27. Il motivo per cui non accettavo la supervisione
Da più di un anno mi occupavo di irrigare i nuovi arrivati nella chiesa. Nello svolgimento del mio dovere, ho cominciato gradualmente a padroneggiare alcuni principi, e anche il mio modo di irrigare i nuovi arrivati è migliorato. Sentivo di avere una certa esperienza nell’assolvere quel dovere e che, anche senza aiuto, riuscivo a irrigare bene i neofiti. Quando questi ultimi avevano problemi e difficoltà, ero in grado di aiutarli a risolverli cercando la verità, quindi pensavo di saper già fare bene il mio dovere. Sentivo che non mi serviva la guida di nessuno, che non c’era bisogno che altri supervisionassero e seguissero il mio lavoro. Pertanto, non accettavo la supervisione e i consigli dei miei fratelli e sorelle e non davo molti feedback sulla situazione specifica dei nuovi arrivati che irrigavo. Mi limitavo a svolgere il mio lavoro a modo mio.
Un giorno il supervisore, Pheolie, mi ha chiesto informazioni su alcuni nuovi arrivati e mi ha anche fatto qualche domanda dettagliata. Per esempio, voleva sapere come facevo a informare i nuovi arrivati delle riunioni; perché questa sorella o quel fratello non partecipava alle riunioni; se parlavo spesso con i nuovi arrivati per capire i loro stati o le loro difficoltà. Davanti a queste domande, ho opposto molta resistenza. Mi chiedevo: “Pensa che stia facendo il mio dovere in modo irresponsabile? Non si fida di me?” Avevo un atteggiamento davvero provocatorio e volevo ignorarla. Mi ha chiesto se i nuovi arrivati erano interessati a venire alle riunioni e ho risposto in modo superficiale “sì”, senza fornire il benché minimo dettaglio. Mi ha domandato come facevo ad avvisare i nuovi arrivati delle riunioni e le ho risposto che mandavo loro degli SMS, ma non ho spiegato nel dettaglio come li informavo, quali difficoltà incontravano e così via. Poi, ha voluto sapere su quali aspetti della verità condividevo con i nuovi arrivati, e le ho risposto con impazienza che sapevo come parlare con i nuovi arrivati, ma senza fornire alcun dettaglio su ciò che dicevo, su come reagivano o su quali problemi avevano. Lei non era soddisfatta della mia risposta e voleva sapere meglio se stessi sostenendo e aiutando i nuovi arrivati. Ho pensato che mi stesse sottovalutando, come se non sapessi fare il mio dovere, e questo mi ha messo molto a disagio. Una volta, si è resa conto che non consideravo i sentimenti dei nuovi arrivati quando parlavo, così mi ha detto: “Devi pensare dal punto di vista dei nuovi arrivati. Se fossi un nuovo arrivato, saresti contento di queste parole? Avresti voglia di rispondere?” Le sue parole mi hanno irritato. Ho detto di aver capito, ma in realtà non l’ho accettato. Non pensavo che ci fosse un problema nel modo in cui mi rivolgevo ai nuovi arrivati. Pensavo di sapere come condividere con loro, così ho deciso che avrei comunque fatto a modo mio. Un’altra volta, mi ha chiesto come condividevo di solito con i nuovi arrivati, e io ho risposto che inviavo dei messaggi. Mi ha suggerito di chiamare i nuovi arrivati, se disponibili, dicendomi che le telefonate erano più dirette e rendevano più facile capire i loro problemi e aiutarli. Ma io non lo accettavo e pensavo che il mio metodo fosse migliore. Non volevo più ascoltarla né parlarle; quindi, mi limitavo a rispondere alle sue domande in modo sintetico oppure, nella maggior parte dei casi, rimanevo in silenzio. Mi sono accorto che, se qualcuno voleva discutere con me del mio modo di irrigare i nuovi arrivati, diventavo molto passivo e turbato, poiché avevo l’impressione che ridessero di me, mi sminuissero e pensassero che fossi una persona che non sapeva fare il proprio dovere o non degna di fiducia. Pensavo di fare bene il mio dovere, di sapere come irrigare i nuovi arrivati, di avere i miei metodi, e di essere più dotato del supervisore; quindi, non riuscivo ad accettare i suoi consigli. Anche se verbalmente ero d’accordo, raramente mettevo in pratica seguendo i suoi consigli e continuavo a irrigare e a parlare con i nuovi arrivati a modo io.
Durante una riunione, ho letto le parole di Dio e finalmente ho acquisito una certa comprensione di me stesso. Dio dice: “Alcune persone, quando agiscono, violano spesso i principi. Non accettano di essere potate, sanno in cuor loro che le cose che dicono gli altri sono in linea con la verità, però non le accettano. Sono davvero molto arroganti e presuntuose! Perché dire che sono arroganti? Se non accettano di essere potate, allora non sono obbedienti, e la disobbedienza non è forse arroganza? Credono di far bene, non pensano di commettere errori, il che significa che non conoscono sé stesse, e questa è arroganza” (La Parola, Vol. 3: I discorsi di Cristo degli ultimi giorni, “Una natura arrogante è alla radice dell’opposizione dell’uomo a Dio”). “Che nessuno si consideri perfetto, insigne, nobile o diverso dagli altri; tutto ciò è provocato dall’indole arrogante e dall’ignoranza dell’uomo. Credersi sempre speciali: ciò è causato da un’indole arrogante. Non essere mai in grado di accettare i propri difetti e di affrontare i propri errori e fallimenti: ciò è causato da un’indole arrogante. Impedire sempre agli altri di essere superiori o migliori di noi: ciò è causato da un’indole arrogante. Impedire sempre ai punti di forza altrui di essere superiori o migliori dei propri: ciò è causato da un’indole arrogante. Impedire sempre agli altri di avere pensieri, suggerimenti e idee migliori e, quando si scopre che gli altri sono migliori di noi, diventare negativi, evitare di parlare, sentirsi angosciati e abbattuti, e arrabbiarsi: tutto ciò è causato da un’indole arrogante. Quest’ultima può spingerti a proteggere la tua reputazione, rendendoti incapace di accettare le correzioni degli altri, di affrontare i tuoi difetti e di rassegnarti ai tuoi fallimenti ed errori. Per di più, quando qualcuno è migliore di te, ciò può suscitare odio e invidia nel tuo cuore, ed è possibile che tu ti senta frenato, al punto di non aver voglia di svolgere il tuo dovere e di diventare superficiale nel suo svolgimento. Un’indole arrogante può causare in te la comparsa di questi comportamenti e pratiche. Se riuscite, a poco a poco, a scavare più a fondo in tutti questi dettagli, a compiere una svolta decisiva e a ottenerne la comprensione; e se poi siete in grado di ribellarvi gradualmente a questi pensieri, di ribellarvi a queste nozioni e idee errate e persino a questi comportamenti, e non vi lasciate frenare da loro; e se, durante lo svolgimento del vostro dovere, riuscite a trovare il posto giusto per voi, ad agire secondo i principi e a portare a termine il dovere che potete e dovreste compiere, allora, nel tempo, sarete capaci di svolgere meglio i vostri doveri. Questo costituisce l’ingresso nella verità realtà. Se riesci a entrare nella verità realtà, sembrerà che tu abbia una sembianza umana e le persone diranno: ‘Costui si comporta secondo il suo ruolo e sta svolgendo il suo dovere con i piedi per terra. Non fa affidamento sulla spontaneità, sull’irruenza o sulla propria indole satanica corrotta per svolgere il suo dovere. Agisce con moderazione, ha un cuore che teme Dio, ama la verità, e il suo comportamento e le sue espressioni rivelano che si è ribellato alla propria carne e alle proprie preferenze’. Quanto è meraviglioso comportarsi in questo modo! Nelle occasioni in cui gli altri accennano ai tuoi difetti, non solo sei in grado di accettarli, ma sei ottimista, affrontando le tue pecche e mancanze con compostezza. Il tuo stato d’animo è assolutamente normale, privo di estremi e di irruenza. Non è questo che significa avere una sembianza umana? Solo le persone di questo tipo possiedono ragionevolezza” (La Parola, Vol. 3: I discorsi di Cristo degli ultimi giorni, “I principi che devono guidare il proprio comportamento”). In passato, pensavo di non essere arrogante, ma grazie allo smascheramento delle parole di Dio ho capito che ero molto arrogante. Il supervisore mi indicava alcuni buoni modi per irrigare i nuovi arrivati, ma io non lo accettavo affatto. Quando mi chiedeva come li irrigassi, semplicemente rimanevo in silenzio o rispondevo sinteticamente, perché non volevo perdere la faccia o mostrare agli altri la mia inadeguatezza nell’irrigare i neofiti. Volevo far vedere agli altri che per me andava tutto bene, che non c’era nulla di sbagliato nel mio dovere, e che ero in grado di svolgerlo senza la supervisione o l’aiuto altrui. Ero davvero troppo arrogante. Sentivo anche di avere più talento della sorella che supervisionava il mio lavoro, di sapere come irrigare i nuovi arrivati, di avere i miei metodi e che funzionavano bene, quindi non volevo accettare i suoi suggerimenti. Credevo addirittura che, se avessi accettato i suoi consigli, avrebbe significato che le mie capacità erano inferiori alle sue. Sarebbe stato imbarazzante. Cosa avrebbero pensato gli altri di me? Così, esteriormente accettavo i suoi suggerimenti, ma raramente li mettevo in pratica. La mia indole arrogante mi faceva rimanere aggrappato alle mie opinioni e mi impediva di accettare la verità. Questa era ribellione nei confronti di Dio. In seguito, mi sono acquietato e ho riflettuto sui consigli di quella sorella. Pensavo che avesse ragione e che valesse la pena di provare. Perciò, ho telefonato ai neofiti. Comunicando con loro al telefono ho trovato più facile capire i loro problemi e aiutarli prontamente. Quando ho messo in pratica i suoi consigli, il mio lavoro è diventato più efficace e mi sono vergognato molto. In quel caso ho visto che, sebbene possedessi dei doni, avevo ancora molte manchevolezze. Senza l’aiuto e la guida di quella sorella, i risultati del mio lavoro non sarebbero migliorati. Mi sono anche reso conto che non ero migliore degli altri e che non potevo fare bene il mio dovere da solo.
Un giorno, il supervisore mi ha chiesto perché il nuovo arrivato non fosse venuto alle riunioni per diversi giorni. Dopo averglielo spiegato, mi ha fatto altre domande, voleva sapere più dettagliatamente come svolgevo il mio dovere. Mi sono sentito strano e ho opposto molta resistenza. Non volevo rispondere a nessuna delle sue domande, perché non volevo accettare la sua supervisione e le sue richieste di informazioni. Ho capito che stavo di nuovo rivelando la mia indole corrotta, così ho pregato Dio nel mio cuore affinché mi illuminasse e guidasse perché potessi imparare a obbedire a simili ambienti, riconoscessi la mia corruzione e accettassi la supervisione e la guida degli altri. Poi, ho letto alcune parole di Dio: “Gli anticristi proibiscono agli altri di intervenire, chiedere informazioni o supervisionare in ogni lavoro che fanno, e questa proibizione si manifesta in diversi modi. Uno è il rifiuto, puro e semplice. ‘Smetti di interferire, di chiedere informazioni e di supervisionarmi quando lavoro. Qualsiasi lavoro io svolga è una mia responsabilità, ho un’idea di come farlo e non ho bisogno di nessuno che mi gestisca!’ Questo è un netto rifiuto. Un’altra manifestazione è fingersi ricettivi, dicendo: ‘Ok, condividiamo e vediamo come va svolto il lavoro’; ma, quando gli altri iniziano davvero a chiedere informazioni e a cercare di saperne di più sul loro lavoro o fanno notare qualche problema e danno qualche suggerimento, qual è l’atteggiamento degli anticristi? (Non sono ricettivi.) Esatto: semplicemente si rifiutano di accettare, trovano pretesti e scuse per rifiutare i suggerimenti degli altri, trasformano lo sbagliato in giusto e il giusto in sbagliato, ma in realtà, in cuor loro, sanno che stanno forzando la logica, che pronunciano parole altisonanti, che ciò che stanno dicendo è solo teoria, che le loro parole non hanno nulla della realtà di ciò che dicono gli altri. Eppure, per proteggere il loro prestigio, e sapendo bene di avere torto e che gli altri hanno ragione, continuano a trasformare l’altrui ragione in torto e il proprio torto in ragione e continuano in questo modo, senza permettere che, dove loro agiscono, le cose corrette e in linea con la verità vengano introdotte o attuate. […] Qual è il loro scopo? Non accettare che gli altri intervengano, chiedano informazioni o supervisionino, e far credere a fratelli e sorelle che il proprio comportamento sia giustificato, corretto, in linea con le disposizioni lavorative della casa di Dio e conforme ai principi di azione, e che, in quanto leader, si attengano ai principi. In realtà, solo poche persone nella chiesa capiscono la verità; la maggioranza è indubbiamente incapace di discernimento, non riesce a vedere questo anticristo per quello che è davvero, e ne viene naturalmente fuorviata” (La Parola, Vol. 4: Smascherare gli anticristi, “Tema 8: Vogliono che gli altri si sottomettano solo a loro, non alla verità o a Dio (Parte seconda)”). “Quando Satana agisce non permette l’intervento di nessun altro, vuole avere l’ultima parola su tutto ciò che fa e controllare ogni cosa, e nessuno può supervisionare né chiedere informazioni. Se qualcuno interferisce o interviene, questo è ancora meno ammissibile. È così che agisce un anticristo: qualunque cosa faccia, a nessuno è permesso chiedere informazioni e, qualunque sia il modo in cui l’anticristo opera dietro le quinte, a nessuno è permesso intervenire. Questo è il comportamento degli anticristi. Si comportano così perché da un lato hanno un’indole estremamente arrogante e dall’altro sono estremamente privi di ragionevolezza. Mancano completamente di sottomissione e non permettono a nessuno di supervisionarli o di ispezionare il loro lavoro. Queste sono davvero le azioni di un demone, e sono completamente diverse da quelle di una persona normale. Chiunque lavori ha bisogno della collaborazione degli altri, ha bisogno dell’assistenza, dei suggerimenti e della collaborazione degli altri e, anche se c’è qualcuno che supervisiona o osserva, questo non è un male, è necessario. Se in una parte del lavoro si verificano degli errori che vengono identificati dagli astanti e prontamente corretti, evitando così perdite nel lavoro, non è forse un grande aiuto? E così, quando le persone intelligenti fanno qualcosa, apprezzano il fatto di essere supervisionate, osservate e sottoposte a richieste di informazioni da parte di altre persone. Se per caso si verifica un errore e queste altre persone sono in grado di evidenziarlo e di correggerlo prontamente, questo non è forse un esito fortemente auspicato? Nessuno al mondo può fare a meno dell’aiuto degli altri. Solo le persone affette da autismo o da depressione amano stare da sole, e non essere in contatto e non comunicare con gli altri. Quando le persone soffrono di autismo o di depressione, non sono più normali. Non riescono più a controllarsi. Se alcune persone possiedono mente e ragionevolezza normali, ma semplicemente non vogliono comunicare con gli altri, e non vogliono che nessun altro sappia nulla di ciò che fanno, vogliono fare le cose in segreto, in privato, operare dietro le quinte, e non ascoltano nulla di ciò che dicono gli altri, allora queste persone sono anticristi, non è vero? Sono anticristi” (La Parola, Vol. 4: Smascherare gli anticristi, “Tema 8: Vogliono che gli altri si sottomettano solo a loro, non alla verità o a Dio (Parte seconda)”). Mi sono accorto che mi stavo comportando così come Dio aveva esposto. Era molto difficile per me accettare i consigli e la supervisione degli altri nel mio dovere. Anche quando avevo difficoltà, non le ho mai esposte e non le ho mai fatte sapere agli altri, perché, dal momento che quel compito era stato affidato a me, ritenevo di esserne io il responsabile, di avere l’ultima parola e di poterlo fare a modo mio. Sentivo di saper fare bene il mio dovere e di non aver bisogno di un supervisore, né di qualcuno che mi sorvegliasse o mi desse consigli. Consideravo i consigli degli altri come un’esposizione delle mie inadeguatezze o come una messa in discussione delle mie capacità, quindi non volevo ascoltarli. Poi ho capito che si trattava di arroganza e di stoltezza. Non era la ragionevolezza che l’umanità normale dovrebbe possedere. La mia natura arrogante mi portava a non obbedire a nessuno, a non accettare mai la supervisione e i consigli degli altri. Volevo sempre avere l’ultima parola e irrigare i nuovi arrivati secondo la mia volontà. In passato, comunicavo con i nuovi arrivati a modo mio, cioè inviando semplicemente dei messaggi e telefonando raramente ai nuovi arrivati. Quando alcuni di loro non mi rispondevano per qualche giorno, li mettevo da parte e continuavo a riunirmi con quelli che volevano comunicare con me; di conseguenza alcuni neofiti non hanno potuto essere irrigati in tempo e alcuni di loro hanno addirittura abbandonato il gruppo di incontro. Le mie azioni non erano forse uguali a quelle di un anticristo? Gli anticristi non amano essere supervisionati. Vogliono controllare tutto da soli, fare le cose a modo loro o secondo le loro opinioni, non obbediscono mai a nessuno, né accettano mai i consigli e non collaborano con gli altri per fare bene il loro lavoro. Ho visto che stavo percorrendo il cammino di un anticristo e solo in quel momento ho avuto paura. Ho anche imparato dalle parole di Dio che ognuno ha i propri difetti e le proprie manchevolezze, quindi abbiamo bisogno del consiglio e dell’aiuto degli altri. Dobbiamo collaborare con le persone per svolgere bene i nostri doveri. Il supervisore mi aiutava seguendo il mio lavoro e dandomi suggerimenti. Inoltre, è stato benefico per il lavoro, ma io non volevo accettarlo. Risultato? Ho danneggiato il lavoro della chiesa. È stata una cosa molto grave.
Poi, ho letto alcune parole di Dio: “Quando qualcuno ti supervisiona o ti osserva per un po’ di tempo, oppure arriva a capirti a un livello profondo, cercando di comunicare a cuore aperto con te e di scoprire quale sia stata la tua condizione durante questo periodo, e persino quando, certe volte, il suo atteggiamento è un tantino più duro e questa persona ti pota, ti disciplina e ti rimprovera un po’, questo è perché ha un atteggiamento coscienzioso e responsabile verso il lavoro della casa di Dio. Non dovresti avere pensieri o emozioni negativi verso questo fatto. Cosa significa saper accettare quando gli altri supervisionano, osservano e tentano di capirti? Che, in cuor tuo, accetti lo scrutinio di Dio. Se non accetti la supervisione, l’osservazione e i tentativi di capirti delle persone nei tuoi confronti, se opponi resistenza a tutto questo, sei forse in grado di accettare lo scrutinio di Dio? Quest’ultimo è più dettagliato, approfondito e accurato di quando le persone tentano di capirti; i Suoi requisiti sono più specifici, rigorosi e approfonditi. Se non sai accettare di essere supervisionato dal popolo eletto di Dio, le affermazioni secondo cui sai accettare l’esame minuzioso di Dio non sono forse parole vuote? Per essere in grado di accettare lo scrutinio e l’esame di Dio, devi prima accettare di essere supervisionato da parte della casa di Dio, dei leader e dei lavoratori, o dei fratelli e delle sorelle” (La Parola, Vol. 5: Responsabilità di leader e lavoratori, “Responsabilità di leader e lavoratori (7)”). “Se hai un cuore che teme Dio sarai naturalmente in grado di accogliere l’esame da parte di Dio, ma devi anche imparare ad accettare la supervisione da parte dei prescelti di Dio, e questo richiede da parte tua tolleranza e accettazione. Se vedi qualcuno che ti supervisiona, che ispeziona il tuo lavoro o che ti controlla a tua insaputa, e se diventi irruento, lo tratti come un nemico e lo disprezzi, arrivando addirittura ad attaccarlo e a trattarlo come un traditore, desiderando che scompaia, allora sei nei guai. Non è forse estremamente vile? Che differenza c’è tra chi fa questo e un re diavolo? Questo è forse trattare le persone in modo equo? Se percorri la retta via e agisci nel modo giusto, cos’hai da temere se qualcuno ti controlla? Se hai paura, vuol dire che c’è qualcosa nascosto nel tuo cuore. Se in cuor tuo sai di avere un problema, allora dovresti accettare il giudizio e il castigo di Dio. Questo è ragionevole. Se sai di avere un problema ma non permetti a nessuno di supervisionarti, di ispezionare il tuo lavoro o di indagare sul tuo problema, allora sei altamente irragionevole, ti stai ribellando e opponendo a Dio e, in questo caso, il tuo problema è ancora più grave. Se i prescelti di Dio scoprono che sei una persona malevola o un miscredente, le conseguenze saranno ancora più gravi. Pertanto, coloro che sono in grado di accettare la supervisione, l’esame e l’ispezione da parte degli altri sono i più ragionevoli di tutti, hanno tolleranza e una normale umanità. Quando scopri di star facendo qualcosa di sbagliato o rivelando un’indole corrotta, se sei in grado di aprirti e di comunicare con le persone, questo aiuterà chi ti circonda a tenerti d’occhio. È certamente necessario accettare la supervisione, ma la cosa principale è pregare Dio e affidarsi a Lui, sottoponendosi a un esame costante. Soprattutto quando hai intrapreso la strada sbagliata o hai fatto qualcosa di sbagliato, o quando stai per agire o decidere qualcosa da solo, e qualcuno intorno te lo fa notare e ti avverte, devi accettarlo e affrettarti a riflettere su te stesso, ad ammettere il tuo errore e a correggerlo. Questo può impedirti di intraprendere il cammino di un anticristo. Se c’è qualcuno che ti aiuta e ti mette in guardia in questo modo, non ti sta forse proteggendo senza che tu te ne renda conto? È così: questa è la tua protezione” (La Parola, Vol. 3: I discorsi di Cristo degli ultimi giorni, “Adempiere bene il proprio dovere richiede un’armoniosa cooperazione”). Le parole di Dio ci dicono chiaramente l’importanza e i benefici dell’accettare l’altrui supervisione. Prima non capivo bene i benefici dell’essere supervisionati, e questo mi portava a oppormi a coloro che mi supervisionavano. Pensavo che cercassero di controllarmi o mostrassero disprezzo nei miei confronti. Nella mia mente, se qualcuno veniva da me per informarsi sul lavoro, era come se mi ritenesse irresponsabile, privo di iniziative e incapace di svolgere il mio lavoro e di fare il mio dovere bene, o almeno bene come gli altri. Perciò opponevo grande resistenza davanti alla supervisione altrui. Ma dalle parole di Dio ho capito che la mia opinione era sbagliata e non in linea con la verità. Tutti hanno delle manchevolezze sul lavoro e hanno bisogno dell’aiuto degli altri, fratelli e sorelle, per migliorare. Ma io mi rifiutavo di accettare la supervisione. In questo modo, avrei mai potuto correggere gli errori nel mio lavoro e farlo meglio? Era importantissimo che fratelli e sorelle supervisionassero il mio operato, perché portavano il fardello del lavoro e facevano il loro dovere. Non devo avere un atteggiamento di silenzio e di rifiuto nei confronti della loro supervisione. Devo aprirmi e raccontare le mie difficoltà e la situazione reale del mio lavoro. Questo gioverà al lavoro della chiesa. Accettando la supervisione, posso vedere le mie carenze e riflettere se il mio dovere è svolto secondo i principi. Ora ho capito l’intenzione di Dio. La supervisione e il monitoraggio frequenti del mio lavoro da parte di altri possono impedirmi di fare di testa mia e di conseguenza di fare cose che disturbano e intralciano. Questa è davvero la protezione di Dio per me.
Ho letto un altro passo della parola di Dio: “Pensate che qualcuno sia perfetto? Per quanto una persona sia forte o capace e dotata di talento, comunque non è perfetta. Bisogna rendersene conto, è un dato di fatto, ed è l’atteggiamento che le persone dovrebbero avere per approcciare correttamente i loro meriti e punti di forza o i loro difetti; questa è la razionalità che bisogna possedere. Con tale razionalità, puoi gestire correttamente i tuoi punti di forza e di debolezza nonché quelli degli altri, e questo ti consentirà di lavorare accanto a loro in armonia. Se hai compreso questo aspetto della verità e sai accedere a questo aspetto della verità realtà, puoi allora interagire in armonia con fratelli e sorelle, attingendo ai loro punti di forza per compensare i tuoi eventuali punti deboli. In tal modo, qualunque dovere tu stia assolvendo o qualunque cosa tu stia facendo, avrai sempre risultati migliori e riceverai la benedizione di Dio” (La Parola, Vol. 3: I discorsi di Cristo degli ultimi giorni, “Parte terza”). Attraverso la parola di Dio, ho capito che ognuno ha i propri punti di forza e le proprie debolezze, che non ci sono persone perfette in questo mondo. Per quanto forti siano le persone, hanno comunque manchevolezze e hanno bisogno dell’aiuto altrui. Non importa quale dovere assolviamo nella chiesa, è inseparabile dall’aiuto e dalla cooperazione degli altri. Siamo stati corrotti così profondamente da Satana che agiamo sempre secondo la nostra indole corrotta, quindi abbiamo bisogno dei richiami e della supervisione di fratelli e sorelle per evitare di deviare dai principi e per ridurre i nostri errori. Quando gli altri sono venuti da me per capire i miei problemi sul lavoro, avrei dovuto cogliere l’opportunità di migliorare me stesso e imparare dai loro punti di forza per compensare le mie debolezze. Questo avrebbe aiutato me e il lavoro della chiesa. Ho capito anche che non ero migliore di nessun altro, compresa la sorella che supervisionava il mio lavoro. Devo accettare la guida e i consigli degli altri, correggere le mie deviazioni e i miei errori e avere il coraggio di rivelare le mie debolezze e di cercare l’aiuto degli altri. Ecco cosa significa essere una persona con una ragione e un’umanità normali. In seguito, ho iniziato ad accettare i consigli di mia sorella, e quando faceva domande o voleva informazioni sulle situazioni dei nuovi arrivati, ne parlavo apertamente e glielo raccontavo nel dettaglio. Praticando in questo modo, sono diventato più efficace nel mio dovere.
Un giorno, mia sorella mi ha chiesto informazioni sulla situazione dei nuovi arrivati. Ho risposto alle sue domande senza riserve e ho fornito dettagli sulle ragioni della frequenza irregolare di alcuni neofiti. Lei mi ha ricordato alcuni punti chiave, me li sono appuntati e li ho messi tutti in pratica. Ho visto che era molto positivo accettare i consigli degli altri, il che è stato vantaggioso sia per me che per il lavoro della chiesa. In futuro sono disposto ad accettare la supervisione degli altri e ad assolvere bene il mio dovere.