11. Ho appreso una lezione dalla malattia
Nel marzo del 2023, ho notato che avevo spesso sete, sentivo la bocca secca e la vista stava calando. A volte bastava un breve spostamento di dieci minuti per raggiungere la riunione, ma quando arrivavo alla casa ospitante, dovevo subito trovare dell’acqua da bere. Una sorella mi ha raccomandato di controllare la glicemia. Quando me l’ha detto, mi sono ricordata di aver avuto il diabete gestazionale durante la gravidanza e che dopo il parto avevo ancora la glicemia alta, perciò il medico mi aveva prescritto dei farmaci. All’epoca pensavo che quel piccolo disturbo non fosse un grosso problema perché ero giovane e avrei potuto tenerlo a bada semplicemente evitando lo zucchero; così, dopo quell’episodio, non mi ero più controllata. Dopo il suggerimento della sorella, sono andata a casa e ho misurato la glicemia e per due giorni consecutivi era superiore ai 270 mg/dL. Ero affranta e mi sono convinta di avere il diabete. Ho ripensato a mia madre, morta a quarantadue anni: anche lei aveva spesso sete e questo mi ha fatto sospettare di avere un diabete ereditario; temevo di morire prematuramente come lei, era più forte di me. Mi sentivo soffocare da quella malattia e pensavo: “Il diabete non è come un raffreddore: una volta che ce l’hai, ti accompagna per tutta la vita!” In quel periodo, la prima cosa che facevo quando tornavo a casa dai miei doveri era cercare rimedi su internet, pensando a come abbassare la glicemia. Una volta, mentre navigavo su un sito, ho trovato un medico che parlava delle complicazioni del diabete: diceva che erano molto gravi, che potevano portare alla cecità e, nei casi più estremi, all’amputazione. Ero profondamente angosciata e mi dicevo: “Ho solo trent’anni, come è possibile che mi sia venuta questa malattia? Se continuasse a peggiorare e dovessi diventare cieca e subire l’amputazione degli arti, sarei del tutto inutile. Non sarebbe peggio della morte? Sono ancora così giovane, cosa farò in futuro? A lungo termine, una glicemia scarsamente controllata potrebbe mettere in pericolo la mia vita!” Vivevo in uno stato di panico e ansia, pensavo spesso a cosa sarebbe potuto succedere se la malattia fosse comparsa e a quanto ancora avrei potuto vivere. Sentivo che la mia patologia era davvero grave e che soffrire di più mentre facevo i miei doveri avrebbe solo danneggiato il mio corpo. Senza una buona salute, a cosa sarebbe servito soffrire e pagare un prezzo nei miei doveri? Alla fine, sarei morta comunque e tutti i miei perseguimenti sarebbero stati inutili!
Pochi giorni dopo, si è verificata un’epidemia di influenza A e i miei tre figli hanno preso il raffreddore e la febbre. Ogni giorno dovevo portarli a fare le iniezioni e poi uscire per svolgere i miei doveri. Passavo le giornate a correre di qua e di là ed ero stanchissima. Mi dicevo: “Potrebbe essere colpa della mia malattia? Non posso continuare ad affaticarmi, altrimenti il mio corpo non reggerà!” Ho anche pensato: “Ho iniziato a spendermi e a pagare un prezzo poco tempo dopo aver trovato Dio. Perché Lui non mi ha protetta e non mi ha guarita?” In cuor mio mi lamentavo e ho perso la motivazione a svolgere i miei doveri. A quel tempo ero una leader della chiesa e, benché dessi l’impressione di svolgere i doveri, ero sempre distratta durante le riunioni e i miei pensieri erano costantemente rivolti a come curare la malattia. Trascuravo di notare, e tanto meno di affrontare, i problemi nel lavoro della chiesa. Mi limitavo a svolgere i miei doveri in modo meccanico e mi sentivo un po’ in colpa, però mi consolavo, dicendomi: “Alcune persone svolgono i loro doveri senza impegnarsi quanto me, eppure mi sembra che se la cavino bene. Non posso permettere che la malattia peggiori solo perché sono molto indaffarata. Senza una buona salute, tutto è perduto; se muoio, non sarò salvata. Devo prendermi cura di me”. Qualche giorno dopo, i miei figli si sono gradualmente ripresi dai loro malanni. Io, invece, ho iniziato ad avere la febbre e le medicine non sembravano fare effetto. Tossivo così tanto che avevo dolore e un senso di oppressione al petto e non avevo l’energia per partecipare alle riunioni, perciò me ne stavo a casa a riposare. Improvvisamente ho sentito che era troppo faticoso svolgere i miei doveri e contemporaneamente occuparmi della famiglia; di conseguenza, mi è passato per la testa il pensiero di non voler più fare i miei doveri. Mi lamentavo anche tra me e me: “Perché devo avere questa patologia in così giovane età? Sono tanto attiva nella fede e nei doveri. Perché Dio non mi ha protetta da questa malattia?” Qualche giorno dopo, mi sono ripresa dal raffreddore, ma ancora non uscivo per svolgere i miei doveri. Pensavo: “Se non lo faccio, lo faranno gli altri. Per ora devo prendermi cura della mia salute. Ora che ho questo malanno, ho paura di affaticarmi e di peggiorare la situazione. Non posso continuare a lavorare così tanto”. In quel periodo non volevo leggere le parole di Dio e passavo le giornate a pensare a come curarmi. Trascorrevo i giorni persa nei miei pensieri, intrappolata nell’oscurità, sofferente e tormentata.
Un giorno, sorella Zhao Jing è venuta da me. Mi ha comunicato che i leader superiori avevano inviato delle lettere per organizzare una riunione in cui discutere come implementare il lavoro e che avevano cercato invano di contattarmi in due occasioni. Alcuni compiti non erano stati svolti e certe questioni erano state ritardate. Mi sono sentita un po’ in colpa: per tutti quei giorni ero rimasta a casa, non avevo partecipato alle riunioni né svolto i miei doveri; non potevo fare a meno di chiedermi: “Come ho fatto a diventare così, priva di coscienza e ragionevolezza?” Ho parlato con Zhao Jing del mio stato e lei mi ha ricordato di cercare maggiormente le intenzioni di Dio su questo argomento. Pertanto, ho iniziato a cercare e a chiedermi: “Quale lezione devo imparare da questa malattia?” Ho letto un passo delle parole di Dio: “Se vieni afflitto da una malattia e, per quanto tu possa capire la dottrina, non riesci ancora a sconfiggerla, il tuo cuore continuerà a essere angosciato, ansioso e preoccupato, e non solo non riuscirai ad affrontare la questione con calma, ma avrai anche il cuore colmo di lamentele. Ti chiederai continuamente: ‘Perché nessun altro ha contratto questa malattia? Come mai ha colpito me? Come mai io? È perché sono sfortunato e ho un destino avverso. Non ho mai offeso nessuno, né ho commesso alcun peccato, quindi perché mi è successo questo? Dio mi sta trattando in modo così ingiusto!’ Vedi, oltre che nell’angoscia, nell’ansia e nella preoccupazione, cadi anche nella depressione, sviluppando un’emozione negativa dietro l’altra, senza possibilità di sfuggirvi, per quanto tu lo possa volere. Dal momento che si tratta di una vera e propria malattia, non è facile curarla o sconfiggerla, quindi cosa dovresti fare? Vuoi sottometterti ma non ne sei capace, e se un giorno lo fai, il giorno dopo la tua condizione peggiora e provi molto dolore, e a quel punto non vuoi più sottometterti e ricominci a lamentarti. Oscilli tra i due stati in questo modo per tutto il tempo, quindi cosa dovresti fare? Lascia che ti confidi il segreto per venirne fuori. Che si tratti di una malattia grave o di una insignificante, nel momento in cui si aggrava o ti trovi di fronte alla morte, ti basterà ricordare una cosa: non temere la morte. Anche se hai un cancro all’ultimo stadio, anche se la tua particolare malattia ha un tasso di mortalità molto alto, non temere la morte. Indipendentemente da quanto sia grande la tua sofferenza, se hai paura di morire non ti sottometterai. Alcuni dicono: ‘A queste Tue parole, mi sento ispirato e ho un’idea ancora migliore. Non solo non temerò la morte, ma la invocherò. Così non sarà forse più facile superarla?’ Perché invocare la morte? Invocare la morte è un’idea estrema, mentre non averne paura è un atteggiamento ragionevole da adottare. Non è così? (Sì.) Qual è l’atteggiamento giusto da adottare per non temere la morte? Se la tua malattia si aggrava talmente tanto che rischi di morire, e il suo tasso di mortalità è alto indipendentemente dall’età a cui la si contrae, e l’intervallo di tempo dal suo insorgere alla morte è molto breve, che cosa dovresti pensare nel tuo cuore? ‘Non devo temere la morte; tutti muoiono, alla fine. Sottomettersi a Dio, invece, è qualcosa che la maggior parte delle persone non riesce a fare, e posso approfittare di questa malattia per praticare la sottomissione a Dio. Dovrei avere una mentalità e un atteggiamento di sottomissione alle orchestrazioni e alle disposizioni di Dio, e non devo temere la morte’. Morire è facile, molto più facile che vivere. Puoi soffrire un dolore atroce e non accorgertene, e non appena i tuoi occhi si chiudono, smetti di respirare, l’anima lascia il tuo corpo e la tua vita finisce. È così che avviene la morte, è davvero semplice. Non temere la morte è uno degli atteggiamenti da adottare. Oltre a questo, non devi preoccuparti del fatto che la tua malattia peggiorerà o meno, che morirai se non potrai essere curato, o di quanto tempo passerà prima che tu muoia, o di quanto dolore proverai quando arriverà il momento. Non devi preoccuparti di queste cose; non è di questo che dovresti preoccuparti. Il motivo è che quel momento deve necessariamente giungere, e lo farà in un anno, in un mese e in un giorno particolari. Non puoi nasconderti e non puoi fuggire: è il tuo destino. Il tuo cosiddetto destino è stato prestabilito e già disposto da Dio. Egli ha già deciso quanti anni vivrai, l’età che raggiungerai e l’ora in cui morirai, quindi di cosa ti preoccupi? Puoi preoccuparti, ma questo non cambierà nulla; puoi preoccuparti, ma non puoi impedire che accada; puoi preoccuparti, ma non puoi evitare che quel giorno arrivi. Pertanto, la tua preoccupazione è superflua e non fa altro che rendere ancora più pesante il fardello della tua malattia” (La Parola, Vol. 6: Riguardo al perseguimento della verità, “Come perseguire la verità (3)”). Dopo aver letto le parole di Dio, ho capito che è futile avere paura della morte e preoccuparsi di fronte alla malattia. Dovevo imparare a sottomettermi alla sovranità di Dio in quella faccenda. Lui ha decretato quando le persone moriranno e nessuno può sfuggire a ciò. Preoccuparsi non può cambiare nulla e non fa altro che appesantire i nostri fardelli. Riflettendo sulla mia salute, ho capito che non avevo creduto nella sovranità di Dio. Non avevo avuto la mentalità o l’atteggiamento di sottomettermi alle orchestrazioni e alle disposizioni di Dio, mi ero preoccupata che, se non fosse stato possibile controllare il mio diabete, ci sarebbero state molte complicazioni e che, se la situazione si fosse aggravata, sarei potuta diventare cieca, avrei dovuto subire l’amputazione degli arti o addirittura sarei morta. Mi sentivo così spaventata. Ho anche pensato a mia madre, deceduta a quarantadue anni. Sarei morta anch’io giovane come lei? Sentivo un dolore e un tormento enormi nel cuore. Mi stavo facendo consumare completamente dalla malattia, senza pensare ai doveri. Avevo passato le giornate a cercare rimedi casalinghi per curarmi e non avevo creduto che la gravità della malattia e la mia eventuale morte fossero determinate da Dio. La vita e la morte di una persona sono state stabilite da Dio già da tempo. Non posso sfuggire al fatto che morirò ed è inutile preoccuparsi o impaurirsi per questo. La malattia doveva prepararmi a sottomettermi alle orchestrazioni e alle disposizioni di Dio. La mentalità e l’atteggiamento che dovevo avere erano questi. Non dovevo temere la morte, né rinunciare ai miei doveri a causa della malattia.
Un giorno ho visto il video di una testimonianza esperienziale intitolato Ammalarmi di Covid mi ha rivelata. Nel video, c’era un passo delle parole di Dio che mi ha davvero ispirata. Dio Onnipotente dice: “Prima di decidere di svolgere il loro dovere, nel profondo del cuore gli anticristi traboccano di aspettative verso le loro prospettive, verso il guadagno di benedizioni, una buona destinazione e persino una corona, e nutrono la massima fiducia verso l’ottenimento di queste cose. Vengono nella casa di Dio per svolgere il loro dovere con tali intenzioni e aspirazioni. Allora, lo svolgimento del loro dovere contiene la sincerità, la fede autentica e la lealtà richieste da Dio? A questo punto, non è ancora possibile vedere la loro lealtà, la loro fede e la loro sincerità autentiche, perché prima di svolgere il loro dovere tutti nutrono una mentalità interamente transazionale; tutti decidono di svolgerlo spinti dagli interessi e basandosi anche sul presupposto delle loro ambizioni e dei loro desideri strabordanti. Qual è l’intenzione degli anticristi nell’assolvere il loro dovere? È stringere un accordo, fare uno scambio. Si potrebbe dire che queste sono le condizioni che pongono per assolvere un dovere: ‘Se svolgo il mio dovere, allora devo ottenere benedizioni e avere una buona destinazione. Devo ottenere tutte le benedizioni e i benefici che Dio ha detto essere preparati per l’umanità. Se non posso ottenerli, allora non farò questo dovere’. Entrano nella casa di Dio per svolgere il loro dovere con tali intenzioni, ambizioni e desideri. Sembra che abbiano un po’ di sincerità e naturalmente, nel caso di coloro che sono nuovi credenti e stanno appena iniziando a svolgere il loro dovere, lo si può anche definire entusiasmo. Ma non ci sono né fede autentica né lealtà in questo; c’è solo quel grado di entusiasmo. Non può essere chiamata sincerità. A giudicare da questo atteggiamento che gli anticristi hanno nei confronti dell’assolvimento del loro dovere, si tratta di qualcosa di completamente transazionale e pieno dei loro desideri di benefici come guadagnare benedizioni, entrare nel Regno dei Cieli, ottenere una corona e ricevere ricompense. Dunque dall’esterno sembra che molti anticristi, prima di essere espulsi, stiano svolgendo il loro dovere e abbiano persino fatto più rinunce e sofferto di più di una persona comune. Ciò che spendono e il prezzo che pagano sono pari a quelli di Paolo, e non si affannano nemmeno meno di lui. È una cosa che tutti possono vedere” (La Parola, Vol. 4: Smascherare gli anticristi, “Tema 9: Parte settima”). Dio espone che gli anticristi sono pieni di desideri stravaganti per il futuro e che desiderano per loro stessi una bella destinazione. L’intenzione con cui vengono a compiere i loro doveri è solo quella di ottenere benedizioni, senza alcuna sincerità o lealtà. Quando l’ho applicato a me stessa, mi sono resa conto che il mio modo di perseguire era uguale a quello di un anticristo. Quando all’inizio avevo accettato l’opera di Dio degli ultimi giorni, mi ero spesa con entusiasmo per entrare nel Regno e ottenere benedizioni. Ero stata disposta a mettere da parte i figli e la famiglia per concentrarmi esclusivamente sui doveri. Ma quando avevo constatato che avevo la glicemia alta, sapendo che poteva portare a gravi complicazioni, il mio atteggiamento nei confronti dei doveri era cambiato completamente e li avevo accantonati. Ho visto che la mia intenzione nel fare i doveri era stata quella di cercare di mercanteggiare con Dio e quando il mio desiderio di benedizioni si era infranto, avevo abbandonato i doveri e Lo avevo tradito. Egli odia il tradimento nella maniera più assoluta, eppure è proprio quello che avevo fatto. Mi sentivo così in colpa. Ho pensato a Paolo che teneva fede a queste parole: “Ho combattuto il buon combattimento, ho finito la corsa, ho conservato la fede. Ormai mi è riservata la corona di giustizia” (2 Timoteo 4:7-8). Il suo spendersi, le avversità e i sacrifici erano tutti finalizzati a ottenere benedizioni e corone e non allo scopo di compiere i doveri di un essere creato. Poiché il suo cammino era sbagliato, cercò di contrattare con Dio in ogni occasione e alla fine offese l’indole di Dio e fu punito da Lui. Anch’io mi ero spesa in cambio di benedizioni, cercando così di manipolare Dio. Il mio punto di vista sul perseguimento non era forse lo stesso di Paolo? L’opera di giudizio e castigo di Dio degli ultimi giorni ha lo scopo di purificare e perfezionare le persone attraverso le Sue parole, ma io avevo creduto in Dio solo per ricevere grazia e benedizioni; ero convinta che, fintanto che avessi svolto attivamente i miei doveri, Dio mi avrebbe protetta e mi avrebbe evitato malattie o catastrofi. Questa convinzione si basava sulle mie nozioni e immaginazioni. Una simile concezione del perseguimento non è corretta, non è in linea con le intenzioni di Dio ed è ripugnante per Lui. Pensavo di perseguire abbastanza bene, ma la malattia mi ha fatto capire che credevo in Dio solo per assicurarmi un buon futuro e un bel destino e che stavo cercando di usare Dio per un guadagno personale. Se non ricevevo benedizioni, non ero disposta a compiere i miei doveri, né cercavo la verità per risolvere i miei problemi. Non avevo alcuna sincerità o lealtà verso Dio. Dio è santo, quindi come può non disprezzare un modo di perseguire così spregevole? Ripensandoci ora, capisco che se non avessi sperimentato la rivelazione di questa malattia, non avrei riflettuto su me stessa, né avrei compreso che il mio perseguimento era sbagliato.
In seguito, mi sono imbattuta in un passo delle parole di Dio che mi ha davvero giovato. Dio Onnipotente dice: “Quando non sono capaci di vedere con chiarezza, comprendere e accettare gli ambienti che Dio orchestra e la Sua sovranità, e di sottomettervisi, e quando affrontano varie difficoltà della loro vita quotidiana, o quando queste difficoltà superano ciò che una persona normale può sopportare, gli individui provano inconsciamente ogni tipo di preoccupazione e ansia, e persino angoscia. Non sanno cosa accadrà domani, o dopodomani, o come staranno le cose tra qualche anno, o cosa riserverà loro il futuro, e quindi si sentono angosciati, ansiosi e preoccupati per ogni sorta di cose. Qual è il contesto in cui le persone si sentono angosciate, ansiose e preoccupate per ogni genere di cose? È che non credono nella sovranità di Dio, ossia non sono in grado di crederci e di vederla con chiarezza. Non la capirebbero e non ci crederebbero neanche se la vedessero con i loro occhi. Non credono che Dio detenga la sovranità sul loro destino, non credono che la loro vita sia nelle Sue mani, e quindi nel loro cuore nascono prima la sfiducia e poi il biasimo verso la sovranità di Dio e le Sue disposizioni, e sono incapaci di sottomettersi. Oltre a nutrire biasimo e a non essere in grado di sottomettersi, vogliono essere padroni del proprio destino e agire di propria iniziativa. Qual è la situazione concreta che si presenta dopo che hanno iniziato ad agire di propria iniziativa? Tutto ciò che possono fare è vivere contando sulla propria levatura e sulle proprie capacità, ma vi sono molte cose che non possono ottenere, conseguire o realizzare con la propria levatura e le proprie capacità” (La Parola, Vol. 6: Riguardo al perseguimento della verità, “Come perseguire la verità (3)”). Dopo aver letto le parole di Dio, ho finalmente capito che non avevo alcuna comprensione della sovranità di Dio. Ero sempre agitata, ansiosa e preoccupata per la mia malattia, pensando e pianificando costantemente per conto mio, senza pregare o cercare le intenzioni di Dio. Non credevo che Dio fosse sovrano su tutto e volevo sempre trovare una soluzione da sola. Ho constatato che ero stata veramente indegna di essere chiamata cristiana! Ho pensato ai non credenti che, quando si ammalano, si sentono senza speranza, impotenti e privi di sostegno e devono fare affidamento solo su sé stessi per trovare modi per guarire. Io sono una credente in Dio e Dio è sovrano su tutto, quindi dovrei affidarmi a Lui. Dovevo collaborare con la terapia e allo stesso tempo svolgere bene i miei doveri. Ho riflettuto sugli oltre due anni trascorsi da quando avevo iniziato a credere in Dio e ho capito che tutto ciò di cui avevo goduto era segno della Sua grazia e che ogni giorno avevo vissuto sotto la cura e con la protezione di Dio. Quella malattia era stata permessa da Lui: Egli aveva accuratamente predisposto determinate circostanze per fare in modo che conoscessi me stessa e per farmi capire che la vita umana è nelle Sue mani, purificando così il mio desiderio di benedizioni. Eppure avevo frainteso Dio, mi ero lamentata e avevo dubitato di Lui e avevo cercato costantemente una via d’uscita per la mia carne. Ho constatato che non possedevo alcuna verità realtà. Ero stata veramente cieca e sciocca! Ho pensato anche a una sorella anziana della chiesa che era affetta da una grave patologia cardiaca. I medici avevano detto che non ce l’avrebbe fatta e la famiglia l’aveva preparata per il funerale, ma nonostante il dolore, quella sorella non si era lamentata con Dio e in seguito le sue condizioni erano miracolosamente migliorate. Dopo un po’ di tempo, svolgeva ancora i suoi doveri e non aveva bisogno di prendere alcuna medicina e la sua salute era tornata a un livello ragionevole. Ho capito che quella sorella anziana si era affidata a Dio durante la malattia ed era rimasta salda nella sua testimonianza mentre la mia malattia, che non era nemmeno grave come la sua, mi aveva terrorizzata. Mi era proprio mancata la vera fede che aveva lei. Mi vergognavo così tanto! Non dovevo preoccuparmi o avere paura, dovevo sottomettermi alle orchestrazioni e alle disposizioni di Dio e vivere attivamente la situazione che Dio aveva orchestrato per me.
In seguito, ho letto altre parole di Dio: “Allora, quale scelta dovresti compiere e come dovresti affrontare la questione della malattia? È molto semplice, e c’è una strada da seguire: perseguire la verità. Perseguire la verità e considerare la questione in base alle parole di Dio e alle verità principi: questa è la comprensione che le persone dovrebbero possedere. E in che modo dovresti praticare? Prendi tutte queste esperienze e metti in pratica, in conformità alla verità e alle parole di Dio, la comprensione che hai acquisito e le verità principi che hai compreso, e fanne la tua realtà e la tua vita: questo è un aspetto. L’altro aspetto è che non devi abbandonare il tuo dovere. Che tu soffra o sia malato, finché ti resta anche un solo respiro, fintanto che sei vivo e riesci ancora a parlare e a camminare, allora hai l’energia per svolgere il tuo dovere, e dovresti farlo diligentemente e con i piedi ben piantati a terra. Non devi abbandonare il dovere di un essere creato o la responsabilità che il Creatore ti ha affidato. Fintanto che sei ancora in vita, dovresti portare a termine il tuo dovere e adempierlo bene” (La Parola, Vol. 6: Riguardo al perseguimento della verità, “Come perseguire la verità (3)”). “Non vi è correlazione fra il dovere dell’uomo e l’eventualità che riceva benedizioni o che subisca una cattiva sorte. Il dovere è ciò che l’uomo dovrebbe compiere; è la sua vocazione mandata dal cielo e non dovrebbe dipendere da ricompense, condizioni o ragioni. Soltanto così egli starà facendo il suo dovere. Ricevere benedizioni si riferisce a quando qualcuno viene reso perfetto e gioisce delle benedizioni di Dio dopo avere sperimentato il giudizio. Subire una cattiva sorte fa riferimento a quando qualcuno, dopo avere sperimentato il giudizio e il castigo, non va incontro a una trasformazione dell’indole, ossia non viene reso perfetto, bensì punito. Ma a prescindere dal fatto che ricevano benedizioni o subiscano una cattiva sorte, gli esseri creati dovrebbero compiere il loro dovere, fare ciò che dovrebbero fare e ciò che sono in grado di fare; questo è il minimo che una persona, una persona che persegue Dio, dovrebbe fare. Tu non dovresti svolgere il tuo dovere solo per ricevere benedizioni, né rifiutarti di agire per timore di subire una cattiva sorte. Lasciate che vi dica quest’unica cosa: svolgere il proprio dovere è ciò che l’uomo dovrebbe fare, e se non è in grado di farlo, questo dimostra la sua ribellione” (La Parola, Vol. 1: La manifestazione e l’opera di Dio, “La differenza tra il ministero di Dio incarnato e il dovere dell’uomo”). Dio ha detto che, finché una persona ha fiato, deve compiere bene i propri doveri e non rinunciare alle proprie responsabilità perché i doveri sono la vocazione celeste di un essere creato e un incarico ricevuto da Dio. Indipendentemente dalle circostanze, dovevo compiere bene il mio dovere perché è perfettamente naturale e giustificato farlo. Ho anche capito che i miei doveri non hanno nulla a che fare con il fatto che io riceva benedizioni o subisca disgrazie. Si ricevono benedizioni se si cambia la propria indole dopo aver sperimentato il giudizio e il castigo di Dio. Quando una persona è in grado di sottomettersi alla sovranità e alle disposizioni di Dio, sa svolgere bene i doveri di un essere creato e non si ribella più a Dio, né Gli oppone resistenza, solo allora quella persona può ricevere l’accettazione e l’approvazione di Dio. Per determinare quale esito avremo, Dio osserva se la nostra indole sia cambiata o meno; io, invece, avevo sempre trattato i miei doveri come un modo per contrattare con Dio in cambio di benedizioni. Senza perseguire la verità, ero destinata a cadere e a fallire. Anche in assenza di qualsiasi malattia, se non avessi fatto bene i miei doveri e non avessi ottenuto la verità, non sarei comunque stata eliminata e distrutta da Dio? Non è tanto importante se sono malata o meno, ciò che conta è se riesco a ottenere la verità. Ora non mi sento più limitata dalla malattia, prendo le medicine necessarie e faccio attenzione all’alimentazione e non ho più la preoccupazione di morire. Al contrario, pratico l’affidare tutto a Dio e il sottomettermi alle Sue orchestrazioni e disposizioni.
L’esperienza di quella malattia è stata immensamente benefica per me perché ha corretto il mio perseguimento fuorviato nel credere in Dio. Se non fosse stato per la malattia, avrei continuato a fare i miei doveri con l’intenzione di ottenere benedizioni e passare la vita a credere in questo modo non mi avrebbe permesso di ottenere l’approvazione di Dio. Sono arrivata a capire che quella situazione predisposta da Dio era davvero buona e benefica e sono così grata a Dio!