96. Libero dall’invidia

All’inizio del 2021, prestavo servizio come predicatore e collaboravo con fratello Matthew nel presiedere al lavoro della chiesa. Avevo appena iniziato a svolgere quel dovere e c’erano ancora molte cose che non capivo, quindi gli ponevo domande di frequente. In quel periodo, Matthew mi parlava spesso dell’indole corrotta che manifestava nel suo dovere. Col tempo, sono arrivato a guardarlo dall’alto in basso. Pensavo di non essere corrotto come lui, e che non fosse vantaggioso per me collaboratore con lui. Mi ritenevo migliore di lui. Ho persino pensato: “Come ha fatto a diventare predicatore per primo? Ero il suo leader. Dovrei essere io a dirgli in che modo predicare, non il contrario. Dato che è diventato predicatore per primo, tutti lo stimano di più”. Non riuscivo ad accettarlo, e sapevo di poter fare meglio di lui. Per elevarmi al di sopra di lui, spesso confrontavo il nostro lavoro. Per esempio, quando Matthew mi diceva che non aveva abbastanza tempo per stare dietro a tutto il suo lavoro, ne ero felice, sapendo che che io avevo già svolto tutto il lavoro di cui ero responsabile e che dunque i leader superiori mi avrebbero stimato molto. Con mia sorpresa, invece, Matthew svolgeva egregiamente il lavoro di cui era responsabile. Un giorno, il leader ci ha incaricati di individuare possibili candidati da formare per l’irrigazione. In soli due giorni, Matthew ne aveva già trovati tre. Preso dal panico, mi sono detto: “Devo darmi da fare. Devo almeno eguagliare i numeri di Matthew. Altrimenti, si guadagnerà più lodi di me”. Così, in soli tre giorni, ho trovato sette persone. Ero molto soddisfatto per aver fatto più di Matthew. Tuttavia, quando il leader è venuto a chiedermi della situazione dei candidati, ha concluso che nessuno di loro era adatto a prestare servizio come irrigatore. Non avevo capito le loro reali situazioni quando li avevo identificati come candidati, mentre tutti quelli di Matthew sono stati considerati idonei: avevano levatura, buona umanità, amavano la verità ed erano disposti a spendersi per Dio. Gli ultimi tre giorni di lavoro erano stati vani e mi sentivo davvero giù. Ho cominciato inoltre a provare invidia per Matthew. Perché lui otteneva sempre risultati così buoni nel suo dovere? E perché io no? Condivideva con entusiasmo le parole di Dio nei nostri gruppi e seguiva anche il lavoro di cui ero responsabile io: con lui intorno, non c’era modo di distinguersi. Ne avevo abbastanza di lui e ho persino iniziato a odiarlo. Perché dovevo compiere il mio dovere insieme a lui? Non volevo che si distinguesse tanto, e desideravo che non ottenesse risultati nel suo lavoro. Ho continuato a lottare per la fama e non ho cambiato le mie abitudini.

In quel periodo, supervisionavo il lavoro di sorella Anais, una leader della chiesa. Era in un cattivo stato perché non otteneva risultati nel suo dovere, e così il mio leader mi ha chiesto di andare a darle un po’ di sostegno. Ma, quando l’ho contattata, mi ha detto che si era già rivolta a Matthew per ricercare e condividere, e che Matthew aveva condiviso con lei le parole di Dio e l’aveva aiutata a risolvere il suo problema. Questo mi ha fatto sentire del tutto inutile. Mi dispiaceva molto che Matthew si fosse intromesso nel mio lavoro. Quella leader della chiesa era sotto la mia supervisione e non volevo dare agli altri l’idea di non star compiendo il mio dovere né risolvendo i problemi. Più ci pensavo, più mi arrabbiavo, e non volevo davvero più collaborare con Matthew. Volevo lavorare da solo, perché così avrei potuto farmi notare. Da allora, cercavo di evitarlo mentre svolgevo i miei doveri. Una volta, Matthew mi ha chiesto di discutere di un problema da condividere in una riunione. Mi ha chiamato e scritto, ma io l’ho intenzionalmente ignorato. Non volevo discutere di nulla con lui. Quando mi faceva domande sul lavoro, non rispondevo tempestivamente, e quando mi chiedeva di condividere nelle riunioni tacevo di proposito e gli dicevo di farlo da solo. Pensavo tra me e me: “Dopotutto, finché tu sarai qui, i fratelli e le sorelle non mi noteranno. Allora a che scopo dovrei fare comunione?” Durante una riunione, Matthew mi ha chiesto la mia opinione dopo aver finito di condividere. Poiché aveva condiviso troppo e aveva detto tutto quello che volevo dire io, ero piuttosto scontento. Così gli ho detto: “Stai facendo comunione con un’indole arrogante. Non hai messo a nudo la tua natura corrotta, hai soltanto discusso vagamente di alcune tue comprensioni. Hai fornito solo un abbozzo, ma non hai parlato in dettaglio”. Sapevo che ciò non era accurato; l’avevo detto intenzionalmente. Volevo solo smorzare il suo entusiasmo, in modo che non parlasse così tanto nelle riunioni future. Quando mi mandava messaggi per chiedermi come stessi o per altre cose, non rispondevo. Pensavo che così avrebbe capito che non volevo collaborare con lui. Volevo persino che smettesse di mandarmi messaggi. Desideravo solo che se ne andasse e che mi lasciasse spazio per sfruttare i miei talenti. Volevo inoltre compiere il mio dovere a tempo pieno come lui, così che ogni volta che i fratelli avessero avuto bisogno di me sarei stato subito lì per loro. In questo modo, tutti avrebbero avuto un’alta considerazione di me. Volevo lasciare il mio lavoro mondano e dedicarmi completamente al mio dovere, ma ne avevo ancora bisogno per guadagnarmi da vivere e mantenere la mia famiglia. Mi deprimeva molto non potermi dedicare a tempo pieno al mio dovere come Matthew. Ho persino pensato: “Potrei anche smettere di predicare. In questo modo non dovrò collaborare con Matthew. Se passerò a un altro dovere, non sarò influenzato da lui e potrò distinguermi”. Ma poi, quando ho considerato seriamente di abbadonare, mi sentivo un po’ in colpa e non sapevo cosa fare. Ho pregato Dio, chiedendoGli di aiutarmi a capire il mio stato attuale.

Ho pensato a un passo delle parole di Dio che dice: “I doveri provengono da Dio; sono la responsabilità e l’incarico che Egli affida all’uomo. Allora come dovrebbe intenderli l’uomo? ‘Poiché questo è il mio dovere e l’incarico affidatomi da Dio, è un mio obbligo e una mia responsabilità. È giusto che io debba essere moralmente obbligato ad accettarlo. Non posso rifiutarlo o negarlo; non posso fare il difficile. Ciò che tocca a me è senz’altro quel che dovrei fare. Non è che io non sia qualificato per operare una scelta, è che non dovrei scegliere. Questo è il buonsenso che un essere creato dovrebbe avere’(La Parola, Vol. 3: I discorsi di Cristo degli ultimi giorni, “Parte terza”). Attraverso le parole di Dio, ho capito che è Dio ad assegnarci i nostri doveri. Dovevo attenermi al mio dovere, adempiere alle mie responsabilità e non scansarle, ed evitare di essere troppo esigente. Questa era la ragionevolezza che avrei dovuto avere. E invece, poiché il mio fervente desiderio di superare Matthew non era stato soddisfatto, volevo abbandonare il mio dovere. Questo addolorava Dio! Non trattavo il mio dovere come una responsabilità, quanto piuttosto come un modo per distinguermi e un mezzo per ottenere rispetto e ammirazione. Volevo lasciare il mio lavoro e dedicarmi a tempo pieno al mio dovere non per soddisfare Dio adempiendolo, ma piuttosto per contendere il prestigio al mio collaboratore e superarlo. Quando non potevo svolgere il mio dovere a tempo pieno a causa di problemi pratici, volevo passare a un altro per avere la possibilità di distinguermi. La realtà mi ha mostrato che tutto ciò che facevo non era in realtà per svolgere il mio dovere, quanto per approfittarne per competere per il prestigio. Dio detesta tale comportamento.

In seguito, mi sono imbattuto in alcune parole di Dio. Dio Onnipotente dice: “Umanità crudele! La cospirazione e l’intrigo, la contesa con l’altro, la corsa alla reputazione e alla ricchezza, l’eccidio reciproco, quando avranno mai fine? Dio ha detto centinaia di migliaia di parole, ma nessuno è diventato ragionevole. Gli uomini agiscono per il bene delle loro famiglie, dei figli e delle figlie, per la carriera, per le prospettive, per la posizione, per la vanità e per il denaro, per amore dei vestiti, per il cibo e per le cose della carne. Ma quali azioni sono davvero per amore di Dio? Anche tra coloro che agiscono per amore di Dio, ci sono solo pochi che Lo conoscono. Quanti non agiscono per il bene dei loro interessi? Quanti non opprimono e discriminano gli altri per mantenere la propria posizione? Dio è stato, dunque, condannato con forza a morte innumerevoli volte, innumerevoli giudici violenti Lo hanno condannato e ancora una volta inchiodato sulla croce. Quanti possono essere chiamati giusti perché agiscono veramente per amore di Dio?(La Parola, Vol. 1: La manifestazione e l’opera di Dio, “Il malvagio sarà di certo punito”). “Ci sono alcuni che hanno sempre paura che gli altri siano migliori di loro e li superino, che gli altri siano stimati mentre loro vengono trascurati. Ciò li induce ad attaccare e a escludere gli altri. Questo non è un esempio di invidia verso le persone più capaci di loro? Un simile comportamento non è egoista e spregevole? Che razza di indole è questa? Un’indole malevola! Pensare solo ai propri interessi, soddisfare soltanto i propri desideri, non mostrare alcuna considerazione per gli altri né per gli interessi della casa di Dio: le persone che si comportano così hanno una cattiva indole e Dio non prova alcun amore per loro. Se sei davvero in grado di tenere in considerazione la volontà di Dio, saprai trattare gli altri correttamente. Se raccomandi una persona valida e le permetti di ricevere addestramento e di svolgere un compito, aggiungendo così una persona di talento nella casa di Dio, il tuo lavoro non sarà allora più facile da svolgere? Non sarai stato allora all’altezza della tua lealtà in questo compito? Questa è una buona azione davanti a Dio; è il minimo di coscienza e di senno che un leader dovrebbe possedere(La Parola, Vol. 3: I discorsi di Cristo degli ultimi giorni, “Libertà e liberazione si possono guadagnare solo eliminando la propria indole corrotta”). Attraverso le parole di Dio, ho compreso il mio stato attuale. Dio dice: “Ci sono alcuni che hanno sempre paura che gli altri siano migliori di loro e li superino, che gli altri siano stimati mentre loro vengono trascurati. Ciò li induce ad attaccare e a escludere gli altri. Questo non è un esempio di invidia verso le persone più capaci di loro? Un simile comportamento non è egoista e spregevole? Che razza di indole è questa? Un’indole malevola!” Queste parole erano la verità e rivelavano il mio stato reale. Il mio collaboratore otteneva risultati migliori di me nel suo dovere ed era più bravo a risolvere i problemi dei fratelli e delle sorelle, e per questo sentivo che era migliore di me e che non mi sarei mai distinto con lui attorno. Così, lo invidiavo e lo escludevo e non volevo collaborare con lui. Ignoravo intenzionalmente i suoi messaggi e non rispondevo alle sue telefonate. Quando condivideva la sua esperienza e comprensione, non collaboravo con lui per mantenere la vita della chiesa, cercando invece di evidenziare i suoi difetti, arrivando a definirlo arrogante e ad attaccarlo intenzionalmente, in modo che perdesse l’entusiasmo e smettesse di distinguersi e di superarmi. Ero davvero maligno. Ogni volta che dovevo svolgere il mio dovere con lui, mi sentivo tormentato. Volevo sempre competere con lui ed ero completamente incapace di mantenere la calma. Proprio come diceva Dio: “Umanità crudele! La cospirazione e l’intrigo, la contesa con l’altro, la corsa alla reputazione e alla ricchezza, l’eccidio reciproco, quando avranno mai fine?” Il mio desiderio di fama e prestigio non veniva mai soddisfatto e ho iniziato a odiare il mio collaboratore. Volevo solo allontanarmi e liberarmi di lui per poter lavorare da solo. Ho persino considerato di abbandonare il mio dovere. Mi sono reso conto di quanto fossi malvagio e disumano. Non ero diverso dalle bestie selvagge che cacciano la preda, pronto a lottare e a estrarre gli artigli per i miei interessi. Non pensavo mai al lavoro della chiesa, ma solo a me stesso. Non mi sarei preoccupato o spaventato neanche se il lavoro della chiesa fosse stato rallentato. Quanto ero egoista e spregevole! Ho anche riflettuto sul motivo per cui non riuscissi a collaborare in modo semplice e armonioso con Matthew. Ho capito che nella mia fede ero su un cammino sbagliato a causa della mia indole satanica. Se non l’avessi eliminata ricercando la verità, avrei perso l’opera dello Spirito Santo e sarei sprofondato nelle tenebre. Ho pregato Dio più volte, chiedendoGli di aiutarmi a capire me stesso e a eliminare la mia indole corrotta.

Poi, ho letto un passo delle parole di Dio: “Qual è il motto degli anticristi, a prescindere dal gruppo a cui appartengono? ‘Devo competere! Competere! Competere! Devo competere per essere il più eminente e il più potente!’ È questa l’indole degli anticristi; ovunque vadano, competono e cercano di raggiungere i loro scopi. Sono i lacchè di Satana e perturbano l’opera della chiesa. L’indole degli anticristi è fatta così: cominciano a guardarsi intorno nella chiesa per capire chi crede in Dio da molti anni e abbia capitale, possieda qualche dono o qualche competenza particolare, sia stato utile ai fratelli e alle sorelle per l’ingresso nella vita, sia stimato, abbia anzianità di servizio, goda della buona opinione dei fratelli e delle sorelle, abbia più cose positive. Tali persone rappresenteranno per loro la concorrenza. Insomma, questo è ciò che fanno gli anticristi ogni volta che sono in un gruppo di persone, sempre. Competono per il prestigio, per una buona reputazione, per l’ultima parola sulle questioni e per il sommo potere di prendere decisioni nel gruppo, cosa che, una volta ottenuta, li rende soddisfatti. […] L’indole degli anticristi è arrogante, odiosa e irragionevole fino a questo punto. Non hanno coscienza né ragione, nemmeno un briciolo di verità. Dalle azioni e dalle imprese di un anticristo si può vedere che non hanno nulla della ragione di una persona normale, e sebbene si possa condividere con un anticristo riguardo alla verità, lui non l’accetterà. Per quanto giusto sia ciò che dici, con lui non funzionerà. Le uniche cose che gli piace perseguire sono la reputazione e il prestigio, per i quali nutre un gran rispetto. Finché può godere dei benefici del prestigio, si sente appagato. Questo è, credono, il valore della loro esistenza. A prescindere dal gruppo di persone in cui si trovano, devono mostrare agli altri la ‘luce’ e il ‘calore’ che emanano, i loro talenti speciali, la loro unicità. Ed è perché ritengono di essere speciali che pensano naturalmente di dover essere trattati meglio degli altri, che dovrebbero ricevere il sostegno e l’ammirazione delle persone, che queste ultime debbano ammirarli, adorarli. Pensano che tutto questo spetti loro di diritto. Simili persone non sono forse sfacciate e spudorate? Non è un guaio avere persone simili nella chiesa?(La Parola, Vol. 4: Smascherare gli anticristi, “Tema 9 – Parte terza”). Grazie alle parole di Dio, mi sono reso conto della gravità delle mie azioni. È emerso che, perseguendo la fama, il prestigio e l’ammirazione degli altri nel mio dovere, stavo manifestando un’indole da anticristo. Quando vedevo che Matthew condivideva in modo illuminante sulla verità e otteneva risultati nel suo dovere, e che i fratelli e le sorelle lo lodavano e si rivolgevano a lui per le loro domande, lo invidiavo. Per poterlo superare e guadagnare prestigio nel cuore degli altri, ho persino pensato di lasciare il lavoro per dedicarmi a tempo pieno al mio dovere, così da poter esserci se qualcuno avesse avuto bisogno di me per risolvere i suoi problemi. In questo modo gli altri avrebbero avuto stima di me e non avrebbero più avuto nel cuore un posto speciale per il mio collaboratore. Ogni volta che svolgevo i miei doveri con Matthew, mi sembrava sempre di vivere nella sua ombra e non avere la possibilità di distinguermi. Non mi piaceva che si guadagnasse sempre l’ammirazione e gli elogi dei fratelli e delle sorelle e speravo persino che nessuno gli rispondesse quando inviava messaggi nella chat di gruppo. A causa sua, nessuno tra i fratelli e le sorelle mi notava, e così passavo tutto il mio tempo a lottare con lui, sperando di superarlo e di indurre fratelli e sorelle ad ammirarmi e venerarmi. Mi comportavo spesso così nel tentativo di conquistare fama e prestigio. Non vedendo soddisfatti la mia ambizione e il mio desiderio, ho pensato di non avere alcuna possibilità di distinguermi e volevo smettere di predicare, convinto che svolgendo un altro dovere avrei avuto l’occasione di farmi un nome. Mi sono reso conto che la mia ossessione per la fama e il prestigio era fuori controllo. Amavo la fama e il prestigio proprio come un anticristo: era un desiderio radicato in me nel profondo, intrinseco alla mia natura. Ho capito che la strada che stavo percorrendo era estremamente pericolosa. Dio è giusto, e la Sua indole non tollera offesa. Se non avessi cercato di cambiare e mi fossi concentrato solo sul competere per la fama e il prestigio, senza pensare affatto al lavoro della chiesa, Dio mi avebbe respinto e scacciato. Le mie azioni mi disgustavano e non volevo più competere con il mio collaboratore per il prestigio. Ho pregato Dio, chiedendoGli di aiutarmi a liberarmi dalle catene e dai vincoli della mia indole satanica.

Poi, mi sono imbattuto in questo passo delle parole di Dio: “Indipendentemente dalla direzione o dall’obiettivo della tua ricerca, se non rifletti sulla ricerca della fama e del prestigio, e se trovi molto difficile rinunciare a queste cose, allora esse influenzeranno il tuo ingresso nella vita. Fintanto che il prestigio avrà un posto nel tuo cuore, esso controllerà e influenzerà completamente la direzione della tua vita e gli obiettivi che perseguirai, e in tal caso ti risulterà molto difficile entrare nella realtà della verità, per non parlare di ottenere un cambiamento d’indole; se alla fine sarai o no in grado di essere approvato da Dio, ovviamente, è superfluo dirlo. Per di più, se non sei mai in grado di mettere da parte la ricerca del prestigio, questo influenzerà la tua capacità di compiere adeguatamente il tuo dovere, cosa che ti renderà molto difficile diventare una creatura di Dio a un livello accettabile. Perché dico così? A Dio nulla risulta più detestabile della ricerca di prestigio, perché è un’indole satanica, è un cammino errato, nasce dalla corruzione da parte di Satana, è qualcosa che Dio condanna, ed è esattamente ciò che Dio giudica e purifica. A Dio nulla risulta più disgustoso della ricerca di prestigio, eppure tu continui a competere ostinatamente per il prestigio, lo prediligi e lo difendi costantemente, e vuoi sempre conquistarlo. Per natura, tutto ciò non è forse avversione nei confronti di Dio? Il prestigio non è decretato da Dio per gli esseri umani; Dio agli esseri umani offre la verità, la via e la vita e in definitiva li rende creature di Dio accettabili, creature di Dio piccole e insignificanti, non esseri dotati di fama e prestigio e adorati da migliaia di persone. E così, da qualunque punto di vista la si osservi, la ricerca di prestigio è un vicolo cieco. Per quanto sia ragionevole il tuo pretesto per ricercare prestigio, questo cammino è comunque sbagliato e non è lodato da Dio. Per quanto tu ti sforzi o per quanto grande sia il prezzo che paghi, se desideri prestigio Dio non te lo concederà; se non è concesso da Dio, non riuscirai a ottenerlo lottando, e se continui a lottare vi sarà un unico esito: sarai smascherato e scacciato, e questo è un vicolo cieco(La Parola, Vol. 4: Smascherare gli anticristi, “Tema 9 – Parte terza”). Dalle parole di Dio, ho visto che la mia continua ricerca di prestigio non solo mi ostacolava nel compimento del mio dovere, ma mi impediva anche di qualificarmi come essere creato. Poiché perseguivo costantemente il prestigio, cercando di superare Matthew e di ottenere l’ammirazione di tutti, e non facevo che competere e lottare, sono diventato via via più maligno e privo di normale umanità. Ho visto che la ricerca di fama e prestigio non è la retta via, bensì un cammino avverso a Dio che porta alla rovina. Dato che mi consideravo un credente e un essere creato, dovevo concentrarmi sulla ricerca della verità e smettere di affannarmi per qualcosa di inutile come perseguire fama e prestigio. Solo così potevo evitare di compiere il male e oppormi a Dio. Così, ho pregato Dio, dicendo: “Amato Dio! Sono arrivato a riconoscere la mia natura satanica. A causa della mia ossessione per la reputazione e il prestigio, provo spesso invidia nei confronti di Matthew e non voglio collaborare con lui. Amato Dio! D’ora in poi, mi pentirò davanti a Te e non cercherò fama e prestigio. Ricercherò solo la verità e svolgerò bene il mio dovere. Dio, Ti prego, guidami e aiutami”.

Nei miei devozionali, mi sono imbattuto in questo passo delle parole di Dio: “Quali sono i vostri principi di comportamento? Dovete comportarvi secondo la vostra collocazione, trovare la collocazione giusta per voi e svolgere il dovere che vi spetta; solo chi si comporta così è ragionevole. Per fare un esempio, alcuni sono bravi in una professione e sanno coglierne i principi, e allora dovranno assumersi quella responsabilità e compiere le verifiche finali in tale area; altri sanno offrire idee e intuizioni, consentendo a tutti gli altri di sviluppare tali idee e svolgere meglio il loro dovere: allora dovranno suggerire idee. Se sai trovare la collocazione giusta per te e collabori in armonia con fratelli e sorelle, starai compiendo il tuo dovere e ti comporterai secondo la tua collocazione(La Parola, Vol. 3: I discorsi di Cristo degli ultimi giorni, “I principi che devono guidare il proprio comportamento”). Le parole di Dio mi hanno fornito un percorso di pratica. Ho pensato: “Sono una persona ordinaria: dovrei cercare di diventare un vero essere creato, stare al mio posto, lavorare in armonia con gli altri e compiere il mio dovere al meglio delle mie capacità. Solo questa è la retta via”. Ho pensato a quando Dio chiese ad Adamo di dare un nome agli animali: Egli accettò i nomi che Adamo scelse, non respinse le sue proposte e non inventò da Sé altri nomi per dimostrare quanto fosse più grande, accettando invece le scelte di Adamo. Questo mi ha mostrato che l’umiltà e il nascondimento di Dio sono davvero amabili. Dio è supremo, è il Signore di tutta la creazione, eppure Si nasconde umilmente. Quanto a me, ero solo un comune essere creato, ma volevo sempre mettermi in mostra e ottenere il rispetto degli altri, e ho persino cercato di soffocare coloro che ottenevano buoni risultati nel loro dovere per difendere il mio prestigio e la mia reputazione. Ero troppo arrogante e irragionevole! Quello che avevo fatto mi colmava di rimorso; così, pentito, ho pregato davanti a Dio e Gli ho chiesto di darmi il coraggio di mettermi a nudo di fronte al mio collaboratore.

In seguito, ho trovato il coraggio e mi sono scusato con Matthew, mettendo a nudo l’indole da anticristo che avevo manifestato nel desiderio di competere segretamente con lui per la fama e il prestigio. Praticare in questo modo mi ha molto rasserenato. Poi, Matthew ha trovato alcune parole di Dio pertinenti al mio stato che mi sono state davvero utili. Ero così grato a Dio! Gli ho giurato che mi sarei comportato come Lui richiedeva. Da allora, ho smesso di ignorare i messaggi del mio collaboratore e ho iniziato ad aggiornarlo attivamente sullo stato di tutti i progetti di cui ero responsabile, consentendogli di tenersi al corrente del mio lavoro e di supervisionarmi e assistermi. Discutevamo del nostro lavoro e collaboravamo nelle riunioni e nella condivisione. Ci completavamo a vicenda e sostenevamo il lavoro della chiesa come una squadra. Sia lodato Dio!

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