Imparare dalle critiche
Nel maggio di quest’anno, una sorella mi ha riferito cosa le aveva detto sorella Lu: almeno tre capi della Chiesa erano falsi capi e non svolgevano lavoro pratico, e i fratelli e le sorelle non riuscivano a discernere questi falsi capi. Dopo aver sentito il suo resoconto, ho pensato tra me che sorella Lu era troppo arrogante. Se questi tre capi della Chiesa fossero stati davvero un problema, non sarebbero stati sostituiti molto tempo prima? Alle loro spalle, sorella Lu sosteneva che quei tre capi di Chiesa erano tutti falsi capi. Non li stava forse giudicando? Ho cominciato a vedere sorella Lu da una certa prospettiva: ho pensato che probabilmente non aveva una buona umanità. In seguito, mi sono messa ad approfondire il suo comportamento abituale e la sua umanità, per capire se le piaceva sottolineare i problemi altrui alle loro spalle. Una volta iniziato a indagare, ho saputo che, davanti ai fratelli, sorella Lu aveva detto che un certo capo mancava di discernimento e non svolgeva un lavoro pratico. Questo mi ha fatto sospettare ancora di più che avesse cattive intenzioni e volesse essere lei stessa un capo, perciò criticava sempre i superiori di fronte ai fratelli e alle sorelle, e diffondeva pregiudizi contro di loro per turbare l’ordine della Chiesa e ostacolare il lavoro di capi e lavoratori. Se avesse voluto davvero proteggere il lavoro della Chiesa, non appena individuati falsi capi al suo interno, avrebbe dovuto riferirlo ai loro superiori, i quali avrebbero poi approfondito e verificato la situazione, oltre a chiedere l’opinione degli altri credenti. Se avessero scoperto che c’era davvero un falso capo, avrebbero potuto gestire la cosa in modo appropriato. Ma sorella Lu non ha riportato la situazione ai loro superiori. Anzi, parlava costantemente dei problemi di quei capi con gli altri fratelli. In realtà, stava giudicando i capi. Perciò sono andata da sorella Lu per condividere con lei. Le ho detto: “Se hai scoperto che i capi e i lavoratori hanno dei problemi, dovresti riferirlo ai piani alti, evita di parlare con noncuranza di fronte ai fratelli e alle sorelle. Così facendo, saranno prevenuti nei confronti dei capi e si rifiuteranno di collaborare con loro. Questo comportamento è distruttivo per il lavoro della Chiesa, e tu hai parlato dei problemi di diversi capi alle loro spalle: in altre parole, li hai giudicati”. Le ho detto di riflettere sulle sue intenzioni e sugli obiettivi nel dire certe cose, e infine l’ho avvertita: “Se continui a giudicare i capi alle loro spalle in questo modo, turbando e ostacolando il lavoro della Chiesa, potresti perdere la possibilità di svolgere i tuoi compiti”. Dopo aver affrontato la questione con sorella Lu, sentivo di aver adempiuto alle mie responsabilità di capo e di aver protetto il lavoro della Chiesa.
Inaspettatamente, un giorno, durante una riunione, un superiore mi ha chiesto improvvisamente: “Perché hai rimosso sorella Lu dai suoi compiti? Cosa ha fatto di male?” Questa domanda repentina mi ha un po’ confusa. Mi sono detta: “Non ho mai rimosso sorella Lu. Se è stata sostituita, non ne so nulla”. Il mio superiore allora mi ha detto che i problemi riferiti da sorella Lu erano reali, e i capi da lei segnalati erano, in realtà, falsi capi che dovevano essere sostituiti. Poi mi ha rimproverata di essere stata troppo arbitraria nel modo in cui ho gestito la faccenda con sorella Lu. Ha detto che, solo perché lei aveva riferito dei problemi con diversi capi, io avevo stabilito che li giudicava arbitrariamente e aveva una cattiva umanità. Le mie azioni equivalevano a sopprimere e condannare il popolo eletto da Dio. Non era diverso da quello che fa il PCC, creando un’atmosfera di “Terrore Bianco” in cui chiunque dica la verità viene soppresso e punito. Ero stata trattata: ho fatto fatica ad accettarlo. Non pensavo certo di creare un’atmosfera di paura, né volevo punire sorella Lu. Per di più, erano stati i capi della Chiesa di sorella Lu a sostituirla. Io non ero affatto coinvolta direttamente. In che modo questo mi rendeva uguale al PCC?
In seguito, continuavo a chiedermi perché il mio capo mi avesse trattata in quel modo. Che tipo di problema avevo? Ho ripensato alle sue parole, sosteneva che avevo etichettato le azioni di sorella Lu come “giudicare i capi”. Subito dopo è stata soppressa e destituita. Se non l’avessi descritta in quel modo, sarebbe stata rimossa così facilmente? Questo mi chiedevo durante la mia riflessione. Mi sono detta che, anche se non ero stata io a rimuoverla, pur non avendola deliberatamente punita o soppressa, siccome ero un capo, dopo aver bollato il suo problema come “giudicare arbitrariamente i capi”, i nostri fratelli e sorelle non potevano avere una buona impressione di lei, così appena fossero apparsi alcuni problemi nei suoi compiti, i capi l’avrebbero vista come una che amava giudicare le persone, con una cattiva umanità, e che svolgeva male il suo compito, perciò l’hanno destituita. La catena di eventi che ha portato a tutto ciò è stata innescata dalla mia determinazione nei suoi confronti. Ma su quale base avevo determinato che era colpevole di “giudicare i capi”? Quello che faceva era davvero giudicare le persone? Riflettendo su tali quesiti, ho scoperto che avevo dei punti di vista fallaci. Pensavo che, per segnalare un capo, bisognasse seguire un certo processo. O si dava direttamente un consiglio alla persona in questione, o si presentava il problema ai suoi superiori che poi avrebbero indagato e gestito la faccenda. Fare altrimenti significava, ai miei occhi, giudicare i capi alle loro spalle. Sorella Lu aveva detto che c’erano problemi con quattro capi diversi, ma non l’aveva riferito ai diretti interessati né aveva presentato quei problemi ai loro superiori. Al contrario, più volte, aveva parlato di loro ai fratelli e alle sorelle, dicendo che non facevano lavoro pratico, parlavano solo di dottrina ed erano falsi capi. Ho pensato che il suo comportamento costituisse un giudizio sui dirigenti, così l’ho condannata sulla base di questo comportamento senza indagare effettivamente se i problemi con i capi di cui parlava sorella Lu fossero reali. Se quello che diceva sorella Lu era vero, queste quattro persone erano falsi capi, e lei stava solo cercando di smascherarli. Stava sostenendo i princìpi della verità e agendo con giustizia, il che significa che si stava assumendo la responsabilità e stava proteggendo l’opera della casa di Dio. Chi è in grado di riferire sinceramente i problemi e osa dire la verità senza temere il prestigio e il potere dei falsi capi è una buona persona nella casa di Dio, una persona che dovremmo coltivare. Se i problemi che riportano non corrispondono ai fatti, o se accusano falsamente capi e lavoratori, questa è calunnia, è incastrare, giudicare le persone arbitrariamente, turbando il lavoro della Chiesa, e tale persona è un malfattore con una cattiva umanità e deve essere gestita secondo i princìpi. Ora, i fatti hanno dimostrato che i capi segnalati da sorella Lu erano effettivamente falsi capi e non facevano lavoro pratico. Tutto ciò che ha riferito era in linea con i fatti. Non stava affatto giudicando quei capi. Stava dicendo la verità e smascherando falsi capi. Una persona così, che ha un senso di giustizia, merita di essere sostenuta, non accusata e condannata con noncuranza. A quel tempo, non capivo cosa significasse smascherare i falsi capi e giudicare le persone. Quando è successo a me, non ho cercato i princìpi, non ho avuto timore di Dio nel mio cuore, ma ho condannato arbitrariamente una brava persona. Per fortuna, il mio capo ha scoperto che l’allontanamento di sorella Lu non era basato sui princìpi e l’ha fermato in tempo, altrimenti avrei fatto qualcosa di malvagio. Mentre ci riflettevo, ho provato un profondo senso di colpa, perché mi sono resa conto di aver sbagliato, così mi sono presentata davanti a Dio e ho pregato per esprimere la mia volontà di accettare la Sua potatura e il Suo trattamento, e ho chiesto la Sua guida per arrivare a conoscere la mia corruzione.
Durante i miei devozionali, ho visto un passo della parola di Dio, il secondo paragrafo de “Il servizio religioso deve essere ripulito”. “Servire Dio non è un compito semplice. Coloro che non hanno cambiato la propria indole corrotta non potranno mai servire Dio. Se la tua indole non è stata giudicata e castigata dalla parola di Dio, essa rappresenta ancora Satana; ciò dimostra che il tuo servizio a Dio è frutto delle tue buone intenzioni e che è basato sulla tua natura satanica. Servi Dio con la tua inclinazione naturale e secondo le tue preferenze personali. Inoltre, sei convinto che le cose che sei disposto a fare siano ciò che compiace Dio mentre le cose che non desideri fare siano invise a Dio, dunque svolgi il tuo lavoro unicamente in base alle tue preferenze. Questo si può forse definire servizio a Dio? Alla fine, la tua indole vitale non cambierà di una virgola, anzi, il tuo modo di servire ti renderà ancora più testardo, e così la tua indole corrotta sarà ancora più radicata. In questo modo, svilupperai interiormente regole sul servizio a Dio fondate principalmente sul tuo carattere e sull’esperienza derivata dal servizio svolto secondo la tua indole. Queste sono le esperienze e gli insegnamenti dell’uomo; questa è la filosofia umana del vivere nel mondo. Persone di questo genere si possono classificare come farisei e funzionari religiosi. Se non apriranno gli occhi e non si pentiranno, allora si trasformeranno sicuramente in falsi cristi e anticristi che inganneranno le persone negli ultimi giorni. I falsi cristi e gli anticristi che furono preannunciati emergeranno tra tali persone. Se coloro che servono Dio seguono il proprio carattere e agiscono secondo la propria volontà, corrono il rischio costante di essere eliminati. Coloro che sfruttano l’esperienza acquisita nei loro molti anni al servizio di Dio per irretire i cuori delle persone, per ammonirle e controllarle, per elevare sé stessi, senza mai pentirsi, confessare i propri peccati né rinunciare ai vantaggi della propria posizione, cadranno dinanzi a Dio. Sono individui simili a Paolo, che approfittano della loro superiorità di grado e fanno sfoggio delle proprie qualifiche; Dio non porterà alla perfezione gente come questa poiché questo genere di servizio interferisce con l’opera di Dio. Le persone amano aggrapparsi al passato, si aggrappano alle nozioni del passato, alle cose del passato e ciò rappresenta un grosso ostacolo al loro servizio. Se non riesci a liberarti di queste cose, esse paralizzeranno tutta la tua vita. Non riceverai il minimo elogio da Dio, nemmeno se ti farai in quattro o se ti spezzerai la schiena per la fatica, nemmeno se sarai condannato al martirio durante il servizio a Dio ma, al contrario, Egli dirà che sei un malfattore” (La Parola appare nella carne). La parola di Dio ha rivelato precisamente il mio stato. Ero un capo da tanto tempo, quindi sentivo di aver sperimentato molto, di avere una certa conoscenza dei principi, di aver imparato dalle mie esperienze, e pensavo di sapere come vedere le persone e le cose, e come affrontare i problemi. Lentamente, sono diventata sempre più arrogante, non avevo posto nel mio cuore per Dio; di fronte agli eventi, pensavo di sapere cosa stava succedendo, quindi avevo puntualmente le mie idee, credevo sempre di avere ragione e che le cose dovessero essere fatte in un certo modo. Non pregavo per cercare i princìpi, mi limitavo a praticare nel modo che ritenevo corretto. Quando mi hanno riportato i problemi di sorella Lu, non ho pregato affatto Dio, e non ho cercato come praticare la verità o agire secondo i princìpi in questa faccenda. L’ho subito interpretata come se il problema fosse che lei giudicava gli altri e non aveva buona umanità, così sono andata specificamente a scoprire se la sua umanità era cattiva, e se, nelle interazioni con gli altri, parlava spesso di problemi con capi e lavoratori. Quando ho saputo che sorella Lu parlava anche dei problemi di un altro capo, ho arbitrariamente definito questo comportamento “giudicare le persone” e “distruggere il lavoro della Chiesa”. Secondo il principio, sarei dovuta andare dalle persone coinvolte e indagare su quanto diceva di quei capi, avrei dovuto capire se facevano un lavoro pratico e se erano falsi capi. Per determinare accuratamente la questione, avrei dovuto confermare se quanto detto da sorella Lu fosse vero. Ma, a causa della mia arroganza, della mia presunzione e del mio comportamento avventato, non ho cercato il principio in tale questione, non avevo timore di Dio nel cuore, l’ho etichettata in modo cieco e arbitrario, e di conseguenza è sostituita, soppressa ed esclusa. Ho quasi rovinato una brava persona. La casa di Dio ha ripetutamente sottolineato che dobbiamo sostenere il popolo scelto da Dio nel riferire i problemi con capi e lavoratori, proteggere coloro che presentano opinioni ai loro capi e lavoratori, indagare a fondo e in modo chiaro quando il popolo eletto da Dio smaschera o denuncia capi e lavoratori, e gestire le cose in modo equo secondo principio. Nonostante ciò, poiché ero controllata dalla mia natura arrogante, ho arbitrariamente etichettato qualcuno, non ho agito secondo il principio, ho soppresso una buona persona, ho protetto e tollerato falsi capi, e ho violato completamente le disposizioni lavorative della casa di Dio. I falsi capi non hanno fatto un lavoro pratico e hanno danneggiato il lavoro della Chiesa ma, invece di occuparmi di loro, ho condannato la persona che ha segnalato il problema. In questo modo, non sono stata uno scudo protettivo per questi falsi capi? Ho preso parte alla loro malvagità. Sono diventata complice di Satana. Quando ho pensato a queste cose, ho capito che basavo il mio dovere su un’indole arrogante, che stavo compiendo il male e resistendo a Dio. Se avessi continuato, Dio mi avrebbe disprezzata e respinta.
Mentre riflettevo, ho ricordato le parole del mio capo, secondo cui stavo creando un’atmosfera da “Terrore Bianco” come il PCC e più ci pensavo, più mi sembrava corretto. Dopo aver accusato sorella Lu di giudicare le persone, le ho detto di non parlare con noncuranza della sua insoddisfazione verso capi e lavoratori, e poi l’ho avvertita che probabilmente avrebbe perso il suo incarico se avesse continuato. Il mio approccio era forse diverso da quello del gran dragone rosso? Non c’è libertà di parola in Cina, e non è concesso parlare dei funzionari del governo. Chi lo fa è contro il Partito, viene arrestato e sottoposto a ogni metodo e tortura in modo che si sottometta, e non ha più l’ardire di parlare. Chiunque osi denunciare il Partito viene condannato per “sovversione del potere statale” e messo in carcere. Qualsiasi disastro nel Paese del gran dragone rosso o qualsiasi notizia sfavorevole al PCC non può essere riportata, e chi è colpevole di questa “fuga di segreti di stato” sarà arrestato e condannato. Se i funzionari sono negligenti o poco scrupolosi nei loro doveri, alla gente non è permesso denunciarli o parlarne. Se qualcuno pubblica commenti online, nei casi lievi, la polizia avverte e minaccia, e nei casi peggiori si viene direttamente accusati di un reato, puniti o condannati. Tutto questo viene fatto per mettere a tacere le persone e far sì che abbiano paura di dire la verità. Se sei arrabbiato, devi mandare giù e basta. La gente vive nella titubanza e nella paura, e perde la libertà di parola. Pensando a quello che ho fatto, è stato esattamente creare l’atmosfera da “Terrore Bianco” come il PCC. Se una persona diceva qualcosa di brutto sui capi, la accusavo arbitrariamente di giudicare i capi per metterli a tacere e creare un’atmosfera di paura, in modo che gli eletti di Dio vivessero nella titubanza e nella paura, e non osavano più smascherare e segnalare i falsi capi perché temevano che quelli avrebbero reso loro la vita difficile. Sorella Lu aveva smascherato e segnalato falsi capi, ma io l’ho soppressa e condannata. Se un giorno fossero sorti problemi o deviazioni nei miei doveri, e invece di riferirlo ai miei superiori, i fratelli e le sorelle ne avessero discusso tra di loro, non estendendo la segnalazione, e io ne fossi venuta a conoscenza, avrei ritenuto che mi stessero giudicando e li avrei puniti, o addirittura li avrei espulsi, sgomberando il campo? Data la mia natura, ne ero certamente capace. Se non mi fossi pentita e avessi continuato sulla stessa strada, sarei diventata un anticristo, avrei offeso l’indole di Dio e sarei stata eliminata da Lui. Dopo aver riflettuto su queste cose e su ciò che avevo fatto, avevo paura. Servivo come capo da più di due anni. Non ho mai voluto sopprimere o punire il popolo scelto da Dio, tuttavia, ero capace di condannare arbitrariamente i miei fratelli e sorelle. Infatti, avevo già soppresso qualcuno e compiuto qualcosa di malvagio. Provando un rimorso profondo, mi sono presentata davanti a Dio in preghiera, per dire che ero disposta a pentirmi sinceramente e che, davanti a eventi futuri, volevo avere timore di Dio nel mio cuore, cercare di più la verità e agire secondo i princìpi.
Attraverso questa potatura e questo trattamento, mi sono anche resa conto che avevo opinioni sbagliate. Pensavo che una persona scelta come capo fosse migliore dei comuni fratelli e sorelle nella Chiesa e ha il diritto di parlare, e dato che svolge il lavoro della Chiesa, il popolo scelto da Dio è obbligato a sostenerla. Anche se si scopre un problema, non si dovrebbe discuterne con noncuranza con altri fratelli e sorelle. Più tardi, ho letto un passo della parola di Dio che ha cambiato il mio punto di vista e mi ha insegnato il ruolo e lo scopo dei capi e dei lavoratori nella Chiesa. Dio dice: “Quando qualcuno viene scelto dai fratelli e dalle sorelle per essere leader, oppure viene promosso dalla casa di Dio per svolgere un certo lavoro o compiere un certo dovere, ciò non significa che abbia un prestigio o un’identità speciali o che le verità che comprende siano più profonde e più numerose di quelle di altre persone, né tantomeno che sia capace di sottomettersi a Dio e che non Lo tradirà. Non significa neppure che conosca Dio e che Lo tema. In realtà, non ha raggiunto nulla di tutto ciò; la promozione e la coltivazione sono semplicemente tali nel senso più immediato. La sua promozione e la sua coltivazione significano semplicemente che è stato promosso ed è in attesa di essere coltivato. E il risultato definitivo di questa coltivazione dipende da quale via la persona percorre e da cosa persegue. Così, quando qualcuno nella Chiesa viene promosso e coltivato per essere leader, viene promosso e coltivato solo nel senso immediato; non significa che sia già un leader qualificato o competente, che sia già capace di intraprendere il lavoro di un leader e che possa svolgere un lavoro reale. Non è così. Quando qualcuno viene promosso e coltivato per essere un leader, possiede forse la realtà di verità? Comprende i principi di verità? Questa persona è in grado di attuare le disposizioni lavorative della casa di Dio? Possiede senso di responsabilità? È dotata di dedizione? È capace di sottomettersi a Dio? Quando incappa in un problema, è in grado di cercare la verità? Tutto ciò è ignoto. Questa persona ha un cuore che teme Dio? E quanto è grande il suo timore di Lui? È incline a seguire la propria volontà quando fa le cose? È in grado di cercare Dio? Durante il periodo in cui svolge il lavoro dei leader, viene regolarmente e frequentemente dinanzi a Dio per cercare la Sua volontà? È capace di guidare le persone verso l’ingresso nella realtà di verità? Questo, e molto altro, è in attesa di essere coltivato e scoperto; resta tutto ignoto. Promuovere e coltivare qualcuno non significa che comprenda già la verità, né equivale a dire che è già in grado di compiere il suo dovere in modo soddisfacente. Dunque quali sono lo scopo e il significato della promozione e della coltivazione di qualcuno? Che una persona simile, come individuo, viene promossa per essere addestrata, per essere appositamente dissetata e istruita, mettendola in grado di comprendere i principi della verità, i principi per fare diverse cose e i principi, i mezzi e i metodi per risolvere vari problemi, nonché, quando incontra vari tipi di ambienti e di persone, di gestirli e sistemarli secondo la volontà di Dio e in un modo che protegga gli interessi della Sua casa. Questo indica forse che il talento promosso e coltivato dalla casa di Dio è sufficientemente capace di intraprendere il suo lavoro e compiere il suo dovere durante la promozione e la coltivazione o nel periodo precedente? Certo che no. Così è inevitabile che, nel periodo di coltivazione, queste persone sperimentino il trattamento, la potatura, il giudizio e il castigo, lo smascheramento e persino la sostituzione; è normale, vengono addestrate e coltivate” (“Come riconoscere i falsi capi (5)” in “Registrazioni dei discorsi di Cristo degli ultimi giorni”). Ho capito dalla parola di Dio che quando la Sua casa promuove e addestra qualcuno ad essere un capo, è perché questa persona ha una certa levatura, sa accettare la verità, è responsabile nei suoi compiti, o possiede abilità nel suo lavoro. Così ha la possibilità di formarsi, però non significa che non abbia corruzione o che abbia capito la verità. Non significa che quel capo è qualificato, né che si tratta di un individuo eccezionale, con un’identità o un prestigio speciale nella casa di Dio. Essere un capo è un incarico e una responsabilità. Non è affatto un prestigio. Quando sei un capo, non significa che hai istantaneamente prestigio e il diritto di parlare nella casa di Dio, o che sarai rispettato dalla gente, che i tuoi fratelli ti ammireranno e ti guarderanno con riverenza, o che nessuno possa dire nulla quando commetti un errore. Se pensi questo, ti sbagli. Per essere un capo, dobbiamo accettare la supervisione e i suggerimenti dei nostri fratelli, perché solo così possiamo capire i problemi del nostro lavoro e cambiare le cose in tempo. Oltre a questo, se i nostri fratelli e sorelle ritengono che i capi non svolgano un lavoro pratico, dovrebbero praticare la verità segnalando e smascherando tali persone e proteggere il lavoro della Chiesa. Questo è l’atteggiamento giusto da avere verso i capi. La parola di Dio ha cambiato le mie idee e nozioni errate e mi ha mostrato come trattare correttamente il dovere di capo e la supervisione del popolo scelto da Dio. Anch’io desideravo cambiare le cose, così da allora in poi, nel corso dei miei doveri, indipendentemente da chi segnalasse problemi con capi e lavoratori, volevo gestire la cosa con attenzione. Allo stesso tempo, ho imparato ad accettare maggiore supervisione altrui.
In seguito, durante una riunione, il nostro capo ha detto: “Vedendo che un capo viene segnalato o smascherato, qualcuno attacca o condanna chi fa la segnalazione. Anche se si tratta di persone generalmente molto serie nei loro compiti, non sono affatto obbedienti a Dio”. Questa condivisione del mio capo è stata particolarmente penetrante. Ho capito subito che, nonostante i miei anni di fede in Dio, non ero cambiata affatto. Anche ora, non ero una persona che obbediva a Dio, ed Egli era certamente insoddisfatto di me. Mentre ascoltavo la condivisione del mio capo, sapevo che era mirata a potare e a trattare me, e le lacrime hanno iniziato a scorrere indisturbate. Mentre piangevo, ho pregato Dio: “Dio, so che hai buone intenzioni nel trattarmi e smascherarmi in questo modo. Altrimenti, sentirei ancora che la mia indole è cambiata un po’ e che sono in qualche modo obbediente a Te. Solo ora mi rendo conto che sono lontana dal raggiungere la vera obbedienza a Te. Ma sono disposta a cercare di essere una persona che Ti obbedisce”. Più tardi, ho letto un passo delle parole di Dio che mi è stato molto utile e mi ha permesso di capire la Sua volontà. La parola di Dio dice: “Non si può cambiare la propria indole; ci si deve sottoporre al giudizio e al castigo, alla sofferenza e all’affinamento delle parole di Dio, oppure si deve essere trattati, disciplinati e potati dalle Sue parole. Solo allora si potranno conseguire l’obbedienza e la devozione a Dio, e si smetterà di essere superficiali nei Suoi confronti. È grazie al raffinamento delle parole di Dio che l’indole degli uomini si trasforma. Solo attraverso lo smascheramento, il giudizio, la disciplina e il trattamento delle Sue parole non oseranno più agire d’impulso e diventeranno calmi e composti. La cosa più importante è riuscire a sottomettersi alle parole attuali di Dio e alla Sua opera anche se non è in linea con le nozioni umane, riuscire a mettere da parte tali nozioni e sottomettersi di buon grado” (La Parola, Vol. 1: La manifestazione e l’opera di Dio, “Le persone la cui indole è cambiata sono coloro che sono entrati nella realtà delle parole di Dio”). Ho capito dalla parola di Dio che le persone possono essere obbedienti a Lui solo dopo aver sperimentato il Suo giudizio, la potatura, il trattamento, le prove e l’affinamento, ottenendo un cambiamento di indole e imparando ad agire secondo i princìpi. Queste persone, mentre credono in Dio e adempiono i loro doveri, sanno cercare la verità e agire secondo i princìpi quando incontrano certe cose fondamentali o cruciali, o di fronte a scelte che riguardano il loro cammino nella vita, sono in grado di fare la scelta corretta sulla base della parola di Dio e della verità. Se obbedisci a Dio solo nelle questioni banali o nei comportamenti esteriori, ma agisci secondo la tua volontà o personalità naturale in questioni di principio o di grande rilievo, allora sei ancora una persona che si ribella a Dio. In passato, ho sempre pensato di poter rinunciare alla famiglia e alla carriera per dedicarmi a Dio, che qualunque compito la casa di Dio avesse disposto per me, avrei saputo accettare e obbedire, che, di fronte alle difficoltà, potevo leggere la parola di Dio e pregare Dio, e cercavo sempre di pensare a come svolgere meglio i miei doveri, convinta che questo atteggiamento verso i miei compiti significasse che ero in qualche modo obbediente a Dio. Tuttavia, nella faccenda di sorella Lu, ho visto che continuavo a gestire le cose ciecamente secondo la mia volontà e condannarla e sopprimerla arbitrariamente, dimostrando che il mio cuore era ancora governato dalla mia indole satanica. Anche se di solito ero seria e coscienziosa nei miei doveri, quando si trattava di princìpi e questioni chiave, sapevo ancora ribellarmi a Dio ed esserGli ostile. Mi era chiaro che non capivo affatto la verità, la mia indole non era cambiata, e non ero ancora qualcuno che era obbediente a Dio. Senza la potatura e il trattamento del mio capo, e il giudizio e la rivelazione della parola di Dio, non sarei riuscita a conoscermi affatto.
Ora, in alcune questioni chiave che riguardano i principi della verità, so cercare consapevolmente la verità e come fare le cose secondo i princìpi, e non agisco più alla cieca in base alla mia indole arrogante. Inoltre, prego spesso Dio: ho ancora molti tipi di indole corrotta e opinioni errate, quindi ho bisogno di sperimentare costantemente il giudizio di Dio, il castigo, la potatura, il trattamento la punizione e disciplina per ottenere il cambiamento. Prego che il giudizio e il castigo di Dio non mi lascino mai così potrò comprendere più a fondo la mia ribellione e corruzione, e raggiungere gradualmente la vera obbedienza a Dio.
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