9. Il risveglio dopo l’espulsione

di Chongxin, Cina

Dio Onnipotente dice: “Quando subite una qualche freno o avversità, è una cosa buona per voi; se tutto fosse facile sareste rovinati, e come potreste essere protetti? Oggi è perché siete castigati, maledetti e giudicati che vi viene data protezione. È perché avete sofferto molto che siete protetti, altrimenti sareste da tempo caduti nella depravazione. Questo non è rendervi le cose difficili intenzionalmente: la natura umana è difficile da cambiare, e deve essere così affinché l’indole della gente cambi. Oggi non possedete neanche la coscienza o la ragionevolezza che possedeva Paolo, né avete la sua autoconsapevolezza. Dovete essere sempre castigati e giudicati per risvegliare il vostro spirito. Il castigo e il giudizio sono la cosa migliore per la vostra vita, e quando è necessario dovete essere anche castigati attraverso i fatti; solo così vi sottometterete pienamente. Le vostre nature sono tali che senza castigo e maledizione non sareste disposti a chinare la testa, né a sottomettervi. Senza i fatti davanti ai vostri occhi, non ci sarebbe alcun effetto. Siete troppo meschini e indegni di carattere! Senza castigo e giudizio, sarebbe difficile per voi essere conquistati, e sarebbe arduo vincere la vostra ingiustizia e disobbedienza. La vostra vecchia natura è così profondamente radicata che, se foste collocati sul trono, non conoscereste il vostro posto nell’universo, né tanto meno la vostra direzione. Non sapete neanche da dove provenite, dunque come potreste conoscere il Signore della creazione? Senza il tempestivo castigo e le maledizioni di oggi, il vostro ultimo giorno sarebbe arrivato da tempo, per non parlare del vostro destino: esso non sarebbe forse ancora più in imminente pericolo?(La Parola, Vol. 1: La manifestazione e l’opera di Dio, “Pratica (6)”). Leggendo questo brano delle parole di Dio, ho riflettuto su come io sia stata a lungo priva di consapevolezza di me, vivendo secondo un’indole arrogante, compiendo del male, disturbando il lavoro della chiesa e venendo quindi espulsa dalla chiesa. In quel periodo, pur provando dolore e sofferenza, apprezzavo profondamente che il castigo e il giudizio di Dio verso le persone fossero in realtà amore e anche grande protezione.

Nel 2007, credevo in Dio da poco più di un anno, quando sono stata scelta come leader della chiesa. All’epoca, ero molto entusiasta, partecipavo attivamente alle riunioni, irrigavo i nuovi arrivati e diffondevo il Vangelo ogni giorno. Dopo un periodo di tempo in cui ho fatto tutto questo, sia il lavoro del Vangelo, sia quello di irrigazione, sia la coltivazione delle persone hanno portato dei risultati. In seguito, ogni volta che in una chiesa si aveva esperienza di scarsi risultati nel lavoro o di una scarsa vita di chiesa, i leader di livello superiore chiedevano a me di andare a fornire loro del sostegno. Dopo essere stata lì per un po’, il lavoro in quella chiesa tornava a funzionare normalmente in ogni sua parte, e di conseguenza i fratelli e le sorelle mi ammiravano in modo particolare. Mi sentivo molto orgogliosa e cammivo a testa alta. Pensavo: “Rispetto agli altri leader della chiesa sono più brava nel risolvere i problemi e sono più competente. Le chiese che ho sostenuto per un periodo hanno dato tutte dei risultati e, a quanto pare, ho un vero talento nel comandare all’interno della chiesa”. In questo modo, ho reso servizio come leader della chiesa per sette anni consecutivi. In cuor mio sentivo di essere tagliata per la leadership, così sono diventata sempre più arrogante.

Nell’inverno del 2015, io e sorella Siyu eravamo entrambe responsabili del lavoro della chiesa. Lei credeva in Dio da più tempo di me e svolgeva i suoi doveri coscienziosamente e portando il fardello, ma dopo aver interagito per un po’ con lei ho scoperto che la sua capacità di discernimento e le sue condivisioni sulla verità non erano buone come le mie, e che la sua efficienza nello svolgimento dei doveri non era elevata come la mia. Dal profondo del mio cuore, la guardavo dall’alto in basso e pensavo che, per quanto lei avesse svolto diversi doveri in passato, io ero comunque più brava di lei. Una volta ho sentito che un fratello diceva che, quando lui non stava ottenendo alcun risultato nella diffusione del Vangelo e stava attraversando delle difficoltà, Siyu in quel momento non aveva capito fino in fondo il problema e la sua condivisione e risoluzione erano state inefficaci. Dopo aver scoperto questa situazione, ho nutrito un forte disprezzo in cuor mio nei confronti di Siyu e l’ho riproverata con veemenza di fronte ai nostri collaboratori, dicendo: “Come fai a risolvere i problemi con una condivisione del genere? Come fanno i fratelli e le sorelle a trovare la via?” Siyu ha chinato il capo e ha detto piano: “È stato a causa della mia scarsa condivisione”. All’epoca, non solo non ero consapevole dei miei problemi, ma ero implacabile e la criticavo di continuo. In cuor mio pensavo: “Non hai fatto davvero nulla di buono! Se non fosse che ti occupi di alcuni affari generali, potremmo fare benissimo a meno di te!”

Nel febbraio 2016, durante un incontro dei collaboratori con il predicatore, quest’ultimo ha fatto una domanda e la prima rispondere è stata Siyu, e io mi sono sentita infelice in cuor mio e ho pensato: “Stai cercando di rubarmi la scena? Io sono qui e non ho ancora parlato; perché spetta a te farlo?” Allora l’ho interrotta, così da parlare per prima. In quel momento, Siyu ha detto: “Mi sento vincolata da te”. Subito mi sono infuriata e ho pensato: “Mi stai denunciando davanti al predicatore e a diversi diaconi, facendomi perdere la faccia. Come faccio in futuro a rimanere salda in questa chiesa? Come mi vedranno gli altri?” Con rabbia, ho detto: “In che modo ti sto vincolando?” Siyu non ha osato parlare di nuovo. Da allora, ho sviluppato un pregiudizio su di lei. Durante una riunione, quando la condivisione di Siyu è andata un po’ lunga, mi sono subito arrabbiata e l’ho interrotta, dicendole con disappunto: “Taglia corto, non entrare troppo nel dettaglio. Stai perdendo tempo”. Perfino durante gli incontri con i collaboratori l’ho criticata intenzionalmente di fronte agli altri, mettendola in imbarazzo, per dimostrare che io ero più brava di lei. L’ho criticata anche quando ho notato deviazioni nello svolgimento dei suoi doveri. Tutto questo ha fatto sì che lei si sentisse ancora più vincolata. Dopodiché, le condivisioni di Siyu nel corso delle riunioni sono diminuite e, mentre parlava, teneva sempre d’occhio le mie reazioni; quando veniva fuori qualcosa durante la mia assenza, lei non osava prendere nessuna decisione. Anche diversi diaconi consultavano direttamente me per risolvere qualsiasi loro problema, e ogni cosa nella chiesa doveva essere gestito da me e io dovevo prendere le decisioni. All’epoca mi sentivo un po’ a disagio, ma percepivo anche che quello che stavo facendo era sostenere il lavoro della chiesa, con senso di responsabilità e fardello. Inoltre, da quando ero giunta in questa chiesa, la vita di chiesa era davvero migliorata e tanti lavori avevano fatto progressi. Credevo che fosse positivo quello che avevo fatto, quindi non ci pensavo molto. In seguito, ho continuato in questo modo e, ogni volta che vedevo i miei collaboratori o i miei fratelli e le mie sorelle fare degli scivoloni nei loro doveri, mi mettevo in una posizione di superiorità e li sgridavo. I fratelli e le sorelle avevano paura che li potassi e non volevano più riunirsi. La sorella con cui lavoravo in coppia si sentiva da molto tempo repressa dal mio vincolo, piangeva e voleva dimettersi. Vedendo questo risultato, mi sono sentita in qualche modo redarguita e mi sono resa conto che sgridare e criticare costantemente gli altri non era appropriato. Ma poi ho pensato: “Lo sto facendo per il vostro bene; non ho cattive intenzioni”. Dopo aver pensato così, dal mio cuore è svanito qualsiasi residuo senso di rimprovero.

Nel settembre del 2016, un’altra chiesa si è unita alle nostre, e due sorelle di questa chiesa, Chang Qing e Zheng Lu, sono diventate capogruppo. All’epoca, avevamo bisogno di coltivare un capogruppo per l’irrigazione. Abbiamo preso in considerazione sorella Zhao Rui: sebbene la sua condivisione sulla verità fosse carente, era una persona fidata, che portava il fardello ed era in grado di svolgere lavoro reale, quindi volevamo coltivarla. Quando Zheng Lu lo ha scoperto, ha sollevato alcune obiezioni. Era convinta che un’altra sorella, sebbene più giovane e relativamente nuova nella fede, avesse un maggiore potenziale da sviluppare e fosse più adatta di Zhao Rui. Siyu mi ha riferito ciò al suo ritorno e io ho subito sentito crescere la rabbia nel mio cuore e ho pensato: “In questa chiesa sono io la responsabile, sono io ad avere l’ultima parola. Eppure tu vieni qui a ficcare il naso. Sei di un’altra chiesa, ma stai apertamente intralciando e disturbando la mia area di responsabilità. Non ti lascerò svolgere il tuo dovere e ti isolerò, così non sarai più in grado di intralciare e disturbare. Questo è il mio territorio; se non dai ascolto a me, te ne puoi andare. Non resterai nella nostra chiesa.” Con rabbia, ho detto a diversi diaconi: “Zheng Lu sta disturbando il lavoro; ponete fine ai suoi doveri e isolatela per prevenire ulteriori intralci e disturbi da parte sua qui!” Allora una sorella si è ricordatata di me e ha detto: “Quello che fai è inappropriato. Se lei sta facendo qualcosa di sbagliato, noi dovremmo condividere con lei e fornirle una guida. Gestirla in questo modo è come escluderla”. Io ho pensato: “Lei non fa nemmeno parte della nostra chiesa. Come potrei non sapere chi andrebbe coltivato e chi no? Peraltro, anche se Zhao Rui ha delle manchevolezze, è una persona fidata ed è in grado di svolgere lavoro reale. Io già non sopporto Zheng Lu e non voglio condividere con lei”. In seguito, senza passare per i fratelli e le sorelle della chiesa, ho isolato Zheng Lu.

Nel momento in cui la mia indole arrogante stava diventando sempre più esagerata, alcuni fratelli e sorelle mi hanno segnalata. Di conseguenza, i leader di livello superiore hanno disposto che qualcuno facesse indagini sulla situazione e mi hanno letto le lettere di segnalazione scritte dai fratelli e dalle sorelle. In base al mio coerente comportamento di arroganza, presunzione, rimprovero e limitazione degli altri, sono stata definita una falsa leader con una cattiva umanità e sono stata rimossa. Sentendo tutto questo, però, io non potevo assolutamente accettarlo. Mi sono detta: “Come posso essere destituita? Credo in Dio da oltre dieci anni, trascorro le mie giornate a lavorare e a spendermi. Sono sempre stata in prima linea in tutto nella chiesa. Come posso essere destituita?” Sentivo di aver subito un torto e, mentre camminavo verso casa, le lacrime mi scorrevano sul viso in maniera incontrollabile. In quel periodo, non era stato assegnato nessuno per subentrare nel lavoro, quindi io collaboravo temporaneamente in certi compiti. Non la consideravo come un’occasione di pentimento datami da Dio. Pensavo invece che, pur essendo stata destituita, potevo ancora continuare a lavorare. Sembrava che la chiesa non potesse fare a meno di me. In breve tempo, sarei stata di nuovo a capo della chiesa. Durante una piccola riunione di gruppo, una sorella mi ha detto: “Sembri più magra in questi giorni”. Io ho risposto: “Sto riflettendo su me stessa e sto scrivendo appunti sulle devozioni spirituali a casa. Mentre scrivo, provo odio per me stessa e piango”. La sorella ha commentato: “Persegui davvero la verità. Anche dopo essere stata rimossa, continui a scrivere appunti sulle devozioni spirituali”. Altri due hanno detto: “Sorella, tu sei capace di sopportare molto e di spenderti. Noi non accettiamo che tu sia stata rimossa. Perfino la leader ha tenuto una riunione e una condivisione speciali con noi”. Io ho detto ipocritamente: “Ero una falsa leader e meritavo di essere rimossa. Non dovreste stare dalla mia parte, bensì dalla parte della verità”. Dentro di me, però, ero felicissima e pensavo: “A quanto pare, i fratelli e le sorelle hanno saputo di me e sanno che ho subito un torto. Sanno che ho svolto molto lavoro all’interno della chiesa. I leader di livello superiore potevano destituire la sorella mia collaboratrice, ma non avrebbero dovuto destituire me”. Ho pensato anche a come la maggior parte delle lettere di denuncia che mi erano state lette quel giorno provenissero dai miei collaboratori. Questo mi rendeva ancora più contraria e riluttante ad accettarlo: io li avevo potati per il loro bene, ma loro dicevano che li rimproveravo e mi esponevano, portandomi alla rimozione. Avevo chiaramente fatto delle cose positive, ma loro non lo capivano. Avevo lavorato duro senza alcun riconoscimento! In futuro non avrei più segnalato i loro problemi e avrei visto come se la sarebbero cavata senza di me. In quel periodo, mantenevo esternamente i miei doveri, ma dentro di me mi opponevo e lottavo. Nutrivo odio nei confronti dei collaboratori che mi avevano esposta. Quando mi parlavano, io li ignoravo, proferendo raramente parola nel corso delle riunioni. Erano vincolati da me e osservavano di continuo le mie espressioni, le riunioni non erano efficaci. Vedendo questa scena, non solo non avevo un briciolo di rimorso, ma in realtà sentivo che il dolore che avevo patito fosse causato dal fatto che loro mi avevano segnalata ed esposta. Non avevano discernimento. Ho perfino fatto emergere la mia insoddisfazione davanti ai fratelli e alle sorelle, dicendo: “Sono stata destituita e ancora mi viene chiesto di partecipare agli incontri con i collaboratori. Non sono più una leader, perché dovrei andarci?” Ho addirittura pensato: “Sono stata destituita, eppure mi chiedono ancora di fare questo e quello. Tutto poggia su di me”. Un mese dopo, i leader hanno scoperto che non avevo riflettuto su me stessa dopo essere stata destituita e che stavo perfino esprimendo insoddisfazione ai fratelli e alle sorelle, quindi hanno fatto condivisione con me e mi hanno esposta. Tuttavia, io non l’ho accettato e ho serbato rancore nei confronti della sorella che aveva segnalato la situazione, pensando: “Mi fidavo di te e tu mi hai tradita segnalando i miei problemi. Quando ti rivedrò, ti criticherò certamente”. Durante una riunione, ho accusato con rabbia la sorella, dicendo: “Non mi confiderò mai più con te. Mi hai segnalata per aver parlato di certe mie corruzioni”. La sorella se ne stava lì seduta sentendosi indifesa. Poi, con un senso di risentimento, ho detto: “Non sarò mai più una leader. Mi hanno destituita e non mi faranno tornare a casa, lasciandomi qui nell’imbarazzo. È come essere colpiti da una lama smussata”. I collaboratori mi hanno guardata sorpresi nel sentirmi dire così e nella riunione è tornato di nuovo lo scompiglio per mano mia. In seguito, la sorella mia collaboratrice mi ha ricordato che tutto questo emanava negatività. Ma io non me ne rendevo conto affatto.

In quel periodo, ero contraria e riluttante ad accettare la destituzione, diffondevo insoddisfazione, emanavo negatività e intralciavo e disturbavo la vita della chiesa. Due mesi più tardi, i fratelli e le sorelle hanno esposto oltre venti casi in cui io avevo intralciato e disturbato il lavoro della chiesa. Ascoltando a una a una le accuse scritte dai fratelli e dalle sorelle, mi sono sentita estremamente a disagio e avrei voluto sparire. Il leader ha detto: “Attraverso le segnalazioni dei fratelli e delle sorelle, capiamo che hai regolarmente vincolato, sgridato e perfino punito gli altri nella chiesa. Ti sei comportata in maniera arbitraria e imprudente, i fratelli e le sorelle si sono sentiti vincolati da te. Nella chiesa hai agito al di fuori delle regole. Dopo essere stata rimossa, hai continuato a opporti e a essere insoddisfatta, disturbando la vita della chiesa, diffondendo nozioni che fuorviavano gli altri e facendo in modo che i fratelli e le sorelle prendessero le tue difese. Sulla base delle tue azioni, sei espulsa dalla chiesa in quanto anticristo”. In quel momento ero completamente sbalordita. Era qualcosa che non avevo mai nemmeno immaginato. Credevo in Dio da molti anni, eppure ero finita in quella situazione. Il mio cuore soffriva moltissimo e mi sembrava che il cielo mi stesse crollando addosso. Non sapevo che altro fare, se non piangere. Senza Dio, quale cammino mi si apriva davanti? Non osavo nemmeno pensarci. Sentivo che la mia vita insieme a Dio era giunta alla fine. Nei giorni seguenti, quando pregavo Dio, Lo sentivo lontano, lontanissimo. Non percepivo più la Sua presenza. Sfogliavo le parole di Dio senza uno scopo, avvertendo oscurità e vuoto dentro di me, e nutrirmi delle Sue parole non mi portava alcuna luce. Volevo trovare un cammino nelle parole di Dio, però sentivo che ormai era diverso dal passato. Non facevo più parte della famiglia di Dio e Lui non mi voleva più. Perciò ogni giornata trascorreva in uno stato di paura costante. Poi mi sono ammalata. In quel periodo, mangiavo ogni giorno solo una ciotola di zuppa leggera, piangevo spesso per il dolore e vivevo in preda allo stordimento, come un cadavere che cammina. Sentivo di non poter continuare a vivere, quindi pregavo Dio con insistenza. Una mattina, mi è venuto in mente un brano delle parole di Dio: “Dio comprende ogni persona nello stesso modo in cui una madre comprende il proprio figlio. Egli capisce le difficoltà, le debolezze e i bisogni di ognuno. Anzi, ancora meglio: capisce quali difficoltà, debolezze e fallimenti le persone dovranno affrontare nel processo d’ingresso nel cambiamento della propria indole. Queste sono le cose che Dio capisce meglio(La Parola, Vol. 3: I discorsi di Cristo degli ultimi giorni, “Il cammino di pratica verso il cambiamento della propria indole”). Mi sono resa conto con chiarezza che questa era l’illuminazione di Dio. Ho sentito che Dio non mi aveva del tutto abbandonata, Egli era ancora al mio fianco e mi teneva d’occhio. Ho pianto e pregato Dio: “Dio! Allora non mi hai lasciata. Sei ancora accanto a me e mi accompagni e mi guidi…” Ho sentito che le parole di Dio erano particolarmente confortanti, allontanavano i miei passi dalla morte e mi davano il coraggio per andare avanti. Il mio cuore non era più così disperato. Dopodiché, ho iniziato a pregare Dio affinché cambiasse il mio stato.

Un giorno, ho sentito un inno esperienziale intitolato “Le parole di Dio mi innalzano di nuovo”: “Le parole di Dio mi hanno giudicato come una spada affilata nel cuore, e ho visto quanto profondamente fossi stato corrotto. Non assomigliavo a nulla di umano. Ero così arrogante che mi mancava anche solo un briciolo di ragione, così come il timore e la sottomissione a Dio. La mia indole non era cambiata, appartenevo ancora a Satana, ero veramente il tipo di persona che si oppone a Dio. Solo dopo ripetuti giudizi sono stato risvegliato; solo allora ho provato nel cuore pentimento e disprezzo di me stesso. Nel dolore, le parole di Dio mi hanno confortato e incoraggiato, permettendomi di alzarmi ancora una volta dopo la caduta. Voglio essere leale e sottomettermi per ripagare l’amore di Dio, e per praticare la verità e compiere bene il mio dovere di uomo. Ringrazio Dio per aver giudicato e purificato la mia corruzione. Ho sperimentato quanto è grande il Suo amore. O Dio! Desidero perseguire bene la verità, per vivere la sembianza di una persona nuova e portare conforto al Tuo cuore” (Seguire l’Agnello e cantare dei canti nuovi). Ho ascoltato di continuo questo inno, sempre con le lacrime che mi scorrevano dagli occhi. Ogni verso delle parole di quest’inno mi toccava il cuore, esprimendo con esattezza ciò che avevo nella mente. La mia coscienza era profondamente convinta. Riflettere sulle accuse e sulla rimozione che avevo affrontato: tutte queste cose erano ambienti predisposti da Dio. Lo scopo era quello di farmi acquisire consapevolezza, di farmi tornare a Dio nel pentimento. Si trattava dell’amore e della salvezza di Dio. Ma io continuavo a respingerli. Nemmeno una volta li ho accettati da Dio, né ho imparato le lezioni che Egli cercava di impartirmi. Ho mancato le occasioni che Dio mi ha dato ripetutamente. Ormai non restavano più altre opportunità. Ero piena di rimorso e mi sentivo in debito, piangendo in maniera incontrollata. In seguito, mi sono resa conto che ero soltanto un essere creato e che il mio respiro mi era dato da Dio. Anche se Egli non mi voleva più, io avrei comunque ripagato il Suo amore finché fossi rimasta in vita. Non potevo smettere di credere in Lui solo perché ero stata espulsa. Finché non avessi esalato l’ultimo respiro, dovevo continuare a seguire Dio, a riflettere su me stessa e a conoscermi. Quando mi sono resa conto di queste cose, ho iniziato a meditare sul perché avessi finito per essere espulsa, dopo tanti anni passati a credere in Dio.

Poi ho letto un brano delle parole di Dio: “Se credi in Dio da molti anni ma non ti sei mai sottomesso a Lui e non accetti la totalità delle Sue parole, e Gli chiedi invece di sottometterSi a te e agire secondo le tue nozioni, sei tra tutti il più ribelle e un miscredente. Come possono sottomettersi all’opera e alle parole di Dio le persone che non sono conformi alle nozioni di uomo? I più ribelli in assoluto sono coloro i quali intenzionalmente sfidano e si oppongono a Dio. Sono i nemici di Dio, gli anticristi. Il loro è sempre un atteggiamento di ostilità verso la nuova opera di Dio; non hanno mai avuto la minima intenzione di sottomettersi e non hanno mai obbedito volentieri né umiliato sé stessi. Esaltano sé stessi di fronte agli altri senza mai dare segno di remissività. Davanti a Dio si considerano i migliori nel predicare la Parola e i più competenti nell’operare sugli altri. Non rinunciano mai ai ‘tesori’ in loro possesso, trattandoli invece come cimeli di famiglia da adorare, su cui concionare, e li usano per fare predicozzi a quegli sciocchi che li idolatrano. In effetti c’è un certo numero di queste persone nella chiesa. Li si potrebbe definire gli ‘indomiti eroi’ che, generazione dopo generazione, soggiornano nella casa di Dio. Ritengono che predicare la parola (la dottrina) sia il loro dovere più alto. Un anno dopo l’altro e una generazione dopo l’altra, si adoperano con vigore per imporre il loro ‘sacro e inviolabile’ dovere. Nessuno osa toccarli; non uno osa rimproverarli apertamente. Diventano i ‘re’ nella casa di Dio e tiranneggiano gli altri attraverso i secoli con prepotenza. Questo branco di demoni cerca di unire le forze e demolire la Mia opera; come posso permettere a quei diavoli viventi di esistere davanti ai Miei occhi?(La Parola, Vol. 1: La manifestazione e l’opera di Dio, “Coloro che si sottomettono a Dio con cuore sincero saranno certamente guadagnati da Lui”). Il giudizio nelle parole di Dio ha risvegliato il mio cuore intorpidito, soprattutto le parole “miscredente”, “anticristo” e “demone”, che mi hanno perforato il cuore e mi hanno fatta sentire particolarmente in crisi. Ho continuato a riflettere e a chiedermi: “Dopo anni passati a credere in Dio, sacrificando la mia famiglia e la mia carriera, patendo sofferenze e svolgendo il mio dovere in modo diligente, come ho fatto a venire etichettata come miscredente, anticristo e perfino demone?” Guardando il passato, ho pensato che ero stata leader per tanti anni e avevo portato a termine più lavoro rispetto a diversi collaboratori, risolvendo più problemi e godendo di grande stima da parte dei leader di livello superiore. Consideravo queste cose come le mie credenziali, nella convinzione di avere una levatura migliore degli altri, di possedere abilità nel lavoro e di avere un talento. Questo mi aveva portata a diventare arrogante. Soprattutto quando venivo mandata a sostenere chiese più deboli e in poco tempo vedevo miglioramenti grazie alla collaborazione concreta, mi prendevo il merito di questo successo e mi sentivo capace di eccellere in tutto, considerandomi superiore agli altri. Ero diventata sprezzante di tutti. Quando il predicatore veniva a chiedermi del lavoro, io mi consideravo come un pezzo grosso nella chiesa, l’unica che avesse la massima autorità per parlare. Quando ho visto che la sorella mia collaboratrice aveva parlato per prima, ho pensato che mi stesse rubando la scena. Nei doveri di cui ero incaricata, ho ignorato i punti di forza dei miei collaboratori e spesso ho fatto loro la ramanzina e li ho criticati con arroganza sulla base della mia anzianità. Di fronte alla sorella mia collaboratrice, mi sono comportata come un capo, rimproverandola in ogni momento se faceva qualcosa che non mi piaceva, facendo sì che si sentisse vincolata da me e che agisse con titubanza nei suoi doveri, tenendo d’occhio di continuo il mio stato emotivo. Nel lavoro della chiesa, prendevo tutte le decisioni da sola, estromettendo completamente i miei collaboratori. Quando la capogruppo ha espresso dei dubbi sulla mia scelta, io ho sentito che non rispettava la mia leadership, quindi non l’ho sopportato e l’ho isolata senza consultare nessuno, ponendo fine ai suoi doveri per stabilire il mio prestigio personale. Ripensando a tutte queste mie azioni, stavo davvero svolgendo il mio dovere? Spadroneggiavo e agivo in maniera arbitraria all’interno della chiesa, facendo sì che i fratelli e le sorelle mi dessero ascolto e agissero secondo la mia volontà. Non stavo semplicemente monopolizzando il potere e prendendo tutte le decisioni nella chiesa? A causa della mia intransigenza e della mia insensibilità, avevo commesso parecchie malefatte senza nemmeno rendermene conto. Quando Dio Si è avvalso dei fratelli e delle sorelle per denunciarmi e io sono stata destituita dalla mia posizione, non ho considerato tutto questo come l’amore e la giustizia di Dio che scendevano su di me. Non sono riuscita a riflettere su me stessa e a conoscermi. Piuttosto, ho continuato ad avere un atteggiamento di sfida e a essere insoddisfatta, usando come capitale i miei sacrifici passati e il fatto di essermi spesa, nella convinzione di essere una funzionaria meritevole che non avrebbe dovuto essere destituita. Ho pensato perfino che i miei collaboratori mi avessero esposta perché non andavano d’accordo con me. Durante le riunioni dei collaboratori, io mi comportavo come una megera, provocando il caos e agendo in modo problematico, disturbando gravemente la vita della chiesa. In più, avevo dato un falso quadro della mia conoscenza di me stessa, fuorviando i fratelli e le sorelle fino a indurli a schierarsi dalla mia parte e a prendere le mie difese. Ho monopolizzato il potere all’interno della chiesa, facendo in modo che le persone mi dessero ascolto, e ho perfino attaccato ed escluso chi si opponeva a me. Mi sono rifiutata di sottomettermi alla destituzione, protestando, opponendomi e diffondendo nozioni che hanno fuorviato i fratelli e le sorelle. Guardando le mie azioni, erano proprio come Dio le aveva esposte: “Non uno osa rimproverarli apertamente. Diventano i ‘re’ nella casa di Dio(La Parola, Vol. 1: La manifestazione e l’opera di Dio, “Coloro che si sottomettono a Dio con cuore sincero saranno certamente guadagnati da Lui”). Nessuno osava provocarmi o offendermi; nessuno sapeva decidersi a espormi o accusarmi. La mia natura arrogante era aumentata fino a raggiungere un livello isterico. Rivelavo non solo un’ordinaria indole corrotta, ma l’eruzione di una natura satanica. Perciò, classificarmi come un anticristo non era un’esagerazione. Il modo in cui la casa di Dio mi ha gestita è stato la giustizia di Dio, e io l’ho accettato volentieri. Ho opposto così tanta resistenza contro Dio. Nemmeno la morte potrebbe compensare le mie malefatte, merito di essere maledetta! Ho pregato Dio ripetutamente: “Oh Dio! Ho commesso così tanto male. Se la mia espulsione e la Tua indole giusta non mi avessero rivelata, non so quanto altro male avrei ancora commesso. Dio, voglio confessarmi e pentirmi davanti a Te. Anche se Tu mi lasciassi morire adesso, io voglio sottomettermi diligentemente”.

In seguito, ho letto queste parole di Dio: “Se, nel tuo cuore, comprendi veramente la verità, allora saprai come metterla in pratica e sottometterti a Dio, e intraprenderai naturalmente il cammino del perseguimento della verità. Se il cammino che percorri è quello giusto e in linea con le intenzioni di Dio, allora l’opera dello Spirito Santo non ti abbandonerà, e così ci saranno sempre meno possibilità che tu tradisca Dio. Senza la verità, è facile commettere il male, e lo commetterai tuo malgrado. Per esempio, se possiedi un’indole arrogante e presuntuosa, allora sentirti dire di non opporti a Dio non fa alcuna differenza, non puoi evitarlo, è al di là del tuo controllo. Non lo faresti intenzionalmente, ma saresti guidato dalla tua natura arrogante e presuntuosa. La tua arroganza e la tua presunzione ti porterebbero a disprezzare Dio e a considerarLo privo di qualsiasi importanza; ti indurrebbero a esaltare te stesso, a metterti costantemente in mostra; ti porterebbero a disprezzare gli altri, non lascerebbero spazio per nessuno nel tuo cuore se non per te stesso; ti priverebbero del posto per Dio nel tuo cuore, e alla fine ti farebbero sedere al Suo posto e pretendere che la gente si sottometta a te e venerare come verità i tuoi pensieri, le tue idee e le tue nozioni. Quanto male commettono le persone sotto il dominio della loro natura arrogante e presuntuosa! Per risolvere il problema di compiere il male, le persone devono prima risolvere il problema della loro natura. Senza un cambiamento di indole, non sarebbe possibile apportare una soluzione fondamentale a questo problema(La Parola, Vol. 3: I discorsi di Cristo degli ultimi giorni, “Solo perseguendo la verità si può conseguire un cambiamento di indole”). Dalle parole di Dio, ho capito che la mia abilità nel monopolizzare la chiesa, prendere il comando, rimproverare e vincolare i miei collaboratori escludendo chi era diverso da me, derivava dal mio essere governata da una natura presuntuosa e arrogante. Era questa natura presuntuosa e arrogante a farmi avere una così alta stima di me stessa, facendomi credere che tutto ciò che facevo fosse giusto e che i fratelli e le sorelle dovessero obbedirmi. Chiunque non fosse d’accordo con me veniva escluso e punito. Veleni di Satana come “Nell’intero universo, solo io regno sovrano” e “Lascia che coloro che si conformano a me prosperino e quelli che resistono a me periscano” mi rendevano sempre più presuntuosa e arrogante, facevo tutto quello che volevo nella chiesa, diventando una snob senza regole e fuori controllo, perdendo qualsiasi coscienza e ragione, senza alcuna umanità. Se non fossi cambiata, sarei stata infine eliminata e punita da Dio per il fatto di esserGli ostile. Ho pensato a come Dio mi avesse sollevata e mi avesse dato occasioni di praticare la leadership. La sua intenzione era che io perseguissi la verità attraverso queste occasioni e anche che condividessi sulla verità per sostenere e aiutare i fratelli e le sorelle. Invece io mi sono comportata da regina, monopolizzando il potere nella chiesa, rimproverando e sgridando qualsiai fratello o sorella che rivelasse corruzione, trattandoli come schiavi da punire e a cui fare la ramanzina. Ogni volta che qualcuno di loro metteva in discussione le mie decisioni, io li reprimevo e li punivo. Ero così feroce! Non importa quanto dolore causassi ai miei fratelli e alle mie sorelle, né quanto disturbo recassi alla vita della chiesa, io rimanevo insensibile e indifferente. Anche dopo che la chiesa mi aveva destituita a causa delle mie azioni, ancora non mi ero pentita, pensando di avere talento e di essere indispensabile alla casa di Dio, ho continuato a disturbare, intralciare e diffondere insoddisfazione all’interno della chiesa, portando i fratelli e le sorelle a schierarsi con me per prendere le mie difese. La natura di queste azioni era di sfida nei confronti del modo in cui la chiesa mi trattava. Queste erano opposizione a Dio e ostilità verso di Lui. Essere espulsa dalla chiesa ha rivelato appieno la giustizia di Dio ed è stata tutta colpa mia. Ricordando ogni scena del passato, mi sono sentita profondamente condannata. Ho odiato me stessa talmente tanto da schiaffeggiarmi diverse volte, ma le mie trasgressioni erano irreparabili. Pensando ai fratelli e alle sorelle a cui avevo fatto del male, mi sono recata innanzitutto a casa di una sorella con cui ero riuscita a mettermi in contatto. Ho pianto e le ho detto: “Ora capisco che non avevo sembianza umana. Quando lavoravamo insieme, trovavo ogni ragione per guardarti dall’alto in basso e dicevo cose che ti ferivano per rimproverarti e vincolarti. Adesso mi rendo conto che non ero nemmeno umana; ero troppo arrogante. Ti chiedo scusa!” La sorella ha condiviso con me e mi ha confortata, sollecitandomi a imparare la lezione da una simile circostanza. Quando finalmente mi sono sottomessa a questa espulsione, mi sono sentita molto più a mio agio. La sensazione di paura e impotenza che mi sopraffaceva ha iniziato ad attenuarsi. Riflettere su tutto ciò che avevo fatto era come avere il cuore perforato da spine, guardare il passato era intollerabile. Anche se non avevo avuto un buon esito alla fine, volevo sottomettermi e pentirmi! Per rimediare al mio debito, ho sostenuto al meglio delle mie capacità i fratelli e le sorelle che erano deboli e negativi. Ho anche ospitato fratelli e sorelle a casa mia per le riunioni. Mi sono immersa nelle parole di Dio, ho scritto articoli di testimonianza esperienziale e ho iniziato inconsapevolmente a sentire di nuovo la presenza di Dio. Ho avuto esperienza della guida e della leadership delle parole di Dio e il mio cuore si è sentito molto più realizzato.

Due anni dopo, è arrivato il giorno in cui ho sentito dire a una sorella che la chiesa voleva riaccettarmi. Dentro di me ero felice, ma ancora non riuscivo quasi a crederci. Mi sono detta: “Se dovessi mai tornare nella chiesa, non mi metterò a compiere malefatte come in passato”. Inaspettatamente, due giorni più tardi, la leader mi ha incontrata e mi ha detto: “Abbiamo saputo del tuo atteggiamento di pentimento dopo che sei stata espulsa, incluso l’aver ospitato e sostenuto i fratelli e le sorelle, e l’aver esposto le tue stesse malefatte. Secondo una valutazione che si basa sui principi, la chiesa ha deciso di ripristinare la tua vita nella chiesa. Vuoi ritornare?” Ero così emozionata che non facevo che ripetere: “Voglio, voglio, voglio”. Mentre camminavo per tornare a casa, il mio cuore era pieno di gioia e desideravo gridare forte: “Dio! Dio! Sono di nuovo nella Tua casa”. In quel momento, tutto era meraviglioso e l’amarezza del passato era svanita. Quando sono arrivata a casa, ero talmente emozionata che non sapevo cosa dire a Dio. Ho soltanto pregato con le lacrime agli occhi: “Dio, posso condurre un’altra volta una vita di chiesa insieme ai miei fratelli e alle mie sorelle. Ti ringrazio, Dio! Dio! Ti ringrazio!” Dopodiché, ho svolto di nuovo i miei doveri. Apprezzavo questa opportunità di svolgere i miei doveri e non volevo opporre resistenza a Dio compiendo malefatte come in passato. Avevo avuto una profonda esperienza del fatto che l’indole giusta di Dio è vivida e reale. Se Dio è arrabbiato o misericordioso e tollerante con le persone, questa è la manifestazione della Sua indole giusta. Io ho visto come le azioni di Dio nei confronti degli individui siano tutte fatte per amore e per la salvezza.

Nel novembre del 2020, durante le elezioni della chiesa, sono stata scelta come diacono del Vangelo. Ripensando a come le mie malefatte avessero in passato intralciato e disturbato il lavoro della chiesa, mi sono resa conto che stavolta la casa di Dio mi aveva dato un’occasione per pentirmi, e io dovevo fare bene. Non potevo più affidarmi alla mia indole arrogante per svolgere i miei doveri. Un giorno, ho letto un brano delle parole di Dio: “In qualità di leader o di lavoratore, se ti ritieni sempre al di sopra degli altri e ti diletti nel tuo dovere come se fosse un incarico governativo, crogiolandoti sempre nei vantaggi del tuo prestigio, facendo costantemente i tuoi piani personali, sempre avendo considerazione e godendo della tua fama, del tuo guadagno e del tuo prestigio, conducendo sempre una tua operazione personale e cercando di ottenere un prestigio più elevato, di gestire e controllare un maggior numero di persone e di estendere la portata del tuo potere, questo è un problema. È molto pericoloso trattare un dovere importante come un’occasione per godere della tua posizione, come se fossi un funzionario governativo. Se ti comporti sempre in questo modo, se non vuoi collaborare con gli altri, se non vuoi disperdere il tuo potere né condividerlo con nessuno, se non vuoi che qualcun altro ti metta in ombra, che ti rubi le luci della ribalta, se vuoi goderti il potere da solo, allora sei un anticristo. Se invece cerchi spesso la verità, se pratichi ribellandoti alla tua carne, alle tue motivazioni e alle tue idee, e se sei in grado di prenderti la responsabilità di collaborare con gli altri, se apri il tuo cuore per consultare gli altri e ricercare con loro, se ascolti attentamente le loro idee e i loro suggerimenti e accetti i consigli che sono corretti e in linea con la verità, indipendentemente da chi provengano, allora stai praticando in modo saggio e corretto e sei capace di evitare di intraprendere la strada sbagliata, e questa è per te una protezione. Rinuncia ai titoli di leadership, rinuncia all’aria viziata del prestigio, tratta te stesso come una persona comune, mettiti allo stesso livello degli altri e abbi un atteggiamento responsabile verso il tuo dovere. Se consideri sempre il tuo dovere come un titolo ufficiale e un prestigio, o come una sorta di corona d’alloro, e immagini che gli altri siano lì per lavorare per te e servire il tuo ruolo, la faccenda è grave, e Dio ti detesterà e sarà disgustato da te. Se invece ritieni di essere uguale agli altri e di aver solo ricevuto un po’ più di incarichi e di responsabilità da Dio, se impari a porti su un piano di parità con loro e riesci persino a chinarti per chiedere cosa pensano, e sai ascoltare con serietà, attenzione e sollecitudine quel che hanno da dire, allora collaborerai in armonia con gli altri(La Parola, Vol. 4: Smascherare gli anticristi, “Tema 8: Vogliono che gli altri si sottomettano solo a loro, non alla verità o a Dio (Parte prima)”). Le parole di Dio mi hanno mostrato il cammino da praticare. Il requisito di Dio nei nostri confronti è quello di non darsi delle arie come leader e di collaborare in armonia con gli altri, senza insistere nel fare a modo nostro, ascoltando di più il consiglio degli altri e imparando dai loro punti di forza. Solo facendo così possiamo svolgere adeguatamente i nostri doveri. In passato, solitamente pensavo di svolgere i miei doveri di leader da molti anni e di avere esperienza lavorativa, pensavo che questo fosse una specie di capitale. Credevo sempre di essere più brava degli altri, non sapevo vedere i punti di forza dei miei fratelli e delle mie sorelle e non facevo altro che ferirli. Il mio unico contributo al lavoro della chiesa era disturbare. Adesso mi rendevo conto che la sorella mia collaboratrice era stabile e portava il fardello nello svolgimento del suo dovere. Se notava qualcuno che agiva contro i principi, gli offriva guida e aiuto. Tuttavia, non apprezzavo i suoi punti di forza e spesso la guardavo dall’alto in basso. La maggior parte del tempo, non davo ascolto al suo consiglio e addirittura la vincolavo. Riflettendo su questo, ho provato vergogna e rimorso nei confronti della sorella. Tutti avevano i loro punti di forza. Dio ci aveva messe in coppia affinché potessimo aiutarci a vicenda, imparare l’una dall’altra e controllarci a vicenda per evitare di smarrire la strada. Questo genere di pratica era di beneficio per il lavoro della chiesa. Ora avevo bisogno di fare un cambiamento. Nello svolgimento dei miei doveri, dovevo ricercare la verità, ascoltare di più il consiglio degli altri e non fare affidamento sulla mia sola esperienza e sulle mie qualifiche. Dovevo seguire il cammino mostratomi dalle parole di Dio.

Durante una riunione, stavamo discutendo delle difficoltà e dei problemi riguardanti un potenziale destinatario del Vangelo. Io avevo un punto di vista diverso da quello di un’altra sorella e, quando ho condiviso il mio punto di vista, lei ha detto di non essere d’accordo con me. Mi sono sentita un po’ in imbarazzo e ho pensato: “Io di recente ho ottenuto dei risultati diffondendo il Vangelo secondo il mio approccio personale. Tu, che sei più giovane e hai meno esperienza nel lavoro del Vangelo, come potresti capire in che modo affrontare questi problemi?” In cuor mio ho iniziato a insistere con arroganza sulle mie opinioni. In quel momento, mi sono ricordata di queste parole di Dio: “Se invece ritieni di essere uguale agli altri e di aver solo ricevuto un po’ più di incarichi e di responsabilità da Dio, se impari a porti su un piano di parità con loro e riesci persino a chinarti per chiedere cosa pensano, e sai ascoltare con serietà, attenzione e sollecitudine quel che hanno da dire, allora collaborerai in armonia con gli altri(La Parola, Vol. 4: Smascherare gli anticristi, “Tema 8: Vogliono che gli altri si sottomettano solo a loro, non alla verità o a Dio (Parte prima)”). È stato allora che ho preso coscienza che il rifiuto del mio punto di vista da parte della sorella avrebbe potuto aiutarmi ad abbandonare il mio atteggiamento di superiorità, insegnandomi a collaborare in armonia con gli altri e ad ascoltare il loro consiglio. Dietro attenta considerazione, ho trovato che il suggerimento della sorella era appropriato e meritevole. In quel momento, mi sono resa conto che in passato ero stata troppo presuntuosa, credendomi superiore e non dando ascolto ai consigli altrui. Ero troppo arrogante. Ho visto inoltre come lo Spirito Santo operi in maniera diversa in ogni persona. A prescindere da chi offra il proprio suggerimento, dobbiamo cercare di ascoltare e ricercare di più, imparando dai punti di forza e dalle manchevolezze l’uno dell’altro, allo scopo di lavorare bene. Ora che il suggerimento della sorella era adatto, lo avrei dovuto accettare. Ho detto: “Procediamo con il tuo piano”. Quando ho messo da parte le mie opinioni personali e ho dato ascolto al consiglio della sorella per amore del lavoro della chiesa, mi sono sentita molto fiduciosa. In seguito, nell’affrontare problemi durante lo svolgimento dei doveri, tutti hanno espresso i loro punti di vista davanti agli altri. Ho adottato qualsiasi suggerimento appropriato proveniente dai miei fratelli e dalle mie sorelle che avrebbe potuto risolvere la questione. A volte, quando i fratelli e le sorelle facevano notare i miei problemi, sebbene mi sentissi a disagio riuscivo ad accettarlo e a rifletterci su. Dopo aver praticato così per un po’, ho fatto dei progressi e sono riuscita a interagire normalmente con i fratelli e le sorelle.

Anche se mi sentivo molto addolorata dopo l’espulsione, essa mi è stata di aiuto per conoscere meglio la mia natura arrogante profondamente radicata. Senza fare esperienza di queste circostanze, sarebbe stato difficile che una persona come me, così arrogante, cambiasse. In fin dei conti, senza cambiamento sarei stata rivelata ed eliminata. La destituzione e l’espulsione sono il grande amore e la salvezza di Dio nei miei confronti. Dal profondo del cuore, rendo sinceramente lode a Dio!

Pagina successiva: 11. Cercate e troverete

Sei fortunatoad accederea questo sito Web,avrai l’opportunitàdi accogliere il Signoree trovare la viaper sbarazzarti della sofferenza. Vuoi guadagnare questa benedizione di Dio?

Contenuti correlati

Impostazioni

  • Testo
  • Temi

Colori omogenei

Temi

Carattere

Dimensioni carattere

Interlinea

Interlinea

Larghezza pagina

Indice

Cerca

  • Cerca in questo testo
  • Cerca in questo libro