75. La tortura che ho subìto

di Lin Guang, Cina

Il 20 marzo 2014, intorno alle 10, ero fuori per alcune commissioni quando, all’improvviso, ho ricevuto una telefonata da mia moglie che mi dava questa comunicazione urgente: “Dei poliziotti sono venuti ad arrestarti. Non tornare a casa!” Io mi sono subito agitato e ho pensato: “E adesso dove vado? Se vado a casa di un fratello o di una sorella, di sicuro li metterò nei guai. Ho un’unica scelta: rifugiarmi da un amico o da un parente”. Così, ho deciso di andare da mia figlia. Intorno alle 14 dello stesso giorno, tre agenti in borghese hanno fatto irruzione in casa di mia figlia e uno di loro mi ha urlato: “Tu sei Lin Guang, giusto? Siamo della polizia e sono anni che indaghiamo su di te”. Senza mostrare alcun tesserino identificativo, mi hanno trascinato sulla loro auto. In quel momento, avevo una paura terribile che mi avrebbero picchiato e costretto a dare informazioni sulla chiesa, così ho pregato Dio: “Oh Dio, Ti prego, dammi fede e forza. Non importa cosa mi faranno questi poliziotti, io non sarò un Giuda, non Ti tradirò”. Dopo aver pregato, sono riuscito a calmarmi.

Alla stazione di polizia, due ufficiali mi hanno costretto su una sedia metallica, mi hanno ammanettato alla sedia, tolto scarpe e calze e messo dei ceppi ai piedi. Con voce minacciosa e piena d’odio, il comandante mi ha detto: “L’ordine di arresto è arrivato direttamente dal dipartimento provinciale di pubblica sicurezza e hanno richiesto che fossi io stesso a eseguirlo: devi essere un pezzo grosso! È meglio che cominci a parlare e ci dica tutto quello che sai”. Dopodiché, mi ha messo davanti le foto a mezzo busto di oltre dieci persone e le ha passate in rassegna una per una, chiedendomi se conoscevo qualcuno di quegli individui. Io ho riconosciuto una sorella e mi sono affrettato a rispondere: “Non conosco nessuna di queste persone”. Poi mi ha mostrato alcuni oggetti che venivano da casa mia, tra cui due Bibbie, una copia di “La Parola appare nella carne”, diverse ricevute per la custodia di libri delle parole di Dio e 7.400 yuan, e mi ha detto: “Questo dimostra chiaramente che credi in Dio Onnipotente e agisci contro il Partito Comunista Cinese!” Quindi ha preso le ricevute e mi ha chiesto: “Dove hai messo questi libri?” Vedendolo brandire quelle ricevute, io mi sono agitato molto e ho pensato: “Queste ricevute riguardano più di mille libri. Se non gli rispondo, di certo non mi lascerà andare; ma se parlo, questo farà di me un Giuda”. Appena ho capito questo, ho rivolto una preghiera a Dio: “Oh Dio, Ti prego, proteggi il mio cuore e permettimi di rimanere silenzioso e calmo davanti a Te. Non importa cosa mi farà la polizia, non sarò un Giuda e non venderò i miei fratelli e le mie sorelle!” Dopo aver pregato, mi è tornato alla mente questo passo delle parole di Dio: “Di tutto ciò che avviene nell’universo, non vi è nulla su cui Io non abbia l’ultima parola. C’è niente che non sia nelle Mie mani?(La Parola, Vol. 1: La manifestazione e l’opera di Dio, “Parole di Dio all’intero universo, Cap. 1”). Potevo percepire l’autorità di Dio attraverso le Sue parole. Tutto è nelle mani di Dio ed Egli regna sovrano su tutte le cose! Il fatto che solo una settimana prima avessi spostato altrove i libri a me affidati non era forse un segno della protezione di Dio? Quando l’ho capito, ho risposto con sicurezza: “Quei libri sono già stati consegnati a qualcun altro”. Un ufficiale ha proseguito nell’interrogatorio e mi ha chiesto: “Dove vive la persona che ha i libri? Come si chiama? Chi è il suo leader?” Io ho risposto: “Non lo so”. L’ufficiale mi ha guardato con rabbia e ha gridato: “Vuoi dirmelo o no? Non fare il furbo solo perché sono stato indulgente con te!” Poi è venuto verso di me e mi ha schiaffeggiato con violenza su entrambe le guance. A quel punto, altri due poliziotti si sono avvicinati e mi hanno colpito a turno. Mi hanno dato almeno una decina di schiaffi: la vista mi si è annebbiata, mi fischiavano le orecchie e la faccia mi pizzicava per il dolore. Siccome non mi decidevo a parlare, un ufficiale ha preso un cavo elettrico spesso 2,5 centimetri e mi ha dato dieci frustate sulla schiena, facendomi contorcere per il dolore. Allora ho pregato Dio nel mio cuore, chiedendoGli di darmi la fede e la forza di volontà di sopportare la sofferenza. Alcuni poliziotti hanno urlato con crudeltà: “Spogliatelo e colpitelo forte. Vedrete che poi parlerà!” Così, mi hanno strappato i vestiti e hanno continuato a frustarmi, gridando: “Ti decidi a parlare o no?” Mi hanno dato almeno otto o nove frustate, e ognuna mi ha provocato un dolore lancinante in tutto il corpo. Ma per quanto mi torchiassero, non ho detto una parola. Poi altri due poliziotti si sono avvicinati e a turno mi hanno preso a schiaffi. Mi hanno picchiato finché non sono stato così stremato da non riuscire più ad aprire gli occhi.

Dopo un po’, un ufficiale ha portato una bacinella piena d’acqua. Ha gettato un paio di mutande sporche nell’acqua, poi le ha sollevate con un bastone e ha iniziato a sbattermele sulla testa e sul corpo senza sosta, lasciandomi infreddolito e dolorante. Poiché continuavo a restare in silenzio, hanno preso una canna di bambù spessa circa quanto un mignolo che hanno usato per premermi e torcermi i capezzoli per due o tre minuti, provocandomi un dolore terribile. Io serravo i pugni e stringevo i denti, ma sentivo di non poter resistere ancora a lungo, perciò ho pregato Dio: “Oh Dio, Ti prego, dammi la fede e la volontà di sopportare il dolore. Permettimi di superare questa sofferenza e di rimanere saldo nella testimonianza a Te”. Mentre pregavo, pensavo che il Signore Gesù era stato picchiato dai soldati al punto da avere tagli e lividi su tutto il corpo, era stato costretto ad arrancare in catene fino al luogo della crocifissione e infine inchiodato brutalmente sulla croce. Il Signore Gesù ha sacrificato la vita per redimere l’umanità. L’amore di Dio è così grande! Il Suo amore mi ha motivato nel profondo. Pensavo anche a Pietro, che era stato crocifisso a testa in giù, e così ho capito che la sofferenza che stavo vivendo io non era nulla al confronto. Sapevo di dover emulare Pietro, rimanendo saldo nella mia testimonianza: per quanto la polizia mi torturasse, dovevo soddisfare Dio, anche a costo di sacrificare la vita. Quando ho capito questo, ho acquisito fede, ho sentito diminuire il dolore e ho cominciato a provare un senso di calma. I poliziotti hanno continuato a torturarmi alternando canna di bambù e cavo elettrico, ma vedendo che continuavo a tacere, mi hanno urlato: “Sei un testardo! Non ci era mai capitato uno tanto cocciuto! Anche un eroe avrebbe ceduto a questo punto! Che cos’è che ti dà forza?” Sentirli dire così mi ha fatto molto felice. Sapevo che Dio mi aveva dato la fede e la volontà di sopportare la sofferenza, permettendomi di non cedere alle torture. Ho sentito che Egli era al mio fianco e ho provato ancora più fede: sarei rimasto saldo nella testimonianza a Dio anche a costo di morire. Così ho dichiarato con risolutezza: “È la parola di Dio a darmi forza!” A questa risposta, i poliziotti mi hanno torturato con ancora più durezza, schiaffeggiandomi, premendo e torcendomi i capezzoli, e colpendomi con la canna di bambù sulle mani, che sono diventate tutte nere e blu, per poi perdere ogni sensibilità. Poi, un ufficiale mi ha detto: “Se non parli, ti ammazzeremo di botte. Non importerà a nessuno se ti uccidiamo. Voi credenti dovreste tutti essere ammazzati!” A quelle parole, mi sono infuriato e ho pensato: “Anche se mi uccidete, non dirò una parola. Non aspettatevi di ottenere la minima informazione da me!”

Più tardi, vedendo che non mi decidevo a parlare, mi hanno premuto e torto gli alluci con la canna di bambù e mi hanno frustato sui piedi con il cavo elettrico. Continuavano ad alternare le frustate, le pressioni e le torsioni a capezzoli e dita dei piedi con la canna di bambù, gli schiaffi. Provavo così tanto dolore che digrignavo i denti, producendo un picchiettio. Un ufficiale mi ha detto: “Se non parli, domani ti faremo sfilare per le strade. I tuoi parenti, i tuoi amici, la tua famiglia ti odieranno e ti rifiuteranno. Se parli, invece, non diremo a nessuno che ti abbiamo arrestato e potrai salvare la faccia”. Mi sono reso conto che era quello il sinistro piano di Satana e ho ripensato alle parole del Signore Gesù: “Beati i perseguitati per motivo di giustizia(Matteo 5:10). Essere deriso, insultato e calunniato per la mia fede in Dio, come era accaduto, erano tutte forme di persecuzione in nome della giustizia. Quella non era un’umiliazione, era una prova magnifica. Non importava cosa pensassero gli altri, per me contava solo soddisfare Dio. Una volta capito questo, ho ignorato l’ufficiale. Allora un altro poliziotto mi ha minacciato, dicendomi: “Hai intenzione di parlare o no? Se non lo fai, ti picchieremo a morte e poi ti getteremo sull’autostrada. Le auto ti trasformeranno in un ammasso di carne e nessuno saprà mai cos’è successo!” A quelle parole, ho pensato: “Questi poliziotti sono davvero crudeli e pronti a tutto. Se mi uccidono, nessuno lo saprà mai”. Ho pensato al mio anziano padre, che aveva più di 80 anni, e a mia moglie, con tutti i suoi problemi di salute. “Se mi uccidono, come faranno mio padre e mia moglie a prendersi cura di sé?” Questo pensiero mi faceva stare malissimo, così ho pregato Dio. In seguito, mi è tornato alla mente questo passo delle Sue parole: “In ogni fase dell’opera che Dio compie sugli uomini, da fuori sembra che ciò che accade sia dovuto a un’interazione tra individui, che venga da disposizioni o da disturbi umani. Ma dietro ciò che appare, dietro ogni fase dell’opera e dietro ogni cosa che accade vi è una scommessa che Satana fa con Dio e che richiede che le persone rimangano salde nella propria testimonianza a Dio(La Parola, Vol. 1: La manifestazione e l’opera di Dio, “Solo amare Dio vuol dire credere veramente in Dio”). Le parole di Dio mi hanno aiutato a capire che Satana stava cercando di usare la debolezza della mia carne e l’affetto verso la mia famiglia per farmi vendere i miei fratelli e le mie sorelle e per tradire Dio. Non potevo cadere nei suoi tranelli. Poi ho ripensato a queste altre parole del Signore Gesù: “Chi avrà trovato la sua vita la perderà; e chi avrà perduto la sua vita per causa Mia, la troverà(Matteo 10:39). Le parole di Dio mi hanno dato fede e forza. Anche se mi avessero picchiato a morte, la mia anima sarebbe stata nelle mani di Dio, e anche a costo di sacrificare la vita, dovevo rimanere saldo nella mia testimonianza a Dio. L’uomo non ha controllo sul proprio destino, mentre Dio regna sovrano su di esso, quindi anche il futuro della mia famiglia era nelle Sue mani. Ero pronto a sottomettermi alle orchestrazioni e alle disposizioni di Dio, quindi Lo pregai così: “Oh Dio, tutte le cose e gli eventi sono nelle Tue mani, compresa la mia vita. Per quanto la polizia possa torturarmi, anche se mi dovesse uccidere, non Ti tradirò mai né venderò i miei fratelli e le mie sorelle”.

Vedendo che continuavo a non parlare, i poliziotti hanno preso le mutande fradicie dalla bacinella e me le hanno sbattute più volte sulla testa, mi hanno torto i capezzoli e gli alluci con la canna di bambù e mi hanno colpito con violenza sul dorso del piede. A ogni colpo, sentivo un dolore tale che tutto il corpo mi si intorpidiva, il cuore sobbalzava e mi mancava il respiro. Stringevo i denti, pregavo Dio in silenzio e non dicevo una parola. Allora un poliziotto ha preso un calzino lurido, lo ha gettato nella bacinella perché assorbisse l’acqua sporca e poi me l’ha strofinato sulla bocca. Io l’ho serrata per bene, così è riuscito a strofinarmelo solo sulle labbra. Ma poi, quand’ho rilassato un po’ le labbra, me l’ha infilato in bocca e ha cominciato a strofinarmelo sui denti, dicendo: “Ecco, ti do una sciacquata alla bocca!” Dopodiché, hanno preso una bacinella di acqua fredda dal frigorifero e me l’hanno versata sulla testa. E siccome continuavo a rifiutarmi di parlare, hanno preso un martello, mi hanno costretto ad aprire la bocca servendosi del manico di legno e hanno cercato di versarmi in gola una mezza ciotola di olio al peperoncino. Quando si sono accorti che non riuscivano a farmelo inghiottire, perché avevo serrato la bocca con tutte le mie forze, me lo hanno strofinato sulle labbra e sui tagli che avevo ai capezzoli, e non si sono fermati finché non hanno usato tutto l’olio. Il dolore era lancinante, quasi insopportabile, tanto che tremavo e mi agitavo senza sosta sulla sedia. I ceppi di ferro mi sfregavano contro i piedi e alla fine mi hanno aperto due tagli sui talloni, che hanno cominciato a sanguinare. Il dolore era così tremendo che pensavo che sarebbe stato meglio morire e mi sentivo del tutto senza speranze. Mi dicevo: “Se dovete torturarmi, picchiatemi a morte e ponete fine a questo supplizio”. Quand’ho iniziato ad augurarmi di morire, però, ho capito che sbagliavo: se fossi morto, come avrei potuto rendere testimonianza a Dio? Allora ho ripensato a un passo delle parole di Dio: “Ancora non puoi morire. Devi stringere i denti e continuare a vivere con determinazione. Devi vivere una vita per Dio. Quando le persone hanno dentro di sé la verità, possiedono questa determinazione e smettono di voler morire. Quando la morte ti minaccerà, dirai: ‘Oh Dio, non voglio morire. Ancora non Ti conosco. Ancora non ho ripagato il Tuo amore. Non posso morire finché non Ti conoscerò bene’. […] Se non comprenderai l’intenzione di Dio e ti limiterai a pensare alla sofferenza, più ci penserai e più questa diventerà spiacevole e tu ti sentirai negativo, come se il tuo cammino di vita fosse prossimo alla fine. Inizierai a patire il tormento della morte. Se invece dedicherai il cuore e tutti i tuoi sforzi alla verità e riuscirai a comprenderla, allora il tuo cuore si illuminerà e ne trarrai godimento. Nella vita proverai in cuor tuo pace e gioia e, quando la malattia ti colpirà o la morte incomberà, dirai: ‘Non ho ancora ottenuto la verità, quindi non posso morire. Devo spendermi bene per Dio, testimoniarLo adeguatamente e ripagare il Suo amore. Non ha importanza come morirò alla fine, poiché avrò vissuto una vita soddisfacente. In ogni caso, ancora non posso morire. Devo perseverare e continuare a vivere’(La Parola, Vol. 3: I discorsi di Cristo degli ultimi giorni, “Come conoscere la natura umana”). Le parole di Dio hanno avuto su di me un impatto profondo, toccante. Egli si stava servendo di quell’avversità per perfezionare la mia fede e il mio amore e per permettermi di giungere alla verità. Ma se volevo morire e risparmiarmi il supplizio dopo aver sofferto così poco, dov’era la mia testimonianza? Ho pensato a Pietro che, per quanto avesse sofferto e subito delle avversità, non si era mai lamentato di Dio, ma al contrario aveva pregato per comprendere la Sua intenzione, sottomettendomi a tutto ciò che veniva da Lui e alla fine aveva raggiunto il supremo amore per Dio, sottomettendosi al punto di morire, venendo crocifisso a testa in giù per Lui e rendendo così una testimonianza splendida e clamorosa. Dovevo emulare Pietro: non importava quanto soffrissi, dovevo continuare a vivere e rimanere saldo nella mia testimonianza per umiliare Satana fino al mio ultimo respiro. A quel punto, un poliziotto ha portato un ventilatore, lo ha impostato alla massima potenza e me lo ha puntato addosso per più di dieci minuti, facendomi provare un tale freddo che ho iniziato a tremare. Io pensavo tra me: “Non importa cosa mi farete, non parlerò mai”. Mi hanno torturato in quel modo dalle 15.00 alle 4.30 del mattino dopo. Anche se non erano riusciti a cavarmi neanche una parola, alla fine erano così esausti che si sono arresi e se ne sono andati.

La mattina del secondo giorno mi hanno portato nel centro di detenzione. Avevo i piedi così gonfi che non riuscivo a mettermi le scarpe e dovevo zoppicare con le scarpe infilate solo a metà. Ogni passo mi provocava un dolore lancinante. Una guardia mi ha fatto togliere i vestiti per l’ispezione e, quando ha visto che ero pieno di tagli e lividi, mi ha chiesto: “Chi ti ha picchiato in questo modo?” Stavo per rispondere, quando il vicedirettore si è affrettato a intervenire, dicendo: “Quei lividi sono dovuti al massaggio Gua Sha, non alle percosse”. Quando sono entrato nella mia cella, un detenuto sovrappeso mi ha detto: “I nuovi arrivati vanno lavati dalla testa ai piedi con sei catini d’acqua. Sono le regole”. Quelle parole mi hanno un po’ innervosito, perché ho pensato: “Fuori fa freddo e quei sei catini d’acqua mi faranno senza dubbio congelare e stare male. Come farò a sopportarlo?” Ma con mia grande sorpresa, quando mi sono svestito, rivelando tutti quei tagli e lividi, il detenuto ha detto agli altri: “Quest’uomo ha la schiena, i piedi e il viso tutti neri e blu, e profondi squarci insanguinati su entrambi i talloni. L’hanno picchiato con grande violenza, quindi possiamo risparmiargli i sei catini d’acqua”. Io mi sentivo molto sollevato e ringraziavo Dio nel mio cuore senza sosta.

Alle 14.00 del terzo giorno di detenzione, d’un tratto mi è scoppiato un forte mal di testa, il cuore ha iniziato a battermi forte e sono svenuto sul mio letto di cemento. Mi sentivo il petto compresso come se l’avessero legato stretto con una corda, e schiacciato come se fosse stato sotto una grossa lastra di pietra. Era una sensazione terribile e il mal di testa era così forte che mi sembrava che il cervello stesse per esplodere. Un detenuto ha subito chiamato la guardia, che mi ha controllato la frequenza cardiaca e poi ha detto: “I battiti sono troppo accelerati, non riesco nemmeno a contarli”. Così mi hanno trasferito in ospedale, dove si è scoperto che la mia frequenza era di 240 battiti al minuto e che avevo avuto un infarto. A quel punto, mi hanno ricoverato, mi hanno messo la maschera per l’ossigeno e mi hanno fatto delle iniezioni di cardiotonico. La mia degenza in ospedale è durata quattro giorni e, poiché la polizia temeva che tentassi la fuga, mi hanno ammanettato al letto e mi hanno messo due agenti armati alla porta. La notte del quarto giorno, mi hanno riportato al centro di detenzione. Diverse guardie mi hanno chiesto cosa mi fosse successo, così il poliziotto che mi accompagnava ha scosso la testa e ha detto: “Questo è finito, ormai è inutile”. Ricordavo di aver sentito dire da altri detenuti che i quelli di noi con gravi ferite o malattie venivano rilasciati, dopo essere stati trattenuti per una decina di giorni. Pensavo che, visto che stavo tanto male, non mi avrebbero tenuto lì ancora per molto e che forse Dio mi stava aprendo una via. Ho pregato Dio, dicendoGli che ero pronto a mettere la mia salute nelle Sue mani. Vivo o morto, incarcerato o libero, non m’importava, ero disposto a sottomettermi alla Sua sovranità e alle Sue disposizioni. Nei giorni successivi, ho passato tutto il tempo a letto in preda a forti dolori e i miei compagni di cella si sono presi cura di me a turno per una settimana. Sapevo che Dio aveva orchestrato e sistemato persone, vicende e oggetti in modo da aiutarmi, e Lo ringraziavo senza sosta! Poiché avevo una malattia cardiaca in stato avanzato e avrei potuto smettere di respirare in qualsiasi momento, il personale del centro temeva di essere ritenuto responsabile se fossi morto durante la detenzione, così, dopo ventinove giorni, hanno convocato mia moglie concedendomi la cauzione in attesa del processo e mi hanno rilasciato. Ricordo che, mentre me ne andavo, il vicedirettore mi ha avvertito: “Ti abbiamo rilasciato, ma sei ancora sotto il nostro controllo. Tua moglie è il tuo garante; se entrerai di nuovo in contatto con i credenti, la prossima volta arresteremo anche lei con te. D’ora in poi, dovrai presentarti ogni mese alla stazione di polizia locale”. In quel momento, non ho ribattuto ma pensavo: “Potete pedinarmi e sorvegliarmi, ma non potete controllare il mio cuore che segue Dio. Continuerò a credere in Lui anche dopo il rilascio”.

Dopo essere uscito dal centro di detenzione, la mia malattia ha continuato a peggiorare e le crisi sono diventate sempre più frequenti. Ogni volta che avevo un attacco, il dolore si irradiava dal cuore alla schiena e dalla colonna vertebrale fino alla testa. Il mal di testa era così forte che mi sembrava di avere il cranio stretto in una morsa, e nelle orecchie mi esplodeva il frastuono di una fabbrica. Mi sentivo il cuore compresso come se fosse stato legato con una corda e faticavo a respirare. Riuscivo ad avere un po’ di sollievo solo facendo respiri lenti e profondi. Se la crisi non passava da sola, dovevo andare in ospedale per le iniezioni. Non potevo fare alcuna attività manuale e persino portare una bacinella d’acqua era troppo per il mio cuore. Inoltre, a causa della protratta assunzione di farmaci, ho sviluppato gravi problemi allo stomaco. In pratica, ero un invalido e non potevo svolgere nemmeno un po’ di lavoro. Inoltre, le spese mediche gravavano enormemente sulla mia famiglia e ci rendevano la vita molto difficile. Ogni volta che pensavo al fatto che, da uomo, non ero in grado di lavorare e provvedere alla mia famiglia, che ero un fardello per loro, e a quanto, ogni singolo giorno, dovevo soffrire per il dolore e lo strazio della malattia, mi sentivo tormentato e infelice a livelli indicibili. Ogni volta che provavo quell’afflizione, ripensavo alle esperienze di Giobbe e di Pietro. Ho letto questo passo delle parole di Dio: “Ti sottoponi alle prove di Giobbe e al tempo stesso ti sottoponi alle prove di Pietro. Quando fu messo alla prova, Giobbe portò testimonianza e alla fine Jahvè gli fu rivelato. Solo dopo che ebbe portato testimonianza fu degno di vedere il volto di Dio. Perché si dice: ‘Mi nascondo alla terra dell’impurità, ma Mi mostro al regno santo’? Il significato è che solo quando sei santo e rendi testimonianza puoi avere la dignità per vedere il volto di Dio. Se non puoi portarGli testimonianza, non hai la dignità per vedere il Suo volto. Tirandoti indietro o lamentandoti di Dio mentre subisci i raffinamenti, con il risultato di non renderGli testimonianza e diventare lo zimbello di Satana, non guadagnerai la manifestazione di Dio. Se sei come Giobbe, che nel pieno delle prove maledisse la propria carne e non si lamentò di Dio, e fu capace di detestare la propria carne senza lamentarsi o peccare attraverso le parole, porterai testimonianza. Quando subirai un certo raffinamento e riuscirai a rimanere come Giobbe, del tutto sottomesso di fronte a Dio e senza altre richieste nei Suoi confronti o spogliato delle tue nozioni, Dio ti Si manifesterà(La Parola, Vol. 1: La manifestazione e l’opera di Dio, “Coloro che devono essere resi perfetti devono essere sottoposti a raffinamento”). Riflettendo sulle parole di Dio, mi sono reso conto che, benché le torture del PCC mi avessero del tutto rovinato la salute, Egli stava usando quell’esperienza per perfezionare la mia fede e il mio amore. Dio voleva capire se mi sarei sottomesso a quella orchestrazione, a quella disposizione e se sarei rimasto saldo nella testimonianza a Lui durante quell’affinamento. Quando Giobbe ha subito delle prove, perdendo tutte le sue proprietà, vedendo i propri figli morire tutti in un solo giorno e poi ricoprendosi di pustole, ha mantenuto un cuore timorato di Dio e, nonostante le sofferenze e le difficoltà, non si è mai lamentato di Dio, anzi, ha lodato il Suo nome. E poi c’è Pietro, che ha dovuto affrontare centinaia di prove, ma non ha mai perso la fede in Dio e alla fine è stato crocifisso a testa in giù per Lui, sottomettendosi a Dio fino alla morte. Le sofferenze, le prove e l’affinamento a cui sono stati sottoposti erano molto più grandi di quelle che stavo vivendo io, eppure loro non si sono mai ribellati né hanno opposto resistenza a Dio e sono stati pronti a sottomettersi a Lui senza lamentarsi, sia che ricevessero benedizioni, sia che subissero sventura. Io ero disposto a emularli e a evitare di lamentarmi di Dio, per quanto grandi fossero la sofferenza e l’affinamento che dovevo affrontare. Sarei rimasto saldo e risoluto nella mia testimonianza a Dio.

Attraverso la persecuzione e l’arresto, ho potuto cogliere con chiarezza l’essenza demoniaca del PCC, il suo odio per la verità e per Dio. Quelle persone sono proprio come dice Dio: “Che banda di farabutti! Scendono nel regno dei mortali per dedicarsi ai piaceri e sollevare disordini, gettando tanto scompiglio da rendere il mondo un luogo incostante e volubile e riempire il cuore dell’uomo di panico e disagio, e hanno giocato con l’uomo a tal punto che il suo aspetto è diventato quello di un disumano animale dei campi, di una bruttezza estrema, in cui si è persa ogni traccia del sant’uomo originale. E poi aspirano persino ad assumere il potere sovrano sulla terra. Impediscono lo svolgersi dell’opera di Dio a tal punto che può a stento avanzare, e isolano l’uomo, come tra pareti di rame e di acciaio. Dopo aver commesso tanti gravi peccati e causato così numerosi disastri, si aspettano ancora qualcosa di diverso dal castigo?(La Parola, Vol. 1: La manifestazione e l’opera di Dio, “Lavoro e ingresso (7)”). È Dio che ci ha creati, quindi credere e adorare Dio è perfettamente naturale e giustificato; ma il PCC usa ogni metodo a sua disposizione per perseguitare e arrestare i credenti, per costringerli a tradire Dio e a seguire il partito, e fantastica di detenere il controllo dell’umanità, che è creazione di Dio. Quanto svergognato è? Alla fine, quei demoni saranno maledetti e puniti da Dio! Nel corso della mia esperienza, sono stato anche testimone delle azioni miracolose, dell’onnipotenza e della sovranità di Dio. Ogni volta che mi sembrava di non poter sopportare il dolore che mi infliggevano con la tortura e il tormento, Lo pregavo e mi affidavo a Lui, e la sofferenza della mia carne andava scemando. Quando mi sentivo infelice e negativo, le parole di Dio mi guidavano a essere forte e a non farmi condizionare dalla morte. Inoltre, Egli ha anche orchestrato e sistemato persone, vicende e oggetti in modo da aiutarmi, permettendomi di percepire che Lui era al mio fianco e aveva pietà della mia debolezza. Era tutto amore di Dio nei miei confronti, e ora ho più che mai fede in Lui.

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