49. Perché è così difficile ammettere gli errori?

di Martha, Italia

Sono responsabile della produzione video nella mia chiesa. Un giorno, una sorella mi ha chiamata d’urgenza. Non aveva controllato bene un video, che quindi andava rifatto, e questo aveva causato ritardi e ci era costato manodopera e risorse. Quando ho sentito il titolo del video, mi sono resa conto che avevo collaborato a controllarlo, ma neanch’io avevo riscontrato alcun problema. Dopo la telefonata, sono corsa a verificare di cosa si trattasse e ho visto che il titolo del video era stato scritto male. Naturalmente, gli errori sul lavoro devono essere segnalati al leader o messi in luce affinché tutti evitino problemi simili in futuro. Ma poi ho esitato: “Avevo commesso un errore così elementare. Come mi avrebbe vista in seguito il leader? Mi avrebbe ritenuta poco seria o inaffidabile nel mio dovere? In quel caso, allora avrei perso la mia posizione di responsabile”. In seguito, ho pensato a come sottolineassi sempre ai miei fratelli e sorelle l’importanza del prestare attenzione nel realizzare i video. Se avessero saputo dell’errore che avevo commesso, mi avrebbero ritenuta inadatta al ruolo di responsabile? E come ne avrebbe risentito la mia reputazione? Così non volevo dire agli altri del mio errore. Mi discolpavo con me stessa: “Non siamo stati deliberatamente superficiali. Abbiamo controllato quello che dovevamo. Non potevo prevedere queste circostanze particolari. Il danno causato non può essere annullato, ma purché io sia più attenta in futuro, non sarà un problema. Inoltre, non sono stata l’unica ad aver controllato il video. Anche se tutti dovessero scoprire cosa è successo, la responsabilità non ricadrà soltanto su di me. La questione può finire qui. Tutte le persone interessate lo sanno, e questo è sufficiente”. Così, non l’ho detto né al leader né agli altri fratelli e sorelle del gruppo. Anche se mi sentivo a disagio e sapevo che stavo evitando la responsabilità, al pensiero di come ammettere quell’errore avrebbe potuto influenzare la mia reputazione e persino la mia posizione, sono solo andata avanti ostinatamente come se non fosse successo nulla.

Un giorno, ho letto questo nelle parole di Dio: “Gli esseri umani corrotti sono bravi a fingere. Non importa cosa facciano o quale corruzione rivelino, devono sempre fingere. Se qualcosa va male o se fanno qualcosa di sbagliato, vogliono attribuire la colpa agli altri. Desiderano avere per sé il merito delle cose positive e che la colpa di quelle negative ricada sugli altri. Non c’è molta finzione di questo tipo nella vita reale? Se ne trova fin troppa. Commettere un errore o fingere: quale delle due ha a che fare con l’indole? Fingere è una questione di indole, implica un’indole arrogante, malvagità e falsità; è estremamente disprezzato da Dio. In realtà, quando fingi, tutti lo capiscono, ma tu sei convinto che gli altri non se ne rendano conto, e fai di tutto per argomentare e giustificarti nel tentativo di salvare la faccia e persuadere tutti che non hai fatto nulla di male. Non è stupido? Cosa pensano gli altri di questo? Cosa suscita in loro? Repulsione e disprezzo. Se, dopo aver commesso un errore, sei in grado di trattarlo correttamente e di permettere a tutti gli altri di parlarne, consentendo loro di commentarlo e di acquisire discernimento al riguardo, e sai aprirti e analizzarlo, che opinione avranno gli altri di te? Diranno che sei una persona sincera, perché il tuo cuore è aperto a Dio. Attraverso le tue azioni e il tuo comportamento, potranno vedere il tuo cuore. Ma se invece tenti di fingere e di ingannare tutti, le persone avranno scarsa stima di te e diranno che sei uno sciocco e una persona poco saggia. Se non cerchi di simulare o di giustificarti, se sei in grado di ammettere i tuoi errori, tutti diranno che sei onesto e saggio. E cosa ti rende saggio? Tutti commettono errori. Tutti hanno colpe e difetti. E, in realtà, tutti posseggono la medesima indole corrotta. Non pensare di essere più nobile, perfetto e gentile degli altri; questo è assolutamente irragionevole. Una volta che l’indole corrotta delle persone e l’essenza e il vero volto della loro corruzione ti saranno chiari, non tenterai di coprire i tuoi errori, né userai gli errori degli altri contro di loro, bensì sarai capace di affrontare correttamente entrambe le situazioni. Solo allora diventerai perspicace e non farai cose insensate, il che ti renderà saggio. Coloro che non sono saggi sono degli sciocchi, e si soffermano sempre sui loro piccoli errori mentre si aggirano furtivamente dietro le quinte. È disgustoso assistere a questo. Infatti, quello che stai facendo appare immediatamente ovvio agli altri, eppure tu stai ancora platealmente fingendo. Per gli altri sembra l’esibizione di un clown. Non è insensato? Lo è davvero(La Parola, Vol. 3: I discorsi di Cristo degli ultimi giorni, “I principi che devono guidare il proprio comportamento”). Dalle parole di Dio, ho capito che fingere, coprire, o non ammettere il proprio errore è molto più grave dell’errore stesso. È un comportamento propenso all’inganno e infido! Al contrario, quando qualcuno si mette a nudo e si assume la responsabilità di un errore, non solo gli altri non lo guarderanno dall’alto in basso, ma lo rispetteranno per aver detto la verità in modo semplice e aperto. Tutti noi a volte commettiamo degli errori. Dio non condanna con leggerezza le persone per i loro errori. Egli vede se in seguito sono in grado di pentirsi veramente. Ma io non l’avevo capito. Pensavo che commettere errori fosse vergognoso, soprattutto in quanto supervisore, e che se avessi commesso errori elementari sarei stata guardata dall’alto in basso. Avrebbero pensato che non fossi migliore dei miei fratelli e sorelle, e avrei potuto essere sostituita. Così, quando in un video che avevo controllato è stato trovato un errore, non ho osato ammetterlo e ho continuato a coprirlo. Ho fatto finta di niente per evitare le responsabilità e nascondere la questione sotto il tappeto. Mi sentivo in colpa, ma non ero comunque disposta a dire agli altri la verità. Ero così propensa all’inganno! Avevo palesemente causato delle perdite al lavoro della chiesa, ma non ho detto nulla e ho tentato di coprire il mio errore. Ho mostrato al leader e ai miei fratelli e sorelle solo il mio lato buono, non il mio sbaglio. In questo modo, tutti mi avrebbero ritenuta seria e concreta nel mio lavoro. Avrei potuto mantenere la mia immagine e la mia posizione di supervisore. Era un modo così spregevole di agire! Avevo paura che gli altri scoprissero il mio errore, così ho fatto di tutto per camuffarmi. Ho coperto il mio lato peggiore, ho ingannato le persone, e ho nascosto loro la verità. Vivevo senza carattere e senza dignità. Non potevo continuare a coprire il mio errore e a ingannare gli altri. Così ho scritto al mio leader per informarlo della situazione e mi sono aperta con gli altri sulla mia corruzione. Ho detto loro la verità, in modo che potessero imparare dal mio esempio. Dopo aver fatto questo, mi sono sentita un po’ più a mio agio.

In seguito, quando ho aperto la nostra lista di lavoro, ho scoperto che forse un altro video era stato fatto due volte. Non potevo credere che fosse vero. Tenevo traccia di chi avevo assegnato a ogni compito, quindi come poteva esserci un altro errore? Ma ho controllato e in effetti il video era stato fatto due volte. In quel momento, ero paralizzata. La situazione era grave. Avevo appena ammesso il mio errore con il leader, e prima ancora che potesse capire la situazione nei dettagli ne avevo commesso un altro. Cosa avrebbe pensato di me? Che non facevo che sbagliare ed ero inadatta al ruolo di responsabile? E se gli altri fratelli e sorelle lo avessero scoperto, mi avrebbero ritenuta troppo inaffidabile e avrebbero continuato a fare quegli errori elementari? Poi, se la prossima volta avessi condiviso di nuovo sull’essere seri e responsabili nei nostri doveri, mi avrebbero ancora presa sul serio? No, dovevo scoprire esattamente la causa di quell’errore e sperare di non essere io la principale responsabile. Anche se avessi condiviso parte della colpa, doveva essere una piccola percentuale. In quel modo, non avrei perso la faccia e il prestigio. Alla fine, dopo un attento controllo, ho scoperto che dopo aver assegnato il compito l’avevo registrato solo in una vecchia lista di lavoro, perciò il capogruppo non ne sapeva nulla e lo aveva assegnato a qualcun altro. Non c’erano dubbi: ero io la principale responsabile. Quando me ne sono conto, sono rimasta pietrificata. Come avevo potuto essere così sfortunata? Tutti quei problemi non avrebbero dovuto verificarsi. Che disdetta! Non sapevo cosa fare. Dovevo parlare o no con il leader di quell’errore? Se tutti avessero saputo che avevo commesso due errori basilari consecutivi, cosa avrebbero pensato di me? Non avevo la minima intenzione di dire la verità al leader. Tuttavia, ho pensato alle parole di Dio che parlano di come bugie e inganni siano molto più gravi degli errori, e Dio li detesta ancora di più. In cuor mio, avevo paura. Dovevo ingoiare il rospo e riferire al leader dell’errore, ma non riuscivo ad abbandonare le mie paure. Ero in preda all’agitazione. Avevo il cuore pesante, come se fosse schiacciato da una pietra. Mi sentivo distratta quando svolgevo il mio dovere e la notte non riuscivo a dormire. Sapevo di essere in uno stato sbagliato, così ho pregato Dio, chiedendoGli di illuminarmi e guidarmi a conoscere me stessa.

In seguito, ho letto un passo delle parole di Dio e ho capito meglio il mio stato. Dio Onnipotente dice: “Per quante cose sbagliate un anticristo faccia, a prescindere da che tipo di cose sbagliate faccia, sia che si tratti di appropriazione indebita, sperpero o uso improprio delle offerte di Dio, o che si tratti di intralciare e disturbare il lavoro della chiesa, facendo un gran disordine e suscitando la collera di Dio, essi rimangono sempre calmi, composti e totalmente sereni. A prescindere dal tipo di male che compiono e dalle relative conseguenze, non si presentano mai prontamente davanti a Dio per confessare i loro peccati e pentirsi, o davanti ai fratelli e alle sorelle con l’attitudine a mettersi a nudo e aprirsi per ammettere le loro malefatte, conoscere le loro trasgressioni e la propria corruzione e provare rimorso per le loro azioni malvagie. Al contrario, si arrovellano il cervello per trovare scuse varie al fine di sottrarsi alle responsabilità e scaricare la colpa sugli altri, così da ripristinare la propria immagine e il proprio prestigio. Non si preoccupano del lavoro della chiesa, ma del fatto che la loro reputazione e il loro prestigio siano danneggiati o colpiti in qualche modo. Non considerano affatto né pensano a un modo per rimediare alle perdite arrecate alla casa di Dio a causa delle loro trasgressioni, né cercano di ripagare il loro debito verso Dio. In altre parole, non ammettono mai di essere capaci di fare qualcosa di sbagliato o di aver commesso un errore. Nel cuore degli anticristi, ammettere propositivamente gli errori e fornire un resoconto sincero dei fatti equivale a incompetenza e follia. Se le loro azioni malvagie vengono scoperte e smascherate, gli anticristi si limitano ad ammettere un momentaneo errore di distrazione, ma non riconosceranno mai la propria negligenza e irresponsabilità, e cercheranno di attribuire la responsabilità a qualcun altro per cancellare la macchia dal loro storico personale. In momenti come questi, gli anticristi non si preoccupano di come compensare la perdita provocata alla casa di Dio, di come aprirsi per ammettere i propri errori, o dare conto di ciò che è successo ai prescelti di Dio. Si preoccupano di trovare il modo di far sembrare piccoli i grandi problemi e di far passare quelli piccoli come inesistenti. Forniscono ragioni oggettive al fine di indurre gli altri a capire e ad essere compassionevoli con loro. Fanno del loro meglio per ristabilire la loro reputazione nelle menti degli altri, minimizzare l’influenza estremamente negativa che potrebbero subire per via delle proprie trasgressioni, e fare in modo che il Supremo non abbia una cattiva impressione di loro e assicurarsi che non li ritenga mai responsabili, non li destituisca, non indaghi sulla situazione e non li gestisca. Per ristabilire la loro reputazione e il loro prestigio, in modo che i loro interessi personali non vengano danneggiati, gli anticristi sono disposti a sopportare qualsiasi quantità di sofferenza, ed escogiteranno qualsiasi modo per risolvere qualunque difficoltà. Fin dal principio della loro trasgressione o errore, gli anticristi non hanno mai la minima intenzione di assumersi alcuna responsabilità per le cose sbagliate che fanno, non hanno mai alcuna intenzione di ammettere, condividere, esporre o analizzare gli obiettivi, gli intenti e l’indole corrotta che si celano dietro le cose sbagliate che fanno, e di certo non hanno mai alcuna intenzione di rimediare al danno che causano sul lavoro della chiesa e alla perdita che causano all’ingresso nella vita dei prescelti di Dio. Pertanto, da qualunque prospettiva si osservi la questione, gli anticristi sono persone che si rifiutano ostinatamente di ammettere le loro malefatte e preferirebbero morire piuttosto che pentirsi. Gli anticristi sono privi di vergogna e di sensibilità al di là di ogni speranza di redenzione, e non sono altro che dei satana viventi(La Parola, Vol. 4: Smascherare gli anticristi, “Tema 11”). Dalle parole di Dio, ho appreso che gli anticristi tengono molto al prestigio e alla reputazione. Per quante omissioni o mancanze commettano nel loro dovere, o per quante perdite causino al lavoro della chiesa, non ammettono mai la colpa. Hanno paura che gli altri vedano le loro carenze e li guardino dall’alto in basso. Così, quando si rendono conto di aver commesso un errore che li getterebbe nel disonore, si sentono a disagio, non riescono a mangiare né a dormire bene. Si scervellano per trovare il modo di coprire l’accaduto e ripristinare la propria reputazione. Io mi comportavo allo stesso modo. Consideravo il mio prestigio e la mia reputazione talmente importanti che, quando rilevavo un problema nel lavoro, non provavo alcun rimorso per la mia svista. Non riflettevo sull’accaduto per evitare errori futuri. Riuscivo a pensare solo a come mi avrebbero vista gli altri una volta saputo che avevo commesso errori così elementari, e se mi avrebbero guardata dall’alto in basso o ritenuta non all’altezza del mio lavoro. Per difendere il mio prestigio e la mia reputazione, vivevo nel disagio costante, al punto da non riuscire a dormire. Pensavo solo a come coprire il mio errore ed evitare di essere scoperta. Volevo sottrarmi alle mie responsabilità, nascondere i miei errori e non farli scoprire agli altri. Non volevo prendere posizione e ammettere le mie mancanze. Ero davvero propensa all’inganno, priva di carattere e di dignità! In realtà, come supervisore, conoscevo bene quei processi. Non c’era dubbio che fossi io la principale responsabile. Tuttavia, speravo di poterla fare franca, e di spartire la colpa con altri. Alla fine, quando ho capito che non potevo sottrarmi alle responsabilità, ho insistito a fare la vittima, attribuendo tutto alla sfortuna. Non ho riflettuto su me stessa. Mi sono solo lamentata della mia malasorte. Ho coperto i miei errori e sono ricorsa all’inganno per proteggere il mio prestigio: un comportamento da anticristo. Rendermene conto mi ha spaventata. Sapevo quanto fosse pericoloso per me continuare in questo modo, senza pentirmi, proprio come un anticristo!

Mi sono inoltre resa conto che ero così testarda e non disposta ad ammettere le mie mancanze perché ero condizionata e limitata dalla mia posizione di responsabile, che mi portava ad affrontare i miei errori in modo sbagliato. Ho trovato alcune parole di Dio a questo proposito. Dio Onnipotente dice: “Come si dovrebbe praticare per essere una persona comune e normale? Come si può fare? […] In primo luogo non darti un titolo e non diventarne vincolato, dicendo: ‘Io sono il leader, io sono il capogruppo, io sono il supervisore, nessuno conosce quest’attività meglio di me, nessuno comprende le competenze meglio di me’. Non farti prendere dal titolo che ti sei assegnato da solo. Non appena lo farai, esso ti legherà mani e piedi e ciò che dirai e farai ne risentirà. Anche il tuo normale modo di pensare e di giudicare ne risentirà. Devi liberarti dai vincoli di tale prestigio. Per prima cosa, ridimensiona questa posizione e questo titolo ufficiale e mettiti al posto di una persona comune. Se lo fai, la tua mentalità si normalizzerà in una certa misura. Devi inoltre ammettere: ‘Non so come fare questo, e neanche capisco quello: dovrò condurre ricerche e studi’, oppure: ‘Non mi è mai capitato prima, quindi non so cosa fare’. Quando sarai in grado di dire ciò che pensi veramente e di parlare sinceramente sarai in possesso di normale ragionevolezza. Altre persone conosceranno il vero te e avranno quindi una visione normale di te e tu non dovrai fingere né ti sentirai sotto una forte pressione, e sarai pertanto in grado di comunicare normalmente con le persone. Vivere in questo modo è liberatorio e facile; chi trova la vita stremante ne è personalmente la causa(La Parola, Vol. 3: I discorsi di Cristo degli ultimi giorni, “Fare tesoro delle parole di Dio è il fondamento della fede in Dio”). “Quando qualcuno nella chiesa viene promosso e coltivato per essere leader, viene promosso e coltivato solo nel senso semplice; non significa che sia già un leader all’altezza degli standard o competente, che sia già capace di intraprendere il lavoro di leader e che possa svolgere un lavoro reale. Non è così. La maggior parte delle persone non riesce a capire fino in fondo queste cose e, basandosi sulla propria immaginazione, ammira coloro che sono stati promossi. Questo è un errore. Non importa quanti anni abbiano creduto in Dio, coloro che vengono promossi possiedono davvero la verità realtà? Non necessariamente. Sono in grado di attuare le disposizioni lavorative della casa di Dio? Non necessariamente. Possiedono senso di responsabilità? Sono dotati di lealtà? Sono capaci di sottomettersi a Dio? Quando incappano in un problema, sono in grado di cercare la verità? Tutto ciò è ignoto. Queste persone hanno un cuore che teme Dio? E quanto è grande il loro cuore che teme Dio? Riescono a evitare di seguire la propria volontà quando fanno le cose? Sono in grado di cercare Dio? Durante il periodo in cui svolgono il lavoro di leader, sono in grado di venire frequentemente dinanzi a Dio per cercare le Sue intenzioni? Sono in grado di guidare le persone nella verità realtà? Sono senza dubbio incapaci di fare queste cose. Non hanno ricevuto una formazione e non hanno fatto sufficienti esperienze, quindi sono incapaci di fare queste cose. Per questo promuovere e coltivare qualcuno non significa che comprenda già la verità, né equivale a dire che è già in grado di svolgere il suo dovere in un modo che sia all’altezza degli standard(La Parola, Vol. 5: Responsabilità di leader e lavoratori, “Responsabilità di leader e lavoratori (5)”). Dalle parole di Dio, ho capito che essere un leader o un responsabile non significa automaticamente essere qualificati, superiori o migliori di altre persone. È un’opportunità per sviluppare le proprie capacità e formarsi attraverso il lavoro. La formazione smaschera l’indole corrotta delle persone, e le battute d’arresto e i fallimenti sono inevitabili. È del tutto normale. Io, invece, rivestendo la posizione di responsabile, pensavo di dover essere migliore degli altri, senza commettere i loro stessi errori o rivelare la loro stessa corruzione. Così, quando facevo un errore, non volevo ammetterlo. Continuavo a fingere e a coprirlo. Ero costantemente preda della preoccupazione, la mia vita era ardua e faticosa, e tutto perché tenevo al prestigio e alla reputazione. Inoltre, ho capito che sbagliare e perdere la faccia non erano necessariamente cose negative. Proprio come dicono le parole di Dio: “Fare una brutta figura è un bene. Ti aiuta a vedere le tue mancanze e il tuo amore per la vanità. Ti mostra dove risiedono i tuoi problemi e ti aiuta a capire chiaramente che non sei una persona perfetta. Non esistono persone perfette e fare una brutta figura è normale. A tutti capita di fare brutta figura o di sentirsi in imbarazzo. Tutti falliscono, subiscono battute d’arresto e hanno debolezze. Fare una brutta figura non è un male. Quando fai una brutta figura ma non ti senti imbarazzato o interiormente depresso, non significa che sei insensibile; significa che non ti importa se la brutta figura influirà sulla tua reputazione, e quindi vuol dire che la tua vanità non occupa più i tuoi pensieri. Significa che sei maturato nella tua umanità. È meraviglioso! Non è forse un bene? Sì, è proprio così. Non pensare di esserti esibito male o di aver avuto sfortuna, e non cercare le cause oggettive che vi si celano dietro. È una cosa normale(La Parola, Vol. 6: Riguardo al perseguimento della verità, “Come perseguire la verità (2)”). Dopo quella serie di errori e i miei vergognosi sforzi per nasconderli, finalmente ho acquisito una certa conoscenza di me stessa. Ho visto che non ero migliore dei miei fratelli e sorelle. Avevo svolto il mio dovere con negligenza, pensando troppo alla reputazione e al prestigio. Non avevo nemmeno il coraggio di ammettere i miei errori. Volevo coprirli e ingannare tutti. Ero un’ipocrita propensa all’inganno. In effetti, non è spaventoso affrontare dei problemi quando si svolge il proprio dovere. Fintanto che si è aperti e onesti e si affrontano i propri errori con calma, riflettendo su di essi in modo da evitare problemi simili in futuro, si può comunque guadagnare qualcosa. Questi sono l’atteggiamento e la ragionevolezza che si dovrebbero avere. Ora che comprendevo l’intenzione di Dio, non mi importava cosa gli altri pensassero di me. Ormai avevo condizionato il nostro lavoro. Dovevo andare a fondo di ciò che aveva causato quegli errori, per evitare di commetterli di nuovo in futuro.

In seguito, ho letto un passo delle parole di Dio: “Quando si sa essere seri, ci si assume le responsabilità e si mette tutto il proprio cuore e la propria forza, il lavoro sarà eseguito adeguatamente. Talvolta, non hai lo stato mentale corretto e non riesci a trovare o a scoprire un errore evidente. Se fossi nel giusto stato mentale, allora, con l’illuminazione e la guida dello Spirito Santo, sapresti individuare la questione. Se lo Spirito Santo ti guidasse e ti conferisse consapevolezza, consentendoti di percepire la chiarezza nel cuore e di sapere dove sia l’errore, saresti in grado di correggere la deviazione e di lottare per le verità principi. Se ti trovassi nello stato mentale sbagliato e fossi distratto e disattento, saresti in grado di notare l’errore? Non lo noteresti. Questo cosa dimostra? Questo dimostra che, per compiere bene il loro dovere, è molto importante che le persone cooperino; la loro disposizione d’animo è molto importante, così come lo è dove indirizzano i loro pensieri e idee. Dio sottopone a scrutinio e riesce a vedere in che stato mentale le persone si trovino, e quanta energia dedichino allo svolgimento dei loro doveri. È fondamentale che gli uomini mettano tutto il loro cuore e le loro forze in ciò che fanno. La loro collaborazione è fondamentale. Sforzarsi di non avere rimpianti riguardo ai doveri che si sono portati a termine e alle proprie azioni passate e arrivare dove non si deve nulla a Dio: è questo che significa dare tutto il proprio cuore e la propria forza(La Parola, Vol. 3: I discorsi di Cristo degli ultimi giorni, “Parte terza”). Le parole di Dio affermano che quando si ha la mentalità sbagliata e si è distratti e negligenti nel proprio dovere, non si riescono a vedere gli errori che si hanno davanti. La mia situazione era la stessa descritta da Dio. Avevo quei due errori sotto gli occhi: se avessi prestato un po’ più di attenzione, li avrei trovati facilmente. E invece non li ho notati. Un video ha dovuto essere rifatto e un altro è stato realizzato due volte, costandoci manodopera e risorse. In effetti, questo dipendeva soprattutto dalla mia mentalità di allora. Pensavo di essere un’esperta in quel lavoro, di conoscerne i processi come le mie tasche, quindi non ero più così attenta come agli inizi. Ero arrogante e negligente. Soprattutto per quanto riguarda i controlli iniziali, ritenevo che fossero semplici, che avrei potuto sbrigarmela sulla base della mia precedente esperienza. Ero distratta, non controllavo il lavoro con attenzione, e alla fine ho commesso degli errori così elementari. E tutto perché vivevo secondo un’indole arrogante, svolgendo il mio dovere alla bell’e meglio. In seguito, mi sono aperta con i miei fratelli e sorelle sugli errori che avevo commesso nel mio dovere. Ho riepilogato i problemi del nostro lavoro e ho proposto alcune norme che avrebbero aiutato a prevenire problemi simili in futuro. Farlo mi ha molto rasserenata.

Di lì a breve, mi è stato affidato un nuovo progetto. Tuttavia, poiché non avevo mai realizzato video di quel tipo, non avevo una conoscenza approfondita di tutti i dettagli, e così sono emersi dei problemi durante la produzione. Anche se a volte mi preoccupavo di quello che avrebbero pensato gli altri, ho affrontato i problemi con la giusta mentalità, senza lasciarmi vincolare dal mio orgoglio e dal prestigio. Per ogni errore, registravo e riepilogavo le anomalie al fine di trovare un modo per evitare che si ripetesse. Così facendo, ho potuto vedere la guida di Dio e ho individuato e corretto molti problemi prima che causassero perdite alla chiesa. Grazie a questa esperienza, ho imparato che avere la giusta mentalità e svolgere diligentemente il proprio dovere porta alla guida e alla protezione di Dio. Allo stesso tempo, ho appreso che l’umiliazione dovuta a errori o fallimenti non è una cosa negativa. Questo mi ha aiutata a vedere le mie mancanze e la mia corruzione, a mettere da parte la mia vanità e a valutare me stessa correttamente. Grazie a Dio!

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