99. Riflessioni di una malata terminale
Nel mese di giugno 2013, le mestruazioni mi sono durate più di dieci giorni e ho perso dei grossi grumi di sangue. Al momento sentivo solo qualche fitta occasionale al basso ventre, a destra, quindi non ci ho badato molto. Ma il mese successivo, durante il ciclo, ho iniziato a perdere sempre più coaguli e il sanguinamento non faceva che aumentare. Ero un po’ spaventata e sono andata in ospedale per un controllo. Il medico mi ha rimandata a casa in attesa dei risultati. Ma il giorno dopo la mia emorragia non si arrestava. Ho preso il miglior antiemorragico, ma l’ha fermata solo temporaneamente, ho ricominciato a sanguinare appena esaurito l’effetto. Avevo il corpo ricoperto di sudore freddo per l’eccessivo sanguinamento. Ero sola in casa in quel momento. Ho pensato tra me e me: “E se perdessi tanto sangue da morirne?” Ho subito chiamato mia sorella e poi sono crollata sul letto, incapace di muovermi. Mia sorella ha immediatamente chiamato un’ambulanza e mi ha fatta portare in ospedale. Ero spaventosamente pallida a causa della perdita di sangue. Mi erano diventate le labbra violacee e avevo il viso cereo come quello di un cadavere. Avevo tutto il corpo scosso da tremori e un disperato bisogno di una trasfusione di sangue, ma le riserve di plasma dell’ospedale erano esaurite e non ne sarebbe arrivato altro prima dell’una di notte. Sentire che l’ospedale aveva finito il plasma mi ha terrorizzata, e ho pensato: “Mancano ancora otto ore all’una di notte. Come potrò resistere tanto a lungo? Mi sono quasi dissanguata: sopravvivrò ad altre otto ore? Sono ancora così giovane. Se morissi, non vedrei mai più l’azzurro del cielo né i meravigliosi panorami del Regno”. Ero in preda al terrore e invocavo Dio senza sosta: “O Dio! Ti prego, salvami!” Proprio allora ho rammentato delle parole di Dio: “Finché ti resterà anche solo un respiro, Dio non ti lascerà morire” (La Parola, Vol. 1: La manifestazione e l’opera di Dio, “Discorsi di Cristo al principio, Cap. 6”). Le parole di Dio mi hanno dato molta fede. Finché avevo ancora un solo respiro, non sarei morta a meno che non lo permettesse Dio. Ho pregato Dio in silenzio: “Dio, Ti rendo grazie. Quando sono inerme e spaventata, solo le Tue parole riescono a confortarmi. Ho ancora un respiro e, finché non permetterai che io muoia, continuerò a vivere. Credo in ciò che dici”. Finito di pregare, ero molto più calma e meno spaventata. Mio marito è arrivato in ospedale verso le 18.00 ma, quando ha saputo quello che era successo, non mi ha rivolto una sola parola di conforto. Si è limitato a guardarmi, ha scambiato qualche parola con qualcuno lì e poi se n’è andato. Mio marito mi perseguitava sin da quando avevo iniziato a credere in Dio. Ora che ero malata, voleva avere ancora meno a che fare con me. Mi sono sentita così abbandonata e impotente. In quel momento non riuscivo a muovermi né a parlare, ma avevo la mente lucida. Quando mio marito se n’è andato, non sono riuscita a trattenere le lacrime. Credevo che mi sarebbe stato vicino nella malattia. Non avrei mai pensato che sarebbe stato così spietato. Allora ho capito che non potevo più contare su di lui e che potevo affidarmi solo a Dio. Ho pregato Dio in silenzio, senza osare allontanarmi da Lui nemmeno per un momento. Ho anche riflettuto su alcuni inni e parole di Dio che avevo letto. L’inno delle che mi ha colpita più profondamente era intitolato “Pietro rimase saldamente aggrappato a fede e amore autentici”: “Dio! La mia vita non ha alcun valore, e così il mio corpo. Ho soltanto un’unica fede e un unico amore. Ho fede in Te nella mia mente e amore per Te nel mio cuore; queste due sole cose ho da offrirTi, e null’altro” (La Parola, Vol. 1: La manifestazione e l’opera di Dio, “Come Pietro arrivò a conoscere Gesù”). Mi sono cantata quest’inno mentalmente, pensando a come nella mia fede non mi fossi donata a Dio e non avessi autentica fede in Lui. Avevo sempre voluto contare sulla mia famiglia ma, nel mio momento più vulnerabile, la persona più vicina a me mi ha ignorata. È stato Dio a confortarmi con le Sue parole, solo Lui poteva salvarmi. Ho pregato Dio nel mio cuore: “Dio, solo Tu puoi salvarmi, confortarmi e darmi fede e forza. Sono pronta a donarTi il mio cuore e la mia vita”. Riflettere su quell’inno delle parole di Dio mi ha fatta sentire veramente in pace e ho smesso di pensare alla mia malattia e di temere la morte. Lentamente mi è tornato in corpo un po’ di calore e prima che me ne accorgessi era già l’una di notte. Fatta la trasfusione di sangue, la mattina dopo mi sentivo come nuova. Il medico di turno è rimasto sconvolto quando mi ha vista seduta nel letto. Mi ha detto: “Ieri era in pessimo stato; sono stupito che sia riuscita a superare la notte!” A queste sue parole, ho ringraziato Dio più e più volte. Se non fosse stato per la guida delle parole di Dio, non sarei mai sopravvissuta. È stato tutto merito della portentosa protezione di Dio. Dopo di che, il medico mi ha mandata all’ospedale della città per fare altri esami. Ho pensato tra me e me: Dio mi ha protetta in una situazione così pericolosa ieri, quindi sono certa che non troveranno nessun problema grave.
Il giorno dopo, con alcuni familiari, sono andata in un grande ospedale per ulteriori esami, solo per sentirmi diagnosticare un cancro alla cervice in stadio avanzato. Il tumore era già grande come un uovo di anatra e l’intervento chirurgico era fuori discussione. Non sarei mai riuscita a superarlo. Sentirgli dire “cancro alla cervice in stadio avanzato” mi ha sbalordita e completamente sconvolta. Continuavo a pensare tra me e me: “Cancro? Come posso avere il cancro? Alcuni non credenti non vivono più di un paio di mesi dopo essersi ammalati di cancro. Sopravvivrò?” Mi sentivo angosciata e afflitta e non volevo parlare con nessuno. Sdraiata nel mio letto d’ospedale, continuavo a riflettere sui miei ultimi dieci anni di fede in Dio: da quando avevo accettato l’opera di Dio degli ultimi giorni, ero stata perseguitata dalla mia famiglia e persino derisa e calunniata dai non credenti. In quegli anni, qualunque dovere la chiesa mi assegnasse, mi sottomettevo sempre. Per quanto fosse difficile o estenuante, riuscivo a ultimarlo affidandomi a Dio. Non ho mai tradito Dio, neanche quando sono stata arrestata, condannata e incarcerata, e dopo il mio rilascio ho ripreso a diffondere il Vangelo e a compiere il mio dovere. Avevo già sofferto tanto e attraversato momenti così difficili, allora perché ora avevo una malattia terminale? Perché Dio non mi aveva protetta? La mia fede in Dio era prossima alla fine? Proprio non capivo, e non riuscivo ad accettare di morire così. Con il viso ricoperto da lacrime di dolore, ho implorato Dio: “O Dio, non voglio morire. Se muoio ora, non vedrò mai il giorno della Tua gloria e la fine del gran dragone rosso, né i meravigliosi panorami del Regno. Rabbrividisco al pensiero di quale fine mi aspetta. O Dio, Ti prego, aiutami e guarisci la mia malattia!” Proprio in quel momento, ho ripensato a tutto il sangue che avevo perso e a come, nonostante nessuno pensasse che sarei sopravvissuta, Dio mi aveva evitato la morte e io avevo assistito al Suo atto portentoso. Alla luce di questo, volevo sottopormi alle terapie.
Data la gravità della mia condizione, il medico mi ha raccomandato sia la radio che la chemio. La chemioterapia mi dava nausea e stordimento. Il fastidio era enorme e il viso mi diventava bollente. Durante la radioterapia mi sembrava di essere punta da aghi in tutto il corpo. Le due terapie insieme mi provocavano un dolore insopportabile, e ho ripreso a lamentarmi e a fraintendere Dio: era logico che i non credenti, senza la protezione di Dio, si ammalassero di cancro, ma io avevo fede in Dio, quindi come potevo aver contratto una malattia terminale? Dio non mi aveva protetta! Il mio reparto d’ospedale era pieno di malati di cancro di ogni genere e non passavano molti giorni senza che qualche paziente deceduto venisse portato via. Ero terrorizzata e temevo che, se la mia malattia fosse peggiorata ulteriormente, un giorno sarei stata una di loro. Non volevo trascorrere tutto il tempo insieme agli altri malati di cancro. Era così straziante ascoltare i loro lamenti di dolore giorno dopo giorno. Così, appena finita la terapia, andavo a casa di una sorella per leggere le parole di Dio. Durante i nostri incontri, condividevo attivamente la mia comprensione delle parole di Dio e discutevo con lei su come eliminare le nozioni dei potenziali neofiti. Pensavo tra me e me: “Una volta dimessa dall’ospedale, riprenderò a diffondere il Vangelo e a compiere il mio dovere. Purché partecipi a più riunioni, mi nutra delle parole di Dio e abbia fede in Lui, Egli mi proteggerà di certo”. Durante la terapia, una mia parente è venuta a trovarmi e in privato ha detto a mio marito e ai miei figli che suo marito era morto di tumore e che il mio cancro era incurabile. Ha detto che anziché spendere denaro per la terapia ospedaliera sarebbe stato meglio farmi fare un viaggio, invece di perdere sia me che i soldi. Mio marito ha seguito il suo consiglio e ha detto che mi avrebbe portata in viaggio, che potevamo andare ovunque volessi. Ma il mio unico pensiero era: “Quindi vogliono che io sospenda le terapie? Ma così non morirò? È davvero la fine per me?” Sono precipitata ancora una volta nell’angoscia. Qualche giorno dopo, mio marito si è rifiutato di pagare le mie spese mediche. Mia sorella mi ha detto: “Il tuo medico ha detto che ti restano solo due o tre mesi di vita, quindi smetti di chiedere a tuo marito di pagare queste spese. Nessuna terapia può curarti ormai. Affidati a Dio e basta: solo Lui può salvarti!” A queste sue parole, sono rimasta stesa sul letto paralizzata dallo shock; non osavo pensare che quanto aveva detto potesse essere vero. Mi restavano solo due o tre mesi di vita? Ero assolutamente devastata e le lacrime mi scendevano sul viso. Il medico mi aveva dichiarata incurabile e mio marito e i miei figli volevano che sospendessi le terapie. Cosa mi restava da fare se non aspettare di morire? Avevo avuto fede in Dio per tanti anni e sofferto così tanto, tutto nella speranza che Egli mi salvasse dalla morte e che potessi entrare nel Regno. Non avrei mai immaginato che le cose sarebbero finite così. Ero disperata e convinta di non poter essere salvata. Nei giorni seguenti, pregavo meccanicamente ed ero meno entusiasta di leggere le parole di Dio. Mi sentivo come se potessi morire da un momento all’altro e che fosse inutile pregare ancora. Ero in uno stato davvero pessimistico e negativo.
Un giorno stavo tornando al mio reparto e, appena ho aperto la porta, ho visto un malato di cancro morto nel letto e coperto da un lenzuolo bianco. Ero così spaventata che sono corsa in un altro reparto. Quel paziente era stato ricoverato solo da due giorni ed era già morto. Temevo che un giorno, presto, anch’io avrei dovuto affrontare la morte, così ho subito pregato Dio: “O Dio, sono terribilmente spaventata, negativa e debole. Non voglio morire come una non credente. Ti prego, proteggimi, dammi fede e forza e fammi comprendere la Tua volontà”. Dopo aver pregato, ho ricordato un inno delle parole di Dio intitolato “Il dolore delle prove è una benedizione di Dio”: “Non essere avvilito, non essere debole, e Io chiarirò le cose per te. La strada verso il Regno non è così agevole, nulla è così semplice! Vuoi ottenere facilmente le benedizioni, giusto? Oggi tutti avranno prove amare da affrontare. Senza di esse, il cuore amoroso che avete per Me non si rafforzerà e voi non proverete per Me un amore autentico. Sebbene tali prove consistano solo in circostanze di scarso rilievo, tutti devono sperimentarle; è solo che la difficoltà delle prove sarà diversa a seconda delle persone. Le prove sono una benedizione da parte Mia, e quanti di voi vengono spesso innanzi a Me e implorano in ginocchio le Mie benedizioni? Pensate sempre che qualche parola favorevole conti come le Mie benedizioni, eppure non vi rendete conto che l’amarezza è una di esse” (La Parola, Vol. 1: La manifestazione e l’opera di Dio, “Discorsi di Cristo al principio, Cap. 41”). Le parole di Dio mi hanno profondamente confortata e commossa. Le Sue parole mi hanno mostrato che la strada per accedere al Regno non è facile e priva di asperità, bisogna sopportare alcune prove amare. La mia malattia era solo un’altra prova e una benedizione di Dio. Non potevo perdere la fede in Lui; dovevo invece ricercare la Sua volontà in quella situazione, senza rivolgerGli lamentele, e rimanere salda nel testimoniarLo. Compresa la volontà di Dio, mi sono sentita meno negativa e ho trovato la fede di affidarmi a Lui per superare tutto quanto. Poiché Dio non mi aveva ancora lasciata morire, nel mio tempo libero ho letto altre Sue parole e mi sono riunita con quella sorella.
A casa sua, leggevo spesso questo passo delle parole di Dio: “Le esperienze di Pietro: la sua conoscenza del castigo e del giudizio”. Un passo in particolare mi ha fornito una nuova conoscenza del mio punto di vista sulla fede in Dio. Dio Onnipotente dice: “Speri che la tua fede in Dio non comporti sfide o tribolazioni, né la benché minima avversità. Persegui costantemente cose immeritevoli e non attribuisci alcun valore alla vita, e anteponi, invece, i tuoi pensieri stravaganti alla verità. Sei talmente indegno! Vivi come un maiale – che differenza c’è tra te, i maiali e i cani? Quelli che non perseguono la verità e invece amano la carne, non sono tutte bestie? I morti senza spirito non sono tutti dei cadaveri ambulanti? Quante parole sono state pronunciate tra di voi? È forse stata poca l’opera compiuta tra di voi? A quante cose ho provveduto fra di voi? Allora perché non ne hai ottenuto nulla? Di che cosa ti lamenti? Non è forse che non hai guadagnato nulla perché sei troppo innamorato della carne? E non è che i tuoi pensieri sono troppo stravaganti? Non è perché sei troppo stolto? Se sei incapace di ottenere queste benedizioni, puoi incolpare Dio per non averti salvato? Ciò che persegui è essere in grado di ottenere la pace dopo aver creduto in Dio, perché i tuoi figli non si ammalino, perché tuo marito abbia un buon lavoro, tuo figlio trovi una buona moglie, tua figlia trovi un marito rispettabile, i tuoi buoi e cavalli arino la terra per bene, perché ci sia un anno di bel tempo per le tue colture. Questo è ciò che ricerchi. Ti preoccupi solo di vivere nell’agiatezza e che nessuna disgrazia si abbatta sulla tua famiglia, che i venti ti passino accanto, che il tuo viso non sia graffiato dal pietrisco, che le colture della tua famiglia non vengano inondate, di non subire alcun disastro, di vivere nell’abbraccio di Dio, di vivere in una casa accogliente. Un vigliacco come te che persegue costantemente la carne – hai forse un cuore, uno spirito? Non sei una bestia? Io ti do la vera via senza chiedere nulla in cambio, ma tu non la persegui. Sei uno di quelli che credono in Dio? Ti dono la vita umana vera, ma tu non la persegui. Non sei allora del tutto simile a un maiale o a un cane? I maiali non aspirano alla vita dell’uomo né a essere purificati, e non capiscono che cosa sia la vita. Ogni giorno, dopo aver mangiato a sazietà, si mettono semplicemente a dormire. Io ti ho dato la vera via, ma tu non l’hai guadagnata: sei a mani vuote. Sei disposto a continuare a condurre questa vita, la vita di un maiale? Quale significato ha, per persone simili, essere vive? La tua vita è spregevole e ignobile, vivi in mezzo a sudiciume e dissolutezza e non persegui alcun obiettivo; non è la tua vita la più ignobile di tutte? Hai l’impudenza di volgere lo sguardo a Dio? Se continui a fare esperienza in questo modo, non è che non otterrai nulla? Ti è stata data la vera via, ma che alla fine tu la possa guadagnare o meno dipende dalla tua ricerca personale” (La Parola, Vol. 1: La manifestazione e l’opera di Dio). Ho letto anche quest’altro passo delle parole di Dio: “A parte i vantaggi strettamente associati a ciò, potrebbero esserci altre ragioni per cui persone che non comprendono affatto Dio Gli darebbero così tanto? In questo, scopriamo un problema che precedentemente non avevamo identificato: il rapporto dell’uomo con Dio si basa su un evidente interesse personale. È il rapporto tra chi riceve le benedizioni e chi le elargisce. Più semplicemente, è simile al rapporto tra il dipendente e il datore di lavoro. Il dipendente lavora solamente per ricevere i compensi elargiti dal datore di lavoro. In un rapporto di questo genere, non c’è affetto, solamente un accordo; non c’è dare e ricevere amore, solamente carità e misericordia; non c’è comprensione, solamente sdegno represso e inganno; non c’è confidenza, solamente un abisso invalicabile” (La Parola, Vol. 1: La manifestazione e l’opera di Dio, “Appendice 3: L’uomo può essere salvato solamente nell’ambito della gestione di Dio”). Le parole di giudizio di Dio erano come una spada affilata che mi trafiggeva il cuore. Era come se Dio mi stesse giudicando di persona. Ho iniziato a riflettere su me stessa: una volta diventata cristiana, ho sempre mirato a ottenere la grazia, convinta che, fintanto che avessi avuto fede nel Signore, Egli mi avrebbe protetta e tenuta fuori dai pericoli. Dopo aver accettato l’opera di Dio degli ultimi giorni, pur sapendo che Egli non guarisce i malati, non scaccia i demoni e non compie miracoli come nell’Età della Grazia, e dice invece alle persone di perseguire la verità e sottoporsi al giudizio, al castigo, alle prove e ai raffinamenti per purificare la loro indole corrotta, mi aggrappavo comunque al mio desiderio smodato di ottenere benedizioni. Pensavo che perseguire la mia fede con serietà mi avrebbe risparmiato tutti i disastri e le malattie e che, se anche mi fossi ammalata gravemente, Dio mi avrebbe protetta e non mi avrebbe lasciata morire. Mi spendevo con entusiasmo al fine di ottenere benedizioni e grazia. Per quanto mio marito mi perseguitasse e ostacolasse, o per quanto i miei parenti mi calunniassero e abbandonassero, non mi sono fatta limitare da loro. Non ho tradito Dio neanche quando sono stata arrestata e messa in prigione. Una volta rilasciata, ho ripreso a compiere il mio dovere. Pensavo che perseguendo in quel modo sarei stata salvata e protetta. Soprattutto quella volta, in cui credevo di essere giunta all’ultimo respiro e Dio mi ha ripresa sull’orlo della morte quando L’ho invocato con tutta me stessa, mi sono convinta ancora di più che Egli mi avrebbe aiutata in qualunque avversità avessi affrontato. Quando mi è stato diagnosticato il cancro e la mia famiglia voleva che sospendessi le terapie, ho visto in Dio la mia ultima speranza e ho pensato che se avessi continuato a frequentare le riunioni e a leggere le Sue parole, se avessi pregato di più, se mi fossi affidata a Lui e avessi svolto il mio dovere al mio meglio, Egli avrebbe visto che avevo fede e mi sottomettevo e magari mi avrebbe protetta e lasciata vivere. Grazie alla rivelazione delle parole di Dio, ho capito che nonostante sapessi abbandonare alcune cose, spendermi e compiere il mio dovere con tanto fervore, non era la verità che stavo perseguendo, e il mio scopo non era eliminare la mia indole corrotta e raggiungere la purezza; speravo invece di scambiare il mio impegno e il prezzo pagato con la grazia e le benedizioni di Dio, di ottenere la Sua protezione dalla morte nelle grandi catastrofi e di giungere a una destinazione meravigliosa. Quando Dio mi proteggeva, Lo ringraziavo e Lo lodavo incessantemente, ma quando ho contratto quella malattia terminale l’ho percepito come un torto, ho protestato silenziosamente contro Dio e L’ho persino accusato di essere ingiusto. Nella mia fede, volevo solo ottenere benefici da Dio e non capivo quanto è importante perseguire la verità. Di fronte a una malattia che minacciava la mia fine e la mia destinazione, ho perso la mia fede in Dio. Ho perso interesse per le parole di Dio e per la preghiera, e ho persino frainteso e incolpato Dio. Mi sono accorta che ero priva della minima sincerità verso Dio e di autentico amore per Lui, e che invece Lo stavo solo usando, ingannando, e che “conducevo trattative” con Lui. Come potevo considerarmi una credente? Se avessi continuato a perseguire in quel modo, anche se fossi sopravvissuta, la mia sarebbe stata ribellione e opposizione a Dio. Che valore aveva vivere in quel modo? Rendermene conto mi ha gettata in preda alla vergogna e all’imbarazzo. Mi sentivo così in debito con Dio.
In seguito, un passo delle parole di Dio mi ha fornito una comprensione ancor più profonda. Dio dice: “Nulla è più difficile da gestire delle persone che avanzano costanti richieste a Dio. Non appena le azioni di Dio non corrispondono al tuo modo di pensare, oppure non sono state svolte conformemente al tuo pensiero, probabilmente ti opporrai, il che è sufficiente a dimostrare che ti opponi a Dio per natura. Puoi riconoscere questo problema solo riflettendo frequentemente su te stesso e acquisendo la comprensione della verità, e puoi pienamente risolverlo solo perseguendo la verità. Quando le persone non comprendono la verità, presentano a Dio molte richieste, mentre quando veramente capiscono la verità non chiedono nulla; ritengono soltanto di non avere compiaciuto Dio a sufficienza, di non obbedirGli abbastanza. Il fatto che gli esseri umani presentino sempre richieste a Dio ne riflette la natura corrotta. Se non riesci a conoscere te stesso e a pentirti veramente riguardo a tale questione, dovrai affrontare rischi e pericoli nascosti sul tuo cammino di fede in Dio. Sei in grado di superare le cose ordinarie, ma quando sono implicate questioni importanti come il tuo destino, le tue prospettive e la tua destinazione, forse sarai incapace di superarle. In quel momento, se sei ancora privo della verità, puoi benissimo ricadere nelle tue vecchie abitudini e diventare così uno di coloro che verranno distrutti. Molte persone hanno sempre seguito e creduto in questo modo; si sono comportate bene durante il periodo in cui hanno seguito Dio, ma ciò non determina cosa accadrà in futuro. Questo perché non hai mai consapevolezza del tallone d’Achille dell’uomo, e nemmeno delle cose insite nella natura umana che possono venire a opporsi a Dio e delle quali prendi coscienza solo quando ti conducono al disastro. Poiché la questione della tua natura che si oppone a Dio rimane irrisolta, ti predispone al disastro, ed è possibile che quando il tuo viaggio finirà e l’opera di Dio si concluderà, tu farai ciò che più si oppone a Dio e dirai cose blasfeme contro di Lui, e così sarai condannato e scacciato” (La Parola, Vol. 3: I discorsi di Cristo degli ultimi giorni, “Gli esseri umani chiedono troppo a Dio”). Dopo aver letto le parole di Dio, ho capito che da quando mi ero ammalata avevo avuto paura di morire e desideravo ardentemente che Dio mi lasciasse vivere. Non Gli stavo forse avanzando pretese? Avevo sempre pensato che, poiché credevo in Lui, Dio avrebbe dovuto proteggermi costantemente e non trattarmi come avrebbe trattato una non credente. Dopo che mi è stato diagnosticato un cancro in stadio avanzato e ho visto che Dio non mi forniva una protezione speciale, non ho saputo sottomettermi. Ho usato i miei sacrifici, il mio impegno e le mie sofferenze patite in prigione come capitale per perorare la mia causa e stringere accordi con Dio, pretendendo che mi guarisse dalla malattia. Quando Dio non ha agito secondo le mie richieste, ho discusso con Lui e mi sono opposta. Mi sono resa conto che, nonostante tutti i miei anni di fede, non avevo la minima riverenza nei Suoi confronti. Ero così priva di umanità e di ragione. Ho pensato a come Giobbe ha riverito Dio e fuggito il male per tutta la vita. Quando è stato messo alla prova da Dio e ha perso tutti i beni e i figli e gli si è ricoperto il corpo di pustole, non si è mai lamentato di Dio, né ha preteso che Egli lo guarisse. Giobbe era incredibilmente umano e ragionevole. Quanto a me, trovarmi davanti alla morte mi ha colmata di lamentele e fraintendimenti e pretendevo irragionevolmente che Dio mi proteggesse. Quando ho rischiato la vita per tutto il sangue che avevo perso, sono state la protezione e la cura di Dio a salvarmi: Egli mi ha donato la Sua grazia, permettendomi di assistere al Suo atto portentoso. Inoltre, nei miei anni di fede avevo goduto di irrigazione e nutrimento smisurati da parte delle parole di Dio e appreso numerosi misteri e verità. Dio mi aveva dato più di quanto avessi mai chiesto o immaginato, eppure ancora non mi bastava. Quando mi è stato diagnosticato il cancro, ho avanzato a Dio pretese irragionevoli, chiedendoGli di lasciarmi continuare a vivere. Mi sono resa conto di avere una natura incredibilmente avida. Dio è il Signore della creazione, quindi che diritto aveva una persona così insignificante, ribelle, ostile e piena di corruzione come me di avanzare pretese a Dio? Mi sono accorta di non avere alcuna consapevolezza di me stessa, di essere irragionevolmente arrogante e priva della minima riverenza verso Dio. Quando le azioni di Dio erano in contrasto con le mie nozioni, mi ribellavo, discutevo e protestavo. Ho rivelato un’indole incredibilmente feroce; se non avessi trasformato la mia indole corrotta, avrei offeso l’indole di Dio e sarei stata sottoposta alla Sua giusta punizione. Spaventata, non ho osato porre altre richieste irragionevoli a Dio, così L’ho pregato dicendo: “O Dio, Ti ringrazio per il Tuo giudizio e il Tuo castigo, che mi hanno mostrato quanto fossi irragionevole. O Dio! Sono disposta a pentirmi e, che la mia salute migliori o no, mi sottometterò alle Tue orchestrazioni”. Rendermi conto di questo mi ha leggermente rasserenata.
Sdraiata nel mio letto d’ospedale, mi sono anche chiesta come sia stata capace di porre richieste così irragionevoli dopo essermi ammalata. Dopo aver riflettuto e ricercato, ho capito che era soprattutto perché non comprendevo l’indole giusta di Dio. In seguito, ho letto questo passo delle parole di Dio: “La giustizia non è affatto equità o ragionevolezza; non è egualitarismo, né è questione di assegnarti ciò che meriti a seconda di quanto lavoro hai portato a termine o di pagarti per il lavoro che hai svolto, né di darti il dovuto in base all’impegno che ci hai messo. Questa non è giustizia, è semplicemente essere equi e ragionevoli. Pochissime persone sono capaci di conoscere l’indole giusta di Dio. Supponiamo che Dio avesse eliminato Giobbe dopo che questi Lo ebbe testimoniato: sarebbe stato giusto? In effetti, sì. Perché questo si definisce giustizia? Le persone come valutano la giustizia? Se una cosa è in linea con le nozioni umane, è allora molto facile dire che Dio è giusto; se però si vede che quella cosa non è in linea con le proprie nozioni (se è qualcosa che si è incapaci di comprendere), sarà allora difficile dire che Dio è giusto. Se Dio all’epoca avesse distrutto Giobbe, nessuno avrebbe detto che Dio fosse giusto. In realtà, però, che gli esseri umani siano stati corrotti o no, e che siano stati profondamente corrotti o no, Dio deve forse giustificarSi quando li distrugge? Deve forse spiegare agli esseri umani su che base agisce? Deve forse dire loro le regole che ha stabilito? Non vi è necessità. Agli occhi di Dio, chi è corrotto, e chi è incline a opporsi a Dio, non ha alcun valore; comunque Dio lo tratti, è il modo appropriato, e sono tutte Sue disposizioni. Se tu fossi sgradito agli occhi di Dio ed Egli dicesse che dopo la tua testimonianza non Gli servi più e pertanto ti distruggesse, sarebbe anche questa la Sua giustizia? Sì. Tu forse non sei in grado di riconoscerlo adesso dai fatti, ma devi capirlo in dottrina. Che ne direste: la distruzione di Satana da parte di Dio è espressione della Sua giustizia? (Sì.) E se invece Dio consentisse a Satana di rimanere? Non osate dirlo, vero? L’essenza di Dio è giustizia. Anche se non è facile comprendere ciò che Egli fa, tutto ciò che fa è giusto; semplicemente gli esseri umani non lo capiscono” (La Parola, Vol. 3: I discorsi di Cristo degli ultimi giorni, “Parte terza”). Grazie alle parole di Dio, ho capito che in passato pensavo alla giustizia di Dio in termini di mie nozioni e fantasie personali. Ritenevo di essere una credente in Dio, di aver pagato prezzi elevati, di essermi spesa, di aver sofferto in prigione senza tradire Dio e di essere rimasta salda nel testimoniarLo, e che per questo dovesse proteggermi da una malattia terminale. Mi pareva normale che i non credenti che Dio non proteggeva si ammalassero di cancro. Credevo che questa fosse la giustizia di Dio. Quando Egli non ha agito in linea con le mie nozioni e ho contratto una malattia terminale, mi è sembrato che tutto il mio impegno non fosse stato ripagato, che Dio mi avesse fatto un torto, e quindi ero colma di lamentele e fraintendimenti nei Suoi confronti. Ho capito che intendevo la giustizia di Dio allo stesso modo dei non credenti: come una transazione economica. Pensavo di dover essere ricompensata per tutto il mio lavoro e che fosse ingiusto non ottenere quanto mi era dovuto. Dopo aver letto le parole di Dio, ho imparato che l’essenza stessa di Dio è giusta. Tutto ciò che Egli fa è investito della Sua volontà e saggezza. Non potevo valutare la mia situazione basandomi su apparenze superficiali e nozioni. Questo mi avrebbe portata a commettere degli errori, a giudicare Dio e a oppormi a Lui. Percepivo la mia malattia come un disastro, ma essa celava la volontà di Dio. Se quella situazione non mi avesse messa a nudo, non mi sarei resa conto di quanto ero sprovvista di umanità e di ragione. Non appena le azioni di Dio non si conformavano alle mie idee, cominciavo a discutere e a protestare. Non avevo sottomissione né riverenza verso Dio. L’esperienza di quella malattia mi ha mostrato la mia vera statura e mi ha permesso di abbandonare le mie pretese irragionevoli nei confronti di Dio. Lode a Dio! Egli ha compiuto dei prodigi ed è veramente saggio! In passato, non conoscevo Dio, e giudicavo la Sua indole giusta in base alle mie opinioni personali. Quanto ero cieca e ignorante nei confronti di Dio! Dio è il Signore di tutta la creazione, mentre io sono solo un minuscolo essere creato: Lui ha il diritto di trattarmi come meglio crede. Inoltre, consideravo la mia fede come una transazione e ponevo a Dio richieste irragionevoli. Se anche fossi dovuta morire, anche questa sarebbe stata la giustizia di Dio: non avrei dovuto lamentarmi di Lui. Qualunque cosa Dio avesse scelto, che dovessi vivere o morire, sarebbe stata opportuna. Dovevo sottomettermi alle disposizioni di Dio: questa era la ragione che dovevo possedere. Acquisire una certa conoscenza dell’indole giusta di Dio mi ha fornito molta più chiarezza e ho smesso di lamentarmi di Lui e di fraintenderLo. Comunque Egli mi trattasse, non mi lamentavo e riuscivo a sottomettermi.
In seguito, ho imparato come considerare la mia mortalità leggendo le parole di Dio e ho smesso di temere la morte. Le parole di Dio dicono: “Se una persona è esistita nel mondo per diversi decenni, ma non è arrivata a capire da dove venga la vita umana né a riconoscere in quali mani si trovi il destino umano, non c’è da meravigliarsi che non sia in grado di affrontare serenamente la morte. Una persona che, nei suoi decenni di esperienza dell’esistenza umana, ha acquisito la conoscenza della sovranità del Creatore è un individuo che apprezza correttamente il significato e il valore dell’esistenza. Un simile individuo possiede una profonda conoscenza dello scopo della vita, una vera esperienza e comprensione della sovranità del Creatore e, inoltre, è in grado di sottomettersi alla Sua autorità. Una persona simile capisce il significato della creazione dell’umanità da parte di Dio, capisce che l’uomo deve adorare il Creatore, che tutto ciò che egli possiede viene da Lui e a Lui tornerà un giorno non lontano da oggi. Una persona simile comprende che il Creatore predispone la nascita dell’uomo e ha la sovranità sulla sua morte, e che sia la vita sia la morte sono prestabilite dalla Sua autorità. Così, quando si afferrano davvero queste cose, naturalmente si è in grado di affrontare la morte con serenità, di accantonare tranquillamente tutti i propri averi terreni, di accettare felicemente tutto ciò che segue e di sottomettervisi, e di accogliere l’ultimo momento decisivo della vita così come disposto dal Creatore, anziché temerlo ciecamente e lottare contro di esso. Se si considera la vita un’opportunità per sperimentare la sovranità del Creatore e per arrivare a conoscere la Sua autorità, se la si vede come una rara occasione di compiere il proprio dovere come essere umano creato e di portare a termine la propria missione, si avrà sicuramente una visione corretta dell’esistenza, di certo si condurrà una vita beata e guidata dal Creatore, si camminerà nella Sua luce, si conoscerà la Sua sovranità, ci si sottometterà al Suo dominio, si diventerà testimoni delle Sue azioni miracolose e della Sua autorità. Inutile dirlo, una persona simile verrà sicuramente amata e accettata dal Creatore, e soltanto un individuo di questo tipo potrà avere un atteggiamento sereno verso la morte e accogliere con gioia l’ultimo momento decisivo della vita. Una persona con questo genere di atteggiamento verso la morte fu ovviamente Giobbe. Giobbe era nella posizione di accettare felicemente l’ultimo momento decisivo dell’esistenza e, avendo portato il viaggio della sua vita a una conclusione tranquilla e completato la sua missione nell’esistenza, tornò accanto al Creatore” (La Parola, Vol. 2: Riguardo al conoscere Dio, “Dio Stesso, l’Unico III”). “La ragione per cui Giobbe riuscì ad affrontare la morte senza alcuna sofferenza era la consapevolezza che, morendo, sarebbe tornato accanto al Creatore. Furono le sue ricerche e le sue conquiste esistenziali a permettergli di affrontare la morte, a permettergli di affrontare con serenità la prospettiva che il Creatore si sarebbe ripreso la sua vita e, inoltre, di ergersi dinanzi a Lui immacolato e libero dalle preoccupazioni” (La Parola, Vol. 2: Riguardo al conoscere Dio, “Dio Stesso, l’Unico III”). Nutrendomi delle parole di Dio, ho imparato che la mia vita proviene da Lui. Dio detta e decreta la mia vita, la mia morte, le mie benedizioni e le mie disgrazie. Non avevo motivo di avanzarGli delle pretese. Anche se mi avesse fatta morire, ciò avrebbe celato la Sua volontà. Dovevo affrontarla nel modo giusto, è questa la ragione che un essere creato dovrebbe possedere. Ho pensato a Giobbe, che per tutta la vita ha riverito Dio e fuggito il male. Qualunque situazione affrontasse, sapeva riconoscere il dominio e le disposizioni di Dio. Non si lamentava, non fraintendeva Dio, non fomulava giudizi e non discuteva. Era in grado di sottomettersi e di affrontare serenamente la morte. Dovevo imitare la riverenza di Giobbe verso Dio, fuggendo il male e sottomettendomi al dominio e alle disposizioni di Dio. È stato Dio a donarmi la vita, quindi, in qualunque momento scegliesse di riprendersela, dovevo sottomettermi. Quanto all’esito che mi aspettava nell’aldilà, Dio lo avrebbe stabilito in base a tutto ciò che avevo fatto nella vita. Egli non mi aveva ancora lasciata morire, quindi dovevo usare il tempo che mi restava per pentirmi, percorrere il cammino del riverire Dio ed evitare il male, perseguire la verità e una trasformazione d’indole, e compiere il mio dovere al meglio delle mie capacità. Capire questo mi ha fatta sentire molto più lucida e meno timorosa della morte, nonché più vicina a Dio.
In quel periodo, mentre mi riunivo con le mie sorelle e ci nutrivamo delle parole di Dio, il mio stato è via via migliorato. Mi mancavano ancora quattro sedute di chemioterapia, ma gli effetti collaterali erano troppo gravi, così ho potuto fare solo la radio, ma non l’ho trovata affatto dolorosa come prima. Sapevo che l’ultima parola sulla mia sopravvivenza spettava a Dio, quindi non mi preoccupavo della mia malattia e trascorrevo il tempo libero riflettendo sulle parole di Dio e ascoltando inni. Dopo un po’ di tempo, ho iniziato a sentirmi sempre meglio, come se fossi tornata quella di una volta. Tutti gli altri pazienti dicevano che sembravo così in salute che mi scambiavano per un’infermiera. Dopo quaranta giorni di degenza, sono stata dimessa. Al controllo seguente, il medico mi ha detto che il mio tumore alla cervice era scomparso. Quando gliel’ho sentito dire non riuscivo a crederci, ero convinta di aver capito male. Gliel’ho chiesto di nuovo e lui mi ha confermato che era svanito. Ero estasiata. Non riuscivo a credere che un tumore grande come un uovo di anatra potesse scomparire. Ho pensato alle parole di Dio che dicono: “Il cuore e lo spirito dell’uomo vengono tenuti nella mano di Dio, ogni cosa della sua vita viene vista dagli occhi di Dio. Che tu ci creda oppure no, tutte le cose, siano esse vive o morte, si muoveranno, muteranno, si rinnoveranno e scompariranno secondo i Suoi pensieri. Questo è il modo in cui Egli sovrintende a tutte le cose” (La Parola, Vol. 1: La manifestazione e l’opera di Dio, “Dio è la sorgente della vita dell’uomo”). In effetti, tutti gli esseri e le cose sono nelle mani di Dio. Tutte le cose, vive o morte, sono soggette alla sovranità e alla gestione di Dio e orchestrate in base alla Sua volontà. Tutti dicevano che non ce l’avrei fatta, e il medico aveva detto che il tumore era troppo grande per essere operato, quindi non avrei mai immaginato che potesse scomparire completamente. Era interamente un prodigio operato da Dio! Ero profondamente commossa e in cuor mio mi sentivo in debito verso Dio. Ero così ribelle e corrotta e Gli ho avanzato richieste irragionevoli, non ero degna di essere salvata. Ma Dio non mi ha trattata in base alla mia ribellione e alla mia corruzione. Gli ero così grata per la Sua salvezza. Tornata a casa, ho ripreso a diffondere il Vangelo e a compiere il mio dovere, e gradualmente ho recuperato la salute.
In seguito, mi sono imbattuta in un altro passo delle parole di Dio: “L’esito o la destinazione di una persona non sono determinati dalla sua volontà, né dalle sue inclinazioni o fantasie. Ad avere l’ultima parola è il Creatore, Dio. Come dovrebbero cooperare le persone in simili questioni? Gli uomini possono scegliere una sola via: soltanto se ricercano e comprendono la verità, se obbediscono alle parole di Dio, se arrivano a sottomettersi a Lui e ottengono la salvezza, alla fine avranno una buona fine e un buon destino. Non è difficile immaginare le loro prospettive e il loro destino se fanno il contrario. Così, riguardo a questa questione, non concentrarti su ciò che Dio ha promesso agli uomini, su quanto dice in merito all’esito dell’umanità, su ciò che ha preparato per il genere umano. Queste cose non hanno nulla a che fare con te, sono affar Suo, e non puoi prenderle, implorarle o barattarle. In quanto creatura di Dio, cosa dovresti fare? Dovresti compiere il tuo dovere, fare ciò che dovresti con tutto il tuo cuore, la tua mente e la tua forza. Il resto – le cose legate alle prospettive e al destino, nonché alla destinazione futura dell’umanità – non è qualcosa che puoi decidere tu, bensì è nelle mani di Dio; tutto questo è governato e predisposto dal Creatore e non c’entra nulla con qualunque Sua creatura. Alcuni dicono: ‘Perché dirci questo, se non ha nulla a che fare con noi?’ Benché non abbia nulla a che vedere con voi, ha molto a che vedere con Dio. Soltanto Lui conosce queste cose, soltanto Lui può parlarne e ha diritto di prometterle all’umanità. E, se le conosce, non dovrebbe parlarne? È un errore continuare a perseguire le tue prospettive e il tuo destino quando non sai quali siano. Dio non ti ha chiesto di perseguirli, te li ha solo fatti conoscere; se credi erroneamente che Egli ti avrebbe permesso di renderli l’obiettivo da perseguire, allora sei totalmente privo di ragione e non possiedi la mentalità dell’umanità normale. È sufficiente essere consapevoli di tutto ciò che Dio promette. Devi riconoscere un fatto: di qualunque tipo di promessa si tratti, sia essa buona o ordinaria, piacevole o priva di interesse, ogni cosa è governata, predisposta e determinata dal Creatore. Il dovere e l’obbligo di una creatura di Dio consistono solo nel seguire e nel cercare la direzione e la via corrette, indicate dal Creatore. Quanto a ciò che ottieni alla fine, e alla parte delle promesse di Dio che ricevi, si basa tutto sul tuo perseguimento, sulla strada che intraprendi e sulla sovranità del Creatore” (La Parola, Vol. 4: Smascherare gli anticristi, “Tema 9 – Parte nona”). Dalle parole di Dio, ho appreso che il mio esito e la mia destinazione finali non sarebbero stati determinati attraverso la preghiera e non li avrei ottenuti trattando con Dio. Dio avrebbe invece stabilito il mio esito in base al mio perseguimento, alle mie azioni e al cammino che avrei percorso. Ma io non avevo perseguito la verità e non capivo l’indole di Dio. Quando ho visto Dio donare alle persone una destinazione gloriosa, ho pensato che, fintanto che avessi perseguito seriamente, compiuto il mio dovere, saputo soffrire e pagare un prezzo e continuato a compiere il mio dovere a prescindere dalle persecuzioni e dalle avversità che avessi affrontato, sarei stata salvata e sarei rimasta. In quegli anni, avevo ricercato e mi ero impegnata incessantemente per ottenere il mio esito e la mia destinazione in base alle mie convinzioni e ai miei desideri. Stavo percorrendo il cammino di Paolo. Se avessi continuato così, non solo non avrei ottenuto una buona destinazione, ma sarei stata smascherata e scacciata perché la mia indole corrotta non era stata purificata. E infine sono guarita dal cancro. Dio non mi ha lasciata morire e mi ha dato la possibilità di pentirmi. Questa è la salvezza di Dio! Ho pensato tra me e me: “D’ora in poi, nel mio dovere devo perseguire la verità e una trasformazione d’indole. Non posso continuare a trattare con Dio per ottenere benedizioni. Devo essere una persona dotata di umanità e ragione che si sottomette a Dio. Spetta a Dio decidere se l’esito che disporrà per me sarà positivo o negativo. Ciò che devo perseguire sono la verità e una trasformazione d’indole”.
Sono trascorsi nove anni e non ho avuto alcuna recidiva. Attraverso questa esperienza ho appurato che, anche se per quella malattia ho rischiato di morire, Dio non ha mai voluto privarmi della mia vita o del mio futuro. Egli stava usando la malattia per purificarmi e trasformarmi, per rivelare le impurità della mia fede e correggere alcune delle nozioni assurde che avevo. Ciò mi ha inoltre permesso di acquisire una vera conoscenza ed esperienza dell’onnipotenza e della sovranità di Dio, di sviluppare il giusto atteggiamento verso la vita e la morte e di sottomettermi. Per me, quella malattia è stata il modo in cui Dio mi ha donato la grazia e mi ha concesso la salvezza! Proprio come dice Dio: “Se si ha davvero fede in Dio nel cuore, bisogna innanzitutto capire che la durata della vita di una persona è nelle Sue mani. Il momento della nascita e quello della morte sono predestinati da Lui. Quando Dio manda una malattia agli esseri umani, ciò nasconde una ragione, ha un significato. A loro pare un’infermità, ma in realtà ciò che hanno ricevuto è una grazia, non una malattia. Bisogna prima di tutto riconoscere questa realtà, averne certezza e prenderla sul serio” (La Parola, Vol. 3: I discorsi di Cristo degli ultimi giorni, “Parte terza”).