e a come quella potesse essere per me un’occasione, mi sono detta che avrei dovuto per prima cosa sottomettermi. Ma, quando di fatto ho iniziato, ho notato che di colpo avevo molte più cose da seguire e una quantità infinita di questioni da gestire ogni giorno. Per di più, le mie competenze professionali erano scarse e i problemi aumentavano sempre di più. Ogni video che realizzavamo riceveva suggerimenti e dovevo occuparmi di rispondere a ciascuno di essi. Man mano, il poco entusiasmo che avevo si è esaurito, e spesso mi chiedevo: “Mi sto già impegnando molto ma ci sono ancora così tanti problemi: forse sarebbe meglio che la leader trovasse qualcuno di più adatto”. Poco tempo dopo, diversi nostri video sono stati rimandati indietro uno dopo l’altro per essere rifatti e mi sono sentita ancora più depressa. Non avevo più voglia di risolvere le questioni spinose che mi trovavo ad affrontare e avevo sempre più nostalgia dei giorni in cui nel mio dovere avevo dei collaboratori dietro cui poter nascondermi con leggerezza e non dovevo assumermi tutta quella pressione. Non ero affatto motivata nel mio dovere, quando camminavo sentivo le gambe pesanti. Allora ho capito che non potevo continuare a compiere il mio dovere in quello stato, così ho pregato Dio. Nella mia ricerca, d’un tratto ho ripensato a Noè. Egli affrontò molti fallimenti e difficoltà mentre costruiva l’arca, ma non si arrese mai e continuò per 120 anni, portando infine a compimento l’arca e l’incarico ricevuto da Dio. Io invece, di fronte alle mie poche difficoltà, volevo scaricare il mio fardello e rilassarmi. Non ero forse una vigliacca? Questo pensiero mi ha in qualche modo dato una scossa e sono riuscita ad affrontare bene i miei problemi nel lavoro.
Durante le mie devozioni, ho letto questo passo della parola di Dio: “Tutti i falsi leader non svolgono mai alcun lavoro concreto e si comportano come se il loro ruolo di leader fosse un incarico ufficiale, godendo appieno dei vantaggi del loro prestigio. Per loro, il dovere e il lavoro che un leader dovrebbe svolgere sono un ingombro, un fastidio. Hanno il cuore colmo di ribellione nei confronti del lavoro della chiesa: se fai loro controllare il lavoro, o rilevare i problemi che emergono in esso e che vanno seguiti e risolti, sono pieni di riluttanza. Questo è il lavoro che i leader e i lavoratori devono svolgere, questo è il loro compito. Se non lo fai, se non sei disposto a farlo, perché vuoi comunque essere un leader o un lavoratore? Compi il tuo dovere per tener conto della volontà di Dio o per essere un funzionario e godere dei simboli del prestigio? Non è forse una vergogna essere un leader se desideri solo ricoprire una posizione ufficiale? Nessuno è di carattere inferiore: le persone di questo tipo non hanno rispetto di sé e sono totalmente spudorate. Se desideri godere delle comodità della carne, torna di corsa nel mondo e lotta per ottenerle, afferrale e falle tue come ti è possibile. Nessuno interferirà. La casa di Dio è un luogo in cui i prescelti di Dio possano compiere i loro doveri e lodarLo; è un luogo in cui le persone possano perseguire la verità ed essere salvate. Non è un luogo in cui godere delle comodità della carne, ancor meno un luogo per viziare le persone. […] Qualunque sia il lavoro o il dovere che svolgono, alcuni non sono in grado di eseguirlo, non ne sono all’altezza, non sono in grado di adempiere a nessuno degli obblighi o delle responsabilità che spettano alle persone. Non sono forse spazzatura? Sono ancora degni di essere definiti persone? A eccezione degli ingenui, di coloro che sono affetti da handicap mentali e di coloro che soffrono di menomazioni fisiche, esiste forse qualcuno che non debba svolgere i propri doveri e adempiere alle proprie responsabilità? Invece, simili persone non fanno che comportarsi subdolamente e giocare sporco, non vogliono adempiere alle proprie responsabilità; l’implicazione è che non vogliono comportarsi come persone degne di questo nome. Dio ha dato loro levatura e doni, ha dato loro l’opportunità di essere umani, eppure non sono in grado di farne uso nell’adempiere al loro dovere. Non fanno nulla, ma vogliono godere di ogni cosa. Una persona del genere è forse degna di essere definita umana? Indipendentemente dal lavoro che le viene affidato, che sia importante o comune, difficile o semplice, è sempre negligente e superficiale, sempre pigra e subdola. Quando emergono dei problemi, le persone di questo tipo cercano di scaricare la responsabilità su qualcun altro; non si assumono alcuna responsabilità, e vogliono solo continuare a vivere le loro vite da parassiti. Non sono forse spazzatura inutile? Nella società, chi non deve fare affidamento su se stesso per sopravvivere? Una volta cresciuta, una persona deve provvedere a se stessa. I suoi genitori hanno adempiuto alla loro responsabilità. Anche se i genitori fossero disposti a mantenerla, questa persona non si sentirebbe a proprio agio e dovrebbe essere in grado di riconoscere: ‘I miei genitori hanno terminato il loro compito di crescere i figli. Sono un adulto e sono in salute: dovrei essere in grado di vivere in modo indipendente’. Non è questo il minimo del senno che un adulto dovrebbe possedere? Se una persona fosse davvero dotata di senno, non potrebbe continuare a scroccare ai genitori: avrebbe paura di essere derisa dagli altri, di essere svergognata. Quindi, i fannulloni hanno forse senno? (No.) Pretendono sempre qualcosa senza offrire nulla in cambio, non vogliono mai assumersi alcuna responsabilità, vanno in cerca di un pranzo gratuito, vogliono tre pasti completi al giorno, che qualcuno li serva e che il cibo sia delizioso, e tutto questo senza svolgere alcun lavoro. Questa non è forse la mentalità di un parassita? E coloro che sono dei parassiti possiedono forse coscienza e senno? Hanno dignità e integrità? Assolutamente no; sono tutti scrocconi buoni a nulla, bestie senza coscienza né ragione. Nessuno di loro è degno di rimanere nella casa di Dio” (La Parola, Vol. 5: Responsabilità di leader e lavoratori, “Responsabilità di leader e lavoratori (8)”). La parola di Dio mi ha spinta a riflettere: monitorare e comprendere i problemi del lavoro e ricercare la verità per risolverli è il compito di leader e lavoratori, mentre i falsi leader lo considerano un peso. Questo dimostra che non vogliono compiere il loro dovere, ma piuttosto godere degli orpelli della posizione. Ho visto che anche io mi comportavo così. Avrei dovuto assumermi la responsabilità e risolvere i problemi e le difficoltà che emergevano, avrei dovuto cogliere l’occasione per ricercare la verità e rimediare alle mie mancanze, cosa che mi avrebbe permesso di progredire più velocemente. E invece volevo rifiutare il mio dovere per via delle troppe difficoltà. Come supervisore, non svolgevo un vero lavoro e non risolvevo alcun problema reale. Non stavo solo bramando i vantaggi del prestigio? Ripensando al mio comportamento, anche se quando avevo dei collaboratori poteva sembrare che stessi lavorando, in realtà il lavoro era distribuito tra molti di noi e io non ne ero un granché responsabile. Il mio dovere era facile, quindi in realtà me la prendevo molto comoda. Quando i miei due collaboratori sono stati trasferiti, la pressione del lavoro si è fatta davvero sentire, dovevo soffrire per assumermi le mie responsabilità, e così ho opposto resistenza, fino al punto di voler tradire Dio e rifiutare il mio dovere. In seguito, ho corretto il mio stato nutrendomi della parola di Dio, ma, quando mi è stata assegnata una collaboratrice con più esperienza di me, ho ripreso ad assumermi meno responsabilità e trascorrevo le giornate svolgendo il mio dovere con lassezza, senza interessarmene. Quando poi sono stata nominata unica responsabile della produzione video e le difficoltà sono aumentate, volevo di nuovo tirarmi indietro. Mi sono resa conto che il mio atteggiamento verso il dovere era stato davvero infido e che ero pronta ad accampare scuse al primo segno di fatica fisica o alla prima responsabilità. Volevo sempre passare a un lavoro facile e privo di stress, ma la verità è che tutti i lavori presentano delle difficoltà e, se non avessi eliminato la mia indole corrotta, non sarei stata in grado di svolgere adeguatamente alcun dovere. Ho visto che per natura provavo disgusto per la verità e non amavo le cose positive. Non volevo compiere un dovere, ma piuttosto godere delle benedizioni. Alla fine, non si ottiene nulla da questo tipo di fede! In particolare, ho letto nella parola di Dio: “Pretendono sempre qualcosa senza offrire nulla in cambio, non vogliono mai assumersi alcuna responsabilità, vanno in cerca di un pranzo gratuito, vogliono tre pasti completi al giorno, che qualcuno li serva e che il cibo sia delizioso, e tutto questo senza svolgere alcun lavoro. Questa non è forse la mentalità di un parassita?” Ero esattamente il tipo di persona rivelato da Dio: volevo solo raccogliere ma non seminare, e godere dei frutti del lavoro altrui. Non ero forse solo spazzatura? Più ci pensavo, più mi sentivo nauseata. In passato, le persone che odiavo di più erano i parassiti che continuano a vivere alle spalle dei genitori, adulti che non se ne vanno di casa, che approfittano dei loro genitori e non si assumono alcuna responsabilità. Sono dei buoni a nulla. Ma in che modo il mio comportamento attuale era diverso dal loro? In preda al rimorso, ho pregato Dio: “O Dio, finalmente vedo che sono davvero egoista e falsa nel mio dovere. Ho sempre e solo pensato alla carne e volevo comportarmi da parassita. Sono veramente terrorizzata da questi pensieri depravati. C’è così tanto lavoro della chiesa che ha bisogno di una cooperazione urgente, ma io non sto cercando di fare progressi né di assumermi alcun fardello. Sono spazzatura”.
Poi ho riflettuto. Perché volevo sempre tirarmi indietro e rifiutare il mio dovere ogni volta che la pressione e le difficoltà nel mio lavoro aumentavano? Qual era esattamente la causa? Nella mia ricerca, ho letto le parole di Dio: “Oggi, non credi alle parole che dico e non poni alcuna attenzione a esse; quando arriverà il giorno di diffondere questa opera e la vedrai nella sua totalità, ti pentirai, e in quel momento resterai interdetto. Ci sono benedizioni, eppure non sai goderne, e c’è la verità, ma tu non la persegui. Non ti guadagni il disprezzo per te stesso? Oggi, anche se la fase successiva dell’opera di Dio deve ancora iniziare, non c’è niente di eccezionale in merito alle richieste a te fatte e a ciò che ti viene chiesto di vivere. C’è tanta opera e così tante verità; non sono degne di essere conosciute da te? Il castigo e il giudizio di Dio non sono in grado di risvegliare il tuo spirito? Il castigo e il giudizio di Dio non sono capaci di farti odiare te stesso? Sei contento di vivere sotto l’influenza di Satana, in pace e gioia e con un po’ di conforto carnale? Non sei la più infima di tutte le persone? Nessuno è più stolto di coloro che pur avendo contemplato la salvezza non cercano di ottenerla; sono persone che si saziano della carne e godono di Satana. Speri che la tua fede in Dio non comporti sfide o tribolazioni, né la benché minima avversità. Persegui costantemente cose immeritevoli e non attribuisci alcun valore alla vita, e anteponi, invece, i tuoi pensieri stravaganti alla verità. Sei talmente indegno! Vivi come un maiale – che differenza c’è tra te, i maiali e i cani? Quelli che non perseguono la verità e invece amano la carne, non sono tutte bestie? I morti senza spirito non sono tutti dei cadaveri ambulanti? Quante parole sono state pronunciate tra di voi? È forse stata poca l’opera compiuta tra di voi? A quante cose ho provveduto fra di voi? Allora perché non ne hai ottenuto nulla? Di che cosa ti lamenti? Non è forse che non hai guadagnato nulla perché sei troppo innamorato della carne? E non è che i tuoi pensieri sono troppo stravaganti? Non è perché sei troppo stolto? Se sei incapace di ottenere queste benedizioni, puoi incolpare Dio per non averti salvato? Ciò che persegui è essere in grado di ottenere la pace dopo aver creduto in Dio, perché i tuoi figli non si ammalino, perché tuo marito abbia un buon lavoro, tuo figlio trovi una buona moglie, tua figlia trovi un marito rispettabile, i tuoi buoi e cavalli arino la terra per bene, perché ci sia un anno di bel tempo per le tue colture. Questo è ciò che ricerchi. Ti preoccupi solo di vivere nell’agiatezza e che nessuna disgrazia si abbatta sulla tua famiglia, che i venti ti passino accanto, che il tuo viso non sia graffiato dal pietrisco, che le colture della tua famiglia non vengano inondate, di non subire alcun disastro, di vivere nell’abbraccio di Dio, di vivere in una casa accogliente. Un vigliacco come te che persegue costantemente la carne – hai forse un cuore, uno spirito? Non sei una bestia? Io ti do la vera via senza chiedere nulla in cambio, ma tu non la persegui. Sei uno di quelli che credono in Dio? Ti dono la vita umana vera, ma tu non la persegui. Non sei allora del tutto simile a un maiale o a un cane? I maiali non aspirano alla vita dell’uomo né a essere purificati, e non capiscono che cosa sia la vita. Ogni giorno, dopo aver mangiato a sazietà, si mettono semplicemente a dormire. Io ti ho dato la vera via, ma tu non l’hai guadagnata: sei a mani vuote. Sei disposto a continuare a condurre questa vita, la vita di un maiale? Quale significato ha, per persone simili, essere vive? La tua vita è spregevole e ignobile, vivi in mezzo a sudiciume e dissolutezza e non persegui alcun obiettivo; non è la tua vita la più ignobile di tutte? Hai l’impudenza di volgere lo sguardo a Dio? Se continui a fare esperienza in questo modo, non è che non otterrai nulla? Ti è stata data la vera via, ma che alla fine tu la possa guadagnare o meno dipende dalla tua ricerca personale” (La Parola, Vol. 1: La manifestazione e l’opera di Dio, “Le esperienze di Pietro: la sua conoscenza del castigo e del giudizio”). Dalle severe parole di Dio, ho percepito che Dio prova estremo disgusto e antipatia per coloro che bramano le comodità: ai Suoi occhi sono solo animali. Sono pigri fannulloni, per niente disposti a adoperarsi per progredire; amano oziare e, in definitiva, non compiono alcun dovere in modo adeguato e non acquisiscono alcuna verità. Sono spazzatura. Io ero così. Mi piaceva che il mio dovere filasse liscio, e mi pareva tutto andasse bene fintanto che avevo un dovere e non venivo rimossa o scacciata. Ma poi, alla prima difficoltà che mi imponeva di soffrire o di pagare un prezzo, mi tiravo indietro. Volevo solo scegliere lavori semplici e facili, e sostenevo i principi di vita satanici: “Goditi la vita finché sei vivo” e “Trattati bene”. Poiché ero dominata da questi pensieri e queste idee, bramavo sempre le comodità e, ogni volta che il lavoro di cui ero responsabile si accumulava, mi risentivo, temendo di non avere più del tempo libero. Quando avevo bisogno di apprendere qualche competenza in più, non ne pagavo davvero il prezzo. Di conseguenza, il tempo passava e io non avevo fatto molti progressi nelle mie capacità e non riuscivo a gestire il lavoro. A volte trascuravo persino i miei doveri e guardavo video profani fingendo di star imparando delle abilità, e sono diventata sempre più insensibile e cupa nello spirito. In quanto supervisore, quando nel lavoro emergevano dei problemi, avrei dovuto seguirli e risolverli attivamente, ma non appena vedevo che i problemi erano un po’ spinosi, ricorrevo a qualche trucco per ignorarli, ritardando l’avanzamento del lavoro. Ancora più grave era la mia costante volontà che qualcun altro prendesse il mio posto e alleggerisse la pressione su di me. Sapevo che la produzione video era molto importante, eppure soddisfacevo la carne e mi tiravo indietro in ogni momento cruciale, senza assumermi alcuna responsabilità. Ero come una di quelle figlie cresciute dai genitori fino all’età adulta che poi, quando arriva il momento di sacrificarsi per la famiglia, temono la sofferenza e non sono disposte ad assumersi le proprie responsabilità. Una persona del genere è priva di coscienza ed è una miserabile ingrata. Ho pensato che era proprio così che mi ero comportata. Dio mi aveva guidata fino a quel punto e mi aveva anche concesso la grazia, permettendomi di svolgere un dovere così importante, eppure temevo sempre la sofferenza e assecondavo solo la mia carne. Ero del tutto priva di coscienza! Mi lamentavo sempre delle difficoltà del mio dovere e detestavo rinunciare alle mie comodità fisiche. Non solo stavo perdendo la possibilità di acquisire la verità, ma stavo anche compromettendo il mio dovere e non facevo che accumulare trasgressioni. Alla fine, di certo Dio mi avrebbe respinta e scacciata!
Ho iniziato a ricercare un percorso di pratica. Ho letto le parole di Dio: “Supponiamo che la chiesa ti affidi un lavoro da svolgere, e tu dica: ‘Che il lavoro sia un’occasione per distinguermi o no, siccome è stato affidato a me, lo farò bene. Mi prenderò questa responsabilità. Se vengo assegnato all’accoglienza, darò tutto me stesso per ricevere bene le persone; mi occuperò bene di fratelli e sorelle e farò del mio meglio per garantire la sicurezza di tutti. Se vengo assegnato a diffondere il Vangelo, mi doterò della verità e diffonderò il Vangelo con amore e svolgerò bene il mio dovere. Se mi viene assegnato di imparare una lingua straniera, studierò con diligenza e mi impegnerò molto per impararla bene il più velocemente possibile, entro un anno o due, così da poter testimoniare Dio agli stranieri. Se mi viene chiesto di scrivere articoli di testimonianza, mi formerò scrupolosamente per farlo e valuterò le cose in conformità alle verità principi; imparerò che linguaggio usare e, sebbene potrei non essere in grado di scrivere articoli con una bella prosa, sarò almeno in grado di comunicare con chiarezza la mia testimonianza esperienziale, di condividere in maniera comprensibile sulla verità e di rendere autentica testimonianza di Dio, in modo che, quando le persone leggeranno i miei articoli, ne saranno edificate e ne trarranno beneficio. Qualsiasi lavoro mi assegni la chiesa, lo accoglierò con tutto il mio cuore e la mia forza. Se ci sarà qualcosa che non capisco o un problema, pregherò Dio, cercherò la verità, risolverò i problemi conformemente alle verità principi e farò le cose per bene. Qualsiasi sia il mio dovere, userò tutto quello che ho per svolgerlo bene e soddisfare Dio. Per tutto quello che posso ottenere, farò del mio meglio per prendermene tutta la responsabilità che devo sostenere, e quantomeno non andrò contro la mia coscienza e ragione, né sarò negligente o sbrigativo, o furbo e assente, né godrò dei frutti della fatica altrui. Niente di quello che farò sarà al di sotto degli standard della coscienza’. Questo è lo standard minimo del comportamento umano, e chi compie il proprio dovere in tale modo può definirsi una persona coscienziosa e ragionevole. Devi almeno avere una coscienza pulita nel compiere il tuo dovere, e devi almeno sentire che ti sei guadagnato i tuoi tre pasti al giorno e non stai mangiando a sbafo. Questo si chiama senso di responsabilità. Che la tua levatura sia elevata o scarsa, e che tu capisca o no la verità, devi avere questo atteggiamento: ‘Visto che mi è stato assegnato questo lavoro da svolgere, devo trattarlo seriamente; deve essere la mia preoccupazione e lo devo eseguire bene, con tutto il mio cuore e la mia forza. Per quanto riguarda il farlo alla perfezione, non posso pretendere di dare una garanzia, ma il mio atteggiamento è quello di fare del mio meglio per vederlo svolto bene e di sicuro non sarò né negligente né sbrigativo in questo. Se sorge un problema nel lavoro, allora me ne prenderò la responsabilità, e mi assicurerò di trarne una lezione e di compiere bene il mio dovere’. Questo è l’atteggiamento giusto. Voi avete questo atteggiamento?” (La Parola, Vol. 5: Responsabilità di leader e lavoratori, “Responsabilità di leader e lavoratori (8)”). Le parole di Dio mi hanno davvero ispirata. Dal momento che la chiesa mi aveva affidato quel lavoro, dovevo assumermi tutte le responsabilità che un adulto è in grado di assumersi. Per quanto fossi dotata di levatura, per quanto fossi capace nel mio lavoro o qualunque difficoltà incontrassi nel mio dovere, non potevo tirarmi indietro: dovevo insistere e dare tutta me stessa nell’occuparmi del lavoro. In seguito, ogni volta che finivamo di produrre un video e ricevevamo i suggerimenti degli altri, anche se si trattava di un problema di cui non ero a conoscenza o che non sapevo come gestire, cercavo sempre attivamente un modo per risolverlo o di trovare persone dotate di esperienza da consultare. Gradualmente, ho acquisito maggiore familiarità con quelle competenze e maggiore chiarezza sui principi. In passato, ogni volta che emergeva un problema spinoso, ero solita scaricarlo su uno dei miei collaboratori, non rispondevo prontamente ai messaggi nella chat di gruppo e battevo la fiacca. Ora, invece, so assumermi attivamente le mie responsabilità e un maggiore fardello nei miei doveri. Anche se emergono delle difficoltà nel corso della nostra collaborazione, quando mi affido a Dio con attenzione e discuto con tutti gli altri, il cammino da percorrere diventa sempre più chiaro.
Solo dopo questa esperienza mi sono resa conto di quanto fossi egoista e ingannevole, infida e pigra nel mio dovere, e non disposta ad assumermi le responsabilità. Quando ho corretto il mio atteggiamento e sono stata disposta a tenere conto del fardello di Dio e a mettere tutta me stessa nel collaborare, ho visto la direzione e la guida da parte di Dio, ho acquisito fede dentro di me e ho appreso la pratica di essere una persona ragionevole e coscienziosa che si occupa dei propri doveri.