I cambiamenti nel dovere mi hanno smascherata
Ero addetta alla produzione video nella chiesa ma, poiché non c’era molto lavoro, la leader mi ha trasferita a irrigare i nuovi arrivati. Poi sono stata trasferita di nuovo per via di esigenze lavorative. Inaspettatamente, qualche mese dopo, il lavoro è rallentato e sono tornata all’irrigazione. Poi sono stata trasferita ancora una volta e una sorella mi ha detto: “Vai semplicemente dove c’è bisogno di te!” Non ci ho dato molto peso al momento. Meno di un mese dopo, però, il lavoro video è diminuito di nuovo e non ho potuto fare a meno di iniziare a temere che presto non avremmo più avuto bisogno di tante persone e che sarei stata di nuovo assegnata a irrigare i neofiti. A quel pensiero, mi si è formato un nodo in gola. Perché ero così inutile? Non appena c’era un po’ meno lavoro e meno bisogno di personale, ero io a essere trasferita. Ero inutile per il gruppo! Se fossi stata davvero trasferita di nuovo, cosa avrebbero pensato di me i fratelli? Si sarebbero chiesti perché io venissi sempre riassegnata e gli altri no? Avrebbero pensato che accadeva perché non ero brava e non avevo un ruolo importante. Questi pensieri mi turbavano molto e non volevo affrontare quella situazione.
E in seguito sono successe cose che lo hanno ulteriormente peggiorato. Una volta, stavamo discutendo di alcuni problemi di un video e tutti intervenivano con le loro opinioni: la discussione era vivace. Ma io non avevo nessuna buona idea né nulla da dire, neanche dopo aver riflettuto a lungo. Così, sono rimasta in silenzio. Tutti intervenivano, mentre io non contribuivo affatto. Mi sembrava di non esistere. Pensavo di dover dire qualcosa. Dovevo condividere una qualche comprensione, in modo che non mi ignorassero. Mi sono arrovellata il cervello e alla fine sono riuscita a esprimere un’idea, ma nessuno era d’accordo con me. Ero mortificata. Era così imbarazzante: cosa avrebbero pensato di me? Erano passati otto mesi dall’ultima volta che avevo realizzato un video, quindi le mie capacità professionali e la mia padronanza dei princìpi erano peggiorate rispetto a quando avevo lasciato il gruppo. Ero rimasta molto indietro in confronto agli altri. Per migliorare certe competenze, bisogna studiare sempre, proprio come gli altri, e gli altri avevano lavorato ai video per tutto il tempo. La loro padronanza delle competenze e dei princìpi era migliorata, mentre io avevo passato un po’ di tempo qui e un po’ là. Non avevo praticato a lungo nello stesso posto, quindi non ero particolarmente esperta in nessun ambito. Appena il lavoro diminuiva, ero la prima a essere trasferita. Lavoravano bene anche senza di me. In base al carico di lavoro, ritenevo che il supervisore avrebbe potuto rimandarmi in qualsiasi momento a irrigare i nuovi arrivati. Quest’idea mi turbava molto e non riuscivo a trattenere le lacrime. Mi chiedevo: “Perché succede sempre a me?” Alcuni membri del gruppo avevano capacità professionali, alcuni erano competenti, altri avevano esperienza e svolgevano quel lavoro da tempo, altri ancora erano davvero efficienti… Tutti si distinguevano in un modo o nell’altro, mentre io non avevo la loro stessa levatura, non ero altrettanto abile, e rimanevo sempre un passo indietro rispetto a loro. Così, quando il carico di lavoro si alleggeriva e c’era bisogno di meno persone, naturalmente ero io a venire riassegnata. Se avessi avuto ottime capacità professionali e levatura come loro, non sarei stata trasferita di continuo, ma purtroppo non era così. Perché non ero abile come gli altri? Più ci pensavo, più mi sentivo triste, e ho cominciato a fraintendere Dio.
In seguito, sebbene compissi il mio dovere, non mi sentivo motivata. In ogni cosa mi attenevo alla routine stabilita, accontentandomi di qualsiasi risultato. Non pensavo a come lavorare in modo più efficiente per ottenere di più. Non facevo del mio meglio per risolvere i problemi che affrontavo. Non sapendo quanto sarei rimasta nel gruppo, mi limitavo a seguire la corrente. In quel periodo, mi agitavo molto ogni volta che il capogruppo veniva a parlarmi, pensando che potesse annunciarmi un cambiamento di dovere. Il cuore mi batteva forte, finché non appuravo che si trattava di una normale conversazione di lavoro. Questo succedeva in continuazione e rendeva ogni giorno estenuante. Dormivo abbastanza, eppure continuavo ad appisolarmi durante le mie devozioni e non ottenevo comprensione dalle parole di Dio. Ero consapevole di trovarmi in uno stato sbagliato, così sono accorsa al cospetto di Dio per pregare, ricercare e riflettere sul mio problema. In seguito, ho letto un passo delle parole di Dio che mi ha aiutata a capire me stessa. Dio Onnipotente dice: “Quali sono i vostri principi di comportamento? Dovete comportarvi secondo la vostra collocazione, trovare la collocazione giusta per voi e svolgere il dovere che vi spetta; solo chi si comporta così è ragionevole. Per fare un esempio, alcuni sono esperti in determinate competenze professionali e afferrano i relativi principi, e allora dovranno assumersi quella responsabilità e compiere le verifiche finali in tale area; altri sanno offrire idee e intuizioni, ispirando gli altri e aiutandoli a svolgere al meglio loro i doveri, e allora dovrebbero fornire idee. Se sai trovare la collocazione giusta per te e collabori in armonia con fratelli e sorelle, starai compiendo il tuo dovere e ti comporterai secondo la tua collocazione. Se a te spetta soltanto di offrire alcuni tuoi pensieri, ma vorresti fornire altre cose, però provando e riprovando vedi di non esserne ancora capace; e se poi, quando altri forniscono queste cose, ti senti a disagio e non vuoi ascoltare, hai il cuore addolorato e imbarazzato, e dai la colpa a Dio e dici che Lui è ingiusto, allora questa è ambizione. Quale indole genera ambizione in una persona? Un’indole arrogante. Condizioni del genere possono certo sorgere in voi in qualsiasi momento e se non ricercate la verità per risolverle, non avete accesso alla vita e non sapete cambiare a questo proposito, allora il grado di capacità e di purezza con cui svolgete il vostro dovere sarà basso, e anche i risultati non saranno molto buoni. Ciò significa che non svolgete in modo soddisfacente il vostro dovere e che Dio non ha ottenuto gloria da voi. Dio ha dato a ciascuno talenti e doni diversi. Alcuni hanno talento in due o tre settori, altri in un settore solo, altri ancora non hanno affatto talento; se saprete affrontare correttamente tali questioni, allora avrete ragionevolezza. Coloro che hanno ragionevolezza sapranno trovare la loro collocazione, comportarsi secondo tale collocazione e compiere bene il loro dovere. Una persona che non riesce mai a trovare la propria collocazione è una persona che ha sempre ambizione. Persegue costantemente il prestigio e i vantaggi. Non è mai soddisfatta di ciò che ha. Per ottenere maggiori vantaggi, cerca di prendere il più possibile; spera sempre di soddisfare i propri desideri smodati. È convinta che, se possiede doni e buona levatura, allora dovrebbe godere di una maggiore grazia da parte di Dio e che non sia un errore avere desideri smodati. Una persona di questo genere possiede forse ragionevolezza? Non è indecente avere sempre desideri smodati? Chi possiede coscienza e ragionevolezza avverte questa indecenza. Chi comprende la verità non commetterà simili sciocchezze. Se tu speri di compiere lealmente il tuo dovere per ripagare l’amore di Dio, il tuo non è un desiderio smodato. Questo è in linea con la coscienza e la ragionevolezza della normale umanità, e rende felice Dio. Se davvero desideri compiere bene il tuo dovere, devi prima trovare la giusta collocazione per te e poi fare ciò che puoi con tutto il cuore, con tutta la mente e con tutte le tue forze, dando del tuo meglio. Questo è soddisfacente, e un tale compimento del dovere ha un certo grado di purezza. Ecco che cosa dovrebbe fare una vera creatura di Dio” (La Parola, Vol. 3: I discorsi di Cristo degli ultimi giorni, “I principi che devono guidare il proprio comportamento”). Le parole di Dio mi hanno mostrato che ero demoralizzata perché i miei desideri smodati non erano stati soddisfatti. Gli altri non mi ammiravano e non mi apprezzavano e non potevo cambiare le circostanze, così ho frainteso e incolpato Dio, ritenendo che ciò che mi dava non fosse abbastanza. Mi avevano cambiato dovere due volte perché il lavoro era rallentato, e forse avrei dovuto affrontare un terzo trasferimento a meno di un mese dal precedente. In quella situazione, mi sentivo la peggiore del gruppo, quella di cui si potesse fare a meno, e la mia esistenza mi appariva priva di valore. Non riuscivo ad accettare quella realtà ed ero infelice. In quella discussione di lavoro, non volevo sembrare troppo inferiore, quindi mi sono scervellata, cercando di esprimere alcune opinioni valide e intelligenti, ma i miei suggerimenti sono stati respinti e mi sono sentita completamente umiliata. E vedere quanto le mie capacità fossero inferiori a quelle degli altri mi faceva sentire abbattuta e scontenta. Pensavo di non essere molto abile in nulla perché il mio dovere veniva continuamente cambiato, che ovunque fossi andata, avrei occupato il gradino più basso e avrei potuto essere trasferita in qualsiasi momento. Dentro di me, mi paragonavo agli altri. Mi pareva che tutti avessero dei punti di forza ed eccellessero in un determinato ambito, e che io non fossi all’altezza sotto tutti i punti di vista e avessi anche un difetto disastroso: ero lenta in tutto. Incapace di affrontare quella realtà, incolpavo Dio di non avermi dato una buona levatura. Mi sentivo depressa e trattata ingiustamente, e non ero motivata nel mio dovere. Ma la realtà è che Dio dà a ciascuno doni, forze e levatura differenti. Per ognuno è decretato un dovere diverso: tutto viene orchestrato da Dio. Una persona ragionevole ha un cuore di sottomissione. Occupa la sua posizione in conformità ai suoi punti di forza e ci mette l’impegno. Io invece non mi sottomettevo affatto: non volevo essere l’ultima ruota del carro. Desideravo un posto nel cuore degli altri, il loro rispetto e la loro ammirazione, e battevo la fiacca quando non li ottenevo. Ero priva di ragione. Dio non mi ha dotata di grande levatura, ma nemmeno pretendeva molto da me. Voleva solo che trovassi il posto giusto e mettessi tutta me stessa nel mio dovere. Sarebbe bastato che facessi quello che potevo. E invece ero così arrogante e priva di ragione. Non ero brava in nulla e non volevo affrontare la realtà. Nutrivo la sfrenata ambizione ad avere successo da un giorno all’altro e conquistare la stima degli altri. Di conseguenza, senza riuscirci, consumavo molte energie e mi sentivo negativa. Stavo tormentando me stessa.
In seguito, mi sono chiesta perché invidiassi sempre i doni e i punti di forza degli altri, cercassi sempre di conquistare un posto nel cuore delle persone e non volessi essere da meno. Qual era la causa principale di tutto questo? Ricercando, ho trovato queste parole di Dio: “Per un anticristo, il prestigio e la fama sono la vita, nonché l’obiettivo dell’intera esistenza. In tutto ciò che fa, la priorità è: ‘Cosa ne sarà del mio prestigio? E della mia fama? Fare questa cosa mi darà fama? Eleverà il mio prestigio nella mente delle persone?’. Questa è la prima cosa a cui pensa, il che dimostra ampiamente che ha l’indole e l’essenza degli anticristi; altrimenti non prenderebbe in considerazione questi problemi. Si può dire che, per un anticristo, il prestigio e la fama non sono un requisito aggiuntivo, né tantomeno qualcosa di estraneo a cui potrebbe rinunciare. Fanno parte della natura degli anticristi, sono nelle loro ossa, nel loro sangue, sono innati in loro. Gli anticristi non sono indifferenti al possesso del prestigio e della fama; non è questo il loro atteggiamento. Allora qual è? Il prestigio e la fama sono intimamente legati alla loro vita di tutti i giorni, alla loro condizione quotidiana, a ciò che si sforzano di ottenere ogni giorno. E così, per gli anticristi, il prestigio e la fama sono la vita. A prescindere dal modo e dall’ambiente in cui vivono, dal lavoro che fanno, da cosa si sforzino di ottenere, da quali siano i loro fini o la direzione della loro vita, tutto ruota attorno all’avere una buona reputazione e una posizione elevata. E questo obiettivo non cambia; non riescono mai a mettere da parte tali cose. È questo il vero volto degli anticristi, è questa la loro essenza. […] Se sentono di non possedere prestigio o fama, che nessuno li ammira, o li venera, o li segue, allora ne sono molto frustrati, ritengono che credere in Dio non abbia senso, nessun valore, e si dicono: ‘Una simile fede in Dio non è un fallimento? Non è forse vana?’ Spesso ponderano queste cose nei loro cuori, riflettono su come poter ritagliarsi un posto nella casa di Dio, su come poter acquisire un’elevata reputazione all’interno della chiesa, in modo che gli altri li ascoltino quando parlano, li sostengano quando agiscono e li seguano ovunque essi vadano; in modo da avere nella chiesa un’influenza, una reputazione, in modo da godere di benefici, e possedere prestigio: si concentrano davvero su queste cose. È questo che simili persone perseguono” (La Parola, Vol. 4: Smascherare gli anticristi, “Tema 9 – Parte terza”). Dio rivela che gli anticristi tengono molto alla fama e al prestigio. In tutto ciò che fanno, pensano sempre al posto che occupano tra gli altri. Fanno della fama e del prestigio la loro vita e l’oggetto della loro ricerca. Se non hanno fama o non godono dell’ammirazione degli altri, si deprimono, al punto di perdere ogni interesse per le cose. E io non mi comportavo forse così? Venendo continuamente trasferita, mi sentivo un accessorio, qualcuno di cui si potesse fare a meno, priva di prestigio, apparentemente senza importanza, e questo mi turbava molto. Quando si discuteva di una questione, non avevo idee valide da apportare e nessuno accettava le opinioni che esprimevo. Sentivo di essere la peggiore del gruppo, di non essere ammirata da nessuno, e la mia vita sembrava non avere alcun valore. Sono diventata debole e negativa e ho frainteso e incolpato Dio. Ho fatto della fama e del prestigio la mia vita, ed ero svogliata e demotivata quando non li ottenevo. Avevo troppo a cuore queste cose. Ho riflettuto sul motivo per cui non facessi che perseguirle. La ragione è che ero caduta in preda all’influenza di veleni satanici quali: “Arriva in vetta”, “L’eredità che un uomo lascia è l’eco della sua vita” e “Gli uomini dovrebbero sempre sforzarsi di essere migliori dei loro contemporanei”. Pensavo che questi fossero gli obiettivi più legittimi della vita e che perseguirli significasse avere un’aspirazione. A scuola mi davo molto da fare. Ero la migliore della classe in quasi tutte le verifiche alla scuola media e al liceo. Ero molto popolare e venivo spesso elogiata da compagni e insegnanti. Sentivo che solo quel tipo di vita valesse la pena di essere vissuta. Dopo essere entrata nella chiesa e aver assunto un dovere, ho continuato a vivere secondo quei veleni satanici, e tenevo molto al posto che occupavo nel cuore degli altri, tentando sempre di mostrare il mio valore e di suscitare la loro ammirazione. Anche se non ero una capogruppo o un supervisore, dovevo essere qualcuno di importante, che gli altri avrebbero approvato. Quando non ci riuscivo e le mie ambizioni non erano soddisfatte, mi lamentavo e provavo malcontento verso le disposizioni sovrane di Dio. Non osavo dire nulla, ma nel mio cuore mi opponevo a Dio e nel mio dovere battevo la fiacca. Mi procuravo solo disperazione e tormento vivendo secondo quei veleni satanici, e mi schieravo contro Dio, ragionando e contrattando con Lui, persino dubitando della Sua giustizia e opponendomi a Lui. Di quel passo, avrei offeso la Sua indole ed Egli mi avrebbe scacciata. Ho pensato alle parole di Dio: “Le persone devono assicurarsi di non avere ambizioni e di non nutrire sogni inutili, di non cercare fama, guadagni e prestigio e di non distinguersi dalla massa. Inoltre, non devono tentare di essere grandi persone o superuomini, individui superiori agli altri e che si fanno adorare da loro. Questo è il desiderio dell’umanità corrotta, ed è il cammino di Satana; Dio non salva simili persone. Se le persone perseguono ininterrottamente la fama, i guadagni e il prestigio e rifiutano di pentirsi, allora non c’è cura per loro, e avranno un unico esito: essere scacciate” (La Parola, Vol. 3: I discorsi di Cristo degli ultimi giorni, “Il corretto adempimento del proprio dovere richiede un’armoniosa cooperazione”). Prima non mi ero mai resa conto di quanto fossero gravi queste conseguenze. Pensavo che non avrei compiuto tanto male quanto un anticristo né intralciato il lavoro della chiesa, e che al massimo mi sarei sentita negativa e turbata quando non avessi ottenuto l’ammirazione degli altri. Ma poi ho capito che non era affatto così. In superficie, pareva non avessi fatto nulla di terribile, ma ero scontenta della situazione disposta da Dio e mi lamentavo di continuo. Nel mio cuore, stavo osteggiando Dio. Mi opponevo a Lui! Come poteva Dio salvare una persona come me? Ho pensato a una sorella con cui avevo lavorato in passato. All’inizio era entusiasta del suo dovere ed è stata nominata leader, ma poi è stata rimossa e ha perso la fama e il prestigio. Era costantemente negativa perché non riusciva a ottenere l’ammirazione degli altri, e alla fine ha abbandonato Dio e lasciato la chiesa. Se le persone perseguono sempre fama e prestigio, quando le loro ambizioni non vengono soddisfatte diventano negative e fraintendono e incolpano Dio. Lo osteggiano o addirittura Lo abbandonano. A quel punto ho capito di essere in una situazione pericolosa. Non volevo continuare a oppormi a Dio, volevo liberarmi dai vincoli della fama e del prestigio.
Nelle mie devozioni, ho letto due passi delle parole di Dio. “Quando Dio richiede alle persone di svolgere adeguatamente il loro dovere, non sta chiedendo loro di portare a termine un certo numero di compiti, o di realizzare grandi progetti, e nemmeno ha bisogno che compiano grandi imprese. Ciò che Dio vuole è che le persone sappiano fare tutto ciò che possono in maniera concreta e vivano secondo le Sue parole. A Dio non serve che tu sia grande od onorevole, né che tu compia miracoli, e nemmeno vuole vedere in te piacevoli sorprese. Non Gli serve nulla di tutto questo. Dio ha solamente bisogno che tu pratichi seriamente secondo le Sue parole. Quando ascolti le parole di Dio, fa’ ciò che hai capito, esegui ciò che hai compreso, ricorda ciò che hai sentito e poi, quando arriva il momento di praticare, fallo in conformità alle parole di Dio, in modo che esse possano diventare la tua vita, le tue realtà, ciò che vivi. In tal modo Dio sarà soddisfatto” (La Parola, Vol. 3: I discorsi di Cristo degli ultimi giorni, “Il corretto adempimento del proprio dovere richiede un’armoniosa cooperazione”). “Se Dio ti ha creato stolto, allora la tua stoltezza ha un significato; se ti ha creato intelligente, allora la tua intelligenza ha un significato. Qualunque competenza Dio ti abbia dato, qualsiasi siano i tuoi punti di forza, qualunque sia il tuo quoziente intellettivo, tutto ciò ha per Dio uno scopo. Tutte queste cose sono state predeterminate da Dio. Il ruolo che hai nella tua vita e il dovere che svolgi sono stati stabiliti da Dio molto tempo fa. Alcune persone vedono che gli altri possiedono competenze che loro non hanno e ne sono scontente. Vogliono cambiare le cose imparando di più, vedendo di più ed essendo più scrupolose. Ma c’è un limite a ciò che la loro scrupolosità può ottenere, e non possono superare coloro che hanno doni e competenze. Per quanto tu ti sforzi, è inutile. Dio ha stabilito ciò che sarai e nessuno può fare nulla per cambiarlo. Qualunque cosa tu sia bravo a fare, è in quella che devi impegnarti. Qualunque sia il dovere per il quale sei portato, è quello che dovresti svolgere. Non cercare di forzarti a entrare in ambiti che non rientrano nelle tue competenze e non invidiare gli altri. Ognuno ha la sua funzione. Non pensare di poter fare tutto bene o di essere più perfetto o migliore degli altri, desiderando sempre di sostituirti agli altri e di metterti in mostra. Questa è un’indole corrotta. Ci sono persone che pensano di non saper far bene nulla e di non avere alcuna capacità. Se è il tuo caso, dovresti limitarti a essere una persona che ascolta e obbedisce in modo concreto. Fai quello che sai fare e fallo bene, con tutte le tue forze. È sufficiente questo. Dio ne sarà soddisfatto” (La Parola, Vol. 3: I discorsi di Cristo degli ultimi giorni, “I principi che devono guidare il proprio comportamento”). Dalle parole di Dio, ho capito che la Sua volontà non è che diventiamo grandi personalità. Egli spera che restiamo con i piedi per terra e ai nostri posti, che svolgiamo i nostri doveri, ci concentrariamo sul praticare le Sue parole e ci comportiamo da esseri creati obbedienti. Qualsiasi siano la nostra levatura o le nostre capacità professionali, sono stabilite dalle disposizioni sovrane di Dio. Dovevo imparare ad accettarlo e a sottomettermi, e a mettere a frutto tutto ciò che Dio mi aveva dato, in base ai miei punti di forza, e fare del mio meglio. Le mie abilità non erano all’altezza di quelle degli altri, ma non ero incapace di svolgere il lavoro. Poiché la chiesa mi aveva assegnato quel dovere, dovevo dare il massimo con risolutezza e fare tutto ciò che potevo. Nelle discussioni di lavoro, dovevo parlare solo di cose che capivo. Se non avevo comprensione o non conoscevo i princìpi, dovevo ricercare e condividere con gli altri, ascoltare le loro idee e imparare dai loro punti di forza per compensare le mie debolezze. A questo pensiero, il mio cuore si è illuminato e avevo un percorso e una direzione di pratica. Ero solita considerare un trasferimento come qualcosa di cui vergognarmi. Quando succedeva, mi pareva la prova che fossi la peggiore, quindi non riuscivo ad affrontarlo in modo adeguato. Ripensandoci ora, questo era un problema nelle mie prospettive. Dio dà a ciascuno doni, forze e levatura diversi, e ha richieste differenti per ognuno. Era vero che le mie capacità non erano così elevate; quindi, quando il gruppo non aveva molto lavoro, la chiesa cambiava il mio dovere in base ai miei punti di forza. Questo era in linea con i princìpi e giovava al lavoro della chiesa. Inoltre, quando Dio valuta le persone, non Si basa solo sulla loro capacità di svolgere bene un lavoro, ma sul fatto che perseguano la verità, si sottomettano davvero a Lui e siano dedite al loro dovere. Questo pensiero mi ha illuminato il cuore e non mi sono più sentita limitata dai cambiamenti nel mio dovere. Sapevo anche esattamente cosa avrei dovuto perseguire. Ho pregato Dio: “O Dio, grazie per avermi illuminata e aiutata a capire la Tua volontà. Non so quando potrei essere trasferita, ma sono pronta a sottomettermi alle Tue disposizioni. Ovunque svolgerò il mio dovere, voglio solo dare il massimo e soddisfarTi. Ti prego, guidami!”
Cambiata prospettiva, è cambiato anche lo stato con cui compivo il mio dovere. Mi ero sempre ritenuta inferiore agli altri, un membro temporaneo del gruppo che poteva essere trasferito in qualsiasi momento. Mi pareva di occupare il gradino più basso e mi sentivo sempre un pesce fuor d’acqua. Fraintendevo Dio, mi sentivo distante da Lui e non mettevo tutta me stessa nel mio dovere. Ma ora non mi sento più così. Non importa dove o quanto a lungo svolga un dovere: dietro c’è la buona volontà di Dio, quindi devo imparare a sottomettermi. Anche se poi dovrò andarmene, ora lavoro ai video e devo fare del mio meglio ogni giorno, e mettere il mio cuore nel mio dovere e in ogni situazione che sperimento. Quando compio il mio dovere, spesso prego Dio, chiedendoGli di guidarmi a essere più efficiente. Penso anche a quali problemi ci sono nel mio lavoro, in modo da poterli riepilogare e correggere rapidamente. Quando mi imbatto in princìpi che non capisco, faccio comunione con gli altri. Svolgere il mio dovere in questo modo mi fa sentire a mio agio e più vicina a Dio.
Durante una riunione, ho letto un passo delle parole di Dio che mi ha davvero colpita. Dio Onnipotente dice: “Cosa si dovrebbe fare in risposta alle disposizioni e alla sovranità di Dio sul proprio destino? (Sottomettersi alle Sue disposizioni e alla Sua mercé.) Innanzitutto, dovresti indagare sul perché il Creatore ha disposto questo genere di destino e di ambiente per te, perché ti fa affrontare e sperimentare certe cose, e perché il tuo destino è quello che è. Su queste basi, dovresti comprendere sia i tuoi bisogni, sia le disposizioni e la sovranità di Dio. Una volta che avrai compreso e conosciuto tutto ciò, non dovresti opporti, né scegliere di testa tua, rifiutare, contraddire o evitare il tuo destino. Naturalmente, non dovresti nemmeno cercare di negoziare con Dio. Dovresti, piuttosto, sottometterti. Perché? Perché non puoi orchestrare da solo il tuo destino e non hai sovranità su di esso. Il tuo destino è determinato da Dio. Tu sei un oggetto della creazione e, per quel che riguarda il tuo destino, sei passivo e non hai scelta. L’unica cosa che dovresti fare è sottometterti. Non dovresti scegliere di testa tua sul tuo destino né dovresti evitarlo, e nemmeno negoziare con Dio, contraddirLo o lamentarti. E soprattutto, ovviamente, non dovresti dire cose del tipo: ‘Il destino che Dio ha disposto per me è brutto, deprimente e peggiore del destino degli altri’ o ‘Il mio è un brutto destino e non riesco a godere nemmeno di un briciolo di felicità o prosperità. Dio ha disposto cose brutte per me’. Queste parole sono giudizi e, pronunciandole, stai oltrepassando i limiti della tua autorità. Non sono parole che dovrebbero essere pronunciate da un oggetto della creazione e non sono opinioni o atteggiamenti che un oggetto della creazione dovrebbe avere. Dovresti invece abbandonare questa serie di falsi intendimenti, definizioni, punti di vista e comprensioni del destino. Allo stesso tempo, dovresti saper adottare un atteggiamento e una posizione corretti in modo da sottometterti a tutto ciò che accadrà in quanto parte integrante del destino che Dio ha disposto per te. Non dovresti opporti e, certamente, non dovresti essere depresso e lamentarti che il Cielo non è giusto, che Dio ha disposto cose brutte per te e non ti ha fornito il meglio. Gli oggetti della creazione non hanno il diritto di scegliere il proprio destino. Dio non ti ha assegnato questo obbligo né ti ha concesso questo diritto. Pertanto non dovresti cercare di fare delle scelte, di ragionare con Dio o di farGli ulteriori richieste. Dovresti conformarti e far fronte alle disposizioni di Dio, qualsiasi esse siano. Dovresti affrontare ogni cosa che Dio ha disposto per te e cercare di sperimentarla e apprezzarla. Dovresti sottometterti completamente a tutto ciò che le disposizioni di Dio ti fanno sperimentare. Dovresti attenerti al destino che Egli ha disposto per te. Anche se qualcosa non ti piace, o ti fa soffrire, anche se minaccia e soffoca il tuo orgoglio e la tua dignità, fintanto che si tratta di qualcosa che dovresti sperimentare, qualcosa che Dio ha orchestrato e disposto per te, dovresti sottometterti e non hai scelta al riguardo. I destini delle persone non possono essere negoziati con Dio, poiché è Lui a disporli e ad avere sovranità su di essi. Pertanto, se le persone sono ragionevoli e possiedono il senno della normale umanità, non dovrebbero lamentarsi che il loro destino è brutto o che tal cosa o tal altra non è buona per loro. Non dovrebbero approcciarsi con un atteggiamento depresso al loro dovere, alla loro vita, alla strada che seguono nella loro fede, alle situazioni disposte da Dio o alle Sue richieste solo perché sentono che il loro è un brutto destino” (La Parola, Vol. 6: Riguardo al perseguimento della verità, “Come ricercare la verità (2)”). Riflettere sulle parole di Dio mi ha mostrato più chiaramente come approcciare le Sue disposizioni sovrane. Il destino di tutti noi è nelle mani di Dio. Il tipo di famiglia in cui una persona nasce, l’istruzione che riceve, i suoi doni e i suoi punti di forza, quando entrerà nella chiesa e assumerà un dovere, e quale dovere svolgerà, tutto viene disposto da Dio e cela la Sua buona volontà. Prima non avevo mai capito perché venissi sempre trasferita, ma dopo averci riflettuto attentamente ho visto che era proprio ciò di cui avevo bisogno. Senza queste esperienze, non avrei capito la gravità della mia brama di fama e prestigio. Sarei ancora convinta di essere leggermente cambiata, non avrei consapevolezza di quanto fossero radicate in me le filosofie di Satana, del fatto che mi avevano portata a perdere la ragione della normale umanità e a oppormi a Dio e che se avessi continuato a perseguirle sarei stata scacciata. Sperimentando questo, ho acquisito un po’ di chiarezza sulle mie opinioni sbagliate riguardo alla ricerca di fama e prestigio e ho capito che non è la retta via, bensì un modo in cui Satana corrompe e danneggia gli esseri umani. Ho anche imparato che dovrei approcciare adeguatamente la mia levatura, accettare le disposizioni di Dio e sottomettermi a esse, saper restare al mio posto e comportarmi come un essere creato dotato di ragione. Non importa se in futuro sarò trasferita, né quale dovere svolgerò: devo sottomettermi alle disposizioni sovrane di Dio, ricercare la Sua volontà, adattarmi, sperimentare e immergermi in ogni situazione che Egli predispone per me e attraverso di esse sforzarmi di guadagnare qualcosa e di conoscermi meglio.
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