78. Dopo aver saputo della dipartita dei miei genitori

di Xu Zhen, Cina

I miei genitori mi avevano sempre amata molto, fin da quando ero piccola e avevano faticato tanto per far studiare me e mio fratello. Vedendoli impegnarsi così alacremente dall’alba al tramonto, mi dicevo: “Quando sarò grande, dovrò fare un sacco di soldi per poter garantire loro un’esistenza migliore”. Una volta iniziato a lavorare, mandavo a casa tutto quello che guadagnavo, sperando di migliorare la qualità della loro vita. In seguito, ho accettato l’opera di Dio degli ultimi giorni e ho condiviso il Vangelo con loro, ma poi mio padre ha smesso di credere perché temeva di essere perseguitato dal gran dragone rosso. Mia madre, invece, ha continuato a sostenermi nel mio dovere e mi ha aiutata a prendermi cura di mio figlio. Sentivo che entrambi avevano fatto molto per me e ogni volta che andavo a casa a trovarli, cercavo di aiutarli il più possibile nelle faccende domestiche e di mostrare la mia pietà filiale: in questo modo mi sentivo più tranquilla. Nel giugno del 2022, la polizia ha iniziato a darmi la caccia perché facevo evangelizzazione e da allora non sono più potuta tornare a casa per vedere i miei genitori e mio figlio. Ero anche preoccupata perché i miei genitori erano anziani e in cattive condizioni di salute: se si fossero ammalati, non ci sarebbe stato nessuno a prendersi cura di loro. Leggendo le parole di Dio, ho capito che la vita di una persona è interamente predisposta da Lui e che Egli è sovrano anche sul destino dei miei genitori, così li ho affidati a Lui e quella preoccupazione non ha influenzato il mio stato più di tanto, il che mi ha permesso di svolgere normalmente il mio dovere.

Alla fine di novembre del 2022, ho ricevuto una lettera da una sorella: mia madre era in ospedale, ed era grave. Non specificava, però, di cosa si trattasse e io ero molto preoccupata, non sapendo quale malattia avesse o quali fossero le sue condizioni. Volevo proprio tornare a trovarla. Poi, però, ho pensato che la polizia mi stava ancora dando la caccia, che ero molto impegnata a gestire le conseguenze dei numerosi arresti che incombevano su tante chiese e che, andandomene, avrei ritardato il lavoro della chiesa. Ero parecchio combattuta, così ho pregato Dio, affidando a Lui la malattia di mia madre. A metà maggio del 2023, ho ricevuto una lettera da casa: mia madre era deceduta l’anno precedente a causa di un ictus e anche mio padre aveva perso la vita per un attacco d’asma pochi giorni prima. Quella notizia inaspettata era troppo pesante da sopportare. Quando ho pensato a quanto velocemente se ne fossero andati e al fatto di non avere più i genitori, sono stata investita da un’ondata di dolore e non riuscivo a smettere di piangere. Mi veniva da pensare che non ero stata presente per prendermi cura di loro quando erano malati e che non li avevo visti un’ultima volta prima che morissero. Pensavo alla tristezza che dovevano aver provato e alla loro delusione di avermi come figlia e che di certo i miei parenti mi avranno chiamata “figlia infedele” o “ingrata e sciagurata”. Mi sentivo così debole: non riuscivo a fare altro che piangere. Quando sono andata in camera mia e mi sono sdraiata, la testa mi si è riempita di immagini dei miei genitori. I loro sorrisi, la loro gentilezza nei miei confronti; nella mente, le scene della nostra vita insieme si susseguivano come in un film, una dopo l’altra. Ho pensato a quanto fosse stato difficile per loro crescermi, alle loro fatiche per pagarmi gli studi e all’aiuto che mi aveva dato mia madre badando a mio figlio mentre io svolgevo i miei doveri lontana da casa. Sentivo di essere davvero in debito con loro per ogni piccola cosa che avevano fatto per me. Soffrivo così tanto e addirittura mi dicevo che, se non avessi fatto il mio dovere e avessi invece lavorato per guadagnare soldi, avrei potuto aiutarli con le spese e dare loro il denaro necessario per le cure mediche quando erano malati: magari non sarebbero morti così presto. Quando ho pensato a tutti gli anni in cui non ero stata al loro fianco a prendermi cura di loro e a come non avevo adempiuto le mie responsabilità di figlia, mi sono sentita una peccatrice e in grande debito nei loro confronti! In quei giorni ero in uno stato di enorme sconforto, non riuscivo a mangiare né a dormire, vivevo nel senso di colpa e nel dolore. Anche se continuavo a fare il mio dovere, il mio cuore era profondamente turbato. Mi mancava anche il senso del fardello per portare avanti il lavoro evangelico di cui ero responsabile e il mio lavoro ne risentiva di conseguenza. In preda alla sofferenza, ho pregato Dio: “Dio, i miei genitori sono deceduti e io provo un profondo dolore e tormento. Ti prego, aiutami e allontana ogni turbamento dal mio cuore”. Dopo la preghiera, mi sono sentita un po’ più in pace. Mi sono tornate in mente le parole di Dio su come gestire la morte dei propri genitori, così le ho cercate per leggerle.

Dio Onnipotente dice: “Dovrebbero assumere un atteggiamento corretto e ragionevole quando i genitori muoiono. […] Pertanto, prima che accada, in che modo dovresti gestire il colpo inaspettato che riceverai affinché non costituisca un impatto, un’interferenza o una ripercussione sull’assolvimento del tuo dovere o sul cammino che stai percorrendo? Per prima cosa, vediamo cosa significa esattamente la morte e cosa significa esattamente il trapasso: non vuol dire forse che una persona lascia questo mondo? (Sì.) Significa che la vita che una persona possiede, la quale ha una presenza fisica, viene rimossa dal mondo materiale visibile all’uomo e scompare. La persona passa quindi a vivere in un altro mondo, in un’altra forma. Il fatto che i tuoi genitori perdano la vita significa che il rapporto che hai con loro in questo mondo si è dissolto, è scomparso, si è concluso. Loro vivono in un altro mondo, in altre forme. Quanto a come si svolgerà la loro vita nell’altro mondo, se torneranno in questo mondo oppure no, se li rivedrai mai o se avranno qualsiasi tipo di relazione della carne o di coinvolgimento emotivo con te, questo lo stabilisce Dio e non ha nulla a che fare con te. In sintesi, il loro trapasso significa che la loro missione in questo mondo è conclusa e che sono giunti al traguardo finale. La loro missione in questa vita e in questo mondo è conclusa, e quindi lo è anche il tuo rapporto con loro. Per quanto riguarda la possibilità che in futuro si reincarnino, o che affrontino qualche tipo di punizione e limitazione oppure gestione e disposizioni di qualunque sorta nell’altro mondo, questo ha forse qualcosa a che fare con te? Puoi essere tu a stabilirlo? Non ha nulla a che fare con te, non puoi stabilirlo tu e non ti sarà dato saperne nulla. La tua relazione con loro in questa vita termina in quel momento. Vale a dire, il destino che vi ha legati mentre avete vissuto l’uno accanto agli altri per 10, 20, 30 o 40 anni si interrompe lì. Da quel punto in poi, loro sono loro e tu sei tu, e non siete più legati da alcun rapporto. Se anche siete tutti credenti in Dio, loro hanno svolto i loro doveri e tu svolgi i tuoi; quando loro non vivono più nel tuo stesso ambiente fisico, non vi lega più alcun rapporto. Hanno semplicemente ormai portato a termine la missione che Dio aveva affidato loro. Quindi, per quanto riguarda le responsabilità che hanno nei tuoi confronti, esse si interrompono il giorno in cui tu inizi a esistere indipendentemente da loro: non hai più nulla a che fare con i tuoi genitori. Se dovessero morire oggi, ti mancherebbe solo qualcosa a livello emotivo e avresti due persone care in meno per cui provare nostalgia. Non li vedrai mai più e non potrai più sapere nulla sul loro conto. Ciò che accadrà loro in seguito e il loro futuro non hanno nulla a che fare con te, non vi saranno legami di sangue tra di voi, non sarete nemmeno più lo stesso tipo di creatura. È così che stanno le cose. La morte dei tuoi genitori sarà semplicemente l’ultima notizia che avrai di loro in questo mondo e l’ultimo ostacolo che vedrai o di cui sentirai parlare in termini della loro esperienza di vita di nascere, invecchiare, ammalarsi e morire, tutto qui. La loro dipartita non ti toglierà né darà nulla, saranno semplicemente morti, il loro viaggio come persone sarà giunto al termine. Quindi, quando si tratta della loro morte, non importa se si tratta di un incidente, di un decesso normale o dovuto a malattia, e così via: in ogni caso, se non fosse per la sovranità e le disposizioni di Dio, nessun individuo né nessuna forza potrebbero privarli della loro vita. Il loro trapasso significa solo la fine della loro vita fisica. Non dovresti né sentire la loro mancanza e avvertire nostalgia per loro, né vergognarti di te stesso a causa dei tuoi sentimenti, non è necessario provare nulla di tutto ciò. Hanno lasciato questo mondo, quindi sentire la loro mancanza è superfluo, non è così? Se pensi: ‘I miei genitori hanno sentito la mia mancanza in tutti questi anni? E quanto di più hanno sofferto per via del fatto che per tanti anni non ho mostrato loro pietà filiale rimanendo al loro fianco? In tutti questi anni ho sempre desiderato di poter trascorrere qualche giorno con loro, non mi sarei mai aspettato che sarebbero morti così presto. Mi sento triste e in colpa’. Non è necessario avere simili pensieri, la loro morte non ha nulla a che fare con te. Perché non ha nulla a che fare con te? Perché, se anche avessi mostrato loro pietà filiale o fossi rimasto insieme a loro, non è comunque questo l’obbligo o il compito che Dio ti ha affidato. È stato Dio a stabilire quanta fortuna e quanta sofferenza i tuoi genitori avrebbero ricevuto da parte tua: questo non ha nulla a che vedere con te. Non vivranno più a lungo perché tu sei insieme a loro, né vivranno meno perché tu sei lontano e non puoi passare molto tempo con loro. È stato Dio a stabilire la durata della loro vita e questo non ha nulla a che fare con te. Pertanto, se nella tua vita vieni a sapere che i tuoi genitori sono morti, non devi sentirti in colpa. Dovresti approcciare la questione nel modo corretto e accettarla(La Parola, Vol. 6: Riguardo al perseguimento della verità, “Come perseguire la verità (17)”). “Se non te ne fossi andato di casa per svolgere il tuo dovere altrove e fossi rimasto accanto ai tuoi genitori, avresti forse potuto evitare che si ammalassero? (No.) Hai potere decisionale sulla loro vita e sulla loro morte? Puoi decidere tu se sono ricchi o poveri? (No.) Qualunque malattia colpirà i tuoi genitori, non sarà per lo sfinimento di averti allevato o perché sentivano la tua mancanza; in particolare, non contrarranno nessuna malattia grave, pericolosa e potenzialmente mortale a causa tua. Quello riguarda il loro destino e non ha nulla a che fare con te. Per quanto devoto tu sia, il massimo che puoi ottenere è ridurre un po’ le loro sofferenze e i loro fardelli carnali, ma per quanto riguarda quando si ammalano, quale malattia contraggono, quando e dove muoiono, queste cose hanno forse una qualche relazione con te? No. Se sei devoto, se non sei un ingrato menefreghista e passi tutto il giorno in loro compagnia e a vegliare su di loro, forse che non si ammaleranno o non moriranno? Se devono ammalarsi, non accadrà comunque? Se devono morire, non moriranno comunque? Non è così che stanno le cose?(La Parola, Vol. 6: Riguardo al perseguimento della verità, “Come perseguire la verità (17)”). Dopo aver letto le parole di Dio, ho capito che quando una persona nasce, quando muore e la durata della sua vita sono tutte cose che dipendono dalla sovranità di Dio e dalla predestinazione data da Lui. Anche quando e come muoiono i nostri genitori sono tutte questioni disposte e governate da Dio. Non avevo considerato le cose in base alle parole di Dio e non avevo riconosciuto la Sua sovranità. Pensavo che, se non fossi uscita a fare il mio dovere, avrei potuto prendermi cura dei miei genitori e fornire loro le cure mediche quando erano malati e che, così facendo, magari sarebbero vissuti qualche anno in più e non sarebbero deceduti tanto prematuramente. Il mio punto di vista era lo stesso di un non credente e identico a quello di un miscredente. Mi sono ricordata che in passato, quando si erano ammalati, ero andata a casa a trovarli, ma non avevo potuto fare altro che offrire parole di conforto e consigliare loro di prendersi cura di sé stessi e avevo anche lasciato i pochi soldi che avevo perché comprassero le medicine. Tuttavia, le loro condizioni di salute non erano migliorate e io non ero riuscita ad alleviare le loro sofferenze. Quando ho letto queste parole di Dio, in particolare: “Qualunque malattia colpirà i tuoi genitori, non sarà per lo sfinimento di averti allevato o perché sentivano la tua mancanza; in particolare, non contrarranno nessuna malattia grave, pericolosa e potenzialmente mortale a causa tua. Quello riguarda il loro destino e non ha nulla a che fare con te”, Ho finalmente capito che la morte dei miei genitori non aveva nulla a che fare con me e che, una volta terminata la loro vita, avrebbero dovuto lasciare questo mondo nel momento predestinato da Dio. Era quello il loro destino. Mi sono ricordata di una cosa che mi aveva detto mia madre: più volte mio padre era andato in ospedale in condizioni critiche e tutti erano convinti che stesse per morire, ma alla fine era sopravvissuto. Molte persone restano al fianco dei propri genitori per anni, prendendosi cura di loro, eppure non riescono a impedire che muoiano quando si ammalano. Non c’è somma di denaro che possa salvarli. Ho capito che Dio è sovrano sul destino di tutti e che, anche se fossi stata accanto ai miei genitori per prendermi cura di loro, si sarebbero comunque ammalati come era destino che accadesse e, per quanto denaro potessi spendere per farli curare, non avrei potuto salvar loro la vita. Inoltre, avevano entrambi più di sessant’anni; mio padre, poi, aveva l’asma da diversi anni, dipendeva dai farmaci per tirare avanti ogni giorno e soffriva molto. Ora che era deceduto, non pativa più per quella malattia ed era una forma di sollievo per lui. Alla luce di questi pensieri, mi sono sentita in qualche modo sollevata, il mio stato è migliorato un po’ e ho cominciato a fare il mio dovere normalmente.

Un giorno, mentre uscivo per fare il mio dovere, ho visto sull’autobus una coppia di anziani che aveva più o meno la stessa età dei miei genitori e ho pensato di nuovo a loro: ormai erano morti e non erano più nello stesso mondo in cui mi trovavo io. A quel pensiero, le lacrime mi hanno riempito gli occhi e sono caduta in uno stato di enorme tristezza. A Capodanno, in particolare, ho pensato di nuovo ai miei genitori e mi sono sentita priva di devozione filiale per non essere stata in grado di dare loro una vita confortevole. Era un ostacolo che non riuscivo a superare e mi sentivo profondamente in debito con loro. Sapevo che il mio stato era sbagliato e ho pregato Dio: “Dio, i miei genitori sono deceduti e so che questa è la Tua sovranità e la Tua disposizione, ma non riesco ancora a dimenticare e mi ritrovo a vivere nel senso di colpa e di biasimo verso me stessa. Ti prego, aiutami a eliminare il mio stato”.

Poi ho letto un passo delle parole di Dio: “Quando si tratta di gestire le aspettative nutrite dai genitori, è chiaro quali sono i principi da seguire e quali i fardelli da abbandonare? (Sì.) Allora, quali sono esattamente i fardelli che gli individui portano su di sé? Devono ascoltare i genitori e metterli in condizione di vivere una bella vita; tutto ciò che i genitori fanno è per il loro bene e, per essere filiali, loro devono obbedire a ciò che i genitori dicono. Inoltre, da adulti, devono fare delle cose per i genitori, ripagare la loro amorevolezza, essere filiali nei loro confronti, star loro accanto, non rattristarli né scontentarli, non deluderli e fare il possibile per ridurre al minimo la loro sofferenza o addirittura eliminarla del tutto. Se non riesci a ottenere questo risultato, sei ingrato e poco filiale, meriti di essere colpito da un fulmine e disprezzato dagli altri, e sei una cattiva persona. Sono questi i tuoi fardelli? (Sì.) Poiché questi sono i fardelli delle persone, esse dovrebbero accettare la verità e affrontarli in modo appropriato. Solo accettando la verità si possono abbandonare e cambiare questi fardelli, questi pensieri e questi punti di vista sbagliati. Se non accetti la verità, c’è forse un’altra strada che puoi intraprendere? (No.) Quindi, che si tratti di abbandonare i fardelli della famiglia o quelli della carne, tutto inizia con l’accettazione dei pensieri e dei punti di vista corretti e con l’accettazione della verità. A mano a mano che inizierai ad accettare la verità, gradualmente smantellerai questi pensieri e punti di vista sbagliati che nutri, ne acquisirai discernimento e li vedrai per ciò che sono, e pian piano li rifiuterai. Durante il processo di smantellamento, discernimento e poi abbandono e rifiuto di questi pensieri e punti di vista sbagliati, cambierai a poco a poco atteggiamento e approccio verso queste questioni. Quei pensieri che provengono dalla tua coscienza o dai tuoi sentimenti umani si indeboliranno gradualmente; non ti disturberanno più né ti vincoleranno nel profondo della tua mente, non controlleranno né influenzeranno la tua vita e non interferiranno più con lo svolgimento del tuo dovere. Per esempio, se hai accettato i pensieri e i punti di vista corretti e questo aspetto della verità, quando apprenderai della morte dei tuoi genitori, ti limiterai a versare lacrime per loro senza pensare a come in questi anni non hai ricambiato l’amorevolezza con cui ti hanno allevato, a quanto li hai fatti soffrire, a come non li hai minimamente ripagati o al fatto che non li hai messi in condizione di vivere una bella vita. Smetterai di sentirti in colpa per queste cose, e manifesterai invece le normali espressioni che derivano dai bisogni dei normali sentimenti umani; piangerai e sentirai un po’ la loro mancanza. Presto queste cose diventeranno naturali e normali, e tu ti reimmergerai rapidamente in una vita normale e nello svolgimento dei tuoi doveri; non sarai più turbato da tale questione. Se invece non accetti queste verità, allora quando riceverai la notizia della morte dei tuoi genitori non smetterai più di piangere. Proverai compassione per i tuoi genitori, che non hanno mai avuto una vita facile e che hanno allevato un figlio così poco devoto come te; quando erano malati, non li hai assistiti al loro capezzale, e quando sono morti non hai pianto al loro funerale né hai osservato il lutto; li hai scontentati e delusi e non li hai messi in condizione di vivere una bella vita. Vivrai a lungo con questo senso di colpa e, ogni volta che ci penserai, piangerai e proverai un dolore sordo al cuore. Ogni volta che ti troverai ad affrontare circostanze o persone, eventi e cose correlati, avrai una reazione emotiva; questo senso di colpa potrebbe anche accompagnarti per il resto della tua vita. Qual è il motivo? È che non hai mai accettato come tua vita la verità né i pensieri e i punti di vista corretti; al contrario, i tuoi vecchi pensieri e punti di vista hanno continuato ad avere il controllo su di te, influenzando la tua vita. Quindi trascorrerai il resto dei tuoi giorni nel dolore a causa della scomparsa dei tuoi genitori. Questa sofferenza senza sosta avrà conseguenze che vanno ben al di là di un po’ di malessere della carne; influenzerà la tua vita e il tuo atteggiamento verso lo svolgimento dei tuoi doveri, verso il lavoro della chiesa, verso Dio, così come verso qualsiasi persona o questione che riguardi la tua anima. Potresti persino scoraggiarti e demoralizzarti per ulteriori questioni, cadere nell’avvilimento e nella passività, perdere la fiducia nella vita, l’entusiasmo e la motivazione per qualsiasi cosa, e così via. Col tempo, l’impatto non si limiterà alla tua semplice vita quotidiana, ma si estenderà anche al tuo atteggiamento verso lo svolgimento dei tuoi doveri e al percorso che intraprenderai nella vita. È molto pericoloso. Questo rischio potrebbe anche portare come conseguenza a una tua incapacità di svolgere adeguatamente i tuoi doveri di essere creato, e potresti persino interromperli a metà o nutrire uno stato d’animo e un atteggiamento di opposizione nei confronti dei doveri che svolgi. In breve, col passare del tempo questo tipo di situazione inevitabilmente peggiorerà e dirigerà il tuo umore, le tue emozioni e la tua mentalità verso una direzione perniciosa. Hai capito? (Sì.)” (La Parola, Vol. 6: Riguardo al perseguimento della verità, “Come perseguire la verità (16)”). Dopo aver letto le parole di Dio, ho capito che avevo vissuto nel dolore e nel senso di colpa perché avevo accettato le idee tradizionali di Satana, come per esempio “La devozione filiale è una virtù da considerare superiore a ogni altra”, “Devi prenderti cura dei tuoi genitori durante la loro vecchiaia e accompagnarli fino alla fine della loro vita” e “Una persona priva di devozione filiale è inferiore a una bestia”. Avevo creduto che avere devozione filiale, prendersi cura dei genitori in vecchiaia e accompagnarli fino alla fine della loro vita fosse il segno distintivo di una persona dotata di coscienza e umanità; in caso contrario, significava essere privi di coscienza e di umanità, quindi il mio cuore era pieno di sensi di colpa; c’era un sentimento di condanna e inquietudine nella mia coscienza. Quando avevo saputo della morte di entrambi i miei genitori, avevo pensato a quante difficoltà avessero affrontato per crescermi e ai sacrifici fatti per me, mentre io non li avevo fatti vivere serenamente durante la loro vecchiaia né mi ero presa cura di loro quando erano malati e non li avevo nemmeno visti un’ultima volta prima che si spegnessero. Continuavo a sentirmi priva di devozione filiale e a pensare di non aver adempiuto le mie responsabilità di figlia e che questo avrebbe causato la condanna e lo sdegno altrui nei miei confronti, e quindi non riuscivo a perdonarmi. Ero convinta che “La devozione filiale è una virtù da considerare superiore a ogni altra”, che “Devi prenderti cura di loro in vecchiaia e accompagnarli fino alla fine della loro vita” e che “Una persona priva di devozione filiale è inferiore a una bestia” fossero idee positive, ma non valutavo le cose secondo le parole di Dio. In realtà, Egli giudica se una persona ha coscienza e umanità in base alla capacità di compiere il dovere di essere creato e di soddisfarLo. Se una persona è in grado di rinunciare a tutto per spendersi per Dio e compiere il proprio dovere di essere creato, allora è leale a Dio e possiede grande coscienza e umanità. Quando invece una persona, per devozione filiale, abbandona il proprio dovere, anche se si prende molta cura dei propri genitori ed è elogiata per quella stessa devozione, in realtà, una persona del genere vive per la propria carne ed è egoista, spregevole e priva di umanità. Ho pensato ai santi che nel corso della storia avevano abbandonato la famiglia e il lavoro per predicare il Vangelo del Signore. Per portare le persone a Dio e fare in modo che ottenessero la Sua salvezza, avevano lasciato la patria e la famiglia. Agli occhi della gente, sembravano insensibili perché non si prendevano cura dei propri familiari o perché non erano devoti verso i loro genitori, ma agli occhi di Dio avevano adempiuto i loro doveri di esseri creati e possedevano coscienza e umanità. Le loro gesta sono state commemorate da Dio. Io stavo seguendo il giusto cammino di fede in Dio, subivo la persecuzione del Partito Comunista Cinese e non potevo tornare a casa. La mia incapacità di prendermi cura dei miei genitori era dovuta alle circostanze, non alla mia mancanza di pietà filiale o di coscienza. Non importa come mi vedesse la mia famiglia o se i non credenti mi rimproverassero, il cammino che stavo percorrendo non era sbagliato. Il modo in cui gli altri mi vedono non è importante; ciò che conta è se posso ottenere l’approvazione di Dio: questa è la cosa più importante. Avevo vissuto in uno stato in cui mi sentivo in debito e in colpa per via della morte dei miei genitori, covato lamentele e ribellioni contro Dio e non ero stata leale nel mio dovere. In che maniera avevo una qualche umanità o coscienza? Dio mi aveva dato la vita, aveva vegliato su di me, mi aveva protetta e aveva provveduto a tutti i miei bisogni, eppure mi stavo ancora lamentando di Lui. Ero davvero incapace di distinguere il bene dal male e non avevo ragionevolezza! Resami conto di queste cose, ho pregato Dio: “Dio, non voglio vivere nel dolore della scomparsa dei miei genitori, desidero pentirmi dinanzi a Te”.

In seguito, ho letto un passo delle parole di Dio: “Chi ha scelto che fossero loro a metterti al mondo: tu o i tuoi genitori? Chi ha scelto chi? Se la guardi dalla prospettiva di Dio, nessuna delle due è la risposta. Non siete stati né tu né i tuoi genitori a scegliere che fossero loro a metterti al mondo. Se vai alla radice della questione, è stato stabilito da Dio. Per ora lasciamo da parte questo argomento, in quanto è facile da capire. Dal tuo punto di vista, sei nato passivamente dai tuoi genitori, senza avere alcuna voce in capitolo. Dal punto di vista dei tuoi genitori, loro ti hanno messo al mondo per una loro volontà indipendente, giusto? In altre parole, se si esclude quanto decretato da Dio, quando si è trattato di metterti al mondo, tutto il potere era nelle mani dei tuoi genitori. Sono stati loro a scegliere di farti nascere e a prendere tutte le decisioni. Non sei stato tu a scegliere che fossero loro a darti alla luce, sei nato passivamente da loro e non hai avuto alcuna voce in capitolo. Quindi, poiché tutto il potere era nelle mani dei tuoi genitori e sono stati loro a scegliere di metterti al mondo, hanno l’obbligo e la responsabilità di allevarti, di condurti fino all’età adulta, di fornirti un’istruzione, cibo, vestiti e denaro: questi sono la loro responsabilità e il loro obbligo, questo è ciò che sono tenuti a fare. Tu invece sei sempre rimasto passivo durante il periodo in cui ti hanno allevato, non avevi alcun diritto di scelta: dovevi essere allevato da loro. Poiché eri piccolo, non avevi la capacità di allevarti da solo, e non ti restava altra scelta che lasciarti passivamente allevare dai tuoi genitori. Sei stato allevato nel modo che loro hanno scelto: se ti hanno dato cibo e bevande buoni, allora hai mangiato e bevuto cibo e bevande buoni. Se invece ti hanno fornito un ambiente di vita in cui vivevi di pula e piante selvatiche, allora sei sopravvissuto a forza di pula e piante selvatiche. In ogni caso, mentre venivi allevato, tu eri passivo e i tuoi genitori stavano adempiendo alle loro responsabilità. È come se si stessero prendendo cura di un fiore. Se decidono di prendersi cura di un fiore, dovrebbero concimarlo, annaffiarlo e assicurarsi che riceva la luce del sole. Quindi, per quanto riguarda le persone, non importa se i tuoi genitori si sono occupati di te scrupolosamente o se si sono presi molta cura di te: in ogni caso stavano solo adempiendo alla loro responsabilità e ai loro obblighi. Indipendentemente dal motivo per cui ti hanno allevato, era una loro responsabilità: poiché ti hanno messo al mondo, devono assumersi le responsabilità nei tuoi confronti. Alla luce di questo, tutto ciò che i tuoi genitori hanno fatto per te può forse considerarsi amorevolezza? La risposta è no, giusto? (Giusto.) Se le responsabilità che i tuoi genitori si sono assunti nei tuoi confronti non contano come amorevolezza, assumersi delle responsabilità nei confronti di un fiore o di una pianta, annaffiandoli e concimandoli, vale come amorevolezza? (No.) Questo è ancora più distante dall’amorevolezza. I fiori e le piante crescono meglio all’esterno: se sono piantati nel terreno, esposti al vento, al sole e all’acqua piovana, prosperano. Quando sono piantati in un vaso dentro casa, non crescono altrettanto bene che all’esterno; tuttavia, ovunque si trovino, vivono, non è così? Qualunque sia il luogo in cui si trovano, è stato stabilito da Dio. Tu sei una persona vivente e Dio Si assume la responsabilità di ogni vita, mettendola in condizione di sopravvivere e di seguire la legge a cui tutti gli esseri creati si attengono. Ma tu, in quanto persona, vivi nell’ambiente in cui i tuoi genitori ti allevano, quindi dovresti crescere e condurre la tua esistenza in quell’ambiente. Il fatto che tu viva in quell’ambiente è dovuto, su larga scala, a quanto stabilito da Dio; su scala minore, è dovuto al fatto che i tuoi genitori ti allevano, giusto? In ogni caso, allevandoti, i tuoi genitori stanno adempiendo a una responsabilità e a un obbligo. Condurti all’età adulta è un loro obbligo e una loro responsabilità, e non può definirsi amorevolezza. Se non può definirsi amorevolezza, allora non è qualcosa di cui ti spetta godere? (Sì.) È una sorta di diritto di cui dovresti godere. Dovresti essere allevato dai tuoi genitori perché, prima di raggiungere l’età adulta, il ruolo che svolgi è quello di un figlio che viene educato. Pertanto, i tuoi genitori stanno solo adempiendo a una sorta di responsabilità nei tuoi confronti, e tu la stai semplicemente ricevendo, ma ciò che stai ricevendo da loro non sono certo grazia e amorevolezza. Per qualsiasi creatura vivente, mettere al mondo dei figli e prendersi cura di loro, riprodursi e allevare la generazione successiva è una sorta di responsabilità. Per esempio, gli uccelli, le mucche, le pecore e persino le tigri devono prendersi cura della prole dopo averla messa al mondo. Non esistono esseri viventi che non allevino la propria prole. Potranno esserci delle eccezioni, ma non sono molte. È un fenomeno naturale nell’esistenza delle creature viventi, un loro istinto, e non può essere attribuito all’amorevolezza. Stanno solo rispettando una legge che il Creatore ha stabilito per gli animali e per l’umanità. Pertanto, il fatto che i tuoi genitori ti abbiano allevato non può essere classificato come amorevolezza. Alla luce di ciò, si può affermare che i tuoi genitori non sono tuoi creditori. Stanno adempiendo alle loro responsabilità nei tuoi confronti. A prescindere da quanto impegno e da quanto denaro investano per te, non dovrebbero chiederti di ricompensarli, poiché questa è la loro responsabilità di genitori. Dal momento che si tratta di una responsabilità e di un obbligo, dovrebbe essere gratuito e non prevedere nulla in cambio(La Parola, Vol. 6: Riguardo al perseguimento della verità, “Come perseguire la verità (17)”). Dopo aver letto le parole di Dio, mi sono resa conto che era stata loro responsabilità crescermi dopo avermi messa al mondo, un loro obbligo: non la si poteva considerare gentilezza. Non avevo capito la verità e vedevo come gentilezza le cure e l’educazione dei miei genitori: dato che avevano dato tanto per me ed erano stati gentili con me, avrei dovuto ripagare la loro gentilezza. Quando erano malati, non ero tornata a prendermi cura di loro e quando si erano spenti, non li avevo nemmeno visti per l’ultima volta. Mi ero sentita profondamente in debito verso di loro, ma dopo aver letto le parole di Dio, mi sono resa conto che crescere i figli e farli diventare adulti è ciò che spetta ai genitori. È una loro responsabilità. Proprio come una persona che si prende cura di una pianta in vaso ha la responsabilità di annaffiarla e concimarla: questa non è considerata gentilezza. La bontà dei miei genitori e tutto ciò che avevano fatto per me derivava dalla sovranità e dalle disposizioni di Dio e io dovevo accettarlo in quanto proveniente da Lui. Non dovevo nulla a loro, né dovevo ripagarli o ricompensarli. Dopo aver capito questo, il dolore nel mio cuore si è un po’ attenuato.

Per quanto riguarda il modo di vedere i miei genitori, ho trovato un cammino nelle parole di Dio. Ho letto queste parole di Dio: “I tuoi genitori non sono tuoi creditori, ossia non dovresti continuamente riflettere su come devi ripagarli solo perché hanno investito tanto tempo nell’allevarti. Se non puoi ripagarli, se non disponi della possibilità o delle circostanze giuste per farlo, ti sentirai sempre infelice e in colpa, al punto che proverai tristezza anche quando vedrai qualcuno che sta insieme ai propri genitori, che si prende cura di loro o che dimostra in qualche modo pietà filiale nei loro confronti. Dio ha stabilito che i tuoi genitori ti allevassero fino all’età adulta, non che passassi la vita a ripagarli. Hai responsabilità e obblighi da assolvere in questa vita, un cammino da percorrere e una vita tua. In questa vita, non dovresti investire tutte le tue energie per ripagare l’amorevolezza dei tuoi genitori. Essa è solamente qualcosa che ti accompagna nella vita e nel tuo percorso di vita. In termini di umanità e di relazioni affettive, è qualcosa di inevitabile. Ma per quanto riguarda il tipo di relazione che tu e i tuoi genitori siete destinati ad avere, il fatto che potrete o meno vivere insieme per il resto della vostra vita o se sarete separati e non legati dal destino, questo dipende dalle orchestrazioni e dalle disposizioni di Dio. Se Egli ha orchestrato e disposto che in questa vita tu ti trovi in un luogo diverso dai tuoi genitori, che sia molto lontano da loro e che non possa vivere spesso con loro, allora adempiere alle tue responsabilità nei loro confronti è per te solo una sorta di aspirazione. Se Dio ha stabilito che in questa vita tu viva molto vicino ai tuoi genitori e possa stare accanto a loro, in quel caso adempiere in piccola parte alle tue responsabilità nei loro confronti e mostrare loro un po’ di pietà filiale sono cose che dovresti fare in questa vita, non c’è nulla da criticare al riguardo. Se invece ti trovi in un luogo diverso da loro e non disponi della possibilità o delle circostanze giuste per mostrare loro pietà filiale, allora non devi considerarla una cosa disonorevole. Non dovresti vergognarti di guardare in faccia i tuoi genitori perché non puoi mostrare loro pietà filiale, l’unica ragione per cui non lo fai è che le circostanze non te lo permettono. Come figlio, dovresti capire che i tuoi genitori non sono tuoi creditori. Ci sono molte cose che devi fare in questa vita e sono tutte cose che un essere creato è tenuto a fare, che ti sono state affidate dal Signore della creazione, e non hanno nulla a che fare con il ripagare l’amorevolezza dei tuoi genitori. Mostrare pietà filiale ai tuoi genitori, ripagarli, ricambiare la loro amorevolezza, queste cose non hanno nulla a che fare con la tua missione di vita. Si può anche dire che non è indispensabile mostrare pietà filiale ai propri genitori, ripagarli o adempiere ad alcuna responsabilità nei loro confronti. In parole povere, puoi farlo un po’ e adempiere a qualche responsabilità quando le circostanze te lo permettono; quando non lo permettono, non devi insistere nel volerlo fare. Se non puoi adempiere alla tua responsabilità di mostrare pietà filiale ai tuoi genitori, non è una cosa terribile, va semplicemente un po’ contro la tua coscienza, la morale umana e le nozioni umane. Ma almeno non è in contrasto con la verità e Dio non ti condannerà. Quando comprenderai la verità, la tua coscienza non ti rimorderà per questo. Non avete il cuore più sereno ora che avete compreso questo aspetto della verità? (Sì.)” (La Parola, Vol. 6: Riguardo al perseguimento della verità, “Come perseguire la verità (17)”). Dopo aver letto le parole di Dio, ho compreso che i miei genitori non erano i miei creditori. Dio mi ha predestinata perché nascessi negli ultimi giorni: questo non significa che io debba ripagare i miei genitori o mostrare devozione filiale nei loro confronti, ma che devo compiere la missione affidatami, quella di svolgere il dovere di un essere creato, ciò che dovrei fare in quanto persona. La pietà filiale deve basarsi sulle proprie condizioni personali. Si può andare a trovare i propri genitori per adempiere le responsabilità di un figlio se ciò non causa ritardi allo svolgimento del proprio dovere. Ma se, mentre si è fuori a fare il proprio dovere, non c’è la possibilità di stare accanto ai genitori per prendersi cura di loro, non è necessario che ci si senta in debito o in colpa. Nei momenti cruciali, i doveri devono assumere la priorità. Questo mi era particolarmente evidente dopo aver letto le parole di Dio che dicono: “In quanto membri del genere umano e cristiani devoti, tutti noi abbiamo l’obbligo e la responsabilità di offrire la nostra mente e il nostro corpo allo svolgimento dell’incarico da parte di Dio, poiché il nostro intero essere è venuto da Dio ed esiste grazie alla Sua sovranità. Se le nostre menti e i nostri corpi non sono dediti all’incarico da parte di Dio e alla giusta causa dell’umanità, le nostre anime proveranno vergogna davanti a coloro che hanno subito il martirio per via dell’incarico da parte di Dio, e ancor più vergogna davanti a Dio, che ci ha fornito ogni cosa(La Parola, Vol. 1: La manifestazione e l’opera di Dio, “Appendice 2: Dio sovrintende al destino dell’intera umanità”). Dio è la fonte della vita umana. La mia vita è stata donata da Lui e il mio essere viva in questo momento è dovuto anche alla cura e alla protezione di Dio. Compiere il dovere di un essere creato oggi è mia responsabilità e mio obbligo. Compreso questo, riesco a vedere la scomparsa dei miei genitori dalla prospettiva corretta.

Anche se di tanto in tanto penso ancora a loro, non sono più vincolata da questo e riesco a concentrarmi sui miei doveri. Sono le parole di Dio che mi hanno guidata a capire quale sia la giusta prospettiva da cui vedere la scomparsa di mia madre e mio padre e ad apprendere i principi di pratica su come considerare i miei genitori. Sono emersa dal mio dolore. Sono grata a Dio per la Sua salvezza!

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