89. Dopo il mio arresto

di Wang Le, Cina

Un giorno di novembre del 2002 ero a casa a preparare il pranzo quando all’improvviso ho sentito una serie di rapidi colpi alla porta. Ho aperto e fuori ho visto quattro uomini e una donna. Uno di loro si è avvicinato a me e mi ha chiesto: “Sei Wang Le? Credi in Dio Onnipotente?” Prima che potessi rispondere, mi ha mostrato rapidamente il suo documento d’identità e ha dichiarato: “Siamo dell’Ufficio di Pubblica Sicurezza. Qualcuno ha riferito che credi in Dio Onnipotente e che sei una leader della chiesa. Siamo qui per indagare”. Prima che potessi replicare, tutti e cinque hanno fatto irruzione in casa mia e hanno cominciato a frugare nel cortile e nelle stanze. Hanno trovato la ricevuta di un’offerta di 50 yuan, una copia di “La Parola appare nella carne”, due nastri e un piccolo registratore; mi hanno detto duramente: “Questa è una prova!” e poi mi hanno infilata in una macchina della polizia e mi hanno portata via.

Alla stazione, la polizia mi ha portata in una stanza per gli interrogatori al secondo piano, mi ha messo le manette e mi ha appeso le mani al tubo del radiatore: riuscivo solo a stare in punta di piedi. I polsi hanno cominciato a farmi un male insopportabile poiché tutto il mio peso gravava su di essi. Ho sentito un poliziotto dire: “Questa volta abbiamo preso una leader”. Il mio cuore si è fermato in gola e ho pensato: “Sanno che sono una leader, quindi sicuramente mi tortureranno per estorcermi informazioni sui miei fratelli e sorelle. E se non riuscissi a sopportare la tortura?” Non osavo pensare oltre e ho pregato rapidamente Dio, chiedendoGli di darmi fede e saggezza e di farmi rimanere salda nella mia testimonianza. Sono rimasta appesa così per più di quattro ore, impossibilitata ad appoggiare i piedi a terra e con le manette sempre più strette. Le mie mani erano state schiacciate fino a diventare nere e viola, il dolore era insopportabile e anche le mie gambe erano diventate gonfie e intorpidite. Sentivo che sarei riuscita a malapena a resistere e ho cominciato a sentirmi debole dentro, senza sapere per quanto tempo ancora sarei rimasta lì appesa. Non osavo lasciare che il mio cuore si allontanasse da Dio nemmeno per un momento. Ho pensato a queste Sue parole: “Non avrò più alcuna pietà per coloro che non Mi hanno mostrato la minima lealtà durante il tempo della tribolazione, poiché la Mia pietà giunge solo fino a questo punto. Inoltre, non provo alcuna simpatia per chi un tempo Mi ha tradito, e meno ancora Mi piace associarMi a coloro che svendono l’interesse dei loro amici. Questa è la Mia indole, indipendentemente da quale persona si tratti. Devo dirvi questo: chiunque Mi spezzi il cuore non riceverà da Me clemenza una seconda volta, e chiunque Mi sia stato fedele rimarrà per sempre nel Mio cuore(La Parola, Vol. 1: La manifestazione e l’opera di Dio, “Prepara sufficienti buone azioni per la tua destinazione”). Le parole di Dio mi hanno fatto capire che la Sua indole non tollera offesa e che se avessi venduto i miei fratelli e le mie sorelle e avessi tradito Dio, non avrei mai ricevuto il Suo perdono e sarei sicuramente stata detestata ed eliminata da Lui. Ho deciso che, per quanto la polizia mi torturasse, non sarei mai diventata un Giuda!

Verso le 19:00 avevo la testa che girava, il mio corpo provava un dolore lancinante e respiravo con difficoltà. La polizia ha capito che stavo per crollare e mi ha liberato un braccio: finalmente riuscivo a stare in piedi. A questo punto, un agente di polizia mi ha urlato: “Bene, sputa il rospo: a chi sono andati i soldi delle offerte della chiesa? Dove vive la persona sulla ricevuta?” Vedendo che non dicevo nulla, ha continuato: “Anche se non parli, ti abbiamo già esaminata attentamente. Ti seguiamo e indaghiamo su di te da un bel po’ di tempo!” Poi ha preso un pezzo di carta dal tavolo e ha letto da quanto tempo credevo in Dio, dove vivevo, quali doveri svolgevo e altre informazioni. Ho pensato: “Come fanno a sapere così tante cose? Qualcuno mi ha tradita come un Giuda?” Questo pensiero mi ha resa molto ansiosa e ho rapidamente chinato la testa, riflettendo su come rispondere. L’agente mi ha fissata intensamente e ha tirato fuori una foto chiedendomi se riconoscevo la persona ritratta. Ho dato un’occhiata e ho detto: “Non lo riconosco”. Ha chiesto con un sorriso falso: “Sei sicura di non riconoscerlo? Sai chi ti ha denunciata oggi? La persona nella foto”. Ho visto che si trattava della foto di una persona malevola che era stata espulsa dalla chiesa. L’agente poi ha menzionato il nome di un’altra sorella, chiedendomi se la riconoscevo, ma ho detto di non conoscere neanche lei. L’agente è scattato e ha affermato: “Lascia che ti dica una cosa. Anche se non dici niente, i materiali religiosi che abbiamo trovato nella tua casa e le testimonianze in nostro possesso sono sufficienti per condannarti a tre anni di rieducazione attraverso il lavoro forzato. Ti diamo la possibilità di confessare e, prima lo fai, prima potrai tornare a casa!” A questo punto, una poliziotta gli ha fatto segno di liberare il mio altro braccio che era ancora sospeso; con una falsa espressione di interesse, mi ha porto un bicchiere d’acqua, mi ha preso la mano e ha detto: “Tesoro, sediamoci sul divano e facciamo quattro chiacchiere. Ho visto che i tuoi due bambini sono davvero carini e stanno ancora crescendo. Come madre, devi assolvere alle tue responsabilità e assicurarti che i tuoi figli abbiano pasti nutrienti, perché se non mangiano bene, i loro studi ne risentiranno. Noi madri abbiamo molto sulle nostre spalle. Tuo marito è un brav’uomo, è là fuori a spaccarsi la schiena per guadagnare soldi e ti fa stare a casa per prenderti cura dei bambini. Come puoi sopportare di trascurare dei bambini così bravi? Non ti senti in debito con loro?” Le parole dell’agente donna mi hanno fatta sentire un po’ debole, ho sentito di non essermi presa cura bene dei miei figli e di essere davvero in debito con loro. Vedendo che non dicevo nulla, l’agente donna si è avvicinata a me, mi ha dato una pacca sulla spalla e ha detto: “Tesoro, sarebbe meglio se confessassi e basta. Raccontaci cosa sai e ti rimanderemo subito a casa, così potrai tornare a prenderti cura dei tuoi figli”. Ha anche affermato: “Non comprendi la legge, quindi potresti pensare che confessare ti coinvolgerà ulteriormente, ma non è affatto così. Finché ci dici semplicemente quello che sai, possiamo limitarci a registrare la tua dichiarazione e potrai andare a casa”. Ho pensato: “Tutto questo è solo menzogna e inganno. Lo dicono solo per farmi tradire Dio; non ci cascherò! Ma se davvero venissi condannata a tre anni di rieducazione mediante il lavoro forzato, cosa succederebbe ai miei figli? Sono ancora così piccoli, come faranno a vivere senza che io mi prenda cura di loro?” Questi pensieri mi hanno fatta sentire piuttosto angosciata, così ho pregato Dio in silenzio. Ho ricordato queste Sue parole: “Chi tra voi sa davvero adoperarsi totalmente e sacrificare ogni cosa per Me? Siete tutti poco motivati, i vostri pensieri girano a vuoto, concentrandosi sulla casa, sul mondo esterno, sul cibo e sui vestiti. Benché tu sia dinanzi a Me, impegnato a fare delle cose per Me, in cuor tuo pensi ancora a tua moglie, ai tuoi figli e ai tuoi genitori, che sono a casa. Costoro sono forse una tua proprietà? Perché non li metti nelle Mie mani? Non hai abbastanza fede in Me? Oppure temi che Io prenda provvedimenti inopportuni per te?(La Parola, Vol. 1: La manifestazione e l’opera di Dio, “Discorsi di Cristo al principio, Cap. 59”). Sì, Dio governa tutto. Il destino e la sofferenza dei miei figli erano stati tutti predeterminati da Dio e nessuno poteva cambiarlo. Dovevo affidare i miei figli alle mani di Dio. È stato davvero spregevole da parte della polizia usare l’affetto per indurmi a tradire Dio! Questo ambiente era una prova da parte di Dio e Lui osservava le scelte che facevo. È stata anche un’occasione per me di rendere testimonianza a Dio e dovevo rimanere salda nella mia testimonianza per soddisfarLo. Rendendomi conto di ciò, L’ho pregato silenziosamente: “Oh Dio! Sono disposta ad affidare completamente i miei figli alle Tue mani. Ti prego, aiutami a vincere la debolezza della carne e a rimanere salda nella mia testimonianza per svergognare Satana”. Dopo aver pregato, ho acquisito fede e, per quanto la polizia cercasse di tentarmi, sarei rimasta in silenzio. Vedendo che non dicevo nulla, l’espressione dell’agente donna è cambiata all’istante. Mi ha tirata su con violenza dal divano, mi ha guardata ferocemente e ha detto: “Ho cercato di essere gentile, ma non mi hai ascoltata. Per te le cose sono appena peggiorate molto! Lascia che ti mostri come ti sistemerò!” Detto questo, ha cominciato a trascinarmi per i capelli, tirando e imprecando: “Sembra che tu stia solo cercando di farti picchiare!” A questo punto, un agente di polizia ha preso un libro delle parole di Dio e me lo ha sbattuto in faccia, maledicendomi mentre mi colpiva: “Sputa il rospo! Da quanti anni sei una leader? A chi andavano le offerte della chiesa? Dicci quello che sai. Se non confessi, ti assicuro che passerai il resto della vita in prigione e non rivedrai mai più tuo marito e i tuoi figli!” Ho risposto con calma: “Non so di cosa stai parlando”. L’espressione del poliziotto si è fatta scura e mi ha dato un pugno sulla guancia, poi ha cominciato a tempestarmi di colpi in faccia come se fosse impazzito. Ho perso il conto di quante volte mi ha schiaffeggiata. Un dente ha iniziato a dondolare, il sangue mi usciva dal naso e dagli angoli della bocca, mentre la testa mi pulsava e si era gonfiata. Mi sentivo stordita e disorientata, barcollavo e riuscivo a malapena ad appoggiarmi al muro. Sentivo di non poterlo sopportare ancora a lungo e ho pensato: “Se continua così, finiranno per picchiarmi a morte? Anche se non venissi uccisa, se restassi invalida, come vivrei il resto della mia vita? Forse dovrei semplicemente dire loro qualcosa di poco importante?” Ma proprio quando stavo per parlare, all’improvviso ho pensato alla sorte di Giuda per aver tradito il Signore Gesù. Ho provato paura e ho pregato subito Dio: “Dio, la mia carne è così debole, Ti prego, veglia sul mio cuore, dammi fede e forza e guidami affinché io rimanga salda nella mia testimonianza”. Dopo aver pregato, ho pensato a un inno intitolato “Desidero vedere il giorno della gloria di Dio”: “Con le esortazioni di Dio nel cuore, non mi inchinerò mai a Satana. Sebbene le nostre teste possano rotolare e il nostro sangue scorrere, la spina dorsale del popolo di Dio non può essere piegata. Renderò a Dio una testimonianza clamorosa e umilierò i diavoli e Satana. Dolore e patimenti sono predestinati da Dio, Gli sarò leale e mi sottometterò a Lui fino alla morte. Non Lo farò mai più piangere né mai più Lo farò preoccupare. Offrirò a Dio il mio amore e la mia lealtà e porterò a termine la mia missione per glorificarLo(Seguire l’Agnello e cantare dei canti nuovi). Questo inno mi ha dato fede e forza. Non potevo essere una smidollata senza spina dorsale. Questa sofferenza era una benedizione di Dio e non importa quanto la polizia mi torturasse, sarei rimasta salda nella mia testimonianza e non avrei mai ceduto a Satana! Ho sentito Dio proprio accanto a me, che mi guidava in ogni momento ed era la mia roccia e il mio cuore ne è stato profondamente toccato. Il poliziotto ha capito che non avrei detto niente, così mi ha dato un calcio forte nella parte bassa della schiena, facendomi gridare di dolore. Mi sono sentita come se avessi qualcosa di rotto nella zona lombare. Mi sono rannicchiata a terra, incapace di muovermi. Attraverso il dolore, ho guardato la polizia con rabbia e ho detto: “Credo in Dio solo per perseguire la verità ed essere una brava persona, non ho fatto nulla di illegale, quindi perché mi picchiate in questo modo?” L’agente ha detto a denti stretti: “Ti picchio perché credi in Dio Onnipotente. È odioso anche solo guardarti. Tu e quelli come te siete tutti criminali politici!” Ho risposto: “La nostra fede consiste semplicemente nel riunirci a leggere le parole di Dio. Non ci occupiamo affatto di politica. Ignorate chi si droga e chi imbroglia e truffa gli altri, ma inseguite noi che crediamo in Dio. Esiste una legge?” L’agente ha risposto: “I tossicodipendenti e i truffatori lo fanno solo per i propri interessi, ma voi siete diversi. Se non vi arrestiamo, nessuno ascolterà più il Partito Comunista se seguirà la vostra fede in Dio!” A questo punto, il capitano della Brigata per la Sicurezza Nazionale mi ha indicata e ha detto agli altri agenti: “Se non confessa, la nostra missione non sarà completata e non riceveremo i bonus. Non possiamo lasciare che se la cavi così; continuate a picchiarla finché non parla!” Poi due agenti hanno iniziato a colpirmi il viso, aprendomi un taglio sul labbro che ha cominciato a sanguinare copiosamente. Continuavano a picchiarmi e a rimproverarmi: “Se non confessi, ti farò diventare cieca, sorda, muta e ti lascerò storpia per tutta la vita! Ti farò desiderare di essere morta!” Dopo più di dieci minuti, i due agenti che mi avevano picchiata erano esausti, ansimanti ed erano seduti sul divano a fumare. Poi hanno cercato di convincermi tirando fuori mio marito e i miei figli, minacciandomi che se non avessi confessato sarei stata condannata all’ergastolo. Ho pensato: “La durata della mia condanna non dipende da voi, è nelle mani di Dio. Anche se fossi condannata all’ergastolo, devo rimanere salda nella mia testimonianza!” In tarda serata, la polizia non aveva ancora ricevuto da me alcuna informazione sulla chiesa e gli agenti hanno lasciato la stanza degli interrogatori scoraggiati. Quel giorno ero stata torturata per più di dieci ore, senza una goccia d’acqua o un boccone di cibo. Tutto il mio corpo era debole e dolorante e le mie gambe non avevano la forza di stare in piedi. Più tardi quella notte, due agenti mi hanno trascinata in macchina e mi hanno trasportata in un centro di detenzione.

Quando siamo arrivati erano già le 2 di notte e la polizia ha detto alle agenti in servizio che ero un membro del Lampo da Levante e ha ordinato loro di far sì che il detenuto capo “si prendesse cura di me”. Quando sono arrivata nella cella, una delle poliziotte ha sussurrato qualcosa che non ho sentito al detenuto capo, che ha urlato per svegliare gli altri detenuti che dormivano e mi ha gettata a terra. Ha gridato loro: “Picchiatela! È un membro del Lampo da Levante”. Sei detenuti si sono precipitati in avanti. Alcuni mi hanno presa a calci, altri mi tiravano i capelli, tutto quello che potevo fare era coprirmi la testa con le mani, rannicchiarmi e lasciare che mi colpissero. Il detenuto capo mi stava accanto e mi rimproverava: “Chi ti ha fatta entrare nel Lampo da Levante? Perché il tuo Dio non viene a salvarti? Se smetti di credere in Dio, smetteremo di picchiarti”. Pestata e contorta a terra, mi sono resa conto che quando la polizia aveva detto al detenuto principale di “prendersi cura di me”, in realtà gli stava chiedendo di torturarmi. Odiavo quei diavoli dal profondo del mio cuore! Mi hanno picchiata per più di mezz’ora e poi il detenuto capo mi ha fatta sedere vicino al bagno per il turno di notte. Ero stata torturata così duramente che non avevo nemmeno la forza di sollevare la testa. Riuscivo solo a muovermi lentamente e stavo appoggiata alla parete del bagno. Appena mi appisolavo, sentivo di tanto in tanto la gente alzarsi per andare in bagno e qualcuno dopo aver finito di urinare mi prendeva a calci. La puzza proveniente dal water mi faceva venire da vomitare. Fin dall’infanzia, i miei genitori erano sempre stati molto gentili con me e, dopo il matrimonio, anche mio marito era stato buono con me. Nessuno mi aveva mai trattata così. Solo perché credevo in Dio, venivo sottoposta a questa abietta tortura e umiliazione. Mi sentivo profondamente offesa. Non sapevo se avrebbero continuato a picchiarmi, per quanto tempo sarei dovuta restare in questo posto o se sarei stata in grado di sopportarlo. Più ci pensavo, più mi sentivo male e non ho potuto fare a meno di scoppiare a piangere. In quel momento, ho pensato all’inno “Cercate di amare Dio, non importa quanto grande sia la vostra sofferenza”: “Negli ultimi giorni dovete rendere testimonianza a Dio. Per quanto sia grande la vostra sofferenza, dovreste camminare fino alla fine, e anche al vostro ultimo respiro, dovete ancora essere fedeli a Dio e alla Sua mercé; solo questo è vero amore per Lui e una testimonianza forte e clamorosa(La Parola, Vol. 1: La manifestazione e l’opera di Dio, “Solamente affrontando prove dolorose puoi conoscere l’adorabilità di Dio”). Riflettendo sulle Sue parole, ho capito che, prima di subire arresti e persecuzione, ho sempre sentito che la mia fede in Dio era molto forte e sono sempre stata in prima linea in ogni cosa nella chiesa. Nel compiere i miei doveri potevo sopportare la sofferenza che altri non riuscivano a sopportare e ho sempre pensato a me stessa come alla persona che amava di più Dio. Ma ora, dopo essere stata arrestata e torturata, mi rendevo conto di quanto fosse scarsa la mia statura. Per un po’ di sofferenza e umiliazione volevo fuggire da questo ambiente, dimostrando che non possedevo obbedienza e che avevo pochissima fede in Dio. Mi sono anche ricordata che ogni volta che ero debole, Dio usava le Sue parole per guidarmi e condurmi, aiutandomi a discernere gli intrighi di Satana più e più volte. L’amore di Dio è davvero grande. Ho deciso: “Finché vivrò, non cederò mai a Satana!”

La mattina dopo, all’alba, il detenuto capo si è alzato, è andato in bagno e mi ha dato un calcio, dicendomi di alzarmi e pulire il bagno. Dopo essere stata torturata dalla polizia per più di dieci ore, tutto il mio corpo era in agonia e non avevo nemmeno la forza di parlare, figurarsi di pulire il bagno. Vedendo che non mi muovevo, il detenuto capo ha ordinato agli altri detenuti di picchiarmi di nuovo. Sono stata picchiata a terra, quasi priva di sensi. Un assassino condannato ha detto ferocemente: “Non lasciate perdere così facilmente. Fatela alzare e fatele pulire il bagno!” Dopo aver detto questo, alcuni detenuti mi hanno trascinata in bagno e mi hanno costretta a mettere le mani nel water. Guardando in basso, ho visto che il water era pieno di feci e il fetore mi faceva venire la nausea e il vomito. I detenuti si sono messi da una parte, tappandosi il naso e ridendo fragorosamente. La loro risata era inquietante e terrificante e sembrava provenire dall’inferno. Non hanno smesso di umiliarmi. L’assassino mi ha afferrato il braccio, costringendomi a lavare il water con le mani e mi ha avvertita: “Se non fai brillare il bagno, ti ammazzo! A nessuno importa se qui i credenti come te vengono picchiati a morte!” Dopo aver pulito il bagno, mi hanno fatta inginocchiare a terra per lavare il pavimento, ma non appena ho finito di pulire la parte anteriore il detenuto capo ha sporcato di nuovo l’area appena pulita di proposito, poi mi ha ordinato: “Torna indietro e lava di nuovo. Se non è pulito, non pensare nemmeno di mangiare!” Non ho avuto altra scelta che tornare indietro e pulire di nuovo. Durante il pasto, proprio quando stavo per ricevere un panino al vapore, il detenuto capo lo ha agguantato, lo ha fatto a pezzi, li ha gettati a terra e li ha presi a calci, dicendo: “Se non confessi come si deve, pensi di meritare di mangiare panini? Tutto quello che meriti è morire di fame!” Le cose andavano avanti così, con i detenuti che mi facevano pulire il bagno e lavare il pavimento ogni giorno e di notte non mi lasciavano dormire.

La mattina del quarto giorno la polizia è venuta di nuovo a interrogarmi. Era pieno inverno e non appena sono entrata nella stanza degli interrogatori, la polizia mi ha strappato la giacca imbottita in cotone e ha detto in modo aggressivo: “Se non confessi, oggi stesso ti faremo morire di freddo!” Indossavo solo un maglione leggero e tremavo tutta. La polizia mi ha trascinata contro il muro e mi ha appesa al radiatore, con le dita dei piedi che toccavano appena per terra. Dopo circa un’ora, è entrato il capitano della Brigata per la Sicurezza Nazionale, mi ha tirata giù dal radiatore, mi ha sorriso e ha detto: “Non ho mai picchiato nessuno, voglio che tu venga fuori e mi dica la verità. Vuoi scrivere tu stessa la confessione o preferisci dettarmela? Negli ultimi giorni abbiamo esaminato nuovamente la tua situazione. Sei una leader e ora abbiamo testimoni e prove per dimostrarlo, ma vogliamo che sia tu stessa ad ammetterlo. Se confessi, ti rimanderemo subito a casa dalla tua famiglia”. Anche una poliziotta si è seduta di fronte a me, facendogli eco e dicendo: “Siamo andati a casa tua, tuo marito sembrava infelice e i tuoi figli chiamavano a gran voce la mamma. Come puoi, come madre, sopportare di abbandonarli? Sei degna di essere madre? Sbrigati e raccontaci cosa sta succedendo nella chiesa, ti rimanderemo subito a casa per riunirti alla tua famiglia”. Le affermazioni della polizia mi hanno fatta sentire molto in conflitto: “Dovrei confessare e basta, così potrò tornare a casa e prendermi cura dei miei figli?” Poi ho pensato alla fine di Giuda e ho capito che quello era il piano di Satana. La polizia cercava di usare l’affetto per farmi tradire Dio. I loro metodi erano davvero spregevoli! Era solo colpa loro se non ero in grado di prendermi cura dei miei figli e di assolvere alle mie responsabilità di madre. Fare il mio dovere e credere in Dio è perfettamente naturale e giustificato e non avevo fatto nulla di illegale; mi avevano arrestata e torturata senza alcuna buona ragione e ora fingevano di essere brave persone, dicendo che non ero una buona madre perché non mi prendevo cura dei miei figli. Stavano distorcendo i fatti e chiamavano nero il bianco e bianco il nero! I miei figli erano il mio tallone d’Achille, quindi ho dovuto pregare di più e affidarmi a Dio. Non potevo tradire Dio a causa del mio affetto e diventare un Giuda senza coscienza. Vedendo che non dicevo niente, il capitano della Brigata per la Sicurezza Nazionale mi ha parlato con un tono davvero gentile: “Vale la pena soffrire per la tua fede in Dio Onnipotente? Altre persone ci hanno già informati della tua fede in Dio; non è forse sciocco non confessare e coprire ancora gli altri?” Ho affermato con fermezza: “Quello che hanno detto o meno non ha nulla a che fare con me. Non so niente e non conosco nessuno!” Non appena ho detto questo, il capitano ha sbattuto il pugno sul tavolo con rabbia: “Se non confessi, sarai davvero condannata a tre anni di rieducazione mediante il lavoro forzato. Ti abbiamo arrestata per cambiarti, quindi smettila di insistere così tanto nel fare la cosa sbagliata. Sbrigati e confessa quello che sai! Tutto ciò che hai mangiato e bevuto oggi è stato fornito dal Partito Comunista, non è vero?” Sentendo ciò, ho controbattuto: “Il Dio in cui crediamo è l’unico vero Dio che ha creato i cieli e la terra e tutte le cose. Le quattro stagioni: primavera, estate, autunno e inverno sono tutte gestite da Dio; tutto ciò che mangiamo e beviamo è fornito da Dio, non è vero? Senza il sostentamento e il nutrimento che Dio ha creato per l’umanità, avresti potuto vivere fino ad ora?” Non appena ho finito di parlare, il suo viso si è oscurato per la rabbia. Mi ha indicata e tra i denti ha affermato: “Oggi ti ho detto tante cose e tu non hai ascoltato una sola parola. Sei davvero oltre ogni redenzione!” Alla fine, se n’è andato in preda alla rabbia. Poco dopo sono arrivati altri due poliziotti e subito mi hanno riappesa al termosifone. Un agente mi ha colpita alla schiena con un manganello stordente e io ho cercato istintivamente di schivarlo, ma ogni movimento faceva sì che i denti delle manette mi si conficcassero nella carne provocando un dolore lancinante. L’agente mi rimproverava mentre mi colpiva: “Vuoi ancora diventare una martire? Anche se non ti picchiamo a morte oggi, ti condanneremo all’ergastolo!” Poi mi ha afferrata per i capelli e mi ha sbattuto la testa contro il muro. Ero stordita e disorientata dall’impatto, subito sulla mia fronte ha iniziato a formarsi un grosso bernoccolo e i miei occhi si sono gonfiati terribilmente. Poi mi ha afferrata di nuovo per i capelli e ha cominciato a colpirmi come se stesse picchiando un sacco di sabbia. Ho urlato di dolore, avevo la sensazione che le mie ossa si stessero rompendo e che il mio petto fosse bloccato, tanto che mi era difficile respirare. Mi picchiava imprecando, dicendo: “Sei stata deizzata. Vediamo se la tua bocca è più dura dei miei pugni. In un modo o nell’altro, oggi ti faremo parlare!” Dopo aver detto questo, mi ha dato un pugno forte in testa, tutto è diventato nero e ho perso immediatamente conoscenza. Non so quanto tempo ci è voluto prima che mi svegliassi. L’agente di polizia mi ha urlato: “Fingi ancora di essere morta? Se non confessi, ti porto fuori e ti do in pasto ai cani da guardia!” Sapevo che la mia vita o la mia morte erano nelle mani di Dio. Senza il Suo permesso, la polizia non avrebbe potuto farmi niente. Anche se avessero torturato il mio corpo e mi avessero tolto la vita, la mia anima era nelle mani di Dio. Questo pensiero mi ha fatto avere meno paura. Ho preso una decisione: “Anche se mi picchiano a morte, rimarrò salda nella mia testimonianza. Non diventerò mai un Giuda!”

Sono rimasta appesa al termosifone per tre giorni e tre notti. Poiché ero stata appesa lì per così tanto tempo, sia le gambe che i piedi si erano gonfiati. Il dolore dalla vita alle gambe era diventato insopportabile, così ho pregato Dio: “Dio, non so per quanto tempo ancora potrò resistere. Ho paura di non riuscire a sopportare questa tortura. Dio! Ti prego, prendi la mia vita. Preferisco morire piuttosto che diventare un Giuda”. Dopo aver pregato, ho sentito un brivido lungo tutto il corpo. Le mie gambe e i miei piedi avevano perso sensibilità e non sentivo più alcun dolore. Avevo testimoniato le azioni miracolose di Dio mentre eliminava il dolore e continuavo a ringraziarLo nel mio cuore. La mattina dopo, quando gli agenti di polizia hanno capito che non avrei detto niente, mi hanno urlato contro: “Quanto pensi di poter resistere ancora? Guarda il tuo viso: è così gonfio che non sembri nemmeno umana! Per evitare di tradire la chiesa stai subendo tutto questo, abbandonando tuo marito e i tuoi figli. Pensi davvero che ne valga la pena?” Hanno aggiunto: “Se non ti importa della tua vita, è un conto. Ma pensa ai tuoi figli e a tuo marito: stanno aspettando che torni a casa. Confessa onestamente e non dovrai più patire questo dolore”. Sentendo queste parole, ho sentito una rabbia profonda e ho pensato: “Siete chiaramente voi che mi impedite di credere in Dio, che mi arrestate, che distruggete la mia famiglia e rendete impossibile il mio ritorno a casa. Usate perfino la tortura per tormentarmi e poi mi accusate di aver abbandonato i miei figli e mio marito per amore della fede. È un completo capovolgimento della verità! Come un furfante che urla ‘Al ladro!’” Mi sono ricordata delle parole di Dio: “Da migliaia di anni questa è terra del sudiciume: è insopportabilmente sporca, la disperazione abbonda, i fantasmi scorrazzano in ogni dove, illudendo e ingannando, muovendo accuse prive di fondamento, rozzi e crudeli, mentre calpestano questa città fantasma disseminandola di cadaveri; il puzzo di putrefazione copre la terra e pervade l’aria, e la sorveglianza è strettissima. Chi riesce a vedere il mondo al di là del cielo? […] Antenati dei tempi antichi? Amati condottieri? Si oppongono tutti a Dio! La loro intromissione ha lasciato tutto ciò che è sotto il cielo in uno stato di tenebra e caos! Libertà religiosa? I diritti e interessi legittimi dei cittadini? Sono tutti trucchi per coprire il peccato!(La Parola, Vol. 1: La manifestazione e l’opera di Dio, “Lavoro e ingresso (8)”). Il Partito Comunista afferma di sostenere la libertà di credo, ma internamente reprime, arresta e perseguita spietatamente i cristiani con lo scopo di distruggere l’opera di Dio, facendo sì che le persone non credano in Lui o non Lo adorino, controllando tutti affinché gli obbediscano e, alla fine, periscano insieme a lui. Dopo aver sperimentato la crudeltà e la tortura del Partito Comunista, ne ho capito la vera essenza malvagia. È un demone che si oppone a Dio e danneggia le persone e ho sviluppato un odio profondo nei suoi confronti. Ho deciso di ribellarmi completamente al gran dragone rosso e di respingerlo. A questo pensiero, ho dimenticato il dolore ai polsi e ho desiderato disperatamente di inginocchiarmi e confidarmi completamente con Dio. In quel momento, il mio corpo è affondato all’improvviso e, miracolosamente, le manette si sono aperte. Mi sono inginocchiata a terra, piangendo e pregando in silenzio: “Dio! Ho visto le Tue azioni meravigliose. Anche se la mia carne è debole, Tu sei sempre stato al mio fianco, vegliando su di me e proteggendomi: il Tuo amore è così reale!” Il capitano della Brigata per la Sicurezza Nazionale vedendo ciò è rimasto sbalordito. Dopo aver finito di pregare, proprio mentre due poliziotti stavano per farsi avanti per rimettermi le manette, il capitano ha gridato nervosamente: “Non muovetevi, fate un passo indietro!” I due poliziotti erano così spaventati che non osavano muoversi. Il capitano quindi ha ordinato: “Sta pregando e ci sta maledicendo; fate subito un passo indietro!” I due agenti hanno fatto un passo indietro, restando lì fermi, senza osare muoversi e fissandomi perplessi. Per circa mezz’ora la stanza è rimasta silenziosa. Più tardi, uno degli agenti ha raccolto le manette e ha chiesto: “Come si sono aperte? Il Dio in cui crede potrebbe esistere davvero? Le manette non sono rotte! Non ci credo. Mettiamole un altro paio di manette e appendiamola!” Detto questo, mi hanno ammanettata di nuovo e mi hanno appesa. Poi i due agenti mi hanno fatta dondolare come un’altalena e, a ogni oscillazione, le manette mi si conficcavano nella carne. Sembrava che le mie mani venissero fatte a pezzi a causa del dolore intenso e non potevo fare a meno di gridare. Gli agenti erano lì, sorridevano e dicevano: “Stai ancora piangendo? Il tuo Dio non dovrebbe fare miracoli? Provi ancora dolore? Oggi ti spezzeremo le braccia!” Vedendo come questi diavoli si divertivano a tormentare le persone, ho smesso di piangere e ho deciso: “Anche se mi torturano a morte, devo rimanere salda nella mia testimonianza!” Alla fine gli agenti di polizia si sono resi conto che non avrebbero ottenuto nessuna prova da me, così hanno detto sconsolati: “L’abbiamo interrogata per tre giorni e tre notti senza ottenere nulla. Quindi, visto che è già mezza morta, diamole tre anni di rieducazione attraverso il lavoro forzato!” Poi la polizia mi ha riportata al centro di detenzione.

Tornata in cella, i detenuti erano stupiti nel vedere che ero stata picchiata in quel modo e parlottavano tra loro increduli: “Come hanno potuto picchiare qualcuno così? Noi assassini e tossicodipendenti riceviamo percosse del genere, ma lei è solo una credente, non ha fatto nulla di illegale e riceve questo trattamento. Che posto orribile è questo mondo!” Un detenuto mi ha detto: “Hai una bella spina dorsale per credere in Dio. Dalle tue parole e dalle tue azioni è chiaro che sei una brava persona. Ho ucciso, quindi non avrò mai la possibilità di credere in Dio in questa vita, ma nella prossima anche io crederò in Dio e sarò una brava persona”. Sentendo i detenuti dire queste cose, sapevo che non era merito mio, ma dell’effetto delle parole di Dio che mi guidavano.

La polizia non era riuscita a ottenere nulla dal mio interrogatorio e alla fine mi aveva condannata a tre anni di rieducazione attraverso il lavoro forzato. Quando ho saputo che avrei dovuto scontare altri tre anni, mi sono sentita molto debole e non sapevo quando tutto questo sarebbe finito, così ho pregato Dio chiedendoGli di guidarmi per rimanere salda nella mia testimonianza. Ho pensato a un inno delle parole di Dio: “Solo coloro che hanno una fede vera ottengono l’approvazione di Dio”: “Quando Mosè percosse la roccia e l'acqua donata da Jahvè fuoriuscì, fu a motivo della sua fede, a motivo della sua fede. Quando Davide suonava la lira in lode a Jahvè, con il cuore ricolmo di gioia, era a motivo della sua fede. Quando Giobbe perse il suo bestiame, di cui erano piene le montagne, perse ricchezze incalcolabili e il suo corpo si ricoprì di piaghe, fu a motivo della sua fede. Quando egli seppe sentire la voce di Jahvè, e vedere la gloria di Jahvè, fu a motivo della sua fede(La Parola, Vol. 1: La manifestazione e l’opera di Dio, “La verità intrinseca dell’opera di conquista (1)”). Ho pensato a Giobbe, a Davide e a Mosè, che grazie alla loro fede videro le azioni meravigliose di Dio. Oggi stavo soffrendo queste difficoltà a causa della mia fede in Lui: ciò era stato permesso da Dio ed ero disposta a sottomettermi e a viverlo.

Nel giugno del 2003 la polizia mi ha trasferita al campo di lavoro. Durante il mio periodo nel campo di lavoro, mi alzavo ogni mattina alle 5 del mattino, lavoravo dalle diciassette alle diciotto ore al giorno e spesso dovevo fare straordinari fino alle due o alle tre del mattino. Se non facevo bene il lavoro, venivo punita e la mia pena veniva prolungata, inoltre non potevo riposare finché il lavoro non era stato completato. Ogni sera prima di andare a dormire dovevo imparare a memoria le regole del campo e, se non riuscivo a memorizzarle, non mi era permesso dormire. L’enorme lavoro fisico a lungo termine combinato con lo stress mentale mi facevano girare la testa ogni giorno e, con la mia pressione alta, i dolori frequenti al cuore, il panico quando mi spaventavo e un’ernia del disco, stavo malissimo. Tuttavia, la polizia mi dava solo delle medicine e poi mi faceva continuare a lavorare. Nel campo di lavoro eravamo come schiavi, completamente alla loro mercé, senza diritti umani né libertà. L’unica cosa che mi confortava era sapere che nel campo di lavoro c’erano più di dieci sorelle che credevano in Dio e spesso ci scambiavamo furtivamente dei messaggi per condividere parole e canti di Dio, incoraggiandoci a vicenda. Una sorella mi ha passato di nascosto una lettera e quando ho visto che era dei fratelli e delle sorelle e riportava le parole di Dio scritte a mano, ho sentito davvero una sensazione di calore e mi sono commossa. Ho letto questo passo delle parole di Dio: “Pietro seppe seguire Gesù Cristo, fu a motivo della sua fede. Egli seppe essere inchiodato alla croce per Me e rendere una gloriosa testimonianza, anche ciò fu a motivo della sua fede. Quando Giovanni vide la gloriosa immagine del Figlio dell’uomo, fu per la sua fede. Quando ebbe la visione degli ultimi giorni, fu tanto più a motivo della sua fede(La Parola, Vol. 1: La manifestazione e l’opera di Dio, “La verità intrinseca dell’opera di conquista (1)”). Ero così commossa che non ho potuto fare a meno di piangere. Dio conosceva la mia debolezza e, ancora di più, i bisogni della mia anima. Aveva fatto in modo che la sorella mi inviasse la lettera di incoraggiamento e di aiuto: Lui mi guidava e mi conduceva con le Sue parole, dandomi fede e forza. Ho sentito quanto è veramente immenso l’amore di Dio e la sofferenza non è più stata forte come prima.

Nel settembre del 2005 sono stata rilasciata e sono tornata a casa. A causa delle torture ho sviluppato una grave malattia cardiaca e pressione alta e nei giorni di pioggia le braccia, la vita e le gambe mi fanno molto male; a causa dell’uso prolungato delle manette, i miei polsi non riescono ancora a sollevare oggetti pesanti. Sebbene fossi stata scarcerata dopo la condanna, la polizia ha continuato a inviare persone per seguirmi, controllarmi e assicurarsi che i miei parenti e vicini tenessero costantemente d’occhio i miei spostamenti. Periodicamente mandavano delle persone a casa mia per chiedermi se credevo ancora in Dio e, se non ero a casa, mi chiedevano dove fossi andata. Non potevo svolgere normalmente i miei doveri né partecipare alle riunioni, il che mi causava molto stress. Essendo stata personalmente arrestata e perseguitata dal Partito Comunista, ne avevo visto la spregevolezza e crudeltà e avevo chiaramente riconosciuto la sua essenza diabolica di resistenza e odio verso Dio. Lo detesto e lo respingo dal profondo del mio cuore e allo stesso tempo ringrazio Dio per avermi guidata passo dopo passo per capire a fondo i piani di Satana; ciò ha rafforzato la mia fede e mi ha permesso di superare le ferite causate dai demoni e di uscire viva dalla tana dei diavoli. Ho davvero assaporato l’amore e la salvezza di Dio e sono determinata a fare del mio meglio per svolgere bene i miei doveri e ripagare l’amore di Dio.

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