4. Dopo l’espulsione di mio zio

di Ye Qiu, Cina

Mio zio è un medico specializzato in medicina tradizionale cinese. Quando avevo dieci anni, ho avuto un incidente e non riuscivo a smettere di vomitare sangue. È stato mio zio a salvarmi nel momento critico. Ho sempre ricordato questa gentilezza che mi ha salvato la vita e pensavo che avrei dovuto ripagare adeguatamente mio zio una volta cresciuta. Nel 2008 mio padre è morto a causa di una malattia. Quando tutta la nostra famiglia versava in uno stato di profondo dolore, mio zio ha diffuso presso di noi il Vangelo di Dio Onnipotente degli ultimi giorni. Questo non solo ci ha dato qualcosa su cui fare affidamento, ma ci ha anche offerto la possibilità di perseguire la verità e raggiungere la salvezza, rendendomi ancora più grata a mio zio. A causa della morte di mio padre, per mia madre era difficile sostenere le spese di istruzione per noi tre figli. Quindi, mio zio mi ha portata a casa sua, dove potevo credere in Dio e allo stesso tempo studiare medicina con lui. Ho vissuto e mangiato a casa sua. La mia salute non era molto buona, e mio zio spesso mi preparava dei cibi nutrienti. Mi trattava come se fossi sua figlia, quindi ero piena di gratitudine nei suoi confronti e pensavo che se avesse avuto delle difficoltà in futuro, purché si trattasse di qualcosa in cui avrei potuto aiutarlo, avrei fatto tutto il possibile per riuscirci.

Nel 2011 la chiesa aveva stabilito che mio zio era una persona malevola. Era arrogante, presuntuoso, causava problemi irragionevoli e non accettava affatto la verità. Tormentava coloro che gli davano consigli e spesso giudicava, attaccava e condannava i leader e i lavoratori. Aveva provocato conflitti tra i fratelli e le sorelle e i leader, e ciò aveva causato gravi disturbi alla vita e al lavoro della chiesa. I fratelli e le sorelle erano così repressi che non osavano interagire con lui, e lui si rifiutava di pentirsi nonostante le ripetute condivisioni. La chiesa aveva deciso di espellerlo. In quel momento il leader mi aveva chiesto se fossi disposta a firmare, ma io ero parecchio combattuta. Il comportamento di mio zio era molto evidente; perfino io ero stata portata alle lacrime dal suo disprezzo e dai suoi attacchi. Ma ho riflettuto: “Se firmo e lui lo scopre, cosa penserà di me? Mio zio mi ha salvato la vita quando ero piccola, ha diffuso il Vangelo nella mia famiglia e mi ha insegnato la medicina. Lui è buono con me sotto molti aspetti, se firmo non dirà che sono senza cuore e ingrata?” In quel momento, tuttavia, il leader ha letto un passaggio delle parole di Dio che mi ha davvero commossa. Dio dice: “Qual è il principio a cui le parole di Dio richiedono di attenersi nel trattare gli altri? Amare ciò che Dio ama e odiare ciò che Dio odia: questo è il principio a cui ci si deve attenere. Dio ama coloro che perseguono la verità e che sono in grado di fare la Sua volontà; queste sono anche le persone che dovremmo amare. Coloro che non sono in grado di fare la volontà di Dio, che Lo odiano e si ribellano a Lui, simili persone sono detestate da Dio, e anche noi dovremmo detestarle. Questo è ciò che Dio chiede all’uomo. […] Durante l’Età della Grazia, il Signore Gesù disse: ‘Chi è Mia madre, e chi sono i Miei fratelli?’ ‘Poiché chiunque avrà seguito la volontà del Padre Mio che è ne’ cieli, esso Mi è fratello e sorella e madre’. Queste parole esistevano già nell’Età della Grazia, e oggi le parole di Dio sono ancora più chiare: ‘Ama ciò che Dio ama, odia ciò che Dio odia’. Queste parole vanno dritte al punto, eppure spesso le persone sono incapaci di comprenderne il vero significato(La Parola, Vol. 3: I discorsi di Cristo degli ultimi giorni, “Soltanto riconoscendo le proprie idee sbagliate ci si può realmente trasformare”). Leggendo le parole di Dio, mi sono sentita un po’ in colpa. Era chiaro che mio zio si era comportato come una persona malevola, ma io non volevo comunque firmare. Non stavo forse tollerando i suoi continui intralci e disturbi nella chiesa? Non avrei dovuto agire in base all’affetto, ma piuttosto praticare secondo le parole di Dio: “Ama ciò che Dio ama, odia ciò che Dio odia”. Allora ho firmato.

Nel 2012 è arrivata la decisione dell’espulsione di mio zio, e io avevo sempre paura di affrontarlo. Successivamente, quando mio zio ha scoperto che c’era la mia firma, mi ha rimproverata per mancanza di discernimento e mi ha dato dell’idiota! Sentendolo dire ciò, ho capito che non aveva affatto riflettuto sulle sue azioni malvagie, né le aveva comprese, ma mi chiedevo ancora se firmando non fossi stata troppo spietata e ingrata nei suoi confronti. In seguito, per esigenze dettate dal mio dovere, ho lasciato la casa di mio zio. Anche se non dovevo più affrontarlo, le sue parole di rimprovero mi risuonavano ancora nella mente. In seguito, soprattutto, è accaduto qualcosa che mi ha fatta sentire ancora più in debito con mio zio, e ho finito per agire in opposizione a Dio.

Verso la fine del 2016 ero lontana da casa per svolgere il mio dovere e sono stata mandata in ospedale dai fratelli e dalle sorelle a causa di una grave polmonite e di un versamento pleurico. Mio zio è corso all’ospedale e si è preso cura di me instancabilmente, spendendo soldi e fatica. La mia pressione sanguigna era pericolosamente bassa e lui mi ha curata con l’agopressione. Dopo la mia dimissione, mi ha addirittura preparato un trattamento medico tradizionale cinese per aiutarmi a riprendermi. Vedendo che era ancora buono con me nonostante avessi firmato per la sua espulsione, il senso di colpa che provavo nei suoi confronti cresceva sempre più. Durante quel periodo, mio zio mi ha raccontato come negli ultimi anni avesse continuato a diffondere il Vangelo anche dopo l’espulsione, avvicinando diverse persone a Dio. Era stato addirittura arrestato dal PCC per aver diffuso il Vangelo, la sua casa era stata perquisita, i suoi beni erano stati confiscati e la sua farmacia era stata chiusa. Aveva perso più di 100.000 yuan. Nonostante la persecuzione del gran dragone rosso, non aveva rivelato il luogo in cui erano conservati i libri delle parole di Dio. Tuttavia, quando il PCC gli aveva chiesto di identificare le foto dei fratelli e delle sorelle, aveva identificato come leader una delle sorelle. Si trattava proprio della leader che lo aveva fatto espellere qualche anno prima. Dopo avermi raccontato tutto questo, mi ha rimproverata di non avere coscienza, dicendo che mi aveva considerata una figlia e si era preso cura di me come un padre, ma che io, in cambio, non avevo mostrato alcun sentimento umano e mi ero comportata come un animale a sangue freddo. Sentendolo parlare in questo modo, mi sono sentita in debito e ho anche solidarizzato con lui. In quel periodo mi è capitato di sentire i leader di livello superiore dire che, se coloro che erano stati allontanati avessero mostrato pentimento e avessero continuato a credere in Dio e a diffondere il Vangelo, avrebbero potuto essere riammessi nella chiesa. Questo mi ha fatto pensare a mio zio. Ho riflettuto sul fatto che, nonostante fosse stato espulso, aveva continuato a diffondere il Vangelo negli ultimi anni. Quando era stato arrestato e interrogato dal PCC, non aveva rinnegato Dio. Non era forse possibile che mio zio venisse riaccettato nella chiesa? Anche se si fosse limitato a diffondere il Vangelo e si fosse impegnato a rimediare alle malefatte commesse in passato, sarebbe andato bene. Successivamente, se altri avessero condiviso di più con lui sulle parole di Dio, non avrebbe forse potuto cominciare gradualmente a riflettere sul male che aveva fatto e giungere al pentimento e al cambiamento? Se avessi potuto farlo riaccettare nella chiesa, non avrebbe forse capito che avevo un po’ di coscienza e che non ero una persona così ingrata? Quando questo pensiero mi ha attraversato la mente, mi sono sentita come se avessi trovato l’occasione per fare ammenda e ricambiare la sua gentilezza. Così ho scritto alla leader, riferendole dei buoni comportamenti di mio zio. Invece, ho tenuto per me il fatto che avesse identificato la foto della leader della chiesa al gran dragone rosso, che si lamentasse davanti a me e mi rimproverasse. In seguito, i leader hanno organizzato un incontro con lui per verificare se i criteri per essere accettato fossero soddisfatti. Qualche giorno dopo, una sorella mi ha detto: “Quando siamo andati da tuo zio e gli abbiamo chiesto in che modo avesse riflettuto su sé stesso e cercato di conoscersi, lui esasperato ha detto: ‘Non siete affatto qui per indagare sui fatti. Voi e i leader vi state solo coprendo a vicenda; siete tutti coinvolti in questa situazione…’ Sembrava che stesse per colpirci, ed è stata tua zia a continuare a dissuaderlo e a trattenerlo. Poi, ha cominciato a muovere le mani e a inveire ad alta voce sul passato, dando colpe e rifiutandosi di lasciar perdere, attaccando e giudicando i leader. Abbiamo capito che non ha alcuna comprensione di sé e non è adatto a essere accettato”. Poi la sorella ha anche condiviso con me su come discernere e capire a fondo l’essenza di mio zio, e mi ha chiesto qual era la mia comprensione della faccenda. Di fronte al comportamento di mio zio, non c’era nulla che potessi dire: non era davvero adatto a essere accettato.

Successivamente, ho cercato le parole di Dio che erano pertinenti ai miei problemi. Ho letto queste Sue parole: “Tutti coloro che sono stati corrotti da Satana hanno un’indole corrotta. Alcuni hanno solamente un’indole corrotta, mentre altri non si limitano a questo: oltre ad avere un’indole satanica corrotta, hanno anche una natura estremamente maligna. Quindi non solo le loro parole e azioni rivelano un’indole satanica corrotta, ma le persone stesse sono i veri diavoli e Satana(La Parola, Vol. 1: La manifestazione e l’opera di Dio, “Un monito per coloro che non praticano la verità”). “Chi è Satana, chi sono i demoni e chi sono i nemici di Dio se non quelli che oppongono resistenza a Dio, i quali non credono in Lui? Non sono forse quelle persone che si ribellano a Dio? Non sono forse coloro che dichiarano di avere fede, eppure mancano della verità? Non sono coloro che cercano unicamente di ottenere le benedizioni, ma sono incapaci di rendere testimonianza a Dio? Puoi ancora mescolarti a questi demoni oggi e trattarli con coscienza e amore, ma così facendo non stai forse offrendo a Satana delle buone intenzioni? Questo non è allearsi ai demoni? Se le persone sono arrivate a questo punto e sono ancora incapaci di distinguere tra bene e male e continuano a essere ciecamente amorevoli e misericordiose, senza alcun desiderio di cercare le intenzioni di Dio o alcuna capacità di far proprie, in qualche modo, le intenzioni di Dio come se fossero le loro, allora avranno una fine tanto più misera. Chiunque non creda nel Dio fatto carne è nemico di Dio. Se puoi avere coscienza e amore nei confronti di un nemico, non manchi forse di senso di giustizia? Se sei in armonia con coloro che Io detesto e con i quali non concordo, e nutri ancora amore o coinvolgimento personale nei loro confronti, non sei ribelle? Non stai intenzionalmente resistendo a Dio? Una persona simile possiede forse la verità? Se le persone hanno coscienza verso i nemici, amore per i demoni e misericordia verso Satana, non stanno forse intralciando intenzionalmente l’opera di Dio?(La Parola, Vol. 1: La manifestazione e l’opera di Dio, “Dio e l’uomo entreranno nel riposo insieme”). Le parole di Dio mi hanno fatta sentire profondamente giudicata. Mio zio era già stato espulso diversi anni prima. Se avesse avuto un po’ di coscienza o di ragione, dopo aver fatto così tante cose che avevano danneggiato le persone, intralciato e disturbato la vita della chiesa e opposto resistenza a Dio, avrebbe avuto la coscienza sporca. Avrebbe riflettuto su sé stesso, si sarebbe dispiaciuto e pentito. In particolare, in quel periodo i fratelli, le sorelle e io avevamo condiviso con lui e gli avevamo fatto notare i suoi problemi, ma lui non aveva ancora alcuna comprensione di sé, addirittura odiava me negli ultimi anni e odiava ancora di più la leader. Credeva che la sua espulsione fosse stata causata esclusivamente dagli altri, e nutriva risentimento verso la leader che lo aveva espulso arrivando persino a identificare la sua foto con il gran dragone rosso. In seguito aveva continuato a diffondere i suoi pregiudizi contro la leader, condannandola come una falsa leader e un anticristo. Era chiaro che aveva l’essenza di una persona malevola, che la sua natura era avversa alla verità e la odiava, e che non si sarebbe mai pentito né sarebbe cambiato. Di fronte a una persona così profondamente malevola, ho continuato a sottolineare l’importanza di avere una coscienza e di ricambiare la sua gentilezza, anche difendendolo e parlando bene di lui, nella speranza che venisse riammesso nella chiesa. Ero veramente cieca e sciocca, incapace di distinguere il bene dal male. Non stavo forse cercando di ingraziarmi Satana, schierandomi dalla parte delle persone malevole e opponendomi a Dio?

In seguito ho letto un passaggio delle parole di Dio e ho acquisito una certa comprensione della Sua giusta indole. Allora mi sono convinta ancora di più che mio zio non dovesse essere riaccettato nella chiesa. Dio dice: “Non Mi preoccupo di quanto meritevole sia il tuo duro lavoro, quanto pregevoli siano le tue qualifiche, quanto da vicino tu Mi segua, quanto tu sia rinomato o abbia migliorato il tuo atteggiamento; non avendo esaudito le Mie richieste, non riuscirai mai a ottenere la Mia approvazione. Eliminate al più presto tutte quelle idee e intenzioni, e cominciate a prendere sul serio le Mie richieste; altrimenti ridurrò tutti in cenere per porre fine alla Mia opera e nella peggiore delle ipotesi annienterò gli anni della Mia opera e sofferenza, perché non posso introdurre nel Mio Regno né portare nell’età successiva i Miei nemici e coloro che olezzano di malvagità e hanno l’aspetto di Satana(La Parola, Vol. 1: La manifestazione e l’opera di Dio, “Le trasgressioni porteranno l’uomo all’inferno”). Dopo aver letto le parole di Dio, ho potuto percepire la Sua indole santa, giusta e che non tollera offesa, e ho compreso anche i principi che Dio ha nel trattare le persone. Quando ho sentito i leader di livello superiore affermare che, se quelli che erano stati allontanati avessero continuato a credere in Dio, avessero continuato a diffondere il Vangelo e avessero dimostrato pentimento, avrebbero potuto essere nuovamente accettati nella chiesa, ho paragonato questo al comportamento esterno di mio zio. Pensavo che avesse continuato a diffondere il Vangelo dopo essere stato espulso e che non avesse rinnegato Dio dopo l’arresto e la persecuzione del gran dragone rosso, e quindi credevo che potesse essere accettato nonostante la sua mancanza di riflessione su sé stesso e di comprensione di sé. Dopo aver letto le parole di Dio, ho capito che Egli ha degli standard per valutare le persone e che anche la chiesa ha dei principi per accettarle. Soprattutto per coloro che sono stati espulsi in passato per aver fatto del male, è fondamentale valutare se hanno veramente compreso le loro azioni malvagie, se si sono pentiti e se sono cambiati. In caso contrario, non potranno mai più essere riaccettati nella chiesa. Mio zio, dopo l’espulsione, sebbene avesse continuato a diffondere il Vangelo e dimostrato alcuni buoni comportamenti, non aveva minimamente riflettuto sulle sue azioni malvagie passate o sulla sua natura corrotta, né le aveva comprese. Non importa quanto gli altri condividessero con lui e gli facessero notare i suoi problemi o lo sfrondassero e lo smascherassero, non era giunto a nessuna consapevolezza dimostrandosi perfino ostile verso chiunque lo spingesse a riflettere su sé stesso, diffondendo pregiudizi contro i leader, fuorviando le persone e intralciando e disturbando la vita della chiesa. Riguardo a un malfattore e a un diavolo così evidenti, Dio dice: “Perché non posso introdurre nel Mio Regno né portare nell’età successiva i Miei nemici e coloro che olezzano di malvagità e hanno l’aspetto di Satana”. Tuttavia, ho continuato a schierarmi in suo favore, desiderando che fosse nuovamente accettato nella chiesa. Non mi opponevo forse a Dio? Rendendomi conto di ciò, ho percepito ancora di più di non aver compreso la verità e di essere estremamente ignorante e sciocca!

Successivamente, poiché dovevo ancora riprendermi dalla malattia, interagivo spesso con mio zio. Il suo comportamento era peggiorato ulteriormente; non solo giudicava i leader, ma parlava anche con arroganza e giudicava l’uomo usato dallo Spirito Santo. Ciò mi ha fatto vedere ancora più chiaramente la sua essenza di odio per la verità e di nemico di Dio. Mi sentivo anche in colpa e piena di rimorso per aver parlato in sua difesa una volta. Non ho potuto fare a meno di chiedermi: “Perché ho sempre voluto ripagare una persona totalmente malevola per la sua gentilezza?” Non sono mai riuscita a trovare il motivo finché non ho letto un passaggio delle parole di Dio e ho scoperto la causa principale del problema. Dio Onnipotente dice: “Affermazioni riguardanti la condotta morale come ‘Una gentilezza ricevuta deve essere ripagata con gratitudine’ non dicono alle persone con esattezza quali sono le loro responsabilità all’interno della società e dell’umanità. Sono invece modi di vincolare od obbligare le persone ad agire o a pensare in una determinata maniera, che lo vogliano o meno e indipendentemente dalle circostanze o dal contesto in cui ricevono dei gesti di gentilezza. Nell’antica Cina si trovano molti casi di gentilezze ripagate. Per esempio, un ragazzo affamato che mendicava venne accolto da una famiglia che lo nutrì, lo vestì, lo addestrò alle arti marziali e gli insegnò conoscenze di ogni tipo. La famiglia attese che fosse cresciuto, poi iniziò a usarlo come fonte di reddito, mandandolo a compiere il male, a uccidere, a fare cose che lui non voleva fare. Se si considera la sua storia alla luce di tutti i favori da lui ricevuti, è stato un bene che la famiglia lo abbia salvato. Se invece si considera ciò che fu costretto a fare in seguito, è davvero un bene, o piuttosto un male? (È un male.) Tuttavia, sotto i condizionamenti della cultura tradizionale, come per esempio ‘Una gentilezza ricevuta deve essere ripagata con gratitudine’, la gente non sa fare questa distinzione. A prima vista, sembra che il ragazzo non avesse altra scelta che compiere azioni cattive, fare del male agli altri, diventare un assassino: la maggior parte delle persone non desidera fare cose del genere. Ma il fatto che compì queste cattive azioni e uccise per ordine del padrone non derivava, in fondo, da un desiderio di ripagarne la gentilezza? Le persone non possono fare a meno di essere influenzate e controllate da queste idee, in particolare a causa di condizionamenti della cultura tradizionale cinese come ‘Una gentilezza ricevuta deve essere ripagata con gratitudine’. Anche il modo in cui agiscono e le intenzioni e le motivazioni dietro le loro azioni sono di certo indotti da queste idee. Quando il giovane si ritrovò in quella situazione, quale può essere stato il suo primo pensiero? ‘Questa famiglia mi ha salvato; loro sono stati buoni con me. Non posso essere un ingrato, devo ripagare la loro gentilezza. A loro devo la mia vita, dunque è a loro che devo dedicarla. Devo fare qualsiasi cosa mi chiedano, anche se significa compiere il male e uccidere. Non posso considerare se è giusto o sbagliato; devo semplicemente ripagare la loro gentilezza. Se non lo facessi, sarei ancora degno di essere definito umano?’ Di conseguenza, ogni volta che la famiglia gli ordinava di commettere un omicidio o una cattiva azione, lui eseguiva senza alcuna riserva o esitazione. Pertanto, la sua condotta, le sue azioni e la sua cieca obbedienza non erano forse dettate dall’idea e dalla visione secondo cui ‘Una gentilezza ricevuta deve essere ripagata con gratitudine’? Il ragazzo non adempiva forse a questo criterio di condotta morale? (Sì.) Cosa deducete da questo esempio? Il detto ‘Una gentilezza ricevuta deve essere ripagata con gratitudine’ è una cosa positiva o no? (Non lo è: non contiene alcun principio.) In realtà, chi ripaga una gentilezza ce l’ha un principio, e cioè che una gentilezza ricevuta deve essere ripagata con gratitudine. Se qualcuno ti fa una cortesia devi fargliene una in cambio, altrimenti non sei umano e non puoi dire niente se ti condannano a causa di questo. Il proverbio dice: ‘Una goccia d’acqua di gentilezza dovrebbe essere ripagata con una sorgente zampillante’, ma in questo caso il ragazzo non ricevette una gentilezza minima, bensì una che gli salvò la vita, motivo per cui a maggior ragione aveva motivo di ripagarla con la vita intera. Non sapeva quali fossero i limiti o i principi del ripagare una gentilezza. Credeva che la sua vita fosse un dono di quella famiglia e quindi, per ripagare, sentiva di doverla dedicare a loro, facendo qualsiasi cosa pretendessero da lui, compresi l’omicidio o altri atti malvagi. Questo modo di ripagare la gentilezza non ha principi né limiti. Il ragazzo si rese complice di malfattori e così facendo si rovinò. È stato giusto da parte sua ripagare la gentilezza in quel modo? Naturalmente no. È stato un comportamento sciocco(La Parola, Vol. 6: Riguardo al perseguimento della verità I, “Cosa significa perseguire la verità (7)”). Dopo aver letto le parole di Dio, ho capito che mi sono sempre sentita in debito e in colpa nei confronti di mio zio e volevo fare ammenda e ripagarlo per la sua gentilezza. Ciò è avvenuto principalmente perché ero stata vincolata e limitata dal pensiero morale secondo cui “Una gentilezza ricevuta deve essere ripagata con gratitudine”, e “Una goccia d’acqua di gentilezza dovrebbe essere ripagata con una sorgente zampillante”. Credevo che, se qualcuno mi aveva dato una mano quando ne avevo più bisogno o mi aveva salvato la vita in un momento di crisi, dovevo ricordare per sempre questa gentilezza e ricambiarla adeguatamente in futuro. Solo così avrei avuto coscienza e umanità. Se non avessi saputo ricambiare la gentilezza, sarei stata un’ingrata e priva di umanità, e sarei stata sdegnata e chiamata irriconoscente e miserabile. Prendiamo mia madre, per esempio. Ha quattro fratelli, e in passato la sua famiglia ha avuto difficoltà finanziarie. Per sostenere gli studi del fratello più grande, mia madre e il fratello più piccolo hanno rinunciato a proseguire gli studi. Alla fine, mio zio maggiore ha trovato un lavoro stabile, e inizialmente la famiglia si aspettava che lui contribuisse a sostenere i suoi fratelli. Tuttavia, non solo non ha aiutato i suoi fratelli, ma non ha nemmeno supportato sua madre. Tutti i nostri parenti e amici lo chiamavano ingrato e lui era sdegnato da tutti. Nel frattempo, mio zio più giovane era quello che si spendeva di più per i suoi fratelli e i suoi genitori. Quando mio zio maggiore non aveva provveduto al sostentamento di mia nonna, si era assunto la responsabilità lui stesso, e per questo era il più lodevole e rispettabile agli occhi di tutti. Crescendo in un ambiente del genere, sentivo che in futuro avrei dovuto diventare una persona con una coscienza, qualcuno che sapesse ricambiare la gentilezza. Era stata l’influenza di tale pensiero a rendermi incapace, quando mi accadevano le cose, di distinguere il bene dal male o di discernere che tipo di persona stavo ripagando, e non mi importava se le mie azioni fossero in linea con le verità principi. Ogni volta che qualcuno mi dimostrava gentilezza, sentivo il bisogno di ricordarlo e di ricambiarlo. Proprio come con mio zio, quando è stato il momento per me di firmare per espellerlo, visto che mi aveva salvato la vita, aveva diffuso con noi il Vangelo di Dio degli ultimi giorni e mi aveva trattata come se fossi sua figlia, questa gentilezza mi aveva reso difficile firmare. Avevo paura che così facendo sarei diventata una persona ingrata e senza coscienza. Anche se alla fine ho firmato, la mia coscienza non riusciva a superarlo e mi sentivo in debito con lui. Inoltre, quando ero malata mentre svolgevo il mio dovere lontano da casa, mio zio si era dato da fare e aveva investito un sacco di soldi ed energie per prendersi cura di me, cosa che mi faceva sentire ancora più in colpa. Quindi, dopo aver ascoltato i leader di livello superiore condividere sui principi dell’accettare le persone, volevo cogliere l’occasione per ripagare mio zio. Di conseguenza, sebbene fosse chiaro che mio zio non avesse riflettuto o non fosse arrivato a comprendere il male che aveva fatto negli ultimi anni, e sebbene nutrisse perfino risentimento sulla sua espulsione e avesse identificato la leader della chiesa che lo aveva espulso davanti al gran dragone rosso, poiché ero dominata dal pensiero “Una gentilezza ricevuta deve essere ripagata con gratitudine” parlavo bene di lui davanti ai leader, coprendo e nascondendo il suo cattivo comportamento nella speranza che venisse accettato nuovamente nella chiesa, facendo sì che io ripagassi il mio debito. Mi sono resa conto che il pensiero tradizionale secondo cui “Una gentilezza ricevuta deve essere ripagata con gratitudine” mi stava limitando, rendendomi incapace di distinguere il bene dal male, il giusto dallo sbagliato. Mi ha fatto agire senza alcun principio o limite morale. Ora era giunto il momento di purificare la chiesa e di allontanare le persone malevole, gli anticristi e i miscredenti. Se mi fossi concentrata ancora sull’avere una coscienza e sul ricambiare la gentilezza delle persone malevole, desiderando di riaccettarle nella chiesa, non sarei stata forse complice dei malfattori e causa di intralci e disturbi? In che cosa il mio comportamento era diverso da quello del mendicante che commette un omicidio per ricambiare la gentilezza? Comprendendo questo, ho capito chiaramente la fallacia e il veleno del pensiero morale tradizionale secondo cui “Una gentilezza ricevuta deve essere ripagata con gratitudine”. Si tratta di un errore assolutamente fuorviante e corruttivo.

In seguito ho letto altre parole di Dio: “È necessario discernere il concetto culturale tradizionale per cui ‘Una gentilezza ricevuta deve essere ripagata con gratitudine’. La parte più importante è la parola ‘gentilezza’: come bisogna intenderla? A quale aspetto e a quale natura della gentilezza si fa riferimento qui? Qual è il significato di ‘Una gentilezza ricevuta deve essere ripagata con gratitudine’? Le persone devono trovare le risposte a tali domande e non devono per nessuna ragione lasciarsi condizionare da questa idea del ripagare le gentilezze ricevute: per tutti coloro che perseguono la verità, ciò è assolutamente essenziale. Cos’è la ‘gentilezza’ secondo le nozioni umane? Su piccola scala, è qualcuno che ti aiuta quando sei nei guai. Per esempio, qualcuno che ti dà una ciotola di riso quando stai morendo di fame o una bottiglia d’acqua quando stai morendo di sete, qualcuno che ti aiuta quando cadi e non riesci a rialzarti. Tutti questi sono atti di gentilezza. Un grande atto di gentilezza è qualcuno che ti soccorre quando sei in condizioni disperate: detto altrimenti, una gentilezza che ti salva la vita. Quando corri un pericolo mortale e qualcuno ti aiuta a evitare la morte, ti sta essenzialmente salvando la vita. La gente percepisce cose del genere come ‘gentilezza’. Questo tipo di gentilezza supera di gran lunga qualsiasi insignificante favore materiale, è una grande gentilezza che non si può misurare in termini di denaro o di cose materiali. Chi la riceve prova una sorta di gratitudine che non è possibile esprimere solo con poche parole di ringraziamento. Ma questo modo di misurare la gentilezza è accurato? (No.) Perché dici che non è accurato? (Perché è una misurazione che si basa sui criteri della cultura tradizionale.) Questa è una risposta basata sulla teoria e sulla dottrina e, sebbene possa sembrare giusta, non va all’essenza della questione. Come si può spiegarlo in termini pratici? Pensateci con attenzione. Un po’ di tempo fa ho sentito di un video online in cui un uomo non si accorge che gli cade il portafoglio; un cagnolino che lo sta seguendo lo raccoglie ma l’uomo, quando nota questa cosa, picchia l’animale per avergli rubato il portafoglio. Assurdo, no? Quell’uomo ha meno principi morali di un cane! L’azione del cane è totalmente conforme ai criteri umani di moralità. Un essere umano avrebbe esclamato: ‘Ti è caduto il portafoglio!’ Il cane invece, dato che non sa parlare, si è limitato a raccogliere in silenzio il portafoglio e a trotterellare dietro all’uomo. Se quindi un cane è in grado di mettere in atto uno dei buoni comportamenti incoraggiati dalla cultura tradizionale, cosa ci fa capire questo sugli esseri umani? Gli esseri umani nascono con la coscienza e la ragione, pertanto sono molto più capaci di adottare tali condotte. Fintanto che si ha un senso di coscienza, si può adempiere a questo genere di responsabilità e di obblighi. Non è necessario lavorare sodo o pagare un prezzo; basta soltanto un piccolo sforzo, ed è semplicemente questione di fare qualcosa di utile, qualcosa che sia di beneficio per gli altri. Ma la natura di questo atto si qualifica davvero come ‘gentilezza’? Si innalza forse al livello di un atto di gentilezza? (No.) Poiché non lo fa, c’è forse bisogno di parlare di ripagarla? Sarebbe inutile(La Parola, Vol. 6: Riguardo al perseguimento della verità I, “Cosa significa perseguire la verità (7)”). “Se Dio vuole salvarti, a prescindere da quale persona utilizzi per farlo, dovresti innanzitutto ringraziarLo e accettare la cosa da Lui. Non dovresti indirizzare la tua gratitudine esclusivamente verso le persone, men che meno offrire la tua vita a qualcuno in segno di riconoscenza. Questo è un grave errore. È importantissimo che il tuo cuore sia grato a Dio e che tu accetti la cosa da Lui(La Parola, Vol. 6: Riguardo al perseguimento della verità I, “Cosa significa perseguire la verità (7)”). Dopo aver letto le parole di Dio, ho acquisito una nuova comprensione e definizione della “gentilezza” a cui si fa riferimento nella frase “Una gentilezza ricevuta deve essere ripagata con gratitudine”. Pensavo che, se qualcuno mi aveva teso una mano o addirittura salvato la vita durante le difficoltà o i pericoli o quando rischiavo di morire, si trattava di una grande gentilezza che avrei dovuto ricordare e ricambiare in futuro. Ora, attraverso le parole di Dio, avevo capito che tutto questo non poteva essere definito gentilezza; era semplicemente l’istinto delle persone, ciò che chiunque dotato di coscienza poteva fare. Per quanto riguarda mio zio, come medico, salvarmi la vita quando ha capito che ero in pericolo era del tutto normale ed era una sua responsabilità. Inoltre, il mio respiro viene da Dio, e la mia vita e la mia morte sono sotto la Sua sovranità. Non sono viva solo perché mio zio mi ha salvata. Quando mia madre, dopo la morte di mio padre, ha faticato a coprire gli alti costi derivanti dall’avere più figli, mio zio mi ha fatto studiare medicina con lui e mi ha lasciata mangiare e vivere a casa sua, e vedendo che la mia salute era cagionevole mi ha dato cibi nutrienti. Si è preso cura di me anche diversi anni dopo quando sono stata ricoverata. Tutte queste cose erano sovranità e disposizioni di Dio, e io avrei dovuto accettarle da Lui. Inoltre, mio zio aveva diffuso il Vangelo di Dio degli ultimi giorni con noi, e anche questo indicava la sovranità e la disposizione di Dio. L’unico da ringraziare era Dio! Dopo aver capito questo, mi sono finalmente liberata dal senso di colpa che provavo nei confronti di mio zio.

Attraverso questa esperienza, sono arrivata a capire chiaramente la fallacia del pensiero morale tradizionale secondo cui “Una gentilezza ricevuta deve essere ripagata con gratitudine” e come esso vincoli e danneggi le persone. Senza questo, avrei continuato a ricambiare indistintamente la gentilezza, senza principi o limite morale, opponendo perfino resistenza a Dio senza rendermene conto. Sono state le parole di Dio a far sì che me ne rendessi conto. Lode a Dio!

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