8. Non ripongo più grandi aspettative su mio figlio
Sono cresciuta in campagna: la vita in casa era piuttosto difficile. Invidiavo la gente di città; credevo che solo studiando tanto, andando all’università e assicurandomi un’occupazione stabile sarei potuta sfuggire al lavoro nei campi dall’alba al tramonto. Mentre ero a scuola, mi applicavo molto. Anche quando gli altri riposavano, io continuavo a studiare. Nei fine settimana, non tornavo a casa perché temevo che il rientro avrebbe inciso sul rendimento. Le cose, però, non andavano come desideravo. Per quanto mi impegnassi, non vedevo comunque alcun miglioramento significativo nei voti. Ho ripetuto l’anno scolastico due volte, senza però riuscire a entrare all’università. Di conseguenza, ho cominciato a soffrire di una forte insonnia. Quando non ho superato l’esame di ammissione all’università, mi sono vergognata molto e non sono uscita di casa per oltre sei mesi. Dopo il matrimonio, io e mio marito abbiamo avviato un’attività da casa. Anche se lavoravamo ogni giorno dall’alba al tramonto, non riuscivamo a fare grandi guadagni. Poi è nato nostro figlio; era così intelligente e carino, quindi ho pensato: “Visto che i miei desideri non si sono realizzati, devo fare in modo che lui possa studiare tanto e andare all’università, trovare un lavoro rispettabile e distinguersi dalla massa. In questo modo potremo sfuggire a una vita di povertà e farò bella figura anch’io. Quando ero piccola, dato che avevo molte sorelle, i miei genitori non avevano il tempo di supervisionare i nostri studi e, di conseguenza, non ho basi accademiche valide. Devo concentrarmi sull’istruzione di mio figlio fin dalla tenera età e assicurarmi che le sue basi, invece, siano solide”. Così, ogni volta che vedevo un libro che poteva migliorare il suo rendimento, glielo compravo. A volte, quando tornava a casa da scuola e voleva giocare un po’, gli dicevo: “Se non ti impegni adesso nello studio, in futuro finirai a svolgere lavori pesanti e gli altri ti guarderanno dall’alto in basso, proprio come fanno con noi. Che fatica sarebbe! Per chi lavoro così duramente ogni giorno? Non è forse per te che lo faccio? Eppure, tu ti ostini a non impegnarti!” Non avendo scelta, mio figlio andava con riluttanza a fare i compiti. Anche una volta terminato, non lo lasciavo uscire a giocare, ma gliene assegnavo altri. Credevo che “se leggi un libro cento volte, il suo significato diventerà chiaro”. Così ogni mattina lo facevo alzare mezz’ora prima per imparare a memoria le lezioni. Quando non aveva voglia di studiare e faceva i capricci, lo sgridavo e gli facevo la predica. Ogni giorno ero come una molla tesa, non osavo mai rilassarmi. Tutte le volte che mio figlio disobbediva anche solo un po’, lo tormentavo: “Perché non ascolti?! Mi impegno allo sfinimento tutti i giorni: tengo monitorati i tuoi studi, faccio il bucato, ti preparo i pasti quando vai a scuola e devo comunque lavorare per guadagnare i soldi per farti mangiare bene. Per chi sto facendo tutto questo? Non è forse per garantirti un futuro radioso? Se non mi ascolti e non ti applichi, te ne pentirai più avanti!” Temevo che, se fosse uscito a giocare, non sarebbe riuscito a rimettere la testa sui libri, perciò glielo impedivo. Anche se a volte lo portavo fuori, era solo per andare in libreria. Lo seguivo da vicino e non lo lasciavo mai, esortandolo a studiare e così è stato anche dopo le elementari.
Alle scuole medie, non andava bene in inglese, quindi ho pensato che dovevo impararlo prima io: in quale altro modo avrei potuto insegnarglielo? Credevo che avrebbe avuto maggiori possibilità di entrare all’università solo se avesse avuto buoni voti in tutte le materie. E soltanto entrando all’università avrebbe potuto cambiare il suo destino. Se fosse riuscito a distinguersi, avrebbe portato onore anche a noi genitori. Avevo senza dubbio molte cose a cui badare, che rendevano faticoso l’apprendimento, però mi impegnavo comunque e, dopo aver imparato io, davo ripetizioni a lui finché non capiva. Ogni giorno lo vedevo stressato, non aveva voglia di parlare, non sorrideva, con la schiena ingobbita a una così tenera età, privo di energia: mi addolorava profondamente. Ma per il bene del suo brillante futuro, sentivo di non avere altra scelta che continuare a spronarlo in quel modo. Alla fine, mio figlio è stato ammesso solo a un’università di secondo livello. Per come la vedevo io, frequentare un ateneo di livello inferiore non gli avrebbe offerto un grande futuro, pertanto gli ho fatto ripetere gli studi in un’importante scuola superiore della città. Finalmente, dopo tutto il mio impegno, è stato ammesso a un’università ideale. Ero molto soddisfatta e orgogliosa, mi sembrava quasi di aver cambiato modo di camminare rispetto a prima. Pensavo che, se mio figlio si fosse laureato e avesse trovato un lavoro stabile, avrebbe potuto condurre una vita felice e agiata e che anche io ne avrei goduto i benefici in vecchiaia. Ma quello che non mi aspettavo è che mio figlio non potesse ottenere il certificato di laurea perché non aveva superato l’esame di certificazione inglese CET di livello 4. Abbiamo provato di tutto, chiedendo favori e cercando agganci, ma senza successo. Mi sono detta: “È finita, non ho più speranze di elevarmi al di sopra degli altri. Tutti gli sforzi che ho fatto in questi anni non sono serviti a nulla e ogni speranza è andata completamente in frantumi!” Era come se mi fosse crollato il mondo addosso. Da quel momento, con mio figlio non ho fatto altro che criticare e lamentarmi, mostrandomi delusa di lui perché non aveva studiato abbastanza e non aveva soddisfatto le mie aspettative. Era così stanco di essere tormentato che non voleva nemmeno tornare a casa. Poiché non aveva un diploma di laurea, non riusciva a trovare lavoro. Quando uscivo, temevo di imbattermi in qualche conoscente che mi chiedesse: “Dove lavora tuo figlio? Come procede?” Se gli altri avessero scoperto che era andato all’università senza laurearsi, non avrebbero pensato che era come non esserci andato per niente? Non avrebbero riso di me? Di conseguenza, ero quotidianamente angosciata.
Nel dicembre del 2021, ho accettato la salvezza di Dio Onnipotente degli ultimi giorni. Ho condiviso la mia sofferenza con una sorella e lei mi ha trovato un passo delle parole di Dio: “A prescindere da quanto si sia insoddisfatti della propria nascita, della propria crescita o del proprio matrimonio, tutti coloro che sono passati attraverso queste cose sanno che non si può scegliere dove e quando nascere, che aspetto avere, quali genitori e quale coniuge si avranno, bensì occorre semplicemente accettare la volontà del Cielo. Eppure, quando arriva il momento di crescere la generazione successiva, le persone proietteranno sui loro discendenti tutti i desideri che non sono riuscite a realizzare nella prima metà della loro vita, sperando che la prole compensi tutte le delusioni ricevute in quel periodo. Così gli uomini si abbandonano a ogni genere di fantasie sulla propria progenie: che le figlie crescano e diventino delle bellezze mozzafiato, che i figli diventino gentiluomini affascinanti; che le figlie abbiano cultura e talento e che i figli siano studenti brillanti e atleti famosi; che le figlie siano dolci, virtuose e sagge, e i figli intelligenti, capaci e sensibili. Sperano che, maschi o femmine, i loro figli rispettino gli anziani, siano premurosi verso i genitori, siano amati ed elogiati da tutti… A questo punto le speranze per la vita si rinfocolano e nuove passioni si accendono nel cuore degli uomini. Le persone sanno di essere impotenti e disperate in questa vita, di non avere un’altra occasione o un’altra speranza di distinguersi dalla massa, e di non avere altra scelta se non accettare il proprio destino. Perciò proiettano tutte le loro speranze, i loro desideri e ideali irrealizzati, sulla generazione successiva, sperando che la prole possa aiutarle ad avverare i loro sogni e a realizzare i loro desideri; che le figlie e i figli portino onore al nome della famiglia, che diventino importanti, ricchi o famosi. In breve, vogliono vedere la fortuna della loro progenie volare in alto. I progetti e le fantasie degli uomini sono perfetti; essi non sanno che non spetta a loro decidere quanti figli avranno, il loro aspetto, le loro capacità e così via? Non sanno che il destino dei loro figli non è affatto nelle loro mani? Gli esseri umani non sono i padroni del proprio destino, eppure sperano di cambiare il futuro della generazione più giovane; non possono sfuggire al destino, eppure provano a controllare quello dei loro figli e delle loro figlie. Non si sopravvalutano? Queste non sono stupidità e ignoranza umane?” (La Parola, Vol. 2: Riguardo al conoscere Dio, “Dio Stesso, l’Unico III”). Leggere le parole di Dio mi ha profondamente commossa. Dio controlla il destino delle persone. Non importano i metodi o il prezzo pagato, nessuno può sfuggire al destino disposto da Dio. Ho ripensato a quando ero giovane e insoddisfatta della mia vita familiare. Volevo cambiare il mio destino attraverso la cultura. Quando le mie aspirazioni si erano infrante, avevo proiettato ogni speranza su mio figlio, desiderando che potesse realizzare i miei desideri di successo. Per raggiungere i miei obiettivi, lo avevo tenuto sotto stretto controllo, pianificando in quale modo dovesse studiare in ogni fascia oraria. Neanche nei fine settimana gli permettevo di uscire a giocare; se usciva, poteva andare solo in libreria. Lo monitoravo da vicino e, quando non si impegnava nello studio, lo picchiavo o lo sgridavo, temendo che, se non avesse fatto bene, non sarebbe entrato in una buona università e io non avrei fatto bella figura. Gli avevo imposto tutte le mie aspettative e questo gli aveva fatto condurre una vita molto repressa, danneggiando notevolmente il suo benessere psico-fisico; anch’io avevo provato una sofferenza e uno sfinimento enormi. Dalle parole di Dio, sono giunta a capire che Dio governa il destino umano e che, per quanto le persone si sforzino, non possono cambiarlo. Eppure avevo sempre desiderato liberarmi dalla sovranità di Dio, cambiare il mio destino e quello di mio figlio attraverso la cultura e raggiungere l’obiettivo di elevarmi al di sopra degli altri. Sebbene avessi pagato un prezzo alto, alla fine le cose non erano andate come volevo. Non potevo nemmeno controllare il mio destino, eppure avevo voluto cambiare quello di mio figlio: quanto ero stata arrogante, presuntuosa, sciocca e ignorante! Quanto mi ero sopravvalutata! Mi sono ricordata di un mio vecchio vicino di casa che, pur avendo una scarsa istruzione, era diventato un dirigente e aveva fatto un sacco di soldi. Nemmeno mio nipote aveva studiato molto, eppure era riuscito a guadagnare parecchio gestendo la sua attività di elettronica e viveva in modo più agiato di molti altri che avevano diplomi e cultura. C’era anche un fratello più giovane, mio compaesano, che era entrato all’università, ma dopo la laurea era caduto in depressione. Non aveva più voglia di parlare con gli altri e si era ritrovato senza lavoro. Prima non avevo capito la sovranità di Dio e avevo sempre cercato di liberarmi, danneggiando sia me che mio figlio. A quel punto ho compreso che mi ero sbagliata e ho pregato Dio: “Dio, sono disposta ad affidare mio figlio nelle Tue mani. Qualunque cosa accada in futuro, sono pronta a sottomettermi alla Tua sovranità e alle Tue disposizioni”. Da quel momento in poi, non ho più rimproverato mio figlio né gli ho tenuto il muso lungo. E lui ha anche smesso di evitarmi come prima. Successivamente, ho incontrato per strada un’amica che mi ha chiesto del lavoro di mio figlio e mi sono sentita ancora turbata. Non avevo il coraggio di dire la verità, preoccupata per l’opinione che avrebbe avuto di me: provavo un tale imbarazzo.
In seguito, ho riflettuto: “Ero convinta di riuscire a lasciarmi alle spalle la situazione di mio figlio, ma perché mi disturba ancora quando gli altri la tirano in ballo?” Ho letto queste parole di Dio: “Durante il processo di apprendimento della conoscenza da parte degli uomini, Satana impiega ogni sorta di metodo, che sia raccontare storie o fornire semplicemente loro una fetta di conoscenza, o permettere di realizzare i loro desideri e ambizioni. Su quale strada Satana vuole condurti? Le persone pensano che non ci sia niente di sbagliato nell’apprendimento della conoscenza, che sia del tutto naturale. Per dirla in modo che suoni interessante, coltivare nobili ideali o avere ambizioni significa avere determinazione, e questa dovrebbe essere la strada giusta da seguire nella vita. Non è forse un modo più glorioso di vivere se le persone possono realizzare i loro ideali, o avviare una carriera di successo? In tal modo si può non solo onorare i propri antenati, ma anche avere la possibilità di lasciare il proprio segno nella storia; non è una buona cosa? È una cosa buona agli occhi della gente mondana e per loro dovrebbe essere appropriato e positivo. Tuttavia, Satana, con le sue sinistre motivazioni, porta le persone su questo tipo di strada e poi basta così? No di certo. In effetti, per quanto nobili siano gli ideali umani, per quanto realistici siano i desideri dell’uomo o per quanto appropriati possano essere, tutto ciò che l’uomo vuole ottenere, tutto ciò che l’uomo cerca è inestricabilmente connesso a due parole. Queste due parole sono di vitale importanza nella vita di ogni persona e sono cose che Satana intende instillare nell’uomo. Quali sono queste due parole? Sono ‘fama’ e ‘profitto’. Satana usa un metodo molto morbido, molto consono alle nozioni delle persone, niente affatto radicale, tramite il quale fa sì che le persone accettino inconsapevolmente il suo modo di vivere, le sue regole, e stabiliscano i loro obiettivi e la loro direzione nella vita e arrivino anche inconsapevolmente ad avere delle ambizioni nella vita. Per quanto grandiose possano sembrare queste ambizioni, sono inestricabilmente legate a ‘fama’ e ‘profitto’. Tutto ciò che qualsiasi persona grande o famosa – ogni persona, in effetti – segue nella vita, si riferisce unicamente a queste due parole: ‘fama’ e ‘profitto’. Dopo aver ottenuto fama e profitto, le persone pensano di poterli capitalizzare per usufruire di uno stato sociale elevato e di grandi ricchezze, e godersi così la vita. Pensano che fama e profitto siano una sorta di capitale che possono utilizzare per una vita improntata alla ricerca del piacere e al godimento sfrenato della carne. Per questa fama e questo profitto tanto bramati dall’umanità, le persone consegnano volentieri, seppure inconsapevolmente, i loro corpi, le loro menti, tutto ciò che possiedono, il loro futuro e il loro destino, a Satana. Le persone, infatti, lo fanno genuinamente e senza neppure un attimo di esitazione, sempre ignare della necessità di recuperare tutto ciò che hanno consegnato. Possono le persone mantenere un qualche controllo su di sé dopo essersi rifugiate in Satana ed essergli diventate leali in questo modo? Certo che no. Sono completamente e assolutamente controllate da Satana. Sono completamente e assolutamente sprofondate in un pantano e sono incapaci di liberarsi. Una volta impantanate nella fama e nel profitto, le persone non cercano più ciò che è luminoso, ciò che è giusto o le cose belle e buone. Questo perché il potere seduttivo che fama e profitto esercitano sulle persone è troppo grande, ed essi divengono obiettivi da perseguire nel corso della vita e persino per tutta l’eternità, senza fine. Non è vero?” (La Parola, Vol. 2: Riguardo al conoscere Dio, “Dio Stesso, l’Unico VI”). “Satana usa fama e profitto per controllare i pensieri dell’uomo, finché le persone non riescono a pensare ad altro che non sia fama e profitto. Si affannano per fama e profitto, patiscono disagi per fama e profitto, sopportano umiliazioni per fama e profitto, sacrificano tutto ciò che hanno per fama e profitto, ed esprimeranno giudizi o prenderanno decisioni per fama e profitto. In tal modo, Satana lega le persone con catene invisibili ed esse non hanno la forza né il coraggio di liberarsene. Portano inconsapevolmente il peso di queste catene e continuano ad arrancare con grande difficoltà. Per amore di tale fama e profitto, l’umanità evita Dio e Lo tradisce e diventa sempre più malvagia. In questo modo, quindi, una generazione dopo l’altra viene distrutta nella fama e nel profitto di Satana” (La Parola, Vol. 2: Riguardo al conoscere Dio, “Dio Stesso, l’Unico VI”). Dalle parole di Dio ho capito che Satana corrompe le persone attraverso la fama e il guadagno, portandole a perseguire solo queste cose e a credere che, finché avranno fama e guadagno, avranno tutto e vivranno felici. Io avevo adottato questo punto di vista, vivevo secondo le leggi sataniche di sopravvivenza, come “La conoscenza può cambiare il tuo destino”, “L’uomo può creare una meravigliosa casa con le sue mani” e “Gli altri perseguimenti sono ben poca cosa, i libri li surclassano tutti”. Ho ripensato alla mia infanzia: sono nata in una famiglia povera e la gente ci guardava dall’alto in basso. Un giorno, una mia cugina più grande era tornata dalla città al volante di un’auto e tutti in paese l’avevano ammirata: in quella circostanza, mi ero sentita particolarmente invidiosa. Mi ero detta che in futuro avrei dovuto condurre una vita come la sua e ottenere l’ammirazione degli altri. Per inseguire fama e guadagno, avevo dedicato tutto il mio tempo allo studio, sacrificando persino il riposo, cosa che alla fine mi aveva provocato una grave insonnia. Non riuscivo a dormire notte dopo notte e potevo fare affidamento solo sui sonniferi. Resistevo a stento ogni giorno, con la sensazione che la vita fosse peggiore della morte. Eppure, alla fine, non ero comunque entrata all’università né avevo conquistato l’esistenza che avevo desiderato. Nonostante ciò, non ero riuscita ad aprire gli occhi e a prendere coscienza della realtà e, per ottenere fama e guadagno, avevo proiettato su mio figlio le mie aspirazioni disattese. Era normalissimo che lui volesse giocare un po’ quando era piccolo, ma per soddisfare i miei desideri, gli avevo controllato la vita, costringendolo a non fare altro che studiare ogni giorno, e picchiandolo o sgridandolo quando non studiava bene. Il mio bambino, un tempo vivace e allegro, era diventato sempre più cupo, aveva perso la gioia dell’infanzia e in giovane età si era incurvato notevolmente e aveva perso tanti capelli. A causa del mio controllo, mio figlio si era allontanato da me. Quando non era riuscito a laurearsi e io non avevo raggiunto i miei obiettivi di fama e guadagno, mi era sembrato che il mio mondo fosse crollato. Non volevo vedere nessuno; per la vergogna, tenevo sempre la testa bassa; mi ero lagnata con mio figlio, criticandolo perché non era stato all’altezza delle mie aspettative. Avevo provato una grande angoscia. Questi erano i frutti amari della mia ricerca di fama e guadagno. Mi è tornato in mente un ragazzo che viveva nello stesso paesino di mia sorella e veniva da una famiglia anch’essa molto povera. Per cambiare il proprio destino attraverso la cultura, aveva ripetuto gli studi per diversi anni, ma non era comunque riuscito a entrare all’università. Alla fine, era caduto in depressione. Ecco cosa accade quando Satana usa la fama e il guadagno per corrompere le persone. Ho riflettuto su come avevo vissuto in base alla filosofia di Satana, considerando la fama e il guadagno come i miei obiettivi da perseguire nella vita. Spendendomi disperatamente per questi obiettivi, avevo finito per danneggiare sia mio figlio che me stessa. Non volevo più essere danneggiata da Satana ed ero disposta a sottomettermi alla sovranità e alle disposizioni di Dio.
In seguito, ho letto queste parole di Dio: “Innanzitutto, questi requisiti e questi approcci che i genitori hanno verso i figli sono giusti o sbagliati? (Sono sbagliati.) Quindi, in ultima analisi, qual è la causa principale quando si tratta di tali approcci adottati dai genitori nei confronti dei figli? Non sono forse le aspettative che ripongono su di loro? (Sì.) All’interno della loro mentalità soggettiva, i genitori prevedono, pianificano e determinano varie cose riguardanti il futuro dei figli e, di conseguenza, sviluppano queste aspettative. Sotto l’impulso di tali aspettative, pretendono che i figli apprendano varie abilità, che studino teatro e danza, o arte, e così via. Pretendono che diventino individui di talento e che in seguito approdino a ruoli da responsabili, non da subordinati. Pretendono che diventino ufficiali di alto grado e non dei soldati semplici; che diventino manager, amministratori delegati e dirigenti, che lavorino per le 500 aziende più importanti del mondo e così via. Queste sono tutte idee soggettive dei genitori. Ora, prima di raggiungere l’età adulta, i figli hanno una qualche concezione del contenuto delle aspettative dei loro genitori? (No.) Non ne hanno alcuna concezione, non le comprendono. Cosa capiscono da piccoli? Capiscono solo che vanno a scuola per imparare a leggere, studiando sodo, facendo i bravi e comportandosi educatamente. Questo è di per sé alquanto positivo. Andare a scuola a seguire le lezioni secondo gli orari prestabiliti e tornare a casa a fare i compiti, queste sono le cose che i bambini capiscono; il resto è solo gioco, cibo, fantasticherie, sogni e così via. Prima di raggiungere l’età adulta, i bambini non hanno alcuna idea delle cose sconosciute che incontreranno nel loro percorso di vita e neppure possono immaginarle. Tutto ciò che immaginano o determinano per quando raggiungeranno l’età adulta proviene dai genitori. Pertanto, le aspettative errate che i genitori nutrono nei loro confronti non hanno nulla a che vedere con i figli, i quali devono solo discernere l’essenza di tali aspettative. Su cosa si basano queste aspettative dei genitori? Da dove provengono? Dalla società e dal mondo. Lo scopo di tutte queste aspettative nutrite dai genitori è mettere i figli in condizione di adattarsi a questo mondo e a questa società, evitando di esserne eliminati, e di affermarsi nella società, di procurarsi un lavoro sicuro, una famiglia e un futuro stabili; per questo i genitori nutrono diverse aspettative soggettive verso i figli. Per esempio, oggi va molto di moda essere ingegneri informatici. Alcuni dicono: ‘Mio figlio diventerà ingegnere informatico. Potrà guadagnare molti soldi in questo campo, porterà sempre un computer con sé e si dedicherà al suo lavoro. Questo farà fare bella figura anche a me!’ In queste circostanze, in cui i figli non possiedono alcuna concezione, i genitori stabiliscono il loro futuro. Non è forse sbagliato? (Sì.) I genitori ripongono le loro speranze nei figli esclusivamente in base alla visione delle cose nonché alle opinioni, alle prospettive e alle preferenze sulle questioni del mondo possedute dagli adulti. Non è una cosa soggettiva? (Sì.) Con un eufemismo la si può definire soggettiva, ma cos’è in realtà? Qual è un’altra interpretazione di questa soggettività? Non si tratta forse di egoismo? Non è coercizione? (Sì.) A te piace questo o quel lavoro e un certo tipo di carriera, ti piace affermarti, vivere una vita ricercata, essere un funzionario oppure un ricco membro della società, e quindi spingi i tuoi figli a fare quelle cose, a essere quel tipo di persone e a percorrere il medesimo cammino; ma a loro piacerà vivere in questo ambiente e svolgere questo lavoro in futuro? Sono adatti a farlo? Qual è il loro destino? Che cosa Dio ha disposto e stabilito per loro? Tu sei forse a conoscenza di queste cose? Alcuni dicono: ‘Non mi interessano queste cose; quello che conta è ciò che piace a me come genitore. Riporrò delle speranze nei miei figli in base alle mie preferenze’. Non è estremamente egoistico? (Sì.) È davvero egoistico! Per dirla in modo gentile, è alquanto soggettivo, è decidere tutto da sé, ma in realtà cos’è? È egoismo estremo! Questi genitori non considerano la levatura né i talenti dei figli, non si curano delle disposizioni di Dio per il destino e la vita di ciascun individuo. Non tengono conto di queste cose, imponendo invece ai figli le proprie preferenze, le proprie intenzioni e i propri piani, illudendosi” (La Parola, Vol. 6: Riguardo al perseguimento della verità, “Come perseguire la verità (18)”). Dopo aver letto le parole di Dio, mi sono resa conto che, mentre mio figlio non aveva alcuna concezione su nulla, io gli avevo imposto, velleitariamente, diverse richieste per raggiungere i miei obiettivi. Avevo riposto in lui grandi aspettative, sperando che potesse affermarsi a livello sociale e assicurarsi un lavoro stabile in futuro e che non venisse eliminato da questa società, il che avrebbe soddisfatto anche i miei desideri. Volevo andare all’università e trovare un buon lavoro dopo la laurea per ottenere l’ammirazione altrui, ma poiché i miei desideri non erano stati esauditi, avevo cercato di far sì che mio figlio li realizzasse al posto mio. Nella scelta della facoltà, non avevo chiesto la sua opinione. Invece, basandomi sulla mia idea, avevo optato per un corso che gli avrebbe permesso di ottenere guadagni più alti dopo la laurea. Tuttavia, non avevo previsto che quella specializzazione richiedesse come minimo un livello 4 in inglese. Le sue competenze linguistiche erano scarse e veniva puntualmente bocciato all’esame d’inglese e alla fine non si è laureato. Poiché mio figlio non rispondeva alle mie aspettative, mi ero lamentata di lui e l’avevo criticato, causandogli un grande dolore. Non mi ero mai domandata se le mie richieste fossero alla sua portata, se fosse in grado di gestirle, cosa gli piacesse davvero o gli riuscisse bene. Gli avevo sempre voluto imporre le mie preferenze, i miei progetti e i miei desideri. Tutto ciò che avevo fatto sembrava mirato al suo bene, in modo che potesse avere un buon lavoro e affermarsi in società dopo la laurea; tuttavia, in sostanza, serviva a soddisfare il mio desiderio smisurato di essere tenuta in alta considerazione dagli altri. Ero molto egoista, è evidente!
In seguito, ho letto un altro passo delle parole di Dio e ho trovato un modo per praticare. Dio Onnipotente dice: “Analizzando l’essenza delle aspettative nutrite dai genitori nei confronti dei figli, possiamo vedere che sono egoistiche, vanno contro l’umanità e, inoltre, non hanno nulla a che vedere con le responsabilità dei genitori. Quando i genitori impongono ai figli vari requisiti e aspettative, non stanno adempiendo alle proprie responsabilità. Quali sono dunque le loro ‘responsabilità’? Le responsabilità più basilari che i genitori dovrebbero assolvere sono insegnare ai figli a parlare, istruirli a essere persone amorevoli e non cattive, e guidarli verso una direzione positiva. Queste sono le loro responsabilità più basilari. Inoltre, dovrebbero aiutare i figli ad apprendere qualsiasi tipo di conoscenze, talenti e simili che siano adatti a loro, in base alla loro età, a quanto possono gestire, alla loro levatura e ai loro interessi. Genitori leggermente migliori aiuteranno i figli a capire che le persone vengono create da Dio e che Dio esiste in questo universo, guidandoli a pregare e a leggere le parole di Dio, raccontando loro alcune storie della Bibbia e sperando che, una volta cresciuti, seguiranno Dio e svolgeranno il dovere di un essere creato, invece di inseguire le tendenze mondane, rimanere intrappolati in varie relazioni interpersonali complicate ed essere devastati dalle varie tendenze di questo mondo e della società. Le responsabilità che i genitori sono tenuti ad assolvere non hanno nulla a che vedere con le loro aspettative. Le responsabilità che dovrebbero adempiere nel loro ruolo di genitori sono quelle di fornire ai figli una guida positiva e un’assistenza adeguata prima che raggiungano l’età adulta, nonché prendersi sollecitamente cura della loro vita carnale per quanto riguarda il cibo, i vestiti, la casa o eventuali malattie. Se i figli si ammalano, i genitori dovrebbero provvedere alle cure, di qualunque malattia si tratti; non dovrebbero trascurare i figli né dire loro: ‘Continua ad andare a scuola, continua a studiare, non puoi rimanere indietro nelle lezioni. Se rimani troppo indietro, non riuscirai a recuperare’. Quando i figli hanno bisogno di riposare, i genitori dovrebbero permetterglielo, e aiutarli a rimettersi quando sono malati. Queste sono le responsabilità dei genitori. Da un lato, devono prendersi cura della salute fisica dei figli; dall’altro, devono assisterli, educarli e aiutarli in termini di salute mentale. I genitori dovrebbero assolvere queste responsabilità, anziché imporre ai figli aspettative o requisiti irrealistici. I genitori devono assumersi le proprie responsabilità sia per quanto riguarda i bisogni mentali dei figli che quelli della vita fisica. Non dovrebbero permettere che i figli soffrano il freddo in inverno, dovrebbero insegnare loro alcune nozioni generali sulla vita, come in quali circostanze possono prendere il raffreddore, il fatto che dovrebbero mangiare cibi caldi, che avranno mal di stomaco se mangiano cibi freddi, e che non dovrebbero esporsi imprudentemente al vento o spogliarsi in luoghi pieni di correnti d’aria quando fa freddo, aiutandoli a imparare a prendersi cura della loro salute. Inoltre, quando nelle giovani menti dei figli emergono idee infantili e immature sul loro futuro oppure pensieri estremi, non appena se ne rendono conto, i genitori devono tempestivamente fornire loro una guida corretta, anziché opprimerli in maniera coercitiva; dovrebbero consentire loro di esprimere e sfogare le loro idee, in modo che il problema possa essere veramente risolto. Questo è adempiere alle loro responsabilità. Adempiere alle responsabilità di un genitore significa, da un lato, prendersi cura dei figli e, dall’altro, consigliarli, correggerli e fornire loro una guida per quanto riguarda i pensieri e i punti di vista corretti. Le responsabilità che i genitori dovrebbero assolvere non hanno in realtà nulla a che vedere con le aspettative che nutrono nei confronti dei figli” (La Parola, Vol. 6: Riguardo al perseguimento della verità, “Come perseguire la verità (18)”). Dopo aver letto le parole di Dio, ho imparato come trattare i figli. In quanto genitori, non dobbiamo imporre loro le nostre aspettative e le nostre richieste. La nostra responsabilità è quella di offrire guida e assistenza positive in base alla loro levatura, alle esigenze e alle situazioni concrete di ogni fase della vita. Quando sono piccoli, dobbiamo insegnare loro a parlare e a prendersi cura della propria salute. Quando crescono, dobbiamo guidarli a non adottare comportamenti scorretti, non seguire le tendenze malvagie del mondo e non avere idee estreme. Dobbiamo consigliarli correttamente in modo che possano crescere felici. Dobbiamo far capire loro la creazione e la sovranità di Dio, guidarli a pregare Dio e ad affidarsi a Lui quando le cose accadono, portarli a leggere le parole di Dio. Dopo aver capito queste cose, non ho più criticato mio figlio né mi sono lamentata di lui e lui era disposto a rivolgermi parole sincere. Sebbene al momento non viva nell’agiatezza, ha un sorriso sul volto che prima non aveva. Anche io provo un senso di liberazione nel cuore per aver praticato secondo le parole di Dio. È un tipo di felicità che non si può comprare con il denaro.