Riflessioni sul limitare gli altri

16 Aprile 2023

Qualche anno fa, praticavo la scrittura di canzoni nella chiesa. Man mano che padroneggiavo il lavoro e i suoi princìpi, ottenevo risultati migliori. Col tempo, gli altri hanno iniziato a stimarmi. Quando avevano problemi nella composizione delle canzoni, si rivolgevano a me. In generale, erano tutti d’accordo con le opinioni che condividevo, così ero molto compiaciuta di me stessa. Pensavo di essere migliore di loro, di essere il genio di cui il gruppo non poteva fare a meno. Provavo sempre un senso di superiorità. Poi, sorella Silvia è venuta a scrivere delle canzoni con noi. Il supervisore l’ha assegnata a lavorare con me e mi ha chiesto di guidarla e aiutarla. All’inizio ho cercato di insegnarle. Le ho riassunto la mia esperienza e le ho detto a cosa prestare attenzione, ma lei continuava a sbagliare alcune delle cose che avevo rimarcato. Mi infastidiva un po’, dal momento che le avevo già parlato di quegli aspetti ma lei continuava a sbagliare. Ci stava mettendo il cuore o no? Da allora, quando le facevo notare i suoi errori, la rimproveravo con veemenza: “Ti ho già parlato di questo problema. Perché continui a fare lo stesso errore? Ci stai almeno provando?” Una volta, durante una riunione, Silvia ha detto che aveva paura di commettere errori nel suo dovere e di essere trattata. Sentirglielo dire mi ha turbata. Di recente, le avevo fatto notare spesso i problemi nel suo dovere e l’avevo anche rimproverata. La stavo forse facendo sentire limitata? Ma poi ho pensato che commetteva continuamente errori, quindi non era sbagliato da parte mia farglieli notare. Se non avessi parlato, se ne sarebbe resa conto e sarebbe cambiata abbastanza in fretta? Non avevo cattive intenzioni. Volevo solo che prendesse confidenza con le cose ed evitasse di compromettere il lavoro. Con il tempo, ho visto che che quando Silvia affrontava delle difficoltà nel suo dovere o aveva qualche pensiero o idea, non me lo diceva più. Inoltre, era negativa e non si sentiva mai all’altezza del compito. In effetti, Silvia non era l’unica con cui lavoravo in quel modo. Facevo lo stesso con gli altri fratelli e sorelle. Tendevo a dedicare tutto il mio tempo e le mie energie al mio dovere, e a volte lavoravo anche fino a notte fonda per fare un buon lavoro. Sentivo di assumermi un fardello e di essere dedita al mio dovere. Quando vedevo gli altri intorno a me andare a letto presto, mi sembrava che non portassero un fardello nel loro dovere e li rimproveravo: “Dovete assumervi un fardello ed essere in grado di pagare un prezzo, non bramate le comodità!” Quando le sorelle erano stanche e si alzavano per sgranchirsi le gambe o chiacchieravano un po’, mi sembrava che non fossero concentrate nel loro dovere. Mi arrabbiavo e le richiamavo: “Quando è il momento di fare il vostro dovere, è lì che dovete concentrare le vostre energie. Queste chiacchiere non ritardano il vostro lavoro?” Gli altri fratelli e sorelle hanno lentamente iniziato ad allontanarsi da me e hanno smesso di rivolgersi a me quando avevano problemi o difficoltà. Mi sentivo davvero esclusa e in disarmonia con tutti, del tutto fuori posto, ma non sapevo quale fosse la causa del problema.

Un giorno, qualche mese dopo, il leader è venuto a parlarmi all’improvviso e mi ha detto severo: “Di recente, gli altri mi hanno riferito che tendi a rimproverare e a limitare le persone. I fratelli e le sorelle si sentono davvero soffocati da te e non si sentono liberi nei loro doveri. Questa è una dimostrazione di scarsa umanità”. Le parole del leader sono state come uno schiaffo in faccia e mi hanno fatto ronzare la testa. Soprattutto le espressioni “limitare le persone” e “scarsa umanità” sono state come una coltellata al cuore. Avevo la mente in subbuglio. Come avevo fatto a diventare una persona di scarsa umanità che limitava gli altri? In che modo li soffocavo? Quella notte non sono riuscita a dormire. Ripercorrevo tutto nella mente ed ero molto perplessa. Pensavo: “Sono una persona diretta per natura, dico solo le cose come stanno. Ma tutto ciò che dico è vero. Quando vedo un problema in una persona, ho il coraggio di dirlo direttamente; non ho paura di offendere gli altri”. Ero convinta che questa fosse giustizia. Come poteva trattarsi di limitare gli altri e possedere scarsa umanità? Dal momento che il leader aveva detto che limitavo gli altri, mi sarei adoperata per cambiare e avrei mostrarto a tutti la mia trasformazione. Allora nessuno avrebbe più detto che lo limitavo o che avevo una scarsa umanità. In seguito, ho iniziato a concentrarmi sul mio tono di voce e sul mio modo di parlare. Pensavo sempre a come esprimermi con un po’ più di tatto per non ferire l’orgoglio delle persone e non metterle in cattiva luce. A volte notavo un problema ma non lo facevo notare, per paura che qualcuno dicesse che limitavo gli altri. Lasciavo invece che il supervisore condividesse al riguardo. A poco a poco, ho smesso di sgridare e rimproverare le persone come prima, e gli altri hanno detto che avevo manifestato un certo cambiamento. Ma non mi sentivo in pace o a mio agio. Ero spesso depressa e non provavo alcun senso di libertà. Camminavo su gusci d’uovo, soppesando e ponderando ripetutamente ogni parola che dicevo. A quel punto, ho dovuto chiedermi: “Questo comportamento dimostra pentimento e cambiamento autentici? Le altre persone non si sentono più limitate quando interagisco con loro, ma perché io sì?” In preda al dolore e alla confusione, mi sono rivolta a Dio in preghiera e in ricerca, chiedendoGli di illuminarmi e guidarmi a riflettere e a comprendere veramente il mio stato.

Una volta, nelle mie devozioni, ho letto un passo delle Sue parole. “La prima cosa da fare quando ti penti è riconoscere in cosa hai sbagliato, vedere qual è stato il tuo errore, l’essenza del problema e l’indole corrotta che hai rivelato; devi riflettere su queste cose e accettare la verità, e poi praticare secondo la verità. Solo questo è un atteggiamento di pentimento. Se, d’altro canto, consideri in modo approfondito le vie dell’astuzia, diventi più infido di prima, le tue tecniche sono più scaltre e occulte e hai altri metodi per affrontare le cose, allora il problema non è solamente la falsità. Stai usando strumenti subdoli e hai segreti che non puoi divulgare. Questa è malvagità. Non solo non ti sei pentito, ma sei diventato più viscido e ingannevole. Dio vede che sei eccessivamente ostinato e malvagio, che in superficie ammetti di aver sbagliato e accetti di essere trattato e potato, ma che in realtà non manifesti il minimo atteggiamento di pentimento. Perché diciamo questo? Perché, mentre questo evento accadeva o a seguito di esso, non hai affatto ricercato la verità, non hai riflettuto su te stesso né tentato di conoscerti, e non hai praticato in linea con la verità. Il tuo atteggiamento è quello di risolvere il problema usando le filosofie, la logica e i metodi di Satana. In realtà stai eludendo il problema e lo stai camuffando in maniera impeccabile, senza lasciar trapelare nulla, in modo che gli altri non ne vedano traccia. Alla fine, ti consideri davvero in gamba. Queste sono le cose che Dio vede, non che tu abbia veramente riflettuto, abbia confessato il tuo peccato e te ne sia pentito in merito alla questione che ti ha investito, e che poi tu sia andato a ricercare la verità e abbia praticato secondo la verità. Il tuo atteggiamento non è di ricercare la verità e di metterla in pratica, né di sottometterti alla sovranità e alle disposizioni di Dio, bensì di usare le tecniche e i metodi di Satana per risolvere il tuo problema. Tu susciti negli altri una falsa impressione, ti opponi all’essere messo a nudo da Dio, e sei conflittuale e sulla difensiva in merito alle situazioni che Dio ha orchestrato per te. Il tuo cuore è più chiuso di prima e separato da Dio. Pertanto, ne può forse conseguire un risultato positivo? Puoi ancora vivere nella luce godendo di pace e gioia? No, non puoi. Se eviti Dio e la verità, precipiterai certamente nelle tenebre e per te sarà pianto e stridore di denti(La Parola, Vol. 3: I discorsi di Cristo degli ultimi giorni, “Solo ricercando la verità si possono superare le proprie concezioni e i fraintendimenti nei confronti di Dio”). Dalle parole di Dio, ho appreso che il pentimento e il cambiamento autentici richiedono di riflettere su sé stessi e di comprendere la propria indole corrotta e l’essenza dei propri problemi. Bisogna conoscere le proprie mancanze e ricercare la verità per eliminare la propria corruzione. Guardando a me stessa, quando il leader mi ha fatto notare che limitavo gli altri, non ho affatto riflettuto, né ho ricercato la verità per capire che cosa effettivamente significhi limitare gli altri, quali miei comportamenti fossero limitanti, cosa rivelano le parole di Dio in merito, l’atteggiamento di Dio verso simili persone e così via. Al contrario, mi sono limitata a basarmi su ciò che immaginavo, ossi che gli altri si sentissero limitati perché ero troppo schietta e non usavo un tono gentile. Per far vedere a tutti che ero cambiata, ho modificato il mio tono di voce e il mio comportamento. Ho smesso di essere diretta quando vedevo un problema; invece ero gentile, dicevo qualsiasi cosa potesse risparmiare agli altri un’umiliazione. A volte vedevo chiaramente che qualcuno stava violando i princìpi, ma temevo che se avessi parlato mi avrebbero detto che li limitavo, così chiudevo un occhio o lasciavo che se ne occupasse il supervisore. Ho praticato in quel modo per un po’ e gli altri hanno detto che non li limitavo più come prima, ma stavo solo cambiando comportamento, non trasformando la mia indole di vita. Quando sono stata trattata, non ho ricercato la verità per eliminare la mia indole corrotta. Ho solo praticato la moderazione, mettendo su una falsa facciata. Ecco perché mi sentivo così depressa e soffocata. Camminavo in punta di piedi ed ero troppo cauta in ogni parola che dicevo. Era un modo estenuante di vivere. Era tutta l’infelicità che mi ero procurata non ricercando la verità e non seguendo le regole. Quindi, all’epoca ho pensato che non potevo continuare così. Dovevo presentarmi davanti a Dio per ricercare la verità, riflettere sui miei problemi e uscire dal mio stato negativo.

In seguito, ho cercato le parole di Dio in merito al limitare gli altri e nella riflessione su me stessa ho applicato quelle rivelazioni. Un giorno, ho letto queste parole di Dio. “Se ti limiti a ripetere parole di dottrina, a riprendere le persone e a trattarle, sarai in grado di far loro comprendere la verità e farle accedere alla sua realtà? Se la verità che condividi non è reale, se non è altro che parole di dottrina, allora non importa quanto tratti gli altri e quanto predichi loro, non servirà a nulla. Credi forse che, se le persone ti temono, fanno tutto quello che dici loro di fare e non osano obiettare, questo significhi che comprendono la verità e sono obbedienti? È un grave errore; entrare nella vita non è così semplice. Alcuni leader sono come un nuovo manager che cerca di fare buona impressione: convinti che questo renderà il loro lavoro più facile, tentano di imporre ai prescelti di Dio l’autorità appena acquisita in modo che tutti si sottomettano a loro. Se non possiedi la realtà della verità, allora in breve tempo la tua vera levatura sarà rivelata e tu sarai smascherato per ciò che sei veramente, e potresti anche essere cacciato. In alcuni lavori amministrativi, una modesta dose di trattamento, potatura e disciplina è accettabile. Ma se sei incapace di condividere sulla verità, alla fine non sarai comunque in grado di risolvere il problema, e comprometterai i risultati del lavoro. Se, qualunque problema emerga nella chiesa, continui a fare ramanzine agli altri e a scaricare colpe – se non sai fare altro che arrabbiarti – allora è la tua indole corrotta che si sta manifestando, e hai mostrato il volto abietto della tua corruzione. Se ti metti sempre sul piedistallo e rimproveri gli altri in questo modo, allora, col passare del tempo, le persone non saranno in grado di ricevere da te la provvista di vita, non otterranno nulla di reale, e invece proveranno per te repulsione e disgusto. Inoltre, ci saranno alcune persone che, dopo aver subito la tua influenza a causa di una mancanza di discernimento, faranno anch’esse ramanzine ad altri, li tratteranno e poteranno. Si arrabbieranno e perderanno la pazienza nello stesso modo. Non solo sarai incapace di risolvere i problemi delle persone, finirai anche per favorire le loro indoli corrotte. Questo non è condurle sul cammino verso la perdizione? Non è un atto di malvagità? Un leader dovrebbe guidare, in linea di massima, condividendo sulla verità e fornendo vita. Se tu sali sempre sul piedistallo per dare lezioni agli altri, saranno mai in grado di comprendere la verità? Se lavori per un po’ in questo modo, quando le persone arriveranno a vederti chiaramente per quello che sei, ti abbandoneranno. Puoi portare le persone dinanzi a Dio lavorando in questo modo? Certamente no; tutto quel che potrai fare sarà danneggiare il lavoro della chiesa e far sì che tutti i prescelti di Dio ti detestino e ti abbandonino(La Parola, Vol. 3: I discorsi di Cristo degli ultimi giorni, “Parte terza”). Mentre riflettevo sulle parole di Dio, mi è diventato chiaro che vedere i problemi degli altri ma non condividere sulla verità per aiutarli, né indicare loro un percorso di pratica, e invece rimproverare e biasimare altezzosamente le loro mancanze e spingerli a fare ciò che vogliamo noi è un comportamento limitante. Confrontando me stessa con le parole di Dio, ho visto che ero così. Quando Silvia ha iniziato a scrivere canzoni, non aveva familiarità con molti processi di lavoro, quindi era normale che sbagliasse. Come sua collaboratrice, avrei dovuto aiutarla e sostenerla con amore, lavorare insieme a lei per riepilogare le ragioni dei suoi errori e poi correggerli. E invece non ho tenuto conto della sua reale statura o delle sue difficoltà. Non sono stata affatto comprensiva o premurosa con lei, e non ho cercato la causa dei suoi errori. Mi sono limitata a disprezzarla e a etichettarla come una persona non dedita al proprio dovere. L’ho persino rimproverata e sgridata in continuazione, cosa che l’ha fatta sentire limitata, e il suo cattivo stato si è ripercosso sul suo dovere. Io mi comportavo allo stesso modo nell’interagire con fratelli e sorelle. Se vedevo qualcuno andare a letto prima di me, prendersi una pausa e fare un giro, o chiacchierare un po’, pensavo che fosse pigro nel suo dovere, troppo preoccupato della carne, e lo guardavo dall’alto in basso. Rimproveravo gli altri di continuo, portandoli a provare risentimento e persino a evitarmi. Non solo interagire e collaborare con gli altri in quel modo non era per loro minimamente istruttivo o vantaggioso, ma li faceva anche sentire spaventati e limitati. Non ero affatto amorevole verso le persone ed ero priva di umanità. Di fatto, alzarsi e muoversi un po’ dopo aver lavorato a lungo, o chiacchierare e rilassarsi per un momento, è del tutto normale. Ma io insistevo perché tutti fossero come me, andassero a letto tardi e non chiacchierassero mai. Ero così arrogante e presuntuosa. Interagivo con tutti secondo corruzione, non basavo le mie azioni sulle parole di Dio o sui princìpi della verità. E questo faceva sentire le persone soffocate e limitate. A quel punto delle mie riflessioni, mi sentivo turbata e in colpa. Ho capito che ero davvero irragionevole e incredibilmente priva di umanità.

In seguito, ho letto un altro passo delle parole di Dio che mi ha fornito maggiore chiarezza sulla causa del problema. La parola di Dio dice: “Se, nel tuo cuore, comprendi veramente la verità, allora saprai come metterla in pratica e obbedire a Dio, e intraprenderai naturalmente il cammino della ricerca della verità. Se il cammino che percorri è quello giusto e in linea con la volontà di Dio, allora l’opera dello Spirito Santo non ti abbandonerà, e così ci saranno sempre meno possibilità che tu tradisca Dio. Senza la verità, è facile commettere il male, e lo commetterai tuo malgrado. Per esempio, se possiedi un’indole arrogante e presuntuosa, allora sentirti dire di non opporti a Dio non fa alcuna differenza, non puoi evitarlo, è al di là del tuo controllo. Non lo faresti intenzionalmente, ma saresti guidato dalla tua natura arrogante e presuntuosa. La tua arroganza e il tuo orgoglio ti porterebbero a disprezzare Dio e a considerarLo privo di qualsiasi importanza; ti indurrebbero a esaltare te stesso, a metterti costantemente in mostra; ti porterebbero a disprezzare gli altri, non lascerebbero spazio per nessuno nel tuo cuore se non per te stesso; priverebbero il tuo cuore del posto per Dio, e alla fine ti farebbero sedere al Suo posto e pretendere che la gente si sottometta a te e venerare come verità i tuoi pensieri, le tue idee e le tue nozioni. Quanto male commettono le persone sotto il dominio della loro natura arrogante e presuntuosa!(La Parola, Vol. 3: I discorsi di Cristo degli ultimi giorni, “Solo perseguendo la verità si può conseguire un cambiamento di indole”). Dalle parole di Dio, ho capito che ero così autoritaria e oppressiva nei confronti degli altri interamente a causa della mia natura satanica e arrogante. Scrivevo canzoni da molto tempo, quindi padroneggiavo i princìpi e le abilità, e il supervisore mi incaricava spesso di aiutare e guidare gli altri. Lo consideravo un capitale personale, ritenendomi davvero importante e migliore di tutti gli altri. Senza rendermene conto, mi stavo mettendo su un piedistallo e guardavo tutti dall’alto in basso. Di fronte ai continui errori di Silvia nella composizione di canzoni, ho perso le staffe e l’ho rimproverata, ma in realtà stavo sminuendo lei ed esaltando me stessa, portando tutti a considerarmi migliore di lei. Lei commetteva errori e creava problemi che io non avrei creato; era disattenta e irresponsabile, mentre io ero seria e responsabile nel mio dovere. Ma, ora che ci penso, anche Silvia aveva molti punti di forza. Aveva buona levatura, faceva rapidi progressi nella composizione degli inni e dava molti buoni suggerimenti. Ma io mi ero fissata sui suoi difetti e non riuscivo a vedere i suoi pregi. Avevo standard elevati e requisiti severi per lei. Non le permettevo di commettere errori in qualcosa su cui l’avevo già corretta. A volte, quando vedevo gli altri chiacchierare o andare a letto presto, rimproveravo anche loro. Prendevo le mie richieste e i miei standard personali come princìpi di verità e facevo in modo che gli altri li seguissero, rimproverandoli quando non ci riuscivano. Mi comportavo come se non avessi difetti e fossi una persona perfetta che nessuno poteva eguagliare. Ero così arrogante e irragionevole. La verità è che spesso commettevo errori nel mio dovere. Alcune volte, la mia disattenzione e la mia negligenza avevano un impatto negativo sul nostro lavoro. Anche io diventavo passiva e mi tiravo indietro quando incontravo delle difficoltà nel mio dovere; non volevo pagare un prezzo. Non ero migliore degli altri, ma non riuscivo a vedere i miei problemi e i miei difetti. Mi sono sempre sentita superiore agli altri. Non avevo alcuna consapevolezza di me stessa. Rendermene conto mi ha fatta vergognare moltissimo. Odiavo anche la mia arroganza e il fatto che non vivessi alcuna umanità.

Poi, ricercando, ho capito che avevo sempre pensato che saper evidenziare i problemi che vedevo e dire solamente cose vere significasse avere il coraggio di parlare e non avere paura di offendere le persone, e che questo dimostrasse senso di giustizia. Ma in realtà non sapevo distinguere tra giustizia e arroganza. Ho portato questo dilemma davanti a Dio in preghiera e in ricerca. Una volta, durante una riunione, un leader della chiesa ha condiviso sulla sua comprensione al riguardo. In sostanza, ha detto che la giustizia ha a che fare col difendere la verità e proteggere l’opera di Dio. Se realmente si comprende la verità e si sa cosa è in linea con la verità e con le parole di Dio, si dovrebbe difenderlo. Non avere il coraggio di difendere le parole di Dio o la verità è invece mancanza di senso di giustizia. Essere arroganti e presuntuosi ha a che fare con un’indole satanica di ribellione e opposizione a Dio. Non considerare le parole, l’opera e le richieste di Dio, avere molta stima di sé stessi, aggrapparsi ai propri punti di vista, alle proprie nozioni, pensare di sapere tutto: questo è essere arroganti e presuntuosi. L’arroganza è agli antipodi rispetto alla giustizia e all’adesione ai princìpi. Non sono assolutamente correlate. Ascoltare la comunione del leader mi ha permesso di discernere la differenza tra arroganza e giustizia. Una persona giusta sa difendere i princìpi della verità e proteggere il lavoro della chiesa. Quando vede qualcuno che danneggia gli interessi della chiesa, sa prendere posizione, condividere e fermarlo, e rivelare i problemi degli altri. A volte potrà forse parlare con durezza, ma ciò che dice è oggettivo e concreto, e volto al bene del lavoro della chiesa. Va a beneficio dell’ingresso nella vita degli altri e non cela alcun intento personale. Questa è un’espressione di giustizia. Ho pensato a come, quando il leader vede che qualcuno è irresponsabile nel suo dovere e danneggia il lavoro, a volte può potarlo e trattarlo. Anche se usa un tono severo e diretto, mette in evidenza la natura e le conseguenze del problema, in modo che le persone possano riflettere e pentirsi rapidamente, e questo evita danni al lavoro e aiuta i fratelli a riflettere su sé stessi e a conoscersi. L’esito è positivo. Limitare gli altri è invece una dimostrazione di arroganza. È spingere le persone a fare le cose secondo i propri standard e le proprie idee. Cela l’intento di dimostrare la propria superiorità. Di conseguenza, si impongono molte regole alle persone, le si fa sentire spaventate, limitate, isolate o negative. Nel collaborare con Silvia, quando l’ho vista commettere molti errori, non ho appurato quale fosse la causa, né le ho fornito condivisione o aiuto positivi. Invece, ho attaccato i suoi problemi e l’ho rimproverata, e questo l’ha fatta sentire molto limitata. Stavo palesemente manifestando un’indole arrogante, e non difendevo con giustizia il lavoro della chiesa. Se si hanno le giuste intenzioni, ci si attiene ai princìpi, si cerca di difendere il lavoro della chiesa e si sanno evidenziare obiettivamente i problemi che si notano, anche se si parla con durezza non si è arroganti. Questo tipo di pratica è istruttiva per gli altri e di beneficio per il lavoro. Significa praticare la verità e manifestare giustizia. Quindi, se si vuole risolvere il problema dell’arroganza e del limitare gli altri, non ci si può concentrare solo sul parlare con tatto, o tacere quando si rilevano dei problemi. Bisogna concentrarsi sul riflettere su sé stessi ed eliminare la propria indole arrogante, sull’esaminare l’intenzione che le proprie parole celano e sul rimanere al proprio posto, e sullo smettere di pretendere dagli altri e di giudicarli in base alle proprie preferenze e nozioni.

Ho letto un altro passo delle parole di Dio che mi ha chiarito meglio il percorso di pratica. La parola di Dio dice: “I prescelti di Dio dovrebbero quanto meno possedere coscienza e ragionevolezza, e dovrebbero relazionarsi e interagire con le persone e gestire le cose secondo i criteri della normale umanità. Naturalmente, la cosa migliore è praticare in conformità ai principi della verità richiesti da Dio: questo soddisfa Dio. Quali sono dunque i principi della verità richiesti da Dio? Che le persone siano comprensive nei confronti della debolezza e della negatività degli altri quando essi sono deboli e negativi, che le persone tengano conto del dolore e delle difficoltà degli altri e poi si informino al riguardo, offrano loro aiuto e sostegno e leggano loro le parole di Dio per aiutarli a risolvere i problemi, in modo che non siano più deboli e vengano condotti davanti a Dio. Questo è un modo di praticare in linea con i principi? Praticare in questo modo è in linea con il principio della verità. Naturalmente, anche le relazioni interpersonali di questo tipo sono in linea con i principi. Quando qualcuno si intromette e disturba intenzionalmente, oppure è deliberatamente negligente e superficiale nell’adempimento dei suoi doveri, se tu lo rilevi e sei in grado di gestire le cose secondo i principi, di farglielo notare, di rimproverarlo e di aiutarlo, allora questo è in linea con i principi della verità. Se invece chiudi un occhio o sei tollerante nei suoi confronti e lo copri, e arrivi persino a fargli degli apprezzamenti per lodarlo e applaudirlo, adulandolo con parole false, allora questi comportamenti, questi modi di interagire con le persone, di affrontare le questioni e di gestire i problemi sono chiaramente in contrasto con i principi della verità e non trovano alcun fondamento nelle parole di Dio; in questo caso, tali comportamenti e modi di interagire con le persone e di gestire le questioni sono chiaramente illegittimi(La Parola, Vol. 5: Le responsabilità di leader e lavoratori). Ho riflettuto su ciò che Dio ha detto e ho capito che, quando interagiamo e lavoriamo con i fratelli e le sorelle, dobbiamo imparare a trattarli in modo equo e a vedere i loro punti di forza. Non possiamo guardare le persone dall’alto in basso solo perché hanno dei difetti e dei problemi. Non è ragionevole. Ognuno ha statura, levatura e capacità di comprensione differenti. Non possiamo fare richieste e valutazioni basate su preferenze personali e identiche per tutti. Quando notiamo i problemi degli altri, dovremmo aiutarli amorevolmente e fare comunione sulla verità per sostenerli, in modo che possano comprendere i princìpi della verità e trovare un percorso di pratica. Questo è il modo migliore per risolvere i problemi. Per quanto riguarda coloro che sono spesso negligenti e d’intralcio nel loro dovere, possono essere trattati e smascherati. Questo è agire responsabilmente a favore del lavoro della chiesa, non è limitare le persone. Una volta compreso tutto questo, ho iniziato a mettere in pratica le parole di Dio. Da allora, quando notavo dei problemi nei doveri degli altri, per prima cosa andavo a parlare con loro per capire quale fosse la causa, se la negligenza oppure la mancata comprensione dei princìpi. Poi trovavo le parole di Dio pertinenti su cui condividere e cercavo una soluzione. Se dopo mie ripetute condivisioni sullo stesso argomento non cambiavano e ritardavano e compromettevano il lavoro della chiesa, li potavo e trattavo in modo adeguato. Non mi sentivo più limitata.

Ricordo che un membro del nostro gruppo, sorella Clara, non si assumeva un fardello nel suo dovere e non dava il massimo. La composizione delle canzoni ne risultava improduttiva e scadente. Le facevo notare i suoi problemi, ma lei non lo accettava e trovava ogni sorta di scuse per giustificarsi. Mi sono resa conto che si trovava in uno stato pericoloso e che, se non fosse cambiata e non avesse ottenuto accesso, il lavoro ne avrebbe sicuramente risentito. Nel caso più grave, avrebbe potuto addirittura essere rimossa. Così, sono stata schietta con lei riguardo ai suoi problemi, esponendo la natura del suo comportamento e le conseguenze di un mancato cambiamento. Alla fine, si è resa conto della gravità del suo problema ed era pronta a pentirsi e a cambiare. Clara ha quindi cambiato atteggiamento verso il suo dovere ed è diventata molto più produttiva. Ora, quando vedo qualcuno violare i princìpi e compromettere il lavoro della chiesa, provo ancora l’impulso a manifestare arroganza. Ma subito prego Dio, e mi richiamo a trattare gli altri in modo equo e a cercare il modo migliore per essere loro d’aiuto e beneficio. Dopo che ho praticato così per un po’, i miei rapporti con gli altri si sono gradualmente normalizzati. Un giorno, ho sentito una sorella dire che la mia comunione l’ha aiutata e le ha permesso di cambiare leggermente il suo stato. Ne ero incredibilmente felice.

Ripensando a questi ultimi due anni, l’esperienza del trattamento subìto mi ha permesso di riflettere e di capire il mio comportamento limitante, e mi ha fornito alcuni percorsi di pratica per interagire con i fratelli e le sorelle e vivere una normale umanità. Devo questa comprensione e questo cambiamento alla salvezza che Dio mi ha donato!

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