7. Giorni di violenza e tortura

di Chen Xinjie, Cina

Un giorno d’estate del 2006, verso le 11 del mattino, mi trovavo nella casa in cui ero ospite per ascoltare alcuni inni delle Parole di Dio, quando la polizia ha fatto improvvisamente irruzione nella stanza e ha portato in commissariato me, la proprietaria di casa, sorella Zhao Guilan, e sua figlia di 6 anni.

Appena arrivate al commissariato, alcune agenti ci hanno spogliate con la forza. Quando non mi è rimasto addosso nient’altro che la biancheria intima, ho cercato istintivamente di respingerle per evitare che mi togliessero il resto. Un’agente si è avvicinata, mi ha strappato tutti gli indumenti intimi, li ha strizzati con molta attenzione e poi li ha ridotti a brandelli per ispezionarli. Una volta terminata la perquisizione di tutto il corpo, ci hanno portate in un ufficio. Lì, degli agenti stavano sfogliando un piccolo taccuino che mi avevano trovato addosso. Poiché conteneva molti numeri di telefono, ritenevano probabile che fossi una leader, così hanno detto che avrebbero segnalato il mio caso all’Ufficio Provinciale di Pubblica Sicurezza. Un capo sezione di nome Zhu mi ha chiesto: “Quando hai iniziato a credere in Dio Onnipotente? Qual è il tuo ruolo nella chiesa?” Non ho detto nulla, così lui mi ha afferrato con rabbia la mascella e mi ha sollevato la testa, stringendo così forte che non potevo muovermi. Ha sorriso in modo volgare e mi ha detto: “Non sei male, giovane e carina. Potresti fare qualsiasi cosa, e invece vuoi credere in Dio!” Gli altri agenti se ne stavano in disparte a sghignazzare. Ero disgustata e indignata. Mi sono detta: “Che razza di ‘Polizia del Popolo’ è questa? Sono un branco di delinquenti, degli animali!” Il capo Zhu mi ha chiesto più e più volte le mie informazioni personali e chi fosse il leader della chiesa. Poiché insistevo a tacere, uno degli agenti ha iniziato a colpirmi con forza. Mi girava la testa e mi si è annebbiata la vista a causa delle percosse; io continuavo a cadere e lui continuava a tirarmi su in piedi per riprendere a colpirmi. Mentre lo faceva, urlava: “Il governo centrale ha decretato molto tempo fa che uccidervi non è un crimine, non importa se vi picchiamo a morte! Se morite, possiamo portarvi sulle colline e seppellirvi. Nessuno lo saprà!” Di fronte al suo aspetto diabolico e terribilmente malvagio, sono precipitata in uno stato di panico e terrore: temevo che mi avrebbero davvero picchiata a morte. Dentro di me, invocavo Dio senza sosta, chiedendoGli di vegliare sul mio cuore. A quel punto, mi sono venute in mente alcune Parole di Dio: “Coloro che sono al potere potranno sembrare malvagi dall’esterno, ma non abbiate timore, questo avviene perché avete poca fede. Purché la vostra fede cresca, nulla sarà troppo difficile(La Parola, Vol. 1: La manifestazione e l’opera di Dio, “Discorsi di Cristo al principio, Cap. 75”). Questo è assolutamente vero. Dio ha potere su tutto; quindi, per quanto la polizia fosse feroce e brutale, anche loro erano nelle mani di Dio. Se non fosse stato Dio a permettere la mia morte, nemmeno Satana avrebbe potuto togliermi la vita. Anche se la polizia mi avesse davvero picchiata a morte, la mia anima sarebbe stata comunque nelle mani di Dio. Le Parole di Dio mi hanno dato fede e forza e sono lentamente riuscita a calmarmi.

Non ottenendo la risposta che voleva, il capo Zhu ha urlato furioso: “Vedo che preferisci la strada più difficile. Oggi ti farò aprire quella bocca. Nessuno può oppormi resistenza: negli ultimi due giorni ho tenuto altre due persone appese fino a farle morire”. Poi, sono arrivati due agenti, che mi hanno ammanettato le mani e mi hanno appesa a un cancello di ferro con i piedi penzoloni e tutto il peso del corpo a gravare sui polsi. Quindi hanno trascinato lì Guilan. Aveva tutto il volto gonfio per i colpi subiti e i capelli completamente scompigliati. Hanno appeso anche lei al cancello di ferro. Di fronte alle nostre smorfie di dolore, il capo Zhu ha sorriso con malignità e ha detto: “Divertitevi”, e poi si è girato e se n’è andato. Con il passare del tempo, la pressione sui polsi esercitata dalle manette per tutto il peso del corpo è diventata sempre più dolorosa e mi sembrava che le mie braccia venissero strappate dalle articolazioni. Il dolore era lancinante e mi sono ricoperta di sudore. In poco tempo, i miei vestiti si sono completamente inzuppati. Nel tentativo di alleviare il dolore, ho stretto i pugni e tentato in ogni modo di appoggiare i talloni contro le sbarre del cancello di ferro, ma continuavo a scivolare giù. Il mio cuore palpitava e facevo fatica a respirare. Sentivo di stare per soffocare. Mi terrorizzava il pensiero di ciò che aveva detto il capo Zhu, di aver tenute appese nei due giorni precedenti due persone fino a farle morire; temevo davvero di perdere la vita lì dentro. Continuavo a pregare Dio: “O Dio, non ce la faccio quasi più. Non posso resistere ancora a lungo: Ti prego, salvami…”. Dopo aver pregato, mi sono ricordata di un inno delle Parole di Dio, intitolato “Cercate di amare Dio, non importa quanto grande sia la vostra sofferenza”. Dio dice: “Negli ultimi giorni dovete rendere testimonianza a Dio. Per quanto sia grande la vostra sofferenza, dovreste camminare fino alla fine, e anche al vostro ultimo respiro, dovete ancora essere fedeli a Dio e alla Sua mercé; solo questo è vero amore per Lui e una testimonianza forte e clamorosa(La Parola, Vol. 1: La manifestazione e l’opera di Dio, “Solamente affrontando prove dolorose puoi conoscere l’adorabilità di Dio”). Le Parole di Dio mi hanno dato immediatamente fede e forza. La mia vita e la mia morte erano nelle mani di Dio: non sarei morta se non fosse stato Lui a permetterlo. E se anche mi rimaneva un solo respiro, dovevo essere devota a Dio e rimanere salda nel testimoniarLo. Così, ho continuato a pregare e ad affidarmi a Lui e, senza rendermene conto, sono riuscita lentamente a calmarmi e il dolore si è molto attenuato. Girando la testa, ho visto un’espressione incredibilmente risoluta sul volto di Guilan e in silenzio ho ringraziato Dio. Sapevo che eravamo sopravvissute fin lì solo grazie alla forza e alla fede che Dio ci donava.

La polizia ci ha tirate giù verso le 4 del mattino. Avevamo le mani e i piedi intorpiditi, del tutto privi di sensibilità, così siamo crollate sul pavimento, vive per miracolo. Vedendo quanto soffrivamo, il capo Zhu mi ha chiesto, molto compiaciuto: “Ci hai pensato su? Stare appesa a quelle manette non è tanto piacevole, vero?” L’ho ignorato. Sembrava molto sicuro di sé nel dare per scontato che non avrei tollerato la tortura e che avrei di certo venduto i miei fratelli e sorelle. Ma non sapeva che più ci perseguitavano, più chiaramente vedevo quanto fossero malvagi e barbari, e più chiaramente vedevo il Partito Comunista per il demone avverso a Dio che è e acquisivo determinazione nella convinzione di dover rimanere salda nella mia testimonianza e umiliare Satana. L’interrogatorio è continuato fino al pomeriggio seguente. Poi, il capo Zhu ha risposto al telefono e l’ho sentito dire: “Con questa donna non funziona nulla, né la carota né il bastone. Mi occupo di questi casi da decenni, ma non ne ho mai avuto uno così difficile!” Dopo aver riagganciato, ha iniziato a imprecare contro di me: “Voi credenti in Dio Onnipotente siete più duri dei sassi! Mi rifiuto di credere di non riuscire a farti aprire quella bocca. Oggi ti portiamo da un’altra parte, dove le cose non saranno così facili. So come farti parlare!” Dopodiché, lui e un altro agente sono andati nella stanza accanto. Ho sentito la sua voce attutita dire: “Portatela nella fossa dei serpenti e gettatela dentro nuda. Questo la farà parlare!” Al sentire le parole “fossa dei serpenti” sono trasalita, in preda al terrore. Il pensiero di serpenti che strisciavano dappertutto mi ha fatto venire la pelle d’oca su tutto il corpo, così ho immediatamente pregato Dio, chiedendoGli di darmi il coraggio per non comportarmi da giuda e non tradirLo neanche se mi avessero gettata in una fossa piena di serpenti. Dopo aver pregato, ho ricordato che, quando Daniele fu gettato nella fossa dei leoni, non fu morso, poiché Dio non lo consentì. Non ero forse anch’io completamente nelle mani di Dio? Quel pensiero mi ha permesso lentamente di calmarmi. In seguito, il capo Zhu ha ricevuto una telefonata, ha detto che aveva un caso urgente di cui occuparsi e si è precipitato via con un altro agente al seguito. Appena se n’è andato, l’agente che era rimasto a tenermi d’occhio ha ricevuto dalla sua famiglia una telefonata con cui lo avvertivano che era successo qualcosa a suo figlio, il quale si trovava in condizioni critiche. Mi ha ammanettata alla sedia di ferro ed è corso via. Sapevo, senza ombra di dubbio, che Dio aveva ascoltato la mia preghiera e mi aveva dischiuso una via d’uscita. Ho detto un’altra preghiera: “Dio, ho visto le Tue opere meravigliose e Ti rendo grazie!”

Vedendo che l’interrogatorio non portava a nessun risultato, la polizia era così infuriata che non mi ha lasciato dormire. Avevo molto sonno ma, nel momento in cui chiudevo gli occhi, un agente mi afferrava le spalle e le stringeva con forza, gridando: “Vuoi dormire? Vuoi dormire?” Continuavano a spaventarmi in quel modo e non mi lasciavano dormire. La polizia mi ha torturata per quattro giorni e quattro notti, senza permettermi di mangiare, bere o dormire. Ero incredibilmente indebolita dalle torture, avevo dolori lancinanti allo stomaco, faticavo a respirare e non avevo più alcuna forza fisica. Ma, per quanto mi interrogassero, non spiccicavo parola. Quando il capo Zhu ha visto che nessuna delle loro tecniche funzionava, se n’è andato infuriato, sbattendo la porta. Poi, è tornato con tre o quattro fogli di carta completamente scritti. Li ha sbattuti su un tavolo e mi ha ordinato di firmare la confessione e di lasciare l’impronta del pollice. Ho dichiarato: “Non ho detto niente di tutto questo, quindi non firmo”. Lui ha fatto un segno agli altri agenti, che si sono lanciati su di me in gruppo; alcuni mi hanno tirata per le braccia, altri mi hanno stretto con forza i polsi, facendomi aprire i pugni, e poi mi hanno obbligata a lasciare l’impronta di tutto il palmo della mano su quella falsa confessione. Il capo Zhu l’ha presa e, molto soddisfatto, ha commentato: “Humph! Cerchi ancora di opporti a me? Pensi di cavartela senza dire nulla? Posso comunque farti condannare dagli otto ai dieci anni!”

Quella sera, mi hanno portata in una fabbrica abbandonata e mi hanno ordinato di togliermi le scarpe e i calzini, lasciandomi a piedi nudi. Poi, due agenti si sono posizionati in piedi ai miei fianchi, mi hanno afferrato un braccio ciascuno e mi hanno condotta attraverso un corridoio buio la cui oscurità aumentava man mano che ci inoltravamo. Mi si sono drizzati i capelli. Oltrepassati tre cancelli di ferro, mi hanno spinta in una stanza. In un angolo, c’era un uomo legato con pesanti catene, con le gambe divaricate e mani e piedi distesi, che gemeva flebilmente. C’erano molte catene spesse che penzolavano dal muro, e manganelli elettrici e sbarre di ferro. Mi sembrava di essere finita all’inferno. Ero terrorizzata e sentivo che questa volta sarei sicuramente morta lì dentro. Ho pregato Dio più e più volte. Poi, un agente mi ha detto minaccioso: “Se ti sbrighi, sei ancora in tempo per confessare. Hai intenzione di parlare o no?” Ho risposto: “Non ho infranto nessuna legge. Non ho nulla da confessare”. Lui ha ghignato freddamente e fatto un cenno con una mano, poi altri due agenti si sono avventati su di me come lupi e mi hanno schiacciata rapidamente sul pavimento. Ho lottato furiosamente, ma loro si sono inginocchiati con forza sulle mie gambe e mi hanno strappato la camicia e i pantaloni mentre cercavo disperatamente di opporre resistenza. Mi hanno strappato di dosso tutti i vestiti, lasciandomi nuda a faccia in giù contro il pavimento. Poi, si sono inginocchiati sulle mie cosce con molta forza e mi hanno stretto le braccia dietro la schiena per immobilizzarmi. Un altro agente ha preso un manganello elettrico e ha iniziato a somministrarmi scosse come un folle sulla vita, la schiena e le natiche. Ogni scossa mi lasciava gonfia e intorpidita e il dolore sembrava trapanarmi le ossa. Tutto il mio corpo era scosso da tremiti incontrollati e i miei piedi sbattevano contro il pavimento. Più mi dimenavo, più forte mi stringevano. Un agente ha approfittato della situazione per palparmi le natiche, ridendo come un pazzo e pronunciando delle volgarità. Un altro, mentre mi somministrava scosse elettriche, ha urlato: “Hai intenzione di parlare o cosa? Scommetto di riuscire a convincerti!” Dopo avermi assestato cinque o sei scosse, mi hanno girata, si sono inginocchiati di nuovo con forza sulle mie cosce e mi hanno somministrato altre scosse al petto, all’addome e all’inguine. Quando le scosse mi hanno colpita al centro dell’addome, ho sentito lo stomaco e l’intestino come fondersi insieme: è stato estremamente doloroso. Quando mi hanno colpita al petto, ho sentito il cuore contrarsi e respiravo a fatica. Quando mi hanno colpita all’inguine, è stato come se una manciata di chiodi affilati fosse stata improvvisamente conficcata nella mia carne e mi è mancato il respiro. Le parole non possono descrivere un simile dolore.

Dopo di che, sono svenuta. Non so quanto tempo sia passato prima che mi gettassero addosso acqua fredda per svegliarmi, per poi riprendere a somministrarmi altre scosse. Uno degli agenti mi ha anche pizzicato i capezzoli, li ha tirati su e poi li ha spinti giù con forza, ripetendo l’operazione per quattro o cinque minuti. Era come se i miei capezzoli stessero per staccarsi: un dolore lancinante. Contemporaneamente, un altro agente mi somministrava scosse elettriche ai seni. A ogni scossa, sentivo la carne dei seni come sul punto di staccarsi e il mio cuore in procinto di fermarsi. Avevo il corpo interamente ricoperto di sudore e non riuscivo a smettere di tremare. Continuavano ad assestarmi scosse e a trastullarsi con me mentre dicevano cose rivoltanti. Mi sembravano gli spiriti maligni e i diavoli dell’inferno, specializzati nel torturare le persone per puro divertimento. Alla fine, il dolore era così forte che ho perso il controllo della vescica e sono svenuta di nuovo. È passato del tempo, non so quanto; poi mi hanno svegliata di nuovo con l’acqua fredda e hanno ripreso a somministrarmi scosse al petto, all’addome e all’inguine. Mi sembrava che mi stessero bruciando la carne. Uno degli agenti, assestandomi altre scosse, ha urlato: “Dov’è il tuo Dio adesso? Chiedi a Lui di venire a salvarti! Sono io il tuo dio!”

Sono ripetutamente svenuta per le scosse, e ogni volta mi hanno gettato acqua addosso per svegliarmi. Alla fine, non avevo nemmeno più la forza di lottare o di muovermi. Giacevo sul pavimento mezza morta, in preda a una tristezza, una rabbia e un dolore indicibili. Non avevo idea di quanto ancora mi avrebbero tormentata e torturata. Non ce la facevo davvero più e volevo staccarmi da sola la lingua a morsi e uccidermi per sfuggire più in fretta a quella situazione disperata. Proprio quando ero sul punto di crollare, ho rammentato questo inno: “Satana mi ha devastato oltre ogni immaginazione. Ho visto il volto del diavolo. Non posso dimenticare millenni di odio. Meglio morire che piegarsi a Satana! Dio Si è fatto carne solo per salvare l’uomo, patendo tormento e umiliazione. Ho goduto così tanto dell’amore di Dio, come potrei riposare senza ripagarlo? Come essere umano, devo sollevarmi e offrire la vita in testimonianza a Dio. Il mio corpo può anche cedere, ma il mio cuore diventa più forte. Sarò leale a Dio fino alla morte, senza rimorsi. Mi sottometterò fino alla morte pur di soddisfare Dio anche solo una volta”. Ho pensato a come Dio Si sia fatto carne e abbia sopportato enormi umiliazioni solo per salvare l’umanità, a come condivida le Sue Parole per irrigarci e sostenerci. Dio ha pagato un prezzo così elevato per noi, ed era sempre stato accanto a me, a guidarmi e a proteggermi fin dal mio arresto. Avevo goduto di tanta grazia da parte di Dio, ma cosa avevo mai fatto io per Lui? I santi, nel corso dei secoli, sono stati capaci di sacrificarsi e di versare il proprio sangue, di essere martirizzati per Dio, mentre io, dopo aver sperimentato un po’ di sofferenza, volevo già eluderla morendo. Ero una tale vigliacca! E quello sarebbe stato testimoniare Dio? Non stavo forse permettendo a Satana di prendersi gioco di me? A questo pensiero, ho pregato in silenzio: “Dio, per quanto Satana possa torturarmi, non mi arrenderò mai. Vivrò per Te”.

Dopo di che, hanno continuato a somministrarmi scosse ripetute, ma io ho stretto i denti e non ho emesso alcun suono. Dopo aver perso i sensi per l’ennesima scossa, mi sono ritrovata in un luogo in cui potevo vedere in lontananza una montagna a forma di becco d’aquila, circondata da alberi appassiti e bambù, fiori ed erba secchi e morti. Solo la montagna era verde. C’erano molte persone con le labbra secche e screpolate che si arrampicavano verso di essa e alcune morivano di sete lungo il tragitto. Anch’io ero terribilmente assetata e, quando sono arrivata ai piedi della montagna, ho sentito il rumore dell’acqua che ne sgorgava. Mi subito messa a scalarla e, giunta con fatica a metà strada, sono riuscita a sollevare la testa e a bere l’acqua che gocciolava dal becco dell’aquila. Aveva un sapore dolcissimo! Mentre bevevo, ho sentito cantare. Mi sono voltata e ho visto due file di persone vestite di bianco che intonavano un inno; sembravano angeli. Queste erano le Parole dell’inno: “Nell’opera degli ultimi giorni, ci viene richiesto il massimo grado di fede e amore. Una minima disattenzione può indurci a inciampare, perché questa fase dell’opera è diversa da tutte le precedenti: ciò che Dio sta perfezionando è la fede del genere umano, la quale è, al tempo stesso, invisibile e intangibile. Ciò che Dio compie è trasformare le parole in fede, amore e vita. Le persone devono raggiungere un punto in cui, dopo aver subito centinaia di affinamenti, possiedono una fede superiore a quella di Giobbe. Devono sopportare incredibili sofferenze e ogni genere di tortura senza mai abbandonare Dio. Quando si saranno mostrate sottomesse fino alla morte e avranno grande fede in Dio, allora la fase attuale dell’opera di Dio sarà compiuta(La Parola, Vol. 1: La manifestazione e l’opera di Dio, “Il cammino… (8)”). Il suono del canto riecheggiava nella valle: era limpido, melodioso e bellissimo. Ascoltarlo era davvero piacevole e motivante. Poi, improvvisamente, mi sono svegliata. Provavo ancora molto dolore, ma il mio cuore era in pace. Ho visto un agente che riposava su una sedia, esausto e con il respiro affannoso. Un altro ha commentato: “Sono colpito. Questa donna è fatta di ferro, niente può ucciderla”. A queste sue parole, ho reso grazie e lode a Dio. Era Dio che mi illuminava e mi guidava, permettendomi di avere quella visione, dandomi forza e guidandomi attraverso quel momento difficile. La mia fede in Lui è cresciuta. In seguito, uno degli agenti mi ha lanciato la camicia e i pantaloni e se n’è andato, sconfortato. Ero stata indebolita dalle scosse elettriche e non riuscivo a sedermi per il dolore. Con grande sforzo, mi sono rivestita restando sdraiata sul pavimento, ma non avevo biancheria intima e avevano strappato i miei vestiti. Potevo a malapena coprirmi. Mi sembrava che le scosse elettriche mi avessero asportato uno strato di pelle e i vestiti si attaccavano dolorosamente alla carne. Le ferite provocate dalle scosse hanno impiegato più di un anno per guarire e mi sono rimasti dei disturbi permanenti. Da allora, mi capita spesso di avere spasmi involontari diffusi, non sono in grado di aprire la mandibola e tutto il mio corpo si irrigidisce. Se succede di notte, non riesco a dormire bene e il giorno dopo sono esausta e priva di energia.

Il quinto giorno dopo il mio arresto, la polizia mi ha portata in una casa di detenzione. Dopo cinque giorni senza mangiare né bere, avevo la gola troppo secca per riuscire a deglutire. Le altre prigioniere mi hanno portato un grumo di riso freddo e secco, mi hanno aperto la bocca con le bacchette e me lo hanno infilato dentro a forza, urlando: “Sbrigati a mandarlo giù, vedrai cosa succede se non lo fai!” Mi sembrava di ingoiare dei chiodi: la gola mi faceva così male che le lacrime mi scendevano sul viso. Umiliazioni e prepotenze di questo tipo erano all’ordine del giorno lì dentro. Una volta, la detenuta capo ha preso un paio di forbici da qualche parte, mi ha bloccata su uno sgabello e ha chiesto ad alcune altre prigioniere in che modo avrebbe dovuto tagliarmi i capelli. Una di loro ha detto: “È una religiosa, quindi tagliale i capelli da strega!” La detenuta capo mi ha subito reciso le treccine e le altre sono scoppiate a ridere, esaltate nel vedere i miei capelli ridotti così. Una di loro ha detto: “Falle un’acconciatura da suora!” La detenuta capo mi ha tagliato gran parte dei capelli fino a scoprire il cuoio capelluto, e le altre sono di nuovo scoppiate a ridere. Era un’umiliazione terribile e non sono riuscita a trattenere le lacrime. Non ero in grado di sollevare le braccia e le gambe dopo essere stata appesa a quelle manette e riempita di scosse elettriche, e cercare di camminare mi faceva molto male alle gambe. Ma dovevo comunque fare gli esercizi quotidiani con tutte le altre, sollevando le gambe in alto e abbassandole con forza, ed emettevo versi rumorosi. Quei movimenti erano ogni volta molto dolorosi. Avevo il corpo debole e privo di forze e non riuscivo a mantenere il ritmo, così la detenuta capo mi pizzicava la carne, lasciandomi dei lividi. Era particolarmente disagevole quando avevo le mestruazioni. Non c’era carta igienica, non avevo biancheria intima e la detenuta capo mi aveva dato solo una divisa da carcerata, quindi avevo i pantaloni macchiati di sangue e non potevo cambiarli. Il tessuto dell’uniforme era inoltre molto ruvido, quindi si irrigidiva quando il sangue si seccava. Le ferite all’inguine provocatemi dalle scosse non erano guarite, quindi camminare mi faceva molto male e ogni volta che facevamo gli esercizi l’uniforme sfregava contro di esse; la sensazione era che venissero trapassate da un coltello. La cosa peggiore era che, senza carta igienica, non avevo altra scelta che pulirmi con l’acqua fredda. Prima di diventare credente, avevo sofferto di emorragie, e temevo che l’acqua gelida avrebbe fatto riemergere il problema. In quei giorni, sentivo davvero che non ce l’avrei fatta. Non sapevo quando tutto questo sarebbe finito e non volevo rimanere un minuto di più in quella prigione di demoni. Al culmine della disperazione, ho di nuovo valutato l’opzione di uccidermi. Rendendomi conto che il mio cuore si stava allontanando da Dio, Gli ho rivolto una preghiera, chiedendoGli di guidarmi a superare quella situazione. Poi, un giorno, mi sono ricordata di questo passo delle Sue Parole: “Quando affronti la sofferenza, devi essere in grado di mettere da parte la preoccupazione per la carne e di non esprimere lamentele verso Dio. Quando Dio Si nasconde a te, devi essere capace di avere la fede di seguirLo, di conservare il tuo amore di prima senza lasciare che vacilli o si estingua. Qualunque cosa Dio faccia, devi sottometterti al Suo disegno ed essere più disposto a maledire la tua carne che a lamentarti di Lui. Nell’affrontare le prove devi soddisfare Dio, per quanto tu possa piangere amaramente o sia riluttante a separarti da un oggetto amato. Solo questo è vero amore e fede autentica(La Parola, Vol. 1: La manifestazione e l’opera di Dio, “Coloro che devono essere resi perfetti devono essere sottoposti a raffinamento”). Attraverso le Sue Parole, ho capito che Dio mi stava permettendo di sperimentare la persecuzione del gran dragone rosso per mettermi alla prova, per vedere se avevo vera fede in Lui. Questo mi ha fatto pensare a Giobbe e a Pietro. Giobbe fu attaccato e torturato da Satana: gli si ricoprì il corpo di pustole, cosa che lo precipitò nella disperazione, e lui si sedette in un mucchio di cenere raschiandosi il corpo con cocci di vasi. Eppure, non incolpò Dio, anzi Ne lodò il nome. Pietro fu crocifisso a testa in giù per Dio e seppe sottomettersi fino alla morte, rendendo una risonante testimonianza. Entrambi testimoniarono Dio mentre erano in preda alla sofferenza. In confronto alla loro, la mia fede era davvero troppo scarsa. Più ci pensavo e più mi vergognavo, così ho pregato in silenzio: “O Dio, per quanto io possa soffrire, voglio seguirTi! Più il gran dragone rosso mi torturerà, più intendo affidarmi a Te, rimanere salda nella mia testimonianza e umiliare Satana!”

Poi, un giorno, la polizia ha convocato mio marito. Vedendo che ero stata torturata al punto da sembrare a malapena umana, ha iniziato a piangere e mi ha detto: “Come puoi sopportare un simile tormento? Il capo Zhu ha detto che se confessi quello che sai possiamo tornare a casa”. Vedendo che continuavo a tacere, il capo Zhu ha fatto telefonare a mia figlia, che mi ha detto in lacrime: “Mamma, dove sei? Gli insegnanti e gli altri bambini a scuola dicono che mia madre è la leader di una setta. Tutti mi maltrattano e mi escludono. Ogni giorno mi nascondo in un angolo della classe e piango…” Ho allontanato il telefono dall’orecchio, incapace di ascoltare oltre. Mi sentivo un coltello conficcato nel cuore e non riuscivo a smettere di piangere. Il capo Zhu ha colto l’occasione per dirmi: “Parla con noi. Segnalaci una sola casa in cui vengono tenuti i soldi della chiesa, ne basta una, e potrai riunirti alla tua famiglia”. In quel momento, mi sentivo un po’ debole. Ho considerato che, se non avessi detto nulla, anche mio marito e mia figlia sarebbero stati coinvolti, quindi forse avrei potuto condividere qualche informazione di scarsa rilevanza. Ma poi mi sono resa conto che ciò non era in linea con l’intenzione di Dio, così Gli ho subito rivolto una preghiera, chiedendoGli di vegliare sul mio cuore affinché fossi in grado di trionfare su quella tentazione di Satana. Poi, ho pensato a qualcosa che Dio ha detto: “In ogni momento, il Mio popolo dovrebbe restare in guardia contro le scaltre macchinazioni di Satana, proteggendo per Me la porta della Mia casa; […] in modo da evitare di cadere nella trappola di Satana, a quel punto sarebbe troppo tardi per rammaricarsene(La Parola, Vol. 1: La manifestazione e l’opera di Dio, “Parole di Dio all’intero universo, Cap. 3”). L’illuminazione delle parole di Dio è stata tempestiva. Improvvisamente, mi sono resa conto che Satana stava cercando di usare l’amore che provavo per la mia famiglia per attaccarmi e indurmi a tradire Dio. Non potevo cadere nel suo tranello: non potevo svendere i fratelli e le sorelle per la mia famiglia. Allora, ho rammentato altre Parole di Dio: “Devi patire difficoltà per la verità, dare te stesso alla verità, sopportare umiliazioni per la verità e, per ottenerne di più, devi subire ulteriori sofferenze. Questo è ciò che dovresti fare. Non devi gettare via la verità per una vita pacifica in famiglia, e non devi perdere la dignità e l’integrità della tua vita per un momentaneo godimento. Dovresti perseguire tutto ciò che è bello e buono, e perseguire un cammino di vita che sia più significativo(La Parola, Vol. 1: La manifestazione e l’opera di Dio, “Le esperienze di Pietro: la sua conoscenza del castigo e del giudizio”). Riflettendo sulle Parole di Dio, sono stata assalita dal senso di colpa e dal rimorso. Ho pensato a Giobbe, che fu tentato da Satana, perse i suoi figli e tutti i suoi beni, eppure non incolpò Dio. Mantenne la sua fede in Lui e Gli rese una testimonianza meravigliosa e risonante. Io invece, di fronte alle tentazioni della polizia, ero disposta a vendere fratelli e a tradire Dio per proteggere gli interessi della mia famiglia. Ero davvero priva di coscienza, egoista e spregevole, e ferivo Dio. Ogni volta che ero in difficoltà, Dio mi guidava e mi proteggeva, dandomi fede e forza con le Sue Parole. Il Suo amore per me è estremamente reale e, ora che era giunto il momento di fare una scelta, non potevo svendere gli altri membri della chiesa per mio marito e mia figlia. Il destino della vita di ognuno è predestinato da Dio, ed era nelle Sue mani anche quello di mio marito e di mia figlia: non era Satana a poter deciderne. Sapevo che avrei dovuto affidare tutto a Dio. Alla luce di questo pensiero, ciò che la mia famiglia stava affrontando ha smesso di turbarmi, e ho acquisito la determinazione a ribellarmi alla carne e a rimanere salda nel testimoniare Dio.

Il 28° giorno dopo il mio arresto, la polizia ha mandato me e Guilan in un centro di detenzione, rinchiudendoci con delle prostitute che avevano contratto infezioni sessualmente trasmissibili. Era una cella a cui nemmeno gli agenti volevano avvicinarsi. Alcune prigioniere avevano il corpo ricoperto di piaghe e la pelle incancrenita, altre avevano ulcere sui genitali insopportabilmente dolorose; si coprivano con lenzuola sudice e non facevano che contorcersi sui letti di cemento. Non c’erano medicine disponibili, quindi non potevano fare altro che alleviare il dolore con sale e dentifricio. Sulla biancheria intima che avevano lavato e steso fuori ad asciugare, addirittura si vedevano dei granchi strisciare dentro e fuori dalle cuciture. Mi sono detta: “Questo non è un posto per esseri umani; è un lazzaretto! Come potrò sopravvivere se contraggo una qualche malattia sessuale o l’AIDS mentre sono qui dentro?” Spaventata, ho pregato Dio, chiedendoGli di proteggermi e di guidarmi. Poi, ho pensato a qualcosa che Lui ha detto: “Di tutto ciò che avviene nell’universo, non vi è nulla su cui Io non abbia l’ultima parola. C’è niente che non sia nelle Mie mani?(La Parola, Vol. 1: La manifestazione e l’opera di Dio, “Parole di Dio all’intero universo, Cap. 1”). Sì, tutto è nelle mani di Dio e, a meno che non fosse Lui a permetterlo, non avrei contratto alcuna infezione vivendo a contatto con quelle donne; se invece fosse davvero accaduto, avrebbe voluto dire che dovevo sperimentarlo. Questi pensieri hanno placato la mia paura e sono stata in grado di affrontare con calma la situazione. Nei sei mesi successivi, pur dormendo e mangiando insieme alle altre detenute, grazie alla protezione di Dio non ho contratto alcuna infezione.

Mentre ero nel centro di detenzione, la polizia ha incaricato un paio di spie di guadagnarsi la mia amicizia per ottenere informazioni sulla chiesa. Non molto tempo dopo che ero lì dentro, un’altra prigioniera ha iniziato a cercare di entrare nelle mie grazie, dicendo che anche lei voleva essere una credente e che ammirava molto coloro che sono leader o lavoratori nella chiesa, per poi chiedermi se fossi una leader. La sua domanda mi ha subito messa in allerta e mi sono affrettata a cambiare argomento. Da quel momento in poi, ogni volta che parlava di fede in Dio, cambiavo discorso, in modo che da me non ottenesse nulla. Ben presto ha lasciato il centro di detenzione. Non molto tempo dopo, stavo passando davanti alle celle degli uomini, e uno dei prigionieri mi ha lanciato un foglio di carta. C’era scritto che era stato arrestato per aver condiviso il Vangelo ed era stato condannato a un anno e mezzo. Diceva anche che sperava che potessimo aiutarci a vicenda e voleva che rispondessi alla sua lettera. Mi chiedevo se fosse davvero un credente. Mentre mi chiedevo se rispondere o meno al messaggio, mi sono venute in mente queste Parole di Dio: “Dovete essere continuamente vigili e in attesa, e intensificare la preghiera al Mio cospetto. Dovete riconoscere i vari complotti e gli astuti intrighi di Satana, riconoscere gli spiriti, conoscere gli uomini, e saper distinguere tutti i tipi di persone, di eventi e di cose(La Parola, Vol. 1: La manifestazione e l’opera di Dio, “Discorsi di Cristo al principio, Cap. 17”). Le Parole di Dio sono state per me un immediato campanello d’allarme. Poteva trattarsi di una delle trame di Satana? Al momento non ero in grado di stabilirlo, così ho pregato Dio più e più volte, chiedendoGli di rivelarmelo. Circa una settimana dopo, quando tutti i prigionieri erano riuniti nel cortile, mi è capitato di vedere quell’uomo. Il fatto che la sua testa non fosse rasata mi confondeva: tutti i prigionieri maschi devono radersi la testa quando vengono condannati, quindi perché lui aveva ancora i capelli? Proprio mentre riflettevo su questo, una detenuta accanto a me mi ha dato un colpetto, ha puntato il dito verso di lui e mi ha detto in tono molto compiaciuto: “Quel tizio è un funzionario di polizia, ha pagato per i miei servizi qualche tempo fa”. Mi sono subito resa conto che era un poliziotto e che stava cercando di avvicinarsi a me per strapparmi una confessione. Ho visto che il gran dragone rosso ricorre davvero a trame di ogni sorta: è così spregevole e detestabile! Nel mio cuore, ho ringraziato Dio per la Sua protezione, che mi aveva permesso di discernere più volte i tranelli di Satana e impedito di caderci.

Nel gennaio del 2007, la polizia mi ha mandata in un campo di lavoro con Guilan e altre tre persone che erano state condannate per reati di droga. Non dimenticherò mai l’umiliazione subita quel giorno. Quando siamo arrivati, era mezzogiorno e nevicava leggermente; centinaia di altri prigionieri erano nel cortile del campo di lavoro in fila per il pasto. Gli agenti di polizia si sono avvicinati a noi con espressione ostile e hanno detto agli altri di andare a mangiare, lasciando lì solo me e Guilan. Poi, ci hanno ordinato di toglierci tutti i vestiti. Mi sono chiesta se avessero intenzione di perquisirci sotto gli occhi di tutti gli altri prigionieri. Quando mi sono rifiutata di spogliarmi, un paio di agenti sono piombati su di noi e hanno tolto con la forza tutti i vestiti sia a me che a Guilan. Per me, rimanere completamente nuda davanti a tutte quelle persone era peggio che venire uccisa. Tutti, una fila dopo l’altra, avevano lo sguardo fisso su di noi, e io ho abbassato la testa, mi sono stretta le braccia al petto e mi sono accovacciata. Un agente mi ha ritirata su e mi ha urlato di mettere le mani dietro la testa, di stare in piedi con le gambe divaricate, di guardare in faccia tutti i prigionieri e di fare dei piegamenti. Anche Guilan ha dovuto farlo e l’ho vista tremare in tutto il corpo. Era ormai diventata così magra da essere solo pelle e ossa, e aveva cicatrici diffuse: anche lei doveva essere stata torturata molto. Gli agenti ci hanno puntato un dito contro e hanno gridato agli altri: “Queste due credono in Dio Onnipotente. Se qualcuno di voi diventa un credente, farà la loro stessa fine!” Questo ha scatenato molte discussioni tra i prigionieri e alcuni di loro hanno detto beffardamente: “Perché il vostro Dio non viene a salvarvi?” Abbiamo dovuto continuare a fare piegamenti in quel modo davanti a centinaia di persone per circa 10 minuti. Non avevo mai subito un’umiliazione simile e non riuscivo a smettere di piangere. Se ci fosse stato un muro, avrei voluto sbatterci la testa contro per porre fine alla mia vita. Poi, ho rammentato uno degli inni della chiesa: “Satana, il re dei demoni, è assolutamente crudele, davvero spudorato e spregevole. Vedo chiaramente l’espressione demoniaca di Satana e il mio cuore ama Cristo ancora di più. Non trascinerò mai per le lunghe un’esistenza ignobile inginocchiandomi a Satana e tradendo Dio. Sopporterò ogni difficoltà e dolore, e affronterò l’oscurità delle notti. Per portare conforto al cuore di Dio, renderò una testimonianza vittoriosa” (Seguire l’Agnello e cantare dei canti nuovi, “Sollevarsi tra le tenebre e l’oppressione”). Riflettendo sul testo di quell’inno, ho pensato a quando il Signore Gesù venne crocifisso: i soldati romani Lo picchiarono, Lo umiliarono e Gli sputarono in faccia. Dio è santo, quindi non dovrebbe patire una simile sofferenza, eppure Egli sopportò un dolore e un’umiliazione indicibili per salvare l’umanità, e alla fine fu crocifisso per noi. Subì oltraggi e sofferenze estremi. Mentre io, in quanto essere umano corrotto, volevo morire quando subivo un’umiliazione ed ero priva della minima testimonianza. I demoni e Satana mi umiliavano perché seguivo Dio: era una persecuzione subita in nome della giustizia, una cosa gloriosa! Più il Partito Comunista mi umiliava e mi perseguitava, più riuscivo a vedere quanto fosse spregevole e vile, e più riuscivo a respingerlo, a ribellarmi a esso e a mantenere il mio proposito di rimanere salda nella mia testimonianza a Dio.

Poi, un paio di guardie carcerarie ci hanno obbligate a metterci in piedi vicino a una scala e in quel momento altri due prigionieri sono scesi di corsa e hanno iniziato a prenderci a pugni e a calci; mi hanno afferrata per i capelli e mi hanno sbattuto la testa contro il muro, facendomi fischiare le orecchie. Ben presto, non riuscivo più a sentire nulla e mi sembrava di avere la testa spaccata a metà. Guilan sanguinava dagli occhi, dal naso, dalla bocca e dalle orecchie. Dopo il pestaggio, i prigionieri ci hanno trascinate su un balcone e ci hanno costrette a restare ferme lì, in piedi, per punizione. In quel periodo, nevicava abbondantemente, soffiava un vento gelido e di notte la temperatura scendeva di sette o otto gradi sotto lo zero. Indossavamo solo biancheria intima lunga, quindi tremavamo per il freddo. Quando sono arrivata al punto di non farcela più e volevo cambiare posizione, ho spostato leggermente i piedi e i detenuti si sono avvicinati a me minacciando di colpirmi. Il giorno dopo, avevo dolori diffusi a causa del freddo e mi sembrava che il mio cuore stesse per cedere. Avevo anche delle fitte acute ai piedi. Quella sensazione era peggiore della morte stessa e ogni singolo minuto era quasi insopportabile. Quando il dolore è arrivato all’estremo, volevo davvero saltare giù dal balcone e togliermi la vita. Ma sono subito resa conto che un simile pensiero non era conforme all’intenzione di Dio, così L’ho immediatamente invocato: “Dio, sono in procinto di cedere. Non ce la faccio davvero più: Ti prego, dammi la fede per poter resistere a questa sofferenza”. Dopo aver pregato, ho pensato a un inno delle Parole di Dio intitolato “Cercate di amare Dio, non importa quanto grande sia la vostra sofferenza”: “Negli ultimi giorni dovete rendere testimonianza a Dio. Per quanto sia grande la vostra sofferenza, dovreste camminare fino alla fine, e anche al vostro ultimo respiro, dovete ancora essere fedeli a Dio e alla Sua mercé; solo questo è vero amore per Lui e una testimonianza forte e clamorosa(La Parola, Vol. 1: La manifestazione e l’opera di Dio, “Solamente affrontando prove dolorose puoi conoscere l’adorabilità di Dio”). Mi sono resa conto che Dio mi guidava, Si prendeva cura di me e vegliava su di me costantemente. Quando ho pensato al tormento e all’umiliazione che avevo subito, ho capito che, se non fosse stato per la guida di Dio e per la fede e la forza donatemi dalle Sue Parole, non sarei stata in grado di resistere alle violenze di quei demoni. Dio mi aveva mostrato come sopravvivere fino a quel giorno e sperava che riuscissi a testimoniarLo davanti a Satana. Io invece, per risparmiarmi un po’ di fatica fisica, adesso volevo porre fine alla mia vita. Ero davvero debole. Quello era forse testimoniare Dio? Morire non avrebbe significato cadere preda delle trame di Satana? Non potevo morire: dovevo rimanere salda nella mia testimonianza e svergognare Satana. Alla luce di questi pensieri, senza rendermene conto, ho smesso di sentire freddo e ho percepito un calore diffondersi a tutto il corpo.

La detenuta capo ci ha costrette a rimanere in piedi fino al pomeriggio del terzo giorno. Sia io che Guilan avevamo le gambe estremamente gonfie e sembrava che il sangue al loro interno si fosse solidificato. Avevamo le vene sporgenti e i piedi ci facevano malissimo, ma ringraziavo comunque Dio. Con il freddo e la neve, io e Guilan siamo rimaste sul balcone per due giorni e due notti senza mangiare né bere, ma non siamo morte congelate, non ci siamo nemmeno raffreddate. Questa era la protezione di Dio.

Durante la mia permanenza nel campo di lavoro, ogni giorno dovevo sopportare oltre 12 ore, a volte addirittura fino a 22, di lavori forzati, e spesso venivo picchiata e punita dalla detenuta capo perché non riuscivo a portare a termine i miei compiti. Ma Dio ha continuato a illuminarmi e a guidarmi, permettendomi di superare un anno e mezzo di quella infernale vita carceraria. Dio è rimasto al mio fianco per tutto il tempo, vegliando su di me e proteggendomi. Sono stata torturata e umiliata molte volte, al punto di voler porre fine alla mia vita, e sono state le Parole di Dio a darmi fede e forza, guidandomi attraverso ogni tempesta. È stato Dio a donarmi questa vita! Sperimentando l’oppressione del gran dragone rosso, ho imparato che l’unica cosa su cui possiamo veramente contare è Dio; solo Lui ama veramente l’uomo e solo Lui può salvarci dalla corruzione e dalla devastazione di Satana e condurci a vivere nella luce. Rendo grazie a Dio!

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